Omelia per il funerale di Nino Scarbaci

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Omelia per il funerale di Nino Scarbaci (Basilica Cattedrale – Patti mercoledì 8 febbraio 2012) “Io mi sono più volte lamentato col Signore perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire. Sarebbe stato così bello poter dire: Gesù ha affrontato la morte anche al nostro posto e morti potremmo andare in Paradiso per un sentiero fiorito. E invece Dio ha voluto che passassimo per questo duro colle che è la morte ed entrassimo nell'oscurità che fa sempre un po' paura. Ma qui sta l'essenziale: mi sono riappacificato col pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle "uscite di sicurezza". Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio. Ciò che ci attende dopo la morte è un mistero che richiede un affidamento totale: desideriamo essere con Gesù e questo nostro desiderio lo esprimiamo ad occhi chiusi, alla cieca, mettendoci in tutto nelle sue mani”. Quelle che ho letto è un breve ma significativo passaggio della “Meditazione sulla morte” del Card. Martini Arcivescovo emerito di Milano pensando alla sua morte e rileggendo il “Pensiero alla morte” del Servo di Dio Papa Paolo VI. Le parole del Card. Martini sembrano sintetizzare in modo sublime quei sentimenti che ci assalgono tutte le volte che siamo costretti a confrontarci con il pensiero della nostra morte e con la dolorosa esperienza della morte di una persona cara. A noi sembra di avere buoni motivi per “lamentarci” col Signore “perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire”. Il carissimo Nino Scarbaci - fratello e amico fidato - ha saputo convivere in questi anni con la malattia che lo ha lentamente ed inesorabilmente logorato in un modo così edificante che, per dirla con le parole del Card. Martini, ha avuto tutto il tempo (e questo tempo, a ben riflettere, lo ha dato anche a chi gli è stato vicino!) di potersi “rappacificare con il pensiero di dover morire”, fidandosi “totalmente di Dio”. Mi piace immaginarlo in questo momento mentre ripete - facendole sue - le parole del Card. Martini. E a lui che non parla più, presto fraternamente e amichevolmente in questo momento la mia voce. Egli ci dice: “ho desiderato essere con Gesù e questo mio desiderio l’ho espresso ad occhi chiusi, alla cieca, mettendomi in tutto nelle sue mani”. Il nostro cuore oggi è nel dolore! E’ evidente: non potrebbe essere diversamente! Non dobbiamo però dimenticare neppure per un decimo di secondo che il nostro dolore e la nostra tristezza sono il dolore e la tristezza di chi ha il dono della fede in Gesù, morto e risorto.

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Il nostro non è un dolore né una tristezza da disperati, la nostra tristezza e il nostro dolore sono stupendamente illuminati dalla speranza nella futura risurrezione! Il Signore della vita ha chiamato a sé il carissimo Nino, al termine di giorni segnati da intensa sofferenza che non è stata però mai sopraffatta dalla disperazione. Ha ricevuto la santa Comunione l’ultima volta domenica sera. Nella notte di lunedì scorso gli ho amministrato nuovamente il Sacramento dell’Unzione degli infermi e al termine della recita del quinto mistero doloroso del Santo Rosario, che ci fa contemplare la morte in croce di Gesù, si è addormentato serenamente nel Signore. Non credo che fosse un illuso: aveva la piena consapevolezza della gravità della sua malattia anche se a chi gli è stato accanto là sempre discretamente “celata” non per incoscienza ma sempre per quella sua connaturale delicatezza che era il tratto caratteristico del suo modo di relazionarsi con tutti. In questo momento invito tutti, fratelli e sorelle carissimi, a fare spazio nel nostro cuore alla Divina Parola che qui oggi è stata proclamata in questa nostra celebrazione. Quello che ascoltiamo in Chiesa durante la celebrazioni delle esequie è qualcosa di qualitativamente “diverso” rispetto alle solite cose che spesso si dicono in occasione della morte, a volte decisamente banali. Nella prima lettura abbiamo ascoltato la serena certezza propria di chi, sebbene provato, sa che “il Signore è buono con chi spera in lui, con colui che lo cerca”. Il risultato di chi sa custodire nel cuore questa straordinaria certezza consente al credente di sapere “aspettare in silenzio la salvezza del Signore”. Con le parole del ritornello del Salmo Responsoriale incoraggiamoci a ripetere in questo momento e tutte le volte che nella vita siamo visitati da qualsiasi forma di sofferenza: “Io spero, Signore; attendo la tua parola”. E qual è la sua parola? L’abbiamo ascoltato nel brano del Vangelo! Gesù ci ha detto: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Solo Gesù riesce a diradare dal nostro cuore il buio del turbamento che genera l’esperienza della morte. Noi vogliamo fidarci di Gesù, confidare nella sua promessa: “vado a prepararvi un posto”. E’ davvero fonte di indicibile pace sapere che nel cuore di Dio c’è posto per tutti! Nino Scarbaci, i nostri fratelli e sorelle defunti tale posto, per la misericordia del Signore, l’hanno raggiunto e occupato; noi che continuiamo a peregrinare verso il Santo Paradiso dobbiamo avere la santa “preoccupazione” di non perdere questo

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“posto” che ci viene regalato dallo sconfinato amore di Dio Padre, facendo di tutto per evitare di barattarlo con quanto potrebbe allontanarci dalla nostra quotidiana docilità all’ineffabile volontà di Dio. Gesù è morto come noi per darci la possibilità di risorgere come Lui! Non dimentichiamo mai che questo è il cuore della nostra fede cristiana, la fortuna più grande della nostra vita! Dieci anni fa’, subito dopo l’inizio del mio servizio alla Parrocchia Cattedrale, ho avuto modo di conoscere il Sig. Scarbaci (così l’ho sempre chiamato!) perché venne a dirmi che a Mons. Porrazzo, mio predecessore, aveva fatto segnare una messa in suffragio della mamma. Io evidentemente risposi che la Messa sarebbe stata sicuramente celebrata. Da quel giorno ho avuto modo di avvicinarlo, percependone tutto lo spessore di sofferenza che si portava con assoluta riservatezza nel cuore e così è nata una amicizia e una collaborazione che in questi anni si è sempre più rafforzata. La crescente frequentazione è coincisa anche con il suo “riavvicinamento” alla Parrocchia che lo aveva visto sin da giovane impegnato con quella generosità che sempre lo ha contraddistinto, fino al completo dimenticarsi di sé. Ciò che si semina sempre si raccoglie! Infatti, il seme della ben nota generosità di Nino ha saputo far germogliare attorno a sé, soprattutto negli ultimi tre mesi della sua vita, una vera e propria ondata di generosità all’interno della nostra famiglia parrocchiale. Abbiamo assistito ad una edificante gara di fraterna vicinanza che è stata di sicuro motivo di consolazione per lui, ma prima di tutto - e lo dico con intima e profonda convinzione – è stata una provvidenziale occasione di crescita umana e cristiana per tutti! Mai smanioso di apparire, sebbene sempre in prima fila! Sempre pronto ad offrire la propria disponibilità con assoluto senso di gratuità e con quell’inconfondibile timbro caratterizzato dalla sua connaturale discrezione. Questo è stato Nino Scarbaci! E per questo motivo io per primo e voi carissimi fratelli e sorelle insieme a me ringraziamo il Signore per avercelo messo accanto. Le parole della Divina Liturgia vengono a ricordarci che il nostro “addio” al caro Nino, anche se non nasconde la tristezza del distacco, si conforta tuttavia nella dolcezza della speranza. Di nuovo, infatti potremo godere della presenza del fratello nostro e della sua amicizia”. Prima di concludere mi piace ricordare che per una delicata coincidenza stiamo celebrando i funerali del nostro fratello Nino nello stesso giorno nel quale 34 anni fa veniva celebrato il funerale della sua Mamma morte pure lei il 7 febbraio.

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Al Dio della vita, i cui giorni non conoscono tramonto e la cui misericordia è senza limiti, sorretti dalla fede, confortati dalla speranza e uniti nella carità, affidiamo oggi l’anima del carissimo fratello e amico fidato Nino, mentre continuiamo la celebrazione custodendo nel cuore la consapevolezza che la vita non è un’avventura senza ritorno, ma una “corsa” con il cuore dilatato dalla gioia verso lo scopo ultimo dell’intera nostra esistenza: “vedere Colui che abbiamo amato quaggiù” e godere eternamente della gioia del Santo Paradiso. Amen.

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