L’attestazione di iscrizione anagrafica dei cittadini

SETTEMBRE 2007 679 LO STATO CIVILE ITALIANO per gli effetti dell’art. 33, comma 1, del D.P.R. n. 223/89. Tale assunto, peraltro minoritario, ci sembra...

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ANAGRAFE, STATISTICHE E CENSIMENTI PARTE I - Materie Generali

L’attestazione di iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari Romano MINARDI

Premessa. Fra le tante difficoltà interpretative della nuova normativa, comunitaria e nazionale, in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari, un ruolo di primissimo piano è stato assunto, fin dall’inizio, dalle attestazioni che i cittadini dell’Unione Europea hanno il diritto di ottenere a seguito dell’iscrizione anagrafica. I dubbi, le perplessità, i quesiti, pervenuti numerosi anche al Ministero dell’Interno, hanno abbracciato un larghissimo spettro di problematiche; dalle incertezze più semplici, magari legate alla forma di queste «nuove» certificazioni, fino all’ipotesi di qualcuno che intendeva addirittura negare la previsione giuridica dei certificati stessi. Occorre, innanzi tutto, sgombrare il campo dai dubbi destituiti di ogni fondamento giuridico. A tal fine, l’unico metodo corretto ed efficace resta sempre quello di compiere un’analisi giuridica delle norme vigenti, avendo cura, in questo particolare caso, di evidenziare la distinzione che, anche in materia di certificazioni o attestazioni, sussiste fra la disciplina applicabile e applicata ai cittadini comunitari in relazione ai requisiti previsti per la regolarità del soggiorno dopo tre mesi dal loro ingresso in Italia, e quelli previsti dalla legge e dal Regolamento anagrafico ai fini della regolare tenuta dell’anagrafe della popolazione residente. In secondo luogo, per un corretto inquadramento giuridico della questione, non dovranno essere sottovalutati i principi e le disposizioni di diritto comunitario che, seppure formalmente recepiti dal D.Lgs. n. 30/2007, restano saldamente ancorati alla Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

LO STATO CIVILE ITALIANO

Il fondamento giuridico del diritto dei cittadini comunitari di ottenere la «certificazione di soggiorno». Fra gli effetti della singolare commistione fra norme giuridiche aventi finalità molto diverse, seppure collegate per volere del legislatore e quasi per «necessità», stante la volontà espressa dagli organismi comunitari di unire soggiorno legale e residenza in un rapporto di reciproca interdipendenza (1), va annoverato il più «curioso» e incomprensibile fra i numerosi dubbi interpretativi scaturiti dalla nuova normativa sulla «libera» circolazione dei cittadini dell’Unione Europea: il dubbio che qualcuno ha insinuato circa l’effettiva previsione normativa e quindi sulla stessa «esistenza» della certificazione relativa all’iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea. In pratica, si è ipotizzato che l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente di un cittadino dell’Unione Europea, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 30/2007, non fosse di per sè un evento giuridicamente idoneo a determinare in capo al cittadino comunitario interessato il diritto di ottenere una specifica attestazione, diversa, nella forma e negli effetti, da un «normale» certificato di residenza rilasciato dall’ufficiale d’anagrafe ai sensi e 1) Art. 8, comma 1, della Direttiva 2004/38/CE: «Senza pregiudizio dell’art. 5, paragrafo 5, per soggiorni di durata superiore a tre mesi lo Stato membro ospitante può richiedere ai cittadini dell’Unione l’iscrizione presso le Autorità competenti». Art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 30/2007: «Al cittadino dell’Unione che intende soggiornare in Italia, ai sensi dell’art. 7 per un periodo superiore a tre mesi, si applica la legge 24 dicembre 1954, n. 1228, ed il nuovo Regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223».

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per gli effetti dell’art. 33, comma 1, del D.P.R. n. 223/89. Tale assunto, peraltro minoritario, ci sembra destituito di qualsiasi fondamento giuridico. Innanzi tutto, occorre esaminare l’effettiva sussistenza del diritto del cittadino comunitario, iscritto nell’anagrafe della popolazione residente di un Comune italiano, di ottenere il conseguente certificato o attestato; in secondo luogo, dovrà essere affrontata la questione della valenza giuridica di tale certificazione, o della eventuale «equivalenza» fra il certificato di residenza previsto dall’art. 33 del D.P.R. n. 223/89 e il nuovo «attestato d’iscrizione» (così denominato dalla Direttiva comunitaria) o «attestazione contenente l’indicazione del nome o della dimora del richiedente, nonchè la data della richiesta» (denominazione utilizzata dal D.Lgs. n. 30/2007) (2). Circa il primo punto della questione, non possono esserci dubbi in merito al diritto del cittadino comunitario di ottenere un certificato che attesti l’avvenuta iscrizione anagrafica nel rispetto, oltre che delle norme anagrafiche, delle disposizioni del D.Lgs. n. 30/2007. La fonte normativa di questo diritto può essere ricercata ed affermata sulla base di un duplice ordine di considerazioni, entrambe fondate su norme di diritto positivo. 1. Come si è già avuto modo di sottolineare, la Direttiva comunitaria 2004/38/CE all’art. 8 — «Formalità amministrative per i cittadini dell’Unione» — nella seconda parte del comma 2, dispone testualmente: «Un attestato d’iscrizione è rilasciato immediatamente. Esso contiene l’indicazione precisa del nome e del domicilio della persona iscritta e la data dell’avvenuta iscrizione» (3). È chiaro, 2) Art. 8, comma 2, della Direttiva 2004/38/CE: «Il termine per l’iscrizione non può essere inferiore a tre mesi dall’ingresso. Un attestato d’iscrizione è rilasciato immediatamente. Esso contiene l’indicazione precisa del nome e del domicilio della persona iscritta e la data dell’avvenuta iscrizione». Art. 9, comma 2, D.Lgs. n. 30/2007: «Fermo quanto previsto dal comma 1, l’iscrizione è comunque richiesta trascorsi tre mesi dall’ingresso ed è rilasciata immediatamente una attestazione contenente l’indicazione del nome e della dimora del richiedente, nonchè la data della richiesta». 3) L’attestato di iscrizione, previsto dall’art. 8, viene richiamato anche dall’art. 25 della stessa Direttiva comunitaria 2004/ 38/CE; in questo caso viene denominato «attestato di soggiorno», ma si tratta, con tutta evidenza, dello stesso documento. Art. 25 Disposizioni generali riguardanti i documenti di soggiorno. «Il

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quindi, che deve trattarsi di un certificato che attesti l’avvenuta iscrizione; e cioè un’iscrizione nel registro anagrafico dello Stato ospitante già perfezionata secondo le norme e le formalità amministrative vigenti in ogni Paese membro. Nel caso dell’Italia, questo certificato o attestato non può essere rilasciato prima della conclusione del procedimento di iscrizione anagrafica; procedimento che termina con il provvedimento di iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente o con quello di rigetto dell’istanza di parte. Quale logica conseguenza di questo ragionamento, si afferma che la «attestazione di ricevuta della richiesta di iscrizione anagrafica» (modello allegato 1 alla Circolare del Ministero dell’Interno n. 19/2007), non può essere considerata equivalente all’attestato di iscrizione o all’attestato di soggiorno, come previsti rispettivamente dall’art. 8 e dall’art. 25 della Direttiva 2004/38/CE. 2. L’obbligo di rilasciare un certificato o attestato (comunque un atto amministrativo che attesti un dato desumibile dagli atti d’ufficio) dal quale risulti che il richiedente è stato iscritto in anagrafe ai sensi e per gli effetti delle norme contenute nel D.Lgs. n. 30/2007, scaturisce direttamente anche dai principi generali del diritto amministrativo. Poichè non possono esserci dubbi sul fatto che, con l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico della normativa sui cittadini dell’Unione Europea, l’ufficiale d’anagrafe non è più chiamato solamente all’osservanza e al rispetto delle norme anagrafiche (legge n. 1228/54 e D.P.R. n. 223/89), bensì anche all’applicazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 30/2007, per quanto riguarda i cittadini comunitari, diventa necessario «gestire» questa particolare categoria di cittadini, sia in conformità alle norme anagrafiche, sia nel rispetto delle norme del nuovo Decreto legislativo, senza mai trascurare i principi e le norme generali di diritto amministrativo. Sarà utile, quindi, ricordare i principi e le nor-

possesso di un attestato di soggiorno di cui all’art. 8, di un documento che certifichi il soggiorno permanente, della ricevuta della domanda di una carta di soggiorno di familiare di una carta di soggiorno o di una carta di soggiorno permanente, non può in nessun caso essere un prerequisito per l’esercizio di un diritto o il completamento di una formalità amministrativa, in quanto la qualità di beneficiario dei diritti può essere attestata con qualsiasi altro mezzo di prova».

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me in materia di atti certificativi in generale. Per unanime interpretazione della dottrina e della giurisprudenza, gli atti certificativi non fanno parte della categoria dei provvedimenti amministrativi, ma sono considerati atti non costituenti manifestazione di volontà, a carattere ricognitivo. L’art. 1, comma 1, lett. f) del D.P.R. n. 445/2000 così definisce il certificato: «il documento rilasciato da una amministrazione pubblica avente funzione di ricognizione, riproduzione o partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche». Questa è la prima definizione di certificato contenuta in un testo normativo che comunque rispecchia le tesi elaborate in materia dalla dottrina. Il certificato, quindi, è un documento che fa da supporto ad informazioni in cui l’attività del pubblico ufficiale è rappresentata dalla «certificazione»; in sintesi, le certificazioni sono «dichiarazioni di scienza, esternate in un documento, in funzione di partecipazione» (4) e, nell’ambito delle dichiarazioni di scienza, le certificazioni sono dichiarazioni di certezza (5). Dalla definizione stessa di «certificato», oltre che dai principi del diritto pubblico e dalla prassi amministrativa, si evince un obbligo del dirigente pubblico o comunque del funzionario competente, a rilasciare qualsiasi attestato o certificato desumibile dagli atti d’ufficio; salvo che la norma stessa preveda divieti, limitazioni o condizioni espressamente indicati (6). In conclusione, anche qualora le norme in materia di soggiorno dei cittadini comunitari non prevedessero l’obbligo di rilasciare un «attestato di iscrizione anagrafica» o un «attestato di soggior4) M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo. 5) «... Semmai la peculiarità del certificato, ciò che lo distingue e lo caratterizza rispetto a tutti gli altri documenti amministrativi, sta da un lato nella sua specifica funzione di comunicazione a terzi (interni ed esterni all’amministrazione), dall’altro nel fatto che le informazioni che mette in circolazione non sono informazioni qualsiasi, bensì sono dotate di quella particolare qualità giuridica che è la certezza». G. ARENA, in «La documentazione amministrativa» di G. ARENA, M. BOMBARDELLI, M.P. GUERRA, A. MASUCCI, Maggioli Editore, anno 2001.

Attestazione di iscrizione di cittadino dell’Unione Europea e attestazione di ricevuta della richiesta di iscrizione.

6) Il T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con D.Lgs. n. 267/2000 prevede espressamente la competenza e l’obbligo di rilasciare «le attestazioni, certificazioni, comunicazioni ... ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza». [Art. 107, comma 3, lett. h)].

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no» (obbligo, peraltro, espressamente previsto), il funzionario competente in materia (in questo caso l’ufficiale d’anagrafe) avrebbe l’obbligo giuridico di rilasciare tale attestazione su richiesta dell’interessato. Sulla base di queste considerazioni, fondate su precisi riferimenti normativi, non mi pare sostenibile la tesi di chi vorrebbe negare il diritto del cittadino comunitario di ottenere, se richiesto, l’attestato di iscrizione o di soggiorno (comunque sia denominato, il suo valore giuridico è lo stesso). È appena il caso di ricordare che il diritto ad ottenere questo attestato, con queste precise funzioni e finalità, è affermato anche nei principi ispiratori della Direttiva 2004/38/CE che al punto 12 delle premesse, dispone: «Per soggiorni superiori a tre mesi, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di richiedere l’iscrizione del cittadino dell’Unione presso le Autorità competenti del luogo di residenza, comprovata da un attestato d’iscrizione rilasciato a tal fine». Le sopra esposte considerazioni tolgono qualsiasi fondamento anche alla tesi (di cui, peraltro, non si conoscono le motivazioni, perchè espressa in maniera apodittica) che tenderebbe a negare il diritto del cittadino comunitario di ottenere l’attestato, sulla base della rilevata assenza di una esplicita disposizione di recepimento da parte del D.Lgs. n. 30/2007. A questo proposito sarebbe sufficiente ricordare che una norma nazionale di recepimento di una Direttiva comunitaria non può certo essere in contrasto con la fonte primaria che intende recepire; ma, soprattutto, va rilevato che non necessariamente la norma nazionale «recepisce» formalmente ogni singola previsione normativa contenuta nella disposizione di rango comunitario; non per questo, tuttavia, l’eventuale disposizione non formalmente recepita cessa di avere il suo valore e la sua efficacia giuridica che, al contrario, restano immutate.

È logico ipotizzare che gli improvvidi sostenitori della «inesistenza» normativa dell’attestazione di avvenuta iscrizione anagrafica dei cittadi-

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ni dell’Unione Europea, non abbiano tenuto conto di un dato di fatto elementare, se non addirittura ovvio. Una Direttiva emanata dal Parlamento europeo e dal Consiglio, diretta ai 27 Paesi membri dell’Unione Europea e quindi destinata ad essere applicata da altrettanti Stati autonomi dotati di autonomi ordinamenti giuridici, non può dettare disposizioni tanto dettagliate e precise da potersi adattare e applicare direttamente in tutti gli Stati destinatari della Direttiva; d’altra parte, se così non fosse, non ci sarebbe alcun bisogno di norme nazionali di recepimento delle disposizioni comunitarie! Ebbene, è noto come la legislazione anagrafica italiana preveda una procedura piuttosto complessa di iscrizione anagrafica su istanza di parte. A norma dell’art. 18 del D.P.R. n. 223/89, la persona che intende stabilire la sua dimora abituale in un qualsiasi Comune italiano, all’atto della domanda di iscrizione anagrafica, deve rendere apposita dichiarazione di residenza; da quella data avrà decorrenza l’iscrizione anagrafica del richiedente e gli effetti conseguenti, anche se, in ogni caso, si renderà necessaria una fase istruttoria più o meno lunga, la cui conclusione potrà avvenire anche molto tempo dopo (normalmente fino a 90 giorni dalla data della domanda). Per effetto di questa particolare procedura, il cittadino comunitario che ha il diritto di ottenere, a richiesta, l’attestato di iscrizione, non potrebbe mai ottenerlo «immediatamente», così come prevede l’art. 8, comma 2 della Direttiva 2004/38/CE, in quanto dovrebbe attendere la conclusione del procedimento di iscrizione e i tempi necessari per il compimento della fase istruttoria. In conseguenza di ciò, bene ha fatto il Ministero dell’Interno (7) a prevedere il rilascio di un attestato al momento stesso della richiesta di iscrizione anagrafica, così come impone l’art. 9 del D.Lgs.

7) Circ. del Ministero dell’Interno 6 aprile 2007, n. 19, prot. n. 200704163/15100/14865: «... Al momento della richiesta di iscrizione viene rilasciata all’interessato un’attestazione, contenente il nome, il cognome, l’indirizzo del luogo di dimora abituale dichiarato e la data della presentazione dell’istanza di iscrizione. A tale proposito, al fine di semplificare gli adempimenti a carico dell’amministrazione comunale, potrebbe risultare utile includere nella richiamata attestazione (All. 1) la comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi della legge 241/1990 e successive modificazioni».

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n. 30/2007. Solo così il cittadino comunitario può ottenere «immediatamente» un attestato che gli consenta di poter dimostrare la regolarità del suo soggiorno, anche oltre tre mesi dal suo ingresso in Italia e salvo esito positivo della sua domanda di iscrizione. Naturalmente, questo attestato «immediato» (rilasciato immediatamente) non può essere parificato all’attestato di «avvenuta iscrizione» anagrafica previsto dall’art. 8 della Direttiva comunitaria; si tratta, al contrario, di un semplice attestato di ricevuta della domanda di iscrizione al quale si è aggiunta anche, per mera semplificazione degli atti, la comunicazione di avvio del procedimento, quale atto dovuto ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90; quest’ultima, ovvero la comunicazione di avvio del procedimento, è prevista per tutti i soggetti, italiani, comunitari o stranieri, comunque interessati al procedimento. Attestazione di iscrizione di cittadino dell’Unione Europea, certificato di residenza, attestati e certificati desunti da altra posizione anagrafica. Si tratta di atti distinti, tutti di natura certificativa, ma aventi presupposti ed effetti giuridici totalmente differenziati. Quanto ai presupposti, il certificato di residenza è previsto e disciplinato dal D.P.R. n. 223/89 e, in particolare dagli artt. 33, comma 1 e, per quanto riguarda il suo contenuto, dall’art. 35. Si considera un certificato «tipico» perchè espressamente previsto, insieme allo «stato di famiglia», dalla normativa anagrafica, a differenza di tutti gli altri certificati o attestati, non espressamente nominati, ma che possono e devono ugualmente essere desunti dagli atti anagrafici. Questi ultimi sono previsti, anch’essi espressamente seppure in maniera generica, dall’art. 33, comma 2, del citato D.P.R. n. 223/89. Se non ci possono proprio essere dubbi sulla netta distinzione esistente fra certificato di residenza e attestazione di iscrizione anagrafica (o attestato di regolare soggiorno) di cittadino dell’Unione Europea, più complessa e meritevole di approfondimento giuridico appare la distinzione fra quest’ultima e gli attestati desumibili dagli atti anagrafici ai sensi e per gli effetti dell’art. 33, comma 2, del D.P.R. n. 223/89.

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Per dirimere la questione nella maniera giuridicamente più corretta, basterà chiarire se il contenuto sostanziale dell’attestazione di iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea possa essere considerato o meno un «dato anagrafico». Il presupposto del ragionamento è molto semplice; molto meno semplice appare l’analisi giuridica necessaria. Rinviando, necessariamente, ad ulteriori e più approfondite argomentazioni, ci sembra maggiormente sostenibile la tesi che considera l’attestazione di iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea un certificato da rilasciarsi «una tantum» in quanto desumibile non da atti anagrafici, ma piuttosto da elementi di fatto e di diritto disciplinati dalla direttiva comunitaria 2004/ 38/CE e dal decreto legislativo di recepimento n. 30/2007. Il fatto che il D.Lgs. n. 30/2007, abbia previsto particolari condizioni aggiuntive per l’iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari, non consente tuttavia di «mischiare» i dati anagrafici, come previsti e disciplinati dalla legge n. 1228/54 e da D.P.R. n. 223/89, con le condizioni e i requisiti aggiuntivi alle condizioni e ai requisiti previsti per l’iscrizione anagrafica dal D.Lgs. n. 30/2007 per i soli cittadini dell’Unione Europea. Fra l’altro, occorre considerare che il valore probatorio dell’attestazione di iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea è molto diverso dal valore probatorio di tutti i certificati e attestati rilasciati ai sensi dell’art. 33, comma 1 e 2 del D.P.R. n. 223/89. In entrambi i casi gli atti certificativi hanno valore di presunzione di prova del dato attestato, ma, mentre per quanto riguarda i certificati e gli attestati desunti dagli atti anagrafici la presunzione, salvo prova contraria, della veridicità del dato è riferibile unicamente (salvo il caso particolare dei certificati desunti da atti pregressi: i cosiddetti «certificati storici») alla data del rilascio del certificato stesso da parte dell’ufficiale d’anagrafe (8), per quanto riguarda il contenuto dell’attestazione di iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea, questo è riferibile esclusivamente alla data di iscrizione anagrafica (9).

Il motivo di questa fondamentale distinzione è molto semplice: mentre tutti i dati anagrafici sono il risultato di un’opera di «manutenzione» costante e quotidiana della banca dati anagrafica, resa obbligatoria da norme precise e minuziose, che impongono all’ufficiale d’anagrafe di provvedere alle iscrizioni, cancellazioni e variazioni, con forti poteri anche di agire d’ufficio, nulla di tutto questo è previsto in relazione al contenuto dell’attestazione che l’ufficiale d’anagrafe rilascia ai cittadini comunitari. Ciò che certifica l’ufficiale d’anagrafe che rilascia l’attestazione al cittadino comunitario si limita al fatto che quel cittadino è stato iscritto in anagrafe sulla base del possesso dei requisiti previsti dal D.Lgs. n. 30/2007 per la regolarità del soggiorno dei cittadini comunitari trascorsi tre mesi dal loro ingresso in Italia. Circa gli effetti dell’eventuale perdita di questi requisiti, l’ufficiale d’anagrafe non solo non possiede alcun potere decisionale (di esclusiva competenza del Prefetto o dell’Autorità giudiziaria), ma nemmeno può aggiornare in alcun modo i suoi dati anagrafici; non può e non deve registrare alcuna variazione e nemmeno cancellare il cittadino comunitario, riconosciuto privo dei requisiti di regolarità ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 30/2007. Gli unici motivi, legittimi, di cancellazione anagrafica, restano quelli previsti dall’art. 11 del D.P.R. n. 223/89; e fra questi, non v’è nulla che riguardi la perdita dei requisiti di regolarità del soggiorno di un cittadino comunitario. Se proprio si volesse trovare un appiglio al potere certificativo dell’ufficiale d’anagrafe, così come delineato dalla vigente normativa anagrafica, l’attestazione di iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea dovrebbe essere ricondotta, caso mai, all’ipotesi dei «certificati attestanti situazioni anagrafiche pregresse», previsti dall’art. 35, comma 4 del D.P.R. n. 223/89.

8) Basterebbe pensare al certificato di stato libero che non può certo riferirsi a momenti precedenti la data del rilascio del certificato stesso e, tanto meno, alla data di iscrizione anagrafica dell’interessato.

9) Salvo che l’ufficiale d’anagrafe fosse disponibile ad effettuare la verifica della sussistenza delle condizioni di regolarità del soggiorno, come previste dal D.Lgs. n. 30/2007, ogni qual volta gli fosse richiesto il rilascio dell’attestato.

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Requisiti formali e sostanziali dell’attestazione di residenza di cittadino dell’Unione Europea: la modulistica. Come, purtroppo, si ha modo di osservare con

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grande frequenza per tutte le materie riconducibili alle competenze del settore «demografico», il modulo, lo stampato, il fac-simile, assume agli occhi degli operatori un’importanza fondamentale, a volte addirittura superiore alla stessa fonte normativa da cui si ricava. Per questo motivo, risulta di sicuro interesse puntualizzare il valore sostan-

ziale dell’attestato di iscrizione anagrafica di un cittadino dell’Unione Europea, anche in relazione alla ricevuta della domanda di iscrizione e, soprattutto, del certificato di residenza, previsto e disciplinato dagli artt. 33 e 35 del D.P.R. n. 223/89. In sintesi, la questione potrebbe essere così riassunta:

certificato o attestato

valore probatorio

aventi diritto

validità

Attestazione di richiesta di iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea

L’ufficiale d’anagrafe attesta semplicemente che il cittadino comunitario ha presentato domanda di iscrizione anagrafica. Il cittadino comunitario, salvo prova contraria, dovrà essere considerato «regolarmente soggiornante», anche oltre tre mesi dal suo ingresso in Italia e fino alla data della conclusione del procedimento anagrafico.

I cittadini comunitari e i loro familiari che abbiano presentato domanda di iscrizione anagrafica in Apr o nello schedario della popolazione temporanea.

Per tutta la fase istruttoria del procedimento di iscrizione anagrafica (di norma, per un periodo massimo di 90 giorni).

Attestazione di iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea

L’attestazione dimostra l’avvenuto adempimento da parte del cittadino dell’Unione Europea dell’obbligo di iscriversi all’anagrafe, secondo le modalità indicate nel D.Lgs. n. 30/ 2007. L’attestato ha un valore probatorio, salvo prova contraria, limitato al momento del suo rilascio. Non può sostituire il certificato di residenza ai fini della dimostrazione dell’iscrizione anagrafica.

Su richiesta, i cittadini comunitari iscritti nell’anagrafe della popolazione residente o nello schedario della popolazione temporanea (in quest’ultimo caso l’attestazione va opportunamente adattata).

A tempo indeterminato per gli iscritti in Apr. Per un termine massimo di un anno per gli iscritti nello schedario della popolazione temporanea.

Certificato di residenza (o di iscrizione anagrafica) rilasciato ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. n. 223/89

È il documento che certifica l’iscrizione anagrafica di una persona e ha valore di presunzione di prova della residenza effettiva (iuris tantum, per usare un latinismo caro ai giuristi di un tempo, e cioè fino a prova contraria). Ha lo stesso valore probatorio per tutti i cittadini, italiani, comunitari o stranieri. Non può essere rilasciato a coloro che siano iscritti nello schedario della popolazione temporanea.

Chiunque ne faccia richiesta (quindi non solo l’intestatario del certificato, un suo familiare o comunque l’interessato, ma «chiunque»).

Sei mesi. Salvo che l’interessato dichiari in calce al documento che la situazione certificata non ha subito variazioni.

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Il limitato valore probatorio dell’attestazione di iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea. Una corretta analisi della problematica in oggetto non può prescindere, ancora una volta, dalle disposizioni contenute nella Direttiva comunitaria n. 38 del 2004, già più volte richiamata. Al punto 11 delle premesse alla Direttiva si legge: «Il diritto fondamentale e personale di soggiornare in un altro Stato membro è conferito direttamente dal trattato ai cittadini dell’Unione e non dipende dall’aver completato le formalità amministrative». Ancora più esplicito, l’art. 25 della citata Direttiva dispone: «Il possesso di un attestato d’iscrizione di cui all’art. 8, ... non può in nessun caso essere un prerequisito per l’esercizio di un diritto o il completamento di una formalità amministrativa, in quanto la qualità di beneficiario dei diritti può essere attestata con qualsiasi altro mezzo di prova». Il D.Lgs. n. 30/2007, a sua volta, recepisce esattamente questo fondamentale principio, con la disposizione dell’art. 13, comma 2: «I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui agli artt. 7, 11 e 12, finchè soddisfano le condizioni fissate negli stessi articoli» e, soprattutto, con la disposizione dell’art. 19, comma 4: «la qualità di titolare di diritto di soggiorno e di titolare di diritto di soggiorno permanente può essere attestata con qualsiasi mezzo di prova previsto dalla normativa vigente». Ne scaturisce un quadro giuridico, almeno in questo caso, molto chiaro e preciso che può sintetizzarsi in questo modo: l’attestazione di iscrizione anagrafica di cittadino dell’Unione Europea: — rappresenta un diritto per il cittadino comunitario che risulti in possesso dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 30/2007 al momento del suo rilascio da parte dell’ufficiale d’anagrafe; — i cittadini dell’Unione Europea non sono obbligati a possederla e ad esibirla (pertanto l’ufficiale d’anagrafe deve rilasciarla solo a richiesta del titolare); — ha valore di prova dell’avvenuta iscrizione anagrafica e del possesso dei requisiti previsti dal D.Lgs. n. 30/2007 al momento dell’iscrizione stes-

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sa o, se rilasciata successivamente, del possesso di tali requisiti al momento del suo rilascio da parte dell’ufficiale d’anagrafe; — il cittadino comunitario, che sia in possesso o meno di tale attestazione, potrà sempre dimostrare di essere in regola con le norme sul suo soggiorno in Italia, con qualsiasi mezzo di prova, che risulti idoneo allo scopo; — il possesso dell’attestazione, che pure deve essere rilasciata a tempo indeterminato, costituisce presunzione di «regolarità», ma non è idonea ad escludere che il cittadino dell’Unione Europea abbia perduto il diritto di soggiorno causa la perdita dei requisiti dal D.Lgs. n. 30/2007. Alla luce delle suesposte considerazioni, credo che vi sia tuttora ampio spazio per un dibattito relativo al valore probatorio, ai contenuti o alla forma dell’attestazione in oggetto; ritengo, al contrario, del tutto inconsistente la posizione di coloro che, in maniera preconcetta e apodittica, si sono espressi in senso contrario al diritto del cittadino dell’Unione Europea di ottenere la specifica attestazione di «avvenuta» iscrizione anagrafica rilasciata ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 30/ 2007 (10).

10) La circolare del Ministero dell’interno - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali Direzione Centrale per i Servizi Demografici, n. 45 dell’8 agosto 2007, avente ad oggetto: «Decreto legislativo n. 30/2007. Diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione Europea», afferma: «1. Attestazioni di soggiorno. L’art. 9 del decreto legislativo n. 30/2007 prevede che all’iscrizione anagrafica del cittadino dell’Unione consegua il rilascio di un’“attestazione contenente l’indicazione del nome e della dimora del richiedente, nonchè la data della richiesta”. L’attestazione non è un documento che autorizza il soggiorno, ma ha il diverso scopo di dimostrare l’avvenuto adempimento da parte del cittadino dell’Unione Europea, dell’obbligo d’iscriversi all’anagrafe, secondo le modalità indicate nel decreto legislativo in argomento. Gli allegati 1 e 2 costituiscono i modelli che è possibile utilizzare ai fini di attestare, rispettivamente, l’avvenuta domanda d’iscrizione anagrafica di cittadini dell’Unione e l’avvenuta iscrizione degli stessi. Il primo attestato deve essere consegnato dall’ufficiale d’anagrafe al momento della domanda d’iscrizione, il secondo attestato va rilasciato a seguito dell’avvenuta iscrizione anagrafica. Nella ipotesi in cui il cittadino dell’Unione sia già iscritto nel registro della popolazione residente, e quindi non sia necessario verificarne la dimora abituale, sarà possibile consegnare direttamente l’attestato di cui all’allegato 2, previa verifica dei requisiti (attività lavorativa, disponibilità economica ecc. ...)». In allegato alla circolare il Ministero riporta anche il modulo di attestazione in oggetto.

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