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3 Informatore di vita parrocchiale ANNO XXIV- n. 3 settembre 2013 Sede: Piazza San Maurizio, 10 21040 VEDANO OLONA (VA) Tel. 0332.400109 — www.parrocc...

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Informatore di vita parrocchiale

Direttore responsabile Don Daniele Gandini

ANNO XXIV- n. 3 settembre 2013

Sede: Piazza San Maurizio, 10 21040 VEDANO OLONA (VA) Tel. 0332.400109 — www.parrocchiavedano.it

IN QUESTO NUMERO … EDITORIALE .................................................................. 4 SPECIALE SALUTO A DON ROBERTO •

Un saluto che è un arrivederci ................... …. 6



...da uno del Consiglio pastorale………………..6



Custodire un tesoro prezioso……………………7



Un abbraccio da un tuo confratello……………..9



Un ringraziamento dal gruppo missionario…..10



Al protagonista della segreteria parrocchiale...11



L’attenzione agli ultimi…………………………..12



Fare bene il bene………………………………..13

VITA DELLA PARROCCHIA •

Benvenuto don Daniele….…………………….14

VITA D’ORATORIO •

Estate a Vedano: viviamo con entusiasmo ..... 16

VITA DELLA CHIESA •

INVITO ALLA LETTURA •

Lumen fidei .................................................... 19

NOTE D’ARCHIVIO ...................................................... 21 RICORDIAMO CHE........................................................ 22

Non guardate la vita dal balcone!....………….17

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EDITORIALE Come tutti sanno, dal 1 settembre, dopo 17 anni, don Roberto Verga ha lasciato la cura pastorale della comunità di Vedano Olona: l’arcivescovo Cardinale Angelo Scola lo ha nominato parroco di Cerro Maggiore (MI), una realtà grande, dove siamo certi don Roberto continuerà a servire il Signore e il Popolo di Dio con generosità e passione. A lui abbiamo deciso di dedicare un numero speciale del Vedano Aperta, in cui le diverse realtà parrocchiali di Vedano hanno voluto fosse presente un loro ringraziamento. Con la partenza di don Roberto è arrivato il nuovo parroco, don Daniele Gandini, da Albizzate: a lui fin da ora rivolgiamo il nostro caloroso benvenuto e lo ringraziamo per essersi prestato a rispondere ad alcune nostre domande, per cominciare a conoscerlo. Iniziamo questo speciale sul parroco uscente, pastore “innamorato della bellezza di Cristo”, con un’intervista, fattagli in una mattina di agosto nel suo studio ormai spoglio: niente libri, computer, quadri. Solo un tavolo, due sedie e al muro il bel crocifisso antico che troneggia: un ambiente essenziale, ma emblematico per quella che è la vita del sacerdote, tutta dedicata al Signore Gesù. 1) Don Roberto, ormai è prossimo ala partenza. Ci può indicare una pagina di Vangelo che riassuma il suo ministero a Vedano? La pagina più bella, la pagina che più mi commuove ogni volta che la leggo è la pagina della vocazione di Giovanna e Andrea…essi sono in ricerca, tanto che il Signore, percependo che qualcuno lo stava seguendo, si gira e chiede “Chi cercate?” e loro rispondono “Dove abiti?”. Ecco, io posso dire di aver visto che gli amati vedanesi cercano il Signore. Alcuni nella forma esplicita di una fede convinta, forte per l’educazione ricevuta dalla famiglia. Altri più stentatamente, perché oberati dal clima di secolarizzazione che inesorabilmente, soprattutto attraverso i media, li raggiunge nelle case. Altri ancora cercano da lontano, quasi spiando il pastore, quasi spiando la vita della Chiesa, ma i cari vedanesi cercano il Signore. E così, come Giovanni e Andrea, essi mi hanno seguito, per 17 anni, incontrando il Signore, nella vita della Chiesa, nella liturgia, nelle varie iniziative che si sono svolte nel tempo, per educare, a partire dai bambini in oratorio, tutto il paese ad una vita cristiana intensa.

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2) Per usare un’immagine evangelica, parliamo di semi gettati. Quali semi ha gettato nel suo ministero di parroco, quale pianta le ha dato maggiore soddisfazione e quale invece avrebbe voluto crescesse di più? Tra i semi gettati certamente vi è quello della bellezza, che ho cercato di documentare mediante i restauri del campanile, della chiesa di san Rocco, e soprattutto della chiesa di san Pancrazio e ultimamente anche nella nuova pavimentazione della chiesa parrocchiale. Parlare del seme della bellezza significa parlare della mossa estetica, la quale costituisce il primo passo di ogni proposta educativa; come un giovane si muove quando vede una bella ragazza, così l’uomo di ogni età cerca la bellezza. Parlare della bellezza significa parlare del creato, dell’umano, della creatività dell’umano in campo letterario, artistico, musicale. Ma l’umano non è fine a se stesso: egli è il riverbero della Bellezza, della Bellezza di Cristo crocifisso e risorto, che l’uomo cerca. La mossa estetica costituisce il primo passo per arrivare a Cristo. Per quanto riguarda invece la pianta che avrei voluto crescesse meglio, senza dubbio mi sarebbe piaciuto che si diffondesse maggiormente la coscienza della dimensione vocazionale della vita: oggi più che mai la parola vocazione risulta difficile da comprendere, a causa di una cultura del fai da te che porta l’uomo a concepire la vita secondo una propria progettualità, mentre la parola vocazione indica un altro percorso: l’uomo è chiamato, vocato, da Dio. Ecco allora l’importanza dell’ascolto della voce di Dio, sia per quanto riguarda la costruzione della famiglia, sia per rispondere al Signore che chiama a forme di consacrazione religiosa. Vi sono nella nostra parrocchia vocazioni religiose, e altri semi di vocazioni vi sono nei ragazzi più giovani. Tuttavia il mio desiderio di pastore, vedendo anche la grande necessità delle

EDITORIALE parrocchie e del mondo di oggi, è che cresca e si diffonda questa esperienza vocazionale, sia nella strada della consacrazione che nell’edificazione di famiglie buone, nelle quali la trasmissione della fede sia il primo obiettivo.

mai attuali. Egli si converte con la forza della ragione che cerca la verità! Allora come pastore chiedo: “uomo di oggi, amico, sii leale alla tua ragione, vai fino in fondo, e troverai la verità, che è il volto di Cristo”

3) Come è cambiato il suo essere sacerdote in 17 anni da parroco? Il tempo costruisce la saggezza; se si aderisce al Signore, se si ama la Chiesa, il tempo rende più capaci di sapienza, di prudenza, di incontro. Posso dire che dopo 17 anni la mia umanità sia certamente più capace di raggiungere il cuore di chi incontro. Desidero tuttavia che questo sguardo cresca e diventi sempre più simile a quello di Gesù, avvicinarmi al modo in cui lui guardava Zaccheo, la samaritana, Pietro, gli apostoli.

5) Cosa significa essere parroco oggi, nel 2013? Quali responsabilità ha oggi un parroco? A definire la responsabilità pastorale è una parola: incontro. Il sacerdote oggi è chiamato ad essere esperto nell’incontrare l’umano, e questa esperienza è sempre continuamente da imparare. Per questo chiedo nella mia preghiera di essere sempre più idoneo a questo compito. L’uomo di oggi ha bisogno di essere abbracciato.

4) Tra i diversi santi che ha suggerito alla meditazione della comunità parrocchiale, quale le è rimasto più nel cuore? Non posso parlare di un santo solo, ma almeno tre. Il primo è il beato don Luigi Monza, perché ha celebrato sullo stesso altare sul quale anche io ho celebrato per 17 anni… e tante volte durante la santa Messa il suo volto mi è rimbalzato fino a raggiungere il calice che in quel momento avevo tra le mani. Il secondo santo è senz’altro san Daniele Comboni: i due grandi pellegrinaggi fatti a Limone sul Garda, paese natale del Comboni, sono stati per me momenti di grande meditazione. Non posso non pensare che da un piccolo paese, a metà dell’Ottocento raggiungibile solo con la barca, un ragazzo parte, alla volta dell’Africa, lasciando la famiglia. E in quel tempo partire per l’Africa voleva dire non tornare più. Ma in questo modo un ragazzo salva un continente…che miracolo! Per questo mi auguro che la dimensione missionaria rimanga molto viva a Vedano. Il terzo volto che mi ha colpito è il beato John Henry Newman. A lui abbiamo dedicato anche un’edizione della fiera di san Pancrazio, perché la sua conversione e il suo messaggio sono quanto

6) Da ultimo, ci indichi una parola finale che vuole lasciare alla comunità di Vedano. La parola più importante che posso pronunciare è la parola “grazie”. Io ho ricevuto tanto in questi 17 anni, soprattutto nel campo delle testimonianze, alcune di queste spinte fino all’eroismo. Ho incontrato la grazia del Signore nella fragilità umana, mi sono stupito di fronte a tante situazioni in sé deboli, ma sostenute dalla luce di Cristo. E il mio grazie veramente si estende a tutte le generazioni, partendo dai bambini. Vi sono alcuni ragazzi a Vedano che non esito a definire capolavori della grazia, e spero che crescendo corrispondano a questi doni. Vi sono giovani tesi con tutte le loro forze ai grandi ideali della vita cristiana. Vi sono tante famiglie buone capaci di crescere bene i loro bambini. Vi sono persone anziane disponibili nell’offerta continua della loro saggezza e anche delle loro croci. Vi sono certamente anche delle fragilità, in ogni campo: bambini che vivono situazioni di fatica familiare, giovani che hanno perso la strada giusta, adulti un po’ scettici. A tutti loro dico: non stancatevi di cercare la verità di Cristo! A cura di Sergio

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SPECIALE

SALUTO A DON

ROBERTO

Un saluto che è un arrivederci... Se questo deve essere un saluto allora non può che essere un arrivederci. Il mio è qualcosa più di un auspicio visto che son certo che ormai Vedano è diventata parte di Don Roberto così come lui resterà parte della nostra comunità. Ci lascia doni materiali importanti, ma non saranno solo la rinnovata bellezza di San Pancrazio e della Chiesa parrocchiale a renderlo presente. Sarà l’inestimabile traccia che ha lasciato in tutti noi a tenerlo sempre legato ai vedanesi: il lavoro in Oratorio con i più piccoli e l’instancabile attenzione all’educazione alla bellezza sono l’opera di una guida spirituale che ha saputo toccare tutti, sollecitando continuamente, anche chi non pratica e chi non crede, sui temi alti, sulle domande ineludibili. Volendo indicarne un tratto caratteristico lo definirei “costruttore di comunità”. La sua straordinaria capacità di creare preziose occasioni di incontro ha stimolato il nostro interesse, alimentato curiosità, confronto e discussione, mettendoci alla prova, sollecitandoci a raggiungere i nostri limiti per tentare di superarli. Ha fatto sì che tutti potessero incontrare l’eccellenza nell’arte, nella scienza e nella filosofia e lo ha fatto senza giudicare, osservando per conoscere. Tutto questo ci ha consentito di incontrarci liberamente pur rispondendo ad un richiamo forte che ha saputo andare oltre il gregge di cui è stato buon pastore. Questo ci ha aiutato a sentirci comunità e questo è il cammino che non dobbiamo abbandonare. Ora, mentre do il benvenuto al suo successore, debbo ringraziare Don Roberto a nome di tutti i vedanesi per aver fatto Vedano più ricca e unita. A presto Don. Enrico Baroffio

… da uno del Consiglio pastorale “Grazie ” Ho imparato a dire questo e per ora questo mi basta! Tanto più al prete che va altrove, al prete che è stato con me per tanti anni e che gratuitamente mi ha dato tutto quello che mi aspettavo da lui. Basta un “grazie”? Sì! “Grazie” è parola gratuita che posso dire e dare a chiunque, senza sentirmi impegnato in altro modo, senza sentirmi obbligato a mettere la mano in tasca per cercarvi qualcosa che non permetta che ci si dimentichi subito di me, e a lui la posso dire guardandolo negli occhi, con mani libere. Ora so (e forse l’avevo già intuito anche prima) che il mio “grazie” basta al prete che da un Altro s’aspetta qualcosa in più. E qualcosa di ben più valido di ciò che potrei offrirgli io! Già, già; e così me ne lavo le mani, così mi libero da ogni ulteriore dovere o forse no. Anzi, no di certo. E allora almeno un ricordo, che mi tengo però tutto per me, un ricordo di quando siamo stati insieme, un ricordo che è ”memoria“ di lui: quello che lui vorrebbe che io non dimenticassi. Non dimentico: si andava in Consiglio Pastorale non per dare, ma per ricevere. Sì, qualche parere, qualche consiglio è pur stato richiesto e qualcuno ha dato; ha dato perché le celebrazioni religiose funzionassero bene, perché la nostra chiesa fosse migliore, perché le ricorrenze fossero rispettate… Ma all’inizio di ogni incontro c’era lui: c’era la preghiera e poi le sue parole, le sue letture perché noi fossimo veramente il sale delle funzioni, la luce per gli altri nella Parrocchia: se no, perché la gente ci aveva indicato? Forse per dare consigli, per svolgere un programma? Qualcuno la pensava così, ma lui non era di questo avviso. Era dell’avviso che noi, privilegiati, saldi nella nostra umanità, portassimo a tutti gli altri

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SPECIALE

SALUTO A DON

ROBERTO

il significato d’essere Chiesa, d’essere amici scelti da Cristo. Ed è un peccato, se neanche chi è stato seduto in chiesa accanto a noi non se ne sia accorto, se neanche chi sta accanto a noi tutto il giorno non abbia visto giorno dopo giorno che non eravamo più gli stessi; peccato se siamo passati per le strade senza che nessuno si avvedesse che la nostra umanità nuova era qualcosa da mostrare o da dire a loro. Ma finalmente, nella costanza degli incontri, qualcosa l’abbiamo appresa, qualcosa che ci fa dire ora: “Grazie, don Roberto.” Alvisio

Custodire un tesoro prezioso “La vocazione di ogni cristiano è come la chiamata degli apostoli: arriva per l’incontro con una presenza eccezionale dentro un luogo e in un tempo. Questo metodo ha implicazioni quotidiane, ad ogni istante. Non c’è nulla di inutile e tutto rivela una positività ultima” Un luogo preciso e un tempo. Ecco l’origine che diventa il titolo della prima Fiera di San Pancrazio:“Là dove non c’è Tempio, non vi saranno dimore”” (Eliot). Se la Chiesa è in rovina, il degrado dell’uomo non si arresta. Il destino dei nostri paesi e della Chiesa sono legati perché la Chiesa è dentro la storia ed esiste per sostenere l’opera dell’uomo. Ma l’uomo può compiersi da solo? Tutto ciò che l’uomo persegue come fine a se stesso, anche la cosa apparentemente più buona, gli muore tra le mani se non acquista un respiro infinito. La situazione di crisi attuale dimostra che non

bastano tecniche economiche o progetti strategici. “Con le nostre mani , ma con la Tua forza” è la frase che ci indica la strada da seguire. Ma significa svilire l’importanza del lavoro dell’uomo, espressione della sua libertà e dignità? Al contrario, proprio perché si tratta di collaborare al disegno di Dio il lavoro diventa più che mai audace e creativo. Il passaggio successivo si snoda attraverso la vicenda umana di S. Agostino: “ Si conosce solo ciò che si ama”. La conoscenza è sempre un avvenimento per S. Agostino: conoscere non è uno sforzo intellettuale, ma il frutto di una passione irriducibile, quella del cuore che cerca Dio dentro tutte le cose che accadono. Costante nella vita di Agostino è l’adesione totale alla realtà, tanto che la sua certezza sulla presenza di Dio cresceva in proporzione all’esperienza di essa che viveva nella quotidianità. L’amore per la conoscenza pone al centro della

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SPECIALE

SALUTO A DON

nostra esistenza il desiderio del cuore di ogni uomo: la ricerca della verità. “Cor ad cor loquitur”, il cuore parla al cuore. Il Beato Newmann ci guida in questa ricerca partendo dal fatto che nessuno può essere conquistato a Gesù Cristo e alla Chiesa con sole argomentazioni. La Verità del Vangelo “è stata sostenuta nel mondo non come un sistema, non da scritti e dimostrazioni, ma con l’influenza personale di uomini…che ne sono stati maestri e modelli.” Newmann invita gli uomini ad occuparsi intellettualmente della verità rivelata, ma al tempo stesso sottolinea che esercita l’influsso più grande colui che vive la verità nella vita quotidiana. Ed è proprio la ricerca della verità che muove anche lo studioso, lo scienziato che, incuriosito da un certo fenomeno fisico, cerca di affinare la sua osservazione desiderando comprendere il perché di ogni cosa. Figura di riferimento esemplare nel nostro percorso è stato San Giuseppe Moscati, medico e ricercatore. “L’amore che guarisce” documenta la tensione dell’intelligenza e del cuore che, seguendo il fascino della ricerca, vuole toccare il Mistero. Ma più si conosce, più si lavora bene, con cura e precisione. Nel lavoro si svela l’identità di ciascuno di noi. I grandi maestri che abbiamo incontrato in questi anni ci hanno insegnato lo spirito del lavoro, come un piccolo contributo ad una grande opera, che ha bisogno anche delle nostre fatiche di ogni giorno: senza questa tensione e consapevolezza non si costruisce nulla di grande per sé e per il mondo. “Nel lavoro si ripercuote l’eco della vita, spesso in onde senza fine” è l’intuizione di Peguy che ci spinge, con umiltà, su un nuovo sentiero, alla ricerca di esperienze sempre nuove che possano farci diventare uomini sempre più felici e contagiosi. E allora salutare e ringraziare don Roberto, sacerdote e grande amico, significa custodire, rilancia-

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ROBERTO re e vivere in pienezza i tesori scoperti in questi anni. Custodirò la tensione a riconoscere ogni scintilla di verità che si trova in chiunque incontriamo. Custodirò uno sguardo positivo, anche dove la mia poca fede mi impedisce di vedere. Custodirò il desiderio di vivere il tempo presente in pienezza: non è sufficiente la ripetizione formale della verità della fede; è importante comunicare e condividere le esperienze significative della propria vita. Custodirò l’educazione alla bellezza come segno del Mistero che si fa presente. Custodirò l’invito a fare bene tutte le cose, anche le più semplici, come contributo alla realizzazione di un’opera più grande. Infine custodirò l’amicizia che mi è stata donata e le tante amicizie vecchie e nuove con le quali ho condiviso in questi anni una miracolosa avventura….. senza fine. Walter (per il comitato fiera di san Pancrazio)

SPECIALE

SALUTO A DON

ROBERTO

Un abbraccio da un tuo confratello Di questo 2013 si possono dire tante cose, tranne che sia un anno povero di sorprese. Anzitutto la rinuncia di Papa Benedetto XVI e il travolgente inizio di Papa Francesco: due Papi in contemporanea, cosa che non capitava da secoli… E che dire della rielezione del Presidente della Repubblica, novità assoluta della storia italiana postmonarchica? Con – a seguire - il famoso e traballante governo delle larghe intese, con PD e Pdl insieme. Pensavamo che per quest’anno le sorprese fossero sufficienti ed ecco invece l’annuncio del trasferimento di Don Roberto, non verso il Papato (ne abbiamo già 2…), né verso i palazzi governativi romani. In realtà nella nostra diocesi ci sono spostamenti continui di sacerdoti, ma dopo 17 anni a Vedano e la Fiera di S. Pancrazio divenuta ormai kermesse di livello nazionale il suo trasferimento pareva improbabile. Ma l’Arcivescovo ha scelto don Roberto per un nuovo delicato e impegnativo incarico. Tanti sono i ricordi personali legati agli 8 anni che ho passato con don Roberto a Vedano, dal 2000 al 2008: una sintonia praticamente immediata e un confronto continuo ci hanno permesso di lavorare molto bene insieme. La sua maggiore esperienza mi ha certo aiutato a maturare nel ministero e alcuni suoi insegnamenti mi furono e mi sono molto utili ora che sono anch’io parroco. Non posso non citare per esempio l’amore di don Roberto per i santi, da me sperimentato durante il restauro di S. Rocco (ero a Vedano da poco), il 40° dell’oratorio dedicato a San Giovanni Bosco, la preparazione alla canonizzazione di San Daniele Comboni e alla beatificazione di Don Luigi Monza, fino all’impegnativo restauro di S. Pancrazio con l’edizione inaugurale (poco prima del mio trasferimento) della fiera ormai celebre. Pellegrinaggi, mostre, incontri e molto altro per proporre la santità

come pienezza della vita e i santi come guide di questo cammino. Molto significativa per me anche la sua passione per i restauri, originata non dall’amore dell’archeologia, ma dal desiderio di riscoprire le radici della vita cristiana in una storia ininterrotta di testimonianze credibili di passione per Cristo e per la bellezza della fede in Lui, nella vita della chiesa. Che dire delle appassionanti sfide a calcio insieme ai bambini in oratorio: io in pantaloni corti, don Roberto in completo grigio, giacca e pantaloni, ma una comune e condivisa passione educativa? Una passione educativa, la sua, guidata dal desiderio di condurre ragazzi, giovani e adulti verso i grandi interrogativi della vita, rifiutando risposte banali e stereotipate. Chi non ha mai fatto i conti almeno una volta con le sue raffiche di domande, sempre più incalzanti e pertinenti, verso una riflessione più motivata e fondata sui grandi temi dell’esistenza? Sono certo che anche nella comunità di Cerro Maggiore farà tanto bene attraverso questi e molti altri spunti pastorali, tradizionali e innovativi insieme, come è nel suo stile. Caro Don Roberto, un abbraccio e tanti auguri! Don Enrico

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SPECIALE

SALUTO A DON

ROBERTO

Un ringraziamento dal gruppo missionario Carissimo don Roberto,

Carissimo Don Roberto,

anche noi vogliamo unirci al coro dei saluti e dei meritati ringraziamenti da parte della comunità vedanese per i suoi 17 anni di “missione” nella nostra parrocchia. In questo momento ci viene in mente il primo incontro dopo il suo arrivo a Vedano, quando le esponemmo i nostri programmi per l’imminenza dell’Ottobre Missionario: “sfondate una porta aperta”, ci disse, “il gruppo missionario deve essere l’animatore dell’azione missionaria dell’intera comunità parrocchiale”.

sono P. Cocchi, un tuo grande ammiratore. La notizia della tua partenza da Vedano, e a così breve scadenza, è stato un fulmine a ciel sereno, che ha lasciato tutti ammutoliti e sgomenti. Io in particolare ho sentito tutta l’intensità dell’impatto. Il tuo spirito missionario, e comboniano, è sempre stato per me un motivo di grande gioiosa meraviglia. So di essere in qualche modo il portavoce dei missionari vedanesi, essendo il più presente in parrocchia, nonostante gli ottomila chilometri che ci separano. So anche di essere stato un privilegiato, nel senso di aver ricevuto attenzioni sorprendentemente significative e calorose, al di là di ogni mia aspettativa e tanto meno per merito, oltre alla calda ospitalità che mi hai sempre offerto, e di cui ti sono molto grato: come potrei dimenticare i due pellegrinaggi di sogno a Limone del Garda, i festeggiamenti in parrocchia per il mio cinquantesimo e sessantesimo di sacerdozio, vissuti con tanta passione da te e, con te, da tutta la popolazione. Io ti chiedevo perché tutto questo e tu mi rispondevi: “perché tu ci porti il mondo, il respiro universale

“Annunciate Cristo con le parole, annunciatelo con gesti concreti di solidarietà, rendete visibile il suo amore per l’uomo ponendovi con la Chiesa e nella Chiesa sempre in prima linea su questa frontiera della carità!...” (Giovanni Paolo II) Queste parole del Santo Padre ci sembrano adatte ad esprimere la sua sensibilità alle missioni e al suo essere missionario in mezzo a noi, sempre aperto al mondo, attento ai vicini e ai lontani mettendo a disposizione energie e mezzi per fronteggiare situazioni di emergenza in parrocchia o per rispondere ad appelli internazionali di solidarietà o per sostenere attività finalizzate a raccogliere aiuti e offerte per le particolari necessità dei vari missionari di Vedano o comunque legati a Vedano da parentela o amicizia. Come non ricordare poi la sua accoglienza verso i missionari di ritorno dalle missioni e le varie esortazioni a far tesoro delle loro testimonianze e a rendere tangibile con gesti di carità e amicizia la comunione tra loro e la nostra parrocchia. Vogliamo davvero esprimere la nostra gratitudine per l’impegno e la fiducia con la quale ci ha sempre sostenuti e per la sua testimonianza che sarà sempre di sprone a continuare il nostro impegno con più fervore. Abbiamo chiesto a P. Luigi Cocchi di rappresentare i nostri amici missionari mandandoci uno scritto per accompagnare i nostri saluti e P. Luigi ha accettato immediatamente ed ora è con grande commozione che condividiamo totalmente quanto ha scritto nella sua lettera.

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SPECIALE

SALUTO A DON

ROBERTO

della Chiesa”. Che posso dire Ma anche se è vero che “partir se non un grazie sentito dal c’est un peu mourir”, partire è un profondo del mio cuore? Nel po’ morire, come dice un proverlungo pellegrinare della mia bio francese, è pur vero che un vita ho imparato una cosa: nuovo impegno, nuove sfide, nuoche un’amicizia vera non solo vi incontri, hanno tutto il sapore non muore con il tempo o la di vita nuova, di ritrovata giovinezdistanza, ma anzi ingigantiza. Ti auguro tanti nuovi giorni sce, ed è questo il sentimensereni e tanti nuovi amici. to che mi lega a te. Ora ci laTi accompagna il nostro affetto e sci e molto del tuo lavoro dila nostra preghiera. Sappiamo che venterà storia, ma tu hai sei Santi che tu hai onorato con tanminato a grandi manciate, to entusiasmo: Pancrazio, Maurilibere e generose, come il zio, Agostino, Comboni, Don Monbuon seminatore della paraza, Madre Cabrini e altri, e la Verbola; il seme può essere cagine Addolorata, saranno sempre duto su terreni diversi e con con te. risposte diverse, e forse tu Con ogni miglior augurio e un abnon ne vedrai mai il raccolto, braccio fraterno, altri mieteranno, ma questo non importa, quello che conta Padre Luigi Cocchi è aver seminato. Vedano ti sarà sempre riconoscente per quello che lasci in eredità: la meraviglia delle chie- Don Roberto l’abbracciamo con affetto e con tanse rinnovate, le grandi emozioni delle Fiere di San tissimi auguri per la sua prossima “missione”. Pancrazio, l’invito costante e pressante alla “bellezza”, luce divina, e alla “libertà”, dono unico Il gruppo missionario della Verità… Grazie, Don Roberto!

Al protagonista della segreteria parrocchiale In questi anni, le vere protagoniste della Segreteria Parrocchiale non siamo mai state noi: sapiente ispiratore e regista del nostro stare insieme è stato don Roberto che ci ha guidate con pazienza e saggezza fino a farci percepire, di là dei nostri miserevoli e insuperati limiti, la presenza di Cristo in ogni azione, a farci guardare con lo stesso sguardo di Cristo il lavoro, che spesso ci appariva nuovo e, quindi, impervio e oltremodo faticoso, specialmente quando si dovevano seguire le ristrutturazioni e gli improrogabili gravosi relativi pagamenti. La nostra speranza, in verità, spesso è venuta meno, e la pazienza ci è spesso mancata, ma non sono mai mancate la parola di sostegno e la fiducia nella Provvidenza da parte di don Roberto. La gente spesso è venuta da noi per un certificato, per una prenotazione, un’offerta…, ma, o direttamente (chi osava) o con gli occhi (per i più incerti), cercava il prete, perché il suo sguardo (e lo si per-

cepiva!) infondeva certezza e consolazione. Noi abbiamo eseguito tutto gioiosamente e con umiltà, perché abbiamo sempre considerato la Segreteria come una nostra casa e nell’Ambiente domestico, si sa, si sta bene, ci si sente a proprio agio, specialmente se la famiglia che vi abita condivide gli stessi valori, le stesse esperienze. Quando poi la motivazione è la fede in Dio, quella bella fede che nasce dall’amore per Gesù, allora la casa diventa ancora più bella e felice. Ora è giunto il momento che le nostre strade si dividano e non possiamo non dire grazie a don Roberto, per tutto quello che ha fatto per noi, per come ha cambiato il nostro nostro modo di lavorare, per i valori di cui ci ha arricchite! Luisa e Marinella.

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SPECIALE

SALUTO A DON

ROBERTO

L’attenzione agli ultimi “Pronto ? Carla? Sono don Roberto. Senti un po’ … Comincia così la telefonata ogni volta che qualcuno si rivolge alla parrocchia per un aiuto. “… c’è qui una famiglia… vedi se si può inserirla nel programma del Banco Alimentare…” Non entra nel merito, don Roberto, dei meccanismi, dei problemi, delle procedure del Banco Alimentare, ma ci crede, ci conta, sa che è una cosa bella. Non sto a raccontare le origini, gli sviluppi, i bisogni, le difficoltà del Banco: lo abbiamo fatto tante volte! Voglio guardare dentro a quelle certezze in cui don Roberto ha creduto in tutti questi anni. E ci ha visto giusto: ha visto la generosità, l’amicizia, il gruppo, la carità, l’uscire dal proprio cuore per andare verso il fratello, insomma, ha visto Gesù. Sempre presente dietro le quinte, sempre pronto a sostenere ogni eventuale cedimento, sempre lì a ricordarci la centralità di Cristo all’interno di un gesto semplice che si perpetua ogni mese dal 1999. Un gesto che si rispecchia in tanti volti: quello di Gesù che ha chiamato dicendo: “Vieni”; quello degli amici, quello dei fratelli in difficoltà, quello di don Roberto che, sbrigativo, ma granitico nella sua convinzione, ci ha tenuto la mano fino a oggi. Ènormale, quindi, unire il nostro GRAZIE a quello di tutti, un grazie che viene dal cuore per il cammino fatto insieme all’interno di questa forte esperienza.

Il gruppo del Banco Alimentare

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SPECIALE

SALUTO A DON

ROBERTO

Fare bene il bene Era il 2002 quando don Roberto, in una riunione Caritas, ci lesse la lettera del presidente della casa di riposo “Poretti e Magnani” con la quale si chiedevano dei volontari per aiutare il personale nel cruciale momento dei pasti. Si doveva trattare di un servizio continuativo e affidabile, su cui poter veramente contare: una cosa tutt’altro che semplice, da organizzare, partendo da zero, e soprattutto da mantenere nel tempo. Noi vedevamo già gli inevitabili attriti, anche con il personale stesso., le rinunce, le sostituzioni: uno spavento. Don Roberto invece, con una delle sue fulminee intuizioni, vide il potenziale di carità e di bene reciproco scambiato, vide la possibilità di arricchimento e crescita personale, vide, oltre agli anziani che potevano consumare pasti caldi, la soddisfazione che il compimento di un gratuito “atto buono” avrebbe generato in noi. Capiva perfettamente le difficoltà, ma seppe delegare, aiutare, incoraggiare, smussare angoli e, nelle tante riunioni tenute con il gruppo di volontari formatosi nel frattempo, ha sempre dato, come dice lui, “al semplice gesto di portare un cucchiaio alla bocca di chi da solo non può più” un valore che ripagava e ripaga ampiamente delle stanchezze e dei piccoli problemi affrontati. Questo servizio, che integra quello prezioso del personale, integrandone il numero degli addetti nel breve periodo in cui è necessario, cioè quello dei pasti, non solo è sempre attivo e funzionante,

ma si è arricchito numericamente e come campo di intervento includendo tutti i piani della casa di riposo. Nel tempo i volontari, per motivi diversi, si sono avvicendati, ma il sostegno e l’appoggio morale di don Roberto sono rimasti costanti e preziosi perché il gruppo potesse continuare efficacemente la sua attività. Quindi a lui va il nostro “grazie” per aver saputo scorgere tutte le potenzialità legate a questo servizio ed averci aiutato ad espletarlo nel migliore dei modi. Le sue parole rimarranno per sempre in noi e ci sosterranno nel futuro: le trasmetteremo a chi si aggiungerà al gruppo confidando che, anche se fisicamente lontano, ci sia spiritualmente vicino e ci sostenga. Il gruppo volontari casa di riposo “Poretti e Magnani”

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VITA

PARROCCHIALE

Benvenuto don Daniele! Dal 1° settembre don Daniele Gandini, fino ad oggi parroco dell'unità pastorale di Albizzate e Sumirago, è il nuovo parroco di Vedano Olona, succedendo così a don Roberto Verga. Per conoscere meglio il nuovo pastore che guiderà nei prossimi anni la comunità vedanese gli abbiamo rivolto alcune domande. Cominciamo a conoscerla. Chi è don Daniele, qual è il suo "curriculum vitae"? Sono prete dal 12 giugno 1993, ordinato dall’allora Arcivescovo di Milano il Cardinal Carlo Maria Martini insieme ad altri 37 amici, tra i quali mi piace ricordare don Enrico Nespoli che è stato vicario parrocchiale qui a Vedano Olona. Vengo dalla provincia di Milano, precisamente da Liscate, paese di manzoniana memoria, dove ho vissuto gli anni della fanciullezza e della preadolescenza. Nato a Melzo il 2 gennaio 1968 ho frequentato le scuole elementari e medie nel comprensorio di Liscate – Melzo quindi nel 1982 sono entrato nel Seminario Arcivescovile di Milano. Qui ho iniziato il cammino seminaristico verso il sacerdozio: prima il ginnasio a Seveso ed il liceo a Venegono, poi il biennio di spiritualità a Saronno ed infine il Quadriennio teologico a Venegono. 2. Come è nata ed è maturata la sua vocazione? Ho sempre vissuto e frequentato la parrocchia con il suo oratorio. Qui ho incontrato la testimonianza di preti e laici affascinanti per la loro umanità e per la loro gioia nel seguire e servire il Signore Gesù. In questo contesto è emersa l’intuizione della vocazione al sacerdozio che, nel tempo del Seminario,

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si è approfondita fino a divenire risposta alla chiamata del Signore e della Chiesa. Ho avuto la grazia di condividere questo cammino di discernimento vocazionale e di preparazione al ministero presbiterale con mio fratello Enrico che dall’ottobre 1993 è prete Barnabita ed oggi padre spirituale presso il Collegio san Francesco a Lodi. 3. Le esperienze pastorali avute finora cosa le hanno dato, in cosa l’hanno arricchito come uomo e come sacerdote? Dal settembre 1993 al gennaio 1997 sono stato Vicario Parrocchiale nella parrocchia di Castelletto di Senago. Dal 1997 al dicembre 2007 ho svolto il ministero presbiterale ad Appiano Gentile sempre come Vicario parrocchiale e responsabile decanale per la Pastorale Giovanile. A questi anni risale anche la mia nomina ad assistente di Azione Cattolica, servizio ecclesiale che continuo a svolgere. Dal 1 dicembre 2007 al 31 agosto 2013 sono stato prima parroco di Albizzate e poi dal 2010 responsabile della Comunità Pastorale san Benedetto che comprende la parrocchia di Albizzate e le 5 parrocchie di Sumirago. Fin qui vi ho presentato le coordinate spazio-temporali della mia vita presbiterale. Dentro questa storia sono accaduti avvenimenti ed incontri che mi hanno segnato in profondità e ciò che sono oggi, come uomo e come prete, dipende molto da questo bagaglio prezioso. Volendo riassumere le tappe del mio percorso direi che gli anni di Castelletto di Senago sono stati quelli del “primo amore”: i primi passi fatti con gioia e trepidazione in una comunità capace di educare la mia umanità all’apertura ed all’incontro. Il periodo appianese è stato quello del totale coinvolgimento nella Pastorale Giovanile, rimanendo saldamente legato ad una comunità dalle profonde radici cristiane ed aprendo l’orizzonte sul mondo

VITA

PARROCCHIALE

della cultura con la bella avventura del Cineteatro san Francesco. Poi ad Albizzate e Sumirago sono stati gli anni della responsabilità come parroco di sei comunità: qui ho imparato ad essere “pastore e padre” dei fratelli a me affidati, condividendo con loro la vita che nella sua realtà più quotidiana custodisce la domanda fondamentale e cioè “Per Chi faccio tutto”?

attende è nelle mani di Dio ed anche nelle nostre! Il mio primo contatto con la comunità di Vedano è coinciso con l’abbraccio affettuoso di don Roberto. Subito mi sono sentito a casa, subito ho sperimentato gioia e fiducia. Per noi, carissimi amici, la Speranza è un volto: quello di Cristo Signore. In Lui solo ritroviamo i lineamenti di tutti, di tutti i cristiani che costituiscono la Chiesa “bella” del Concilio Vaticano II. Affidandoci totalmente a questa “bussola sicura” non 4. Con quale animo e quali pensieri nel cuore si smarriremo la strada ed insieme saremo testiappresta ad arrivare a Vedano? Ha già avuto moni di quello sguardo che ci ha colpito ed affaqualche impressione sulla comunità parrocchia- scinato! le? Dal 1 settembre sarò il vostro parroco. Arrivo in mezzo a voi con la certezza che il futuro che ci

A cura di Vezio

Festa patronale di san Maurizio Festa di accoglienza del nuovo parroco don Daniele Gandini Venerdì 20 settembre, ore 21, chiesa di S. Maurizio, in collaborazione con la Compagnia dell’Eremo, rappresentazione teatrale “Jacques Fesch. Transfiguratio malis”: la storia vera in un giovane convertito a Cristo nel buio del carcere (ingresso libero) Sabato 21 settembre, ore 17.30: apertura della pesca di beneficenza, che rimarrà aperta fino alla domenica alle 19. Domenica 22 settembre 2013: in mattinata fiaccolata da Albizzate a Vedano Olona, in onore di don Daniele Gandini Ore 12.30: pranzo in Oratorio Al pomeriggio vi saranno varie attività ed esposizioni per le vie del centro storico Ore 20.30: processione per le vie del paese

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VITA D’ORATORIO Estate a Vedano: viviamo con entusiasmo! Viviamo con entusiasmo! Questa frase, quasi sotto forma di slogan, ha rappresentato quel filo conduttore che ha caratterizzato le 4 settimane d’Oratorio ed i due turni di campeggio che hanno visto protagonisti i ragazzi e le ragazze delle medie prima a San Martino di Castrozza e gli adolescenti e giovani poi in quel di Lappago (vicino Brunico). Questo vivere con entusiasmo sì è presentato in maniera molto nitida durante tutto l’Oratorio Estivo che quest’anno aveva come tema “Everybody”, tema che risaltava l’importanza e la bellezza del dono che il Signore ci ha fatto: quello del nostro corpo. Un corpo che molto spesso parla, comunica i nostri stati d’animo, sentimenti e può rappresentare quel punto d’incontro tra noi e Gesù. Nelle settimane che hanno scandito la nostra esperienza oratoriana non si può non dire che tutti noi, dal bimbo più piccolo all’animatore più “esperto”, passando dal ricco gruppo delle mamme che dava una mano fino al sottoscritto, abbiamo vissuto una vera e propria esperienza che oserei definire “corpo a corpo”, sia perché sono nate grandi amicizie, ma soprattutto per il grande numero di presenze che abbiamo avuto durate quei giorni. Più di 300 tra bimbini, pre-adolescenti senza contare gli animatori che erano circa 50 numero più, numero meno! Le nostre giornate partivano alla mattina presto, quando verso le 7.30 del mattino la “precisa” e sempre puntuale Rosetta ed il buon Salvatore aprivano il cancello dell’oratorio. La mattinata si svolgeva intensamente tra preghiera del mattino, che segnava l’inizio ufficiale della nostra giornata, i giochi, i compiti e l’aiuto in cucina dove il mitico Nando, con tutto il suo staff, preparava ogni giorno prelibati pranzetti. Il “bello” iniziava al pomeriggio dove l’oratorio letteralmente si riempiva di vitalità, tra balletti, sfide a “palla base”, grintose “battaglie “con gavettoni pieni d’acqua e tanto ancora… il tutto si trasformava in un concentrato d’energia, che forse in qualche caso era difficile da controllare, ma nonostante ciò era sempre in grado di trasmettere a chi stava dentro, ma anche a chi guardava incuriosito da oltre il cancello, tanta forza, tanto entusiasmo. Oltre al divertimen-

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to l’Oratorio ci ha permesso di vivere insieme anche gli immancabili (parola di seminarista) momenti di preghiera insieme, che non si limitavano solo alla mattina, come detto precedentemente, ma trovavano il loro momento centrale durante il pomeriggio ed al Venerdì mattina quando tutti ci recavamo nella Chiesa parrocchiale dove Don Roberto o Don Adalberto guidavano la celebrazione. Ma non è finita qui! Ci sono state anche delle gite che grazie al un tempo favorevole ci hanno permesso di vivere “rinfrescanti” giornate in piscina. Al centro Wave di Sesto Calende e nella famosa piscina di Ondaland a Vicolungo. Non ci siamo fatti mancare proprio nulla! Se dovessi riguardare, però, il bellissimo mese d’Oratorio Estivo vissuto assieme a voi, potrei con grande franchezza riassumere questa esperienza con una sola parola: unità. Infatti è proprio stando insieme l’uno con l’altro che si possono vivere grandi cose e superare quelle difficoltà che sempre ci saranno e che anche noi abbiamo vissuto, ma che non rappresentano l’ultima parola. E stando insieme che si diventa un unico corpo e si può veramente essere testimoni di quella fede che rende viva la comunità che noi formiamo. È proprio come in famiglia, dove ognuno è necessario e rappresenta quel piccolo grande tesoro che insieme, “everybody”, ci porta ad essere veri amici di Gesù, persone vive, gente felice. In poche parole suoi Discepoli. Non dimenticatelo mai! Questo e tanto ancora è l’Oratorio San Giovanni Bosco.

VITA D’ORATORIO Tutto ciò ha trovato conferma nelle due settimane di campeggio dove con i più giovani di seconda e terza media abbiamo imparato, come il tema della vacanza ci suggeriva, a “Conoscere con Passione”. E davanti ai meravigliosi spettacoli delle Dolomiti, il Cimon de la Pala in primis, alle notti stellate, alle panoramiche ad avventurose camminate tutto questo è stato possibile. Lo spirito di questi giorni si è ripresentato nella stessa maniera, ma questa volta con persone diverse, adolescenti e giovani, ed in un posto diverso: Lappago e Val Aurina. Qui nonostante la marcata distanza è stato possibile, con i “potenti” mezzi tecnologici che avevamo a disposizione, essere vicino a Papa Francesco ed hai più di 3 milioni di giovani che hanno partecipato alla XXVIII GMG di Rio de Janeiro. Questo avvenimento ha scandito i nostri giorni e ci ha

portato anche a confrontarci tra di noi conducendoci tutti ad un costruttivo e stimolante lavoro su noi stessi e sulla nostra Fede. Proprio come indicava il tema della giornata mondiale “Andate e fate discepoli in tutto il Mondo” (Mt 28,19). Concludendo vorrei solo definire questo Tempo come un tempo ricco di momenti, belli e brutti, appaganti e faticosi che mi richiamano con forza, ancora oggi, a fare memoria di tutto quello che gratuitamente mi è stato donato e che con voi ho condiviso, custodendo il tutto nel cuore come tesoro prezioso ed importante per il mio cammino. Luca, seminarista

Non guardate la vita dal balcone! Non guardate la vita dal balcone! Un’utilitaria sommersa dalla folla: è questa la prima immagine che i media mondiali hanno diffuso della Giornata Mondiale della Gioventù a Rio De Janeiro. Certo, già da qualche giorno erano iniziati gli incontri dei vescovi con i giovani, le catechesi, le feste dell’accoglienza, ma si sa che oggi GMG entra nel vivo quando arriva Pietro che annuncia la Parola, perché questo è quanto le folle si attendono da lui. E così l’immagine, inconsueta, di un Papa su un auto modesta che, a causa di un errore di percorso, si trova circondato da gente festosa e felice che vuole salutarlo è divenuta l’incipit dell’evento mondiale, come un’icona contemporanea della bella pagina del Vangelo dell’emorroissa: “basta solo toccare il lembo del mantello e sarò guarita!”. Non erano simili i sentimenti dei brasiliani che hanno cercato di avvicinare Francesco? Nessuna papolatria dei papaboys (orribile neologismo coniato ai tempo di Roma 2000), nessuna Woodstock cattolica, nessun rave party in salsa cristiana. Chi legge la realtà con gli occhi delle vecchie categorie nel ‘900 non può capire la dimensione di una Gmg:. Infatti a quale concerto musicale un giovane si sente rivolgere questa

grandinate di domande: “Sono un giovane, una giovane, intontito? Ho coraggio o sono un codardo? Ho l’abitudine nel mio cuore di giocare in due ruoli: fare bella figura con Dio e fare bella figura con il Diavolo? Voler ricevere la semente di Gesù e allo stesso tempo annaffiare le spine e le erbacce che nascono nel mio cuore? Io prego? Io parlo con Gesù oppure ho paura del silenzio? Lascio che lo Spirito Santo parli nel mio cuore? Io chiedo a Gesù: che cosa vuoi che faccia, che cosa vuoi della mia vita? Volete costruire la Chiesa? Vi animate a farlo?” Queste sono le domande che Papa Francesco ha lasciato ai giovani durante la veglia del sabato sera, sulla spiaggia di Copacabana, diventata teatro di una grande festa della fede, trasformata 17

VITA

DELLA CHIESA

in un “campo della fede”, come l’ha definita lo stesso Pontefice. Prima c’erano stati momenti emblematici che fanno capire bene la visione di Chiesa di Bergoglio: il pellegrinaggio al santuario mariano di Aparecida, dove alcuni anni fa l’allora cardinale di Buenos Aires guidò la redazione di un importante documento programmatico dei vescovi latinoamericani in cui si ribadiva l’opzione preferenziale per i poveri, poi la visita ad alcuni giovani di un carcere e alla favelas di Varginha, per rendere concreta quell’attenzione agli ultimi teorizzata, infine la via Crucis per Rio, la veglia serale sulla spiaggia e la Messa della domenica mattina. Nel mezzo il Papa ha consegnato due importanti messaggi ai vescovi locali in cui ha descritto in modo netto la sua idea di Chiesa, che poi è la stessa che ha tratteggiato, a gesti o a parole, per i giovani: andare nelle periferie per annunciare il Vangelo, rischiare qualcosa per Cristo, coltivare la preghiera, diventare protagonisti della vita della Chiesa, occuparsi degli ultimi, rinunciare ad essere cristiani “inamidati” e “lamentosi”. Il tutto spiegato con immagini efficaci, secondo lo stile di Bergoglio che stiamo conoscendo: “non guardate la vita dal balcone!” ha detto, con l’energia che lo contraddistingue, esortando i giovani a scendere in strada per sporcarsi le mani. Concetti richiamati, come sintesi finale, nell’omelia della domenica mattina, quando il Papa ha commentato tre parole programmatiche: “andate, senza paura, per servire”! I giovani devono andare ad annunciare, perché “la fede è una fiamma che si fa più viva se si condivide”, in ogni luogo, senza guardare a confini e steccati; con un atteggiamento di coraggio, perché Gesù precede e guida ed è Lui che vuole

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che si viva in comunità, infatti non dice “va” ma “andate”; infine ecco lo scopo della missione: “per servire”, imitando Gesù che scelse una vita di servizio, lavando i piedi dei fratelli. Il contesto di queste parole forti era un grande abbraccio di allegria, in pieno stile brasiliano, come le immagini della moltitudine colorata e sorridente trasmettevano a chi era a casa (e come fa bene al cuore la gioia dei giovani latinoamericani!). Da ultimo, come sorpresa finale, Papa Francesco ha deciso di rispondere alle domande dei giornalisti sul volo del ritorno, senza filtri: molti i temi trattati, ma al di là dei contenuti, che sarebbe arduo trattare in questa sede, vogliamo ricordare il modo libero e buono; andare nelle periferie per annunciare Cristo significa buttarsi, senza rete, perché lo Spirito Santo possa lavorare con la fantasia che lo contraddistingue, senza renderlo prigioniero delle strutture umane. Prima aveva lasciato un ultimo invito ai volontari della GMG: “Siate rivoluzionari, abbiate il coraggio di essere felici!” Sergio

INVITO

ALLA LETTURA

A cura di Alvisio

Lumen fidei Datata 29

giugno, festa dei santi Pietro e Paolo, è stata presentata il 5 luglio la prima lettera enciclica di papa Francesco, la Lumen fidei, dal cui titolo emerge il tema fondamentale: la fede, una fede che si riflette sulla società, nell'ambito della quale però il credente non può mostrarsi "arrogante" perché la sicurezza "lungi dall'irrigidirci - scrive il Papa - rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti". Il Papa ha ricordato che è stato il suo predecessore a cominciarla – “un’enciclica a quattro mani, dicono” ha commentato sorridendo – e poi a consegnargliela perché la portasse a termine. Sessanta paragrafi, suddivisi fra un'introduzione (sette paragrafi), quattro capitoli. e una conclusione. E una traccia chiara: anche se si è pensato che "non servisse per i nuovi tempi, per l'uomo diventato adulto, fiero della sua ragione, desideroso di esplorare in modo nuovo il futuro", la "luce della fede"è "capace di illuminare tutta l'esistenza" perché è "in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, la loro capacità di mantenersi e di essere affidabili, di arricchire la vita comune". (Appaiono ben tredici volte espressioni come "vita comune" e "bene comune"!) Ottantadue pagine scritte a quattro mani e nell'ultima c'è la firma autografa di Francesco, il pontefice regnante, anche se in controluce si legge pure quella di Benedetto XVI, il papa emerito, come a dire che nell’approccio ratzingeriano e in quello bergogliano alle questioni della verità cristiana non ci sono né fratture né contrasti, ma vi è solo uno «spostamento», come nota Mario Tronti su l’Unità del 14 luglio, da “fides et ratio a fides atque veritas”. Questa, in continuità con le due precedenti encicliche di papa Benedetto XVI, Deus caritas est e Spe salvi, dedicate rispettivamente alla carità e alla speranza, chiu-

de la trilogia sulle virtù teologali. Papa Francesco, da quando ha iniziato il suo ministero e magistero, ha fatto capire a tutti da dove veniva, cosa vuole e dove vuole andare, sia all’interno della Chiesa sia fuori, nel rapporto con il mondo, a lui tanto caro. Nelle sue catechesi e omelie ha toccato temi vicinissimi alla vita delle persone e anche in questa sua prima enciclica affronta, tra l’altro, una questione centrale del cristianesimo: il rapporto della fede con la storia, che evita la dispersione attorno a verità parziali ed effimere, ed avvicina a quella verità d’insieme che sorregge e struttura la persona. Quando il Papa, con immagine ormai entrata nel linguaggio comune ecclesiale, invita i cristiani ad “andare nelle periferie”, senza stare tranquilli negli ambienti consueti, e i giovani a non accontentarsi di obiettivi modesti, ma a farsi guidare da grandi ideali, quando afferma che la fede interessa anche chi non crede ma è alla ricerca del bene, avvertiamo che questi messaggi poggiano su un comune denominatore: la fede in Dio non è uno strumento consolatorio, una comodità che sopisce la coscienza, ma è la spinta per un impegno forte, ambizioso, a favore degli altri. Quello di Papa Francesco è un messaggio di gioia e di incoraggiamento, contro le passività di una società debole, un invito a vedere nella fede un bene prezioso che dà capacità di azione, quasi un antidoto a quella “società liquida” in cui tutto scorre senza che nulla abbia veramente importanza. Nell’enciclica Lumen fidei si ritrova una pietra miliare dell’identità della Chiesa: il Papa ricorda che la fede non serve solo «a costruire una città eterna dell’aldilà”, ma ci aiuta a edificare le nostre società e non dimentica le ingiustizie. Ho riletto più volte lo stupendo passaggio (n. 51 19

INVITO

ALLA LETTURA

dell’Enciclica) quando il Papa dice che “la luce della fede si pone al servizio concreto della giustizia, del diritto e della pace”, perché “la fede non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei”. E’ questo, in sintesi, il vero rapporto tra fede e bene comune: sono parole forti cui deve necessariamente seguire un impegno serio da parte di tutti quelli che si dicono cristiani, poiché il vivere sociale, in ultima analisi, non può e non deve essere fondato solo sull’utilità, sull’interesse o sulla paura. L’Enciclica si sofferma, poi, sugli ambiti illuminati dalla fede: innanzitutto, la famiglia e, poi, i giovani. Qui il Papa cita le Giornate Mondiali della Gioventù, in cui i giovani mostrano “la gioia della fede” e l’impegno a viverla in modo saldo e generoso.“I giovani hanno il desiderio di una vita grande – scrive il Pontefice –. L’incontro con Cristo dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita”, in tutti i rapporti sociali: rendendoci figli di Dio, infatti, la fede dona un nuovo significato alla fraternità universale tra gli uomini, che non è mera uguaglianza, bensì esperienza della paternità di Dio, comprensione della dignità unica della singola persona. Inoltre la fede ci aiuta a rispettare la natura, a “trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull’utilità o sul profitto, ma che considerino il creato come un dono”; ci insegna ad individuare forme giuste di governo, in cui l’autorità viene da Dio: è a servizio del bene comune e ci offre la possibilità del perdono che porta a superare i conflitti. “Quando la fede viene meno, c’è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno”, scrive il Papa, e se togliamo la fede in Dio dalle nostre città, perderemo la fiducia tra noi e saremo uniti solo dalla paura. È per questo che non dobbiamo vergognarci di confessare pubblicamente Dio, in quanto la fede illumina il vivere sociale. Per Papa Francesco, inoltre, “la fede è congiunta alla speranza”. E qui il Papa lancia l’appello più volte ripetuto: “Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che essa sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino”. “Luce della fede”: con quest’espressione, la 20

A cura di Alvisio

tradizione della Chiesa ha indicato il grande dono portato da Gesù, il quale, nel Vangelo di Giovanni, così si presenta: «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (Gv 12,46). Anche san Paolo si esprime in questi termini: «E Dio, che disse: “Rifulga la luce dalle tenebre”, rifulge nei nostri cuori» (2 Cor 4,6). “Nel mondo pagano, affamato di luce, si era sviluppato il culto al dio Sole, - Sol invictus - , invocato nel suo sorgere. Anche se il sole rinasceva ogni giorno, si capiva bene che era incapace di irradiare la sua luce sull’intera esistenza dell’uomo. Il sole, infatti, non illumina tutto il reale, il suo raggio è incapace di arrivare fino all’ombra della morte, là dove l’occhio umano si chiude alla sua luce. «Per la sua fede nel sole — afferma san Giustino Martire — non si è mai visto nessuno pronto a morire». Consapevoli dell’orizzonte grande che la fede apriva loro, i cristiani chiamarono Cristo il vero sole, «i cui raggi donano la vita». A Marta, che piange per la morte del fratello Lazzaro, Gesù dice: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?» (Gv 11,40). Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta” … Dovremmo tutti trovare il tempo per approfondire questa bellissima Enciclica e, soprattutto, seguendo lo stile “pratico-evangelico di Papa Francesco, cercare che, dalle “belle parole”, si passi, finalmente, ai “fatti”.

NOTE

D’ARCHIVIO

Vivono in Cristo Risorto 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35.

MIOLO Santo QUIRICO Vilma CORRADI Mario MACCHI Bruno CIRLA Rina MAZZOLA Pierina PIRAN Elisa VANOLI Giovanni Mario TELL Guerino

anni anni anni anni anni anni anni anni anni

75 87 91 81 86 91 86 57 97

16.06.2013 27.06.2013 04.07.2013 11.07.2013 11.07.2013 12.07.2013 16.07.2013 17.07.2013 18.07.2013

Rinati in Cristo 09.06.2013 23. 24.

CRUGNOLA Carlo GASPERINI Emma

Uniti nell’amore di Cristo

2. 3. 4. 5. 6.

Hernandez Orantes Carlos Alexander e Cazzola Barbara Canavesi Davide e Ghielmetti Claudia Satta Massimo e N’Gbo Chabe Gladys Masolo Andrea e Adamoli Giorgia Vercellini Carlo e Longoni Luciana

15.06.2013 20.07.2013 27.07.2013 01.08.2013 03.08.2013

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RICORDIAMO CHE...



Il Battesimo comunitario viene celebrato la prima domenica di ogni mese alle ore 15.00. I genitori interessati sono pregati di ritirare in parrocchia il foglio della domanda di iscrizione. Il venerdì precedente la domenica dei battesimi, alle ore 20.30, RIUNIONE PREBATTESIPREBATTESIMALE PER GENITORI, MADRINE E PADRINI in casa parrocchiale.



Ogni primo venerdì del mese alle ore 18.00 viene celebrata una S. Messa in suffragio dei defunti nel mese precedente.

ORARIO SANTE MESSE Festivo ore 18.00 (sabato) ore 8.30 — 10.00 — 11.30 — 18.00

Feriale ore 8.30 — 18.00 (S. Pancrazio)

NUMERI TELEFONICI UTILI Casa Parrocchiale (don Daniele Gandini) Tel. 0332.400109

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