COMPARATIVA MAXI SUPERSPORTIVE 2017 AL PAUL RICARD

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NUMERO 300 18 luglio 2017

N.105 PAGINE

News: Kawasaki Ninja 650 e Z650 2018. Yamaha X-MAX 400. Piaggio MP3 nuovi 300 e 500 LT | Nico Cereghini: La nostra storia 1977 | Anniversari: 1997-2017 le Maxi Enduro | Epoca: Restaurando Hercules K100 GS America | M. Clarke: Tecnica, il raffreddamento interno del motore | SBK, intervista a Kenan Sofuoglu | MXGP: Husqvarna, conferme e attese | Enduro estremo: Moto.it all'Erzberg

COMPARATIVA MAXI SUPERSPORTIVE 2017 AL PAUL RICARD Pagine 2-53

ERZBERGRODEO CON KTM E GIÒ SALA: SECONDA PUNTATA

1997-2017. LA RIVOLUZIONE DELLE MAXI ENDURO STRADALI

Aimone e Giò sono arrivati. Una ricognizione, con l'impagabile esperienza di Sala, e poi via per il primo prologo!

Due decenni, nei quali si sono evolute. Fino ad arrivare alle maxi enduro e alle crossover che oggi offrono tanto e vendono tantissimo

NICO: "RESPONSABILITÀ" Quella che raccomanda la provincia di Bolzano sulle strade della regione autonoma e quella che invocano molti lettori dopo il dramma della Valsusa

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COMPARATIVA SUPERSPORTIVE AL PAUL RICARD di Edoardo Licciardello APRILIA RSV4RF, BMW S1000 RR, DUCATI PANIGALE 1299S, HONDA CBR1000RR SP, KAWASAKI ZX-10RR, SUZUKI GSX-R1000R, YAMAHA YZF-R1M. LE SETTE NOVITÀ 2017 SI SCONTRANO A LE CASTELLET. VE LE RACCONTIAMO NEL DETTAGLIO PER AIUTARVI A CAPIRE QUAL È LA PIÙ ADATTA A VOI

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Dopo l’ondata di due anni fa, quando diverse case hanno rinnovato le loro supersportive inaugurando la nuova generazione, non credevamo che così a breve avremmo visto un’altra invasione di novità nel settore. Un settore in sofferenza di 4

vendite per tante ragioni diverse, capace però di fare sempre breccia nel cuore degli appassionati, che magari acquistano altri modelli ma continuano a sognare la supersportiva da far sfrecciare fra i cordoli o i tornanti del passo preferito. E invece, l’arrivo dell’Euro-4 ha costretto tutti i costruttori (tranne Ducati, che man5

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tiene l’omologazione Euro-3 sulla Panigale ufficializzando l’arrivo di un nuovo modello per il 2018) ad aggiornare o rivoluzionare i propri modelli, dando vita a modelli 2017 diversi in maniera più o meno sensibile dai precedenti. Approcci diversi, sicuramente dovuti a diverse strategie aziendali, che hanno definito un panorama di varietà e pregio come non vedevamo dai tempi antecedenti la crisi finanziaria di fine anni duemila, principale responsabile del declino del settore. Non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di riproporvi uno scontro all’ultima staccata fra le sette supersportive 2017, stavolta ambientata nello spettacolare teatro del Paul Ricard. Un circuito completo, con il velocissimo rettilineo del Mistral ma anche una bella selezione di curve di diverse velocità, capace di far emergere in maniera macroscopica pregi e difetti di una maxi sportiva. Un test in cui abbiamo messo tutte le concorrenti a pari livello rivolgendoci a Pirelli per calzarle tutte con le Diablo Supercorsa SC2, la gomma probabilmente più versatile del segmento grazie allo svi-

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luppo effettuato nel Mondiale Superbike con tutte le Case impegnate. Perché non le slick Diablo Superbike, magari quelle SC3 che avevamo provato ad Alcarràs qualche mese fa? Purtroppo una delle Case non ci ha concesso il nulla osta per adottare la misura 200 al posteriore, legandoci di fatto le mani e costringendoci ad “accontentarci” delle scolpite, di cui vi parliamo un po' meglio nell'articolo dedicato. Visto che però queste moto girano sì sulle piste più belle del mondo (molte delle quali sono qui in Italia) ma si sfogano altrettanto spesso su circuiti meno ambiziosi ma altrettanto probanti e divertenti, abbiamo pensato di metterle alla prova anche al Cremona Circuit dedicato ad Angelo Berga-

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monti, per verificare le nostre impressioni di guida in un teatro diverso e con la gommatura di primo equipaggiamento. Completano la nostra prova l’analisi tecnica dei capolavori motoristici che le spingono ad opera del nostro Massimo Clarke, ma anche l’immancabile prova del cronometro. Stavolta, per livellare il campo quanto più possibile, ci siamo rivolti a Pirelli chiedendo l’assistenza del loro collaudatore di punta, Alfio Tricomi (di cui avevamo già verificato la velocità in diverse occasioni…). Chi meglio di lui, che conosce già tutte le moto e ovviamente le gomme, poteva portarle al limite senza soffrire di abitudini consolidate nella pratica agonistica? Andiamo a vedere com’è andata…

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COME SONO FATTE Già detto della tecnica motoristica (attraverso il pezzo di Massimo Clarke) passiamo ad una rapida carrellata per rinfrescarci la memoria su dotazione elettronica e ciclistiche dove, a parte la Ducati con il suo monoscocca a motore portante che le garantisce una leggerezza da riferimento, assistiamo ad una certa omologazione tecnica verso lo schema telaistico del doppio trave in alluminio. APRILIA RSV4RF Costantemente evoluta dal 2009, l’Aprilia V4 rimane fedele allo schema iniziale inaugurato con la prima Factory. Il telaio è un doppio trave in alluminio con forcellone nello stesso materiale; peculiarità della RSV4 è la regolabilità a livello MotoGP della ciclistica, con la possibilità di variare l’apertura del cannotto, l’altezza del perno forcellone e addirittura la posizione del motore nel telaio. Il comparto sospensioni full-Öhlins (am-

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mortizzatore di sterzo compreso) si affida ad una forcella rovesciata NIX con steli trattati NIX da 46mm ed un monoammortizzatore TTX, entrambi a funzionamento completamente meccanico e regolabili in tutti gli aspetti. L’impianto frenante, completamente Brembo, viene aggiornato con l’arrivo di una coppia di dischi da 330mm e pastiglie sinterizzate di nuova mescola. Restano invece le (eccellenti) pinze monoblocco M50, con pompa radiale e raccordi ovviamente in treccia aeronautica. Naturalmente presente l’ABS con funzione cornering. La dotazione elettronica prevede tre mappature per il sistema acceleratore rideby-wire: T (Track), S (Sport), R (Race). Il pacchetto APRC comprende controllo di trazione (ATC, otto livelli), controllo di impennata (AWC, tre livelli), controllo di partenza (ALC), cruise control (ACC), limitatore di velocità (APT), tutti settabili e disinseribili indipendentemente. Il quickshifter è attivo sia in innesto che in scalata.

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BMW S1000RR La BMW è entrata nel segmento delle supersportive nel 2009 seguendo la collaudata strada del doppio trave in alluminio e del forcellone ad andamento asimmetrico. Favorita dalla struttura del motore, con i cilindri molto sdraiati, la S1000RR offre un collegamento molto rettilineo fra cannotto di sterzo e perno forcellone. Il comparto sospensioni, nella versione da noi provata, si affida ad una forcella rovesciata con steli da 46mm e ad al classico monoammortizzatore, entrambi Sachs ed entrambi dotati di assistenza elettronica Dynamic ESA con operatività semiattiva (ovvero con gestione dell’idraulica dinamica e di precarico statico). Il comparto freni si affida ad una coppia di dischi da 320mm all’anteriore con pinze Brembo e pompa radiale Nissin; al posteriore c’è un disco singolo da 220. Tutto l’impianto è gestito dal BMW Motorrad Race ABS semi-integrale con diverse modalità ed assistenza cornering. La dotazione elettronica prevede tre mappe (Rain, Sport e Race) più due con il pacchetto Pro (Slick e User, configurabile dall’utente) ed offre le funzionalità di controllo di trazione (regolabile dall’utente su otto livelli nelle due mappe Pro ed integrante l’anti-impennata, anch’esso regolabile), cruise control e limitatore di velocità in pitlane. Il cambio è dotato di elettroassistenza sia in innesto che in scalata. 12

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DUCATI PANIGALE 1299S La mosca bianca del gruppo: la Panigale sfrutta il suo motore Superquadro come elemento stressato a cui imbullona direttamente il forcellone monobraccio e il telaietto monoscocca – entrambi in alluminio – che compongono la sua ciclistica. Le sospensioni anche in questo caso sono realizzate completamente da Öhlins, con forcella a steli rovesciati NIX30 da 43mm e monoammortizzatore TTX36 che però, a differenza di quanto avviene sull’Aprilia, offrono gestione elettronica con modalità semiattiva configurabile dal pilota. Somiglianze fra le due italiane si riscontrano

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anche per quanto riguarda l’impianto frenante: anche nel caso della Ducati Brembo mette a disposizione una coppia di dischi da 330mm con pinze monoblocco M50. Al retrotreno c’è un’unità da 245mm, il tutto assistito da ABS Cornering. L’elettronica è al top. Con il model year 2017 arrivano il controllo di trazione DTC Evo e l’anti-impennata DWC Evo, entrambi mutuati dalla Panigale Anniversario e retrofittabili sui modelli 2015 e 2016. La panoramica continua con il quickshifter DQS attivo sia in innesto che in scalata, il controllo del freno motore EBC e l’acquisizione dati DDA+ GPS.

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HONDA CBR1000RR FIREBLADE SP Fedele alla linea, la Honda Fireblade SP ha lasciato immutato telaio e forcellone (entrambi scatolati in alluminio, ovviamente) in termini di misure esterne, variandone però profondamente la rigidità interna per adattarli al motore rinvigorito. Il comparto sospensioni si affida ad Öhlins con l’adozione di raffinatissime unità NIX30/TTX36 semiattive, con la sola eccezione dell’ammortizzatore di sterzo che resta l’HESD introdotto nel 2004 sulla prima 1000, aggiornato naturalmente nelle funzionalità e nelle logiche. L’impianto frenante si affida a Brembo per quanto riguarda le pinze monoblocco, ora dotate di pastiglie a diverso coefficiente di attrito rispetto alla precedente Fireblade SP, con dischi da 320mm all’anteriore e un’unità singola da 220 al posteriore. L’ABS cornering non è disinseribile. Già che siamo in tema, raffinatissimo il serbatoio in titanio esclusiva della versione SP. L’elettronica offre cinque Riding Mode, di cui tre predefiniti e due programmabili dall’utente, il controllo di trazione HSTC su nove livelli, la gestione del freno motore SEB e naturalmente il quickshifter attivo in innesto e scalata. 18

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Moto.it Magazine N. 300 KAWASAKI ZX-10RR La Homologation Special di Kawasaki resta ovviamente fedele alla base tecnica della versione standard, con telaio perimetrale a doppio trave e forcellone in alluminio che hanno ampiamente dimostrato il loro valore nel Mondiale SBK. Il comparto sospensioni si affida al top di gamma Showa per la produzione di serie, costituito dalla forcella BFF con steli da 43mm e il monoammortizzatore BFRC Lite, entrambi ovviamente completamente regolabili ed entrambi a funzionamento meccanico. Öhlins mette invece a disposizione l’ammortizzatore di sterzo a controllo elettronico. Il comparto frenante si affida a pompa radiale Nissin con dischi e pinze monobloc-

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co Brembo, queste ultime nella pregiata versione M50 che grazia la “doppia R” Kawasaki. Altra differenza con la versione di serie sta nei cerchi Marchesini alleggeriti che la rendono più agile e reattiva, e ovviamente nella livrea Winter Test che la rende ancora più grintosa. Naturalmente presente l’ABS in versione cornering, disabilitabile per l’uso in pista applicando uno spinotto sotto la sella. La dotazione elettronica prevede il controllo di trazione S-KTRC su cinque livelli, il launch control KLCM regolabile su tre, l’anti-impennata e il controllo del freno motore KEBC. Sulla versione RR si sblocca la funzionalità del quickshifter anche in scalata, non presente sulla “R”.

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SUZUKI GSX-R1000R La novità dell’anno si affida ad uno schema collaudato: anche per lei telaio a doppio trave e forcellone in alluminio, con lo stesso comparto sospensioni utilizzato dalla Kawasaki almeno per la versione “R” – è uno degli aspetti in cui si allontana dalla versione di serie che adotta invece la soluzione BPF. La forcella è la BFF da 43mm, l’ammortizzatore il BFRC, entrambi Showa, entrambi pressurizzati e completamente regolabili. In zona freni troviamo una pompa radiale Nissin che comanda pinze Brembo monoblocco e dischi della Casa bergamasca in versione T-Drive da 320mm; al posteriore troviamo naturalmente un disco singolo da 220mm. In entrambi i casi il controllo viene affidato all’ABS, con funzione cornering, non disinseribile per l’uso in pista. Completissima la dotazione elettronica, con le consuete tre mappature per l’acceleratore del sistema S-DMS, il controllo di trazione Motion Track TCS impostabile su 10 livelli con anti-impennata integrato e il quickshifter bidirezionale.

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YAMAHA YZF-R1M Difficile aspettarsi variazioni sul tema dalla Casa che ha introdotto il Deltabox, nome che con il passare del tempo è passato ad indicare (scorrettamente) lo schema tecnico del doppio trave scatolato in alluminio. La YZF-R1M si affida quindi ad un telaio perimetrale a doppio trave con forcellone in alluminio, a cui sono vincolate sospensioni semiattive Öhlins NIX30 (forcella) e TTX36 (monoammortizzatore) e l’ammortizzatore di sterzo della stessa marca. Il comparto frenante si affida invece ad unità Tokico, con pinze monoblocco e dischi da 320mm all’avantreno gestite dall’ABS (disinseribile) con funzione cornering. Al retrotreno troviamo invece un disco singolo da 220mm. La dotazione elettronica è spettacolare, con Traction Control dotato di slide control separato, Launch Control, ed anti-impennata, tutti regolabili separatamente dal cruscotto o con l’utilizzo di un tablet grazie alla CCU (Communication Control Unit) di serie sulla “M”. Il quickshifter? C’è, ma solo in innesto: la Yamaha è rimasta l’ultima a non offrire sulle sue supersportive l’assistenza in scalata. 24

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Moto.it Magazine N. 300 I NOSTRI RILEVAMENTI Come da consuetudine, abbiamo pesato e messo al banco tutte le protagoniste della nostra prova ad opera del nostro Maurizio Tanca grazie alla collaborazione di Superbike SNC di Novate (MI) ottenendo risultati che grossomodo confermano le dichiarazioni delle rispettive case. Vediamo i risultati uno per uno. Incredibili i grafici dell'Apriliona. Un po' per il valore di potenza massima, che risulta il più elevato di tutte le concorrenti, ma anche e soprattutto per la meravigliosa regolarità dell'erogazione - vi sfidiamo a trovare un "buco", anche ai regimi più critici. Dimenticatevi i tempi in cui la RSV4 pagava pegno per il motore: ora è il riferimento praticamente indiscusso. Dai 4.500 giri in avanti, la coppia resta sempre superiore agli 8 Kgm! La BMW S1000RR ha costruito buona parte

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della sua meravigliosa reputazione (e dei suoi successi in gara) grazie ad un motore che per diverse stagioni non ha avuto alcun rivale. Purtroppo l'avvento dell'Euro-4 l'ha un po' penalizzata, rubandole qualche cavallo in termini di potenza assoluta, ma definendo anche una curva di coppia piuttosto tormentata, con diverse flessioni e l'evidente calo a partire dagli 11.500 che la fanno sembrare un po' a corto di fiato rispetto alle versioni precedenti anche se - va detto - il valore resta sempre molto alto dai 5.000 giri all'intervento del limitatore. La cosa ci offre però lo spunto per una riflessione: siamo arrivati a storcere il naso davanti ad una moto da 192 cavalli... Il grafico della Ducati Panigale 1299S è probabilmente la miglior carta d'identità che la superbicilindrica bolognese possa presentare. A parte la leggera flessione at-

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torno ai 5.000 giri, il resto è semplicemente impressionante. Autoesplicativo l'aumento della coppia a 7.750 giri, che dà origine alla vertiginosa scalata della potenza - un grafico che preannuncia quello che si è rivelato il comportamento in pista, dove la Ducatona accelera come una furia, risultando incredibilmente efficace ma anche altrettanto impegnativa. A conferma, il valore (mostruoso) della curva di coppia, evidentemente grazie alla cubatura, che oltrepassa i 10kgm all'albero e non scende più fino alla fine dell'erogazione. La rimpiangeremo... Anche per la Honda, il grafico è la perfetta anticipazione di quello che si riscontra nella realtà. Trascurando il valore di potenza massima - peraltro superiore a quanto dichiarato dalla Casa madre - quello che colpisce è la regolarità dell'erogazione, con un'unica flessione attorno ai 6.200 giri che prepara al successivo lancio verso la potenza massima, con una curva di coppia che procede di pari passo e una bella "schiena" che spinge di slancio fino alla fine. Contenuto infatti il fisiologico calo della coppia dopo il regime di potenza massima, che si stempera piacevolmente agli altissimi regimi dopo un andamento fra i più regolari della compagine. Eccellente il valore di potenza massima per la Kawasaki, che all'atto pratico in effetti convince tantissimo agli alti, con una spinta e un urlo assolutamente esaltanti. Un po' meno esaltante la curva ai bassi e medi regimi, dove a parte la flessione della coppia è evidente una progressione davvero sottotono fino ai 7.000 giri; l'adozione dell'Euro-4, avvenuta sul modello 2016 della ZX-10R, ha penalizzato tantissimo il quadricilindrico di Akashi, che poi all'atto pratico vede magnificato questo difetto per la scelta di una rapportatura finale davvero troppo lunga. Se ci fosse bisogno di una dimostrazione in merito all'efficacia del sistema di distribuzione a fasatura variabile adottato da Suzuki sulla GSX-R1000 2017, riterrem30

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mo ampiamente sufficiente il grafico delle prove al banco. Impressionante la curva di coppia, che già a 4.500 giri si assesta sopra la soglia dei 10kgm, per poi non mollare niente fino ai 12.000, un pelo prima della potenza massima che, dal canto suo, sfora la soglia dei 200 cavalli e si presenta con un andamento praticamente rettilineo nella scalata prima di raggiungere il picco, e stemperarsi poi in un bell'allungo. Le curve di coppia e potenza della Yamaha YZF-R1M sono più irregolari di quanto non si noti all'atto pratico, dove il crossplane di Iwata mostra una regolarità in progressione davvero eccellente, probabilmente addolcita da un'elettronica davvero a pun-

to. Interessante l'andamento della curva di coppia, che resta piatta fino ai 7.000 giri per poi impennarsi bruscamente ed assestarsi sopra i 10kgm fino ai 12.000 giri. Più regolare la curva di potenza, che al netto di qualche incertezza spinge bene fino all'intervento del limitatore. IL COMPORTAMENTO IN PISTA Vi raccontiamo, per ciascuna delle moto, la valutazione condivisa dal nostro team di tester (che per l’occasione ha coinvolto Francesco Paolillo, Edoardo Licciardello, Maurizio Gissi, Andrea Perfetti, Maurizio Vettor e Luca Frigerio) maturata dopo le prove sul tracciato di Le Castellet.

APRILIA RSV4RF ERGONOMIA La RSV4 è una moto da pista purissima, e la posizione di guida è perfetta per la guida di corpo. Non cercate comodità, anche perché le misure sono davvero minime, e la protezione aerodinamica è studiata solo per le massime prestazioni – il cupolino fa un discreto lavoro, ma solo a patto che vi rannicchiate in posizione raccolta. MOTORE Praticamente impossibile trovare difetti al V4 di Noale, soprattutto adesso che in alto ha trovato una grinta spettacolare. La spinta è presente a tutti i regimi, si apre il gas e il quattro a V vi lancia fuori dalle curve con 32

una progressione esaltante e il sottofondo di una delle colonne sonore più belle del panorama motociclistico mondiale. CICLISTICA Specialistica e tecnica più di ogni altra, e quindi molto sensibile alle regolazioni, la “nostra” Aprilia RSV4RF ha sofferto per un assetto particolarmente frenato, con il mono che ha mostrato un comportamento poco propenso a far lavorare il pneumatico e conseguente consumo anomalo. Nonostante questo è stata velocissima, ma l’impegno per portarla al limite è stato improbo. Nervosa sul veloce, si è dimostrata la solita saetta nel misto e nei cambi di direzione, nonostante l’assetto migliorabile. 33

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BMW S1000RR ERGONOMIA La BMW è senza dubbio la più comoda del lotto: protettiva, spaziosa – per i canoni di una sportiva – e raffinata, con il suo cruise control e le manopole riscaldate, ha però trovato proprio in questo un limite nell’uso in pista, dove i compromessi stradali l’hanno un po’ penalizzata in termini di posizione di guida. Completa e ben leggibile la strumentazione invece anche nell’uso in pista, dove a nostro avviso la scelta di un contagiri tradizionale premia ancora. MOTORE Il 4 cilindri di Monaco è sempre stato un riferimento per potenza ma anche per corpo nell’erogazione. Questa versione Euro-4 però sembra avere perso parte della carica esplosiva che l’ha resa tanto apprezzata da piloti e smanettoni di tutto il mondo. La tonalità di scarico è cambiata, e a parte la perdita di potenza agli alti (come ve34

dremo al banco) è soprattutto un tiro ai medi un po’ affievolito a penalizzarla. Rimane comunque sempre un gran bel pezzo di meccanica. Il cambio è rapido e preciso in inserimento, ma perde qualche punto in scalata dove non si percepiscono gli innesti e si è costretti controllare il display per accertarsi che la marcia sia entrata. CICLISTICA La S1000RR si rivela paradossalmente non particolarmente impegnativa per un pilota esperto quando si resta su ritmi decorosi ma non esasperati, ma diventa meno coerente e intuitiva quando si comincia a spingere, con un comportamento a volte inconsistente delle sospensioni elettroniche e un pacchetto elettronico migliorabile. Il limite maggiore è però nei freni, che perdono mordente, allungano la corsa e iniziano a vibrare già dopo pochi giri tirati su un tracciato esigente da questo punto di vista come il Paul Ricard. 35

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DUCATI PANIGALE 1299S ERGONOMIA Assieme all’Aprilia, la Ducati Panigale è la più corsaiola e pronto pista, con tutto quello che ne consegue in termini di pregi e difetti. In pista la posizione di guida è semplicemente perfetta, con pedane correttamente arretrate a cui ancorarsi in uscita di curva e semimanubri aperti che ne valorizzano l’agilità e sostengono anche nelle staccate più micidiali di cui è capace. Ma anche senza considerare il comportamento stradale, la Panigale si rivela impegnativa anche in circuito: scalda, trasmette le risonanze del motore e in generale affatica molto il pilota, complice una protezione aerodinamica decisamente limitata. Strumentazione completissima e ben leggibile, anche se è necessario prendere confidenza con il sistema di menu e sottomenu per cucirsela addosso. MOTORE Il Superquadro da 1299cc è semplicemente mostruoso, travolgente, debordante. Grazie anche ad una rapportatura del cambio azzeccatissima, spara fuori dalle curve con una grinta pazzesca e sembra non esaurire mai la spinta, anche a regimi che sembrerebbero del tutto fuori luogo per due pistoni come quelli della Panigale. Il motore alla fine domina e definisce lo stile di guida richiesto dalla moto, perché con tanta schiena diventa difficile guidare puliti, di percorrenza, dovendo invece spigolare molto sfruttando le doti di frenata ed accelerazione. Il cambio è rapido e preciso in scalata, mentre in innesto a volte appare qualche incertezza soprattutto ai medi regimi, quando si anticipa la cambiata per sfruttare il tiro del motore. CICLISTICA Spettacolare in fase di frenata e inserimento, la Panigale è molto rapida anche nei cambi di direzione. Moto molto fisica, chiede tanto al pilota ma viene premiata dal cronometro se si hanno la determinazione e lo stile guida richiesti da una moto tanto estrema, che 36

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Moto.it Magazine N. 300 rispetto alla precedente 1199 – ma anche, paradossalmente, alla Panigale R che vanta la stessa potenza ma medi regimi meno esplosivi – non risponde bene alla guida pulita. Elettronica allo stato dell’arte sia per quanto riguarda il controllo motore che per l’impianto frenante/ABS da riferimento nelle prestazioni. HONDA CBR1000RR FIREBLADE SP ERGONOMIA La Fireblade si presenta con una posizione di guida che carica abbastanza i polsi ma lontana da centri estremismi corsaioli, con semimanubri aperti il giusto e pedane comode che però poi, in pista, risultano un pelo

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troppo avanzate ed impediscono di spingere come si vorrebbe con i piedi. Francamente un po’ sconcertante l’omologazione monoposto, viste le doti di raffinatezza anche su strada della Blade, mentre da un punto di vista aerodinamico va registrata la protezione ridotta ai minimi termini. Strumentazione completissima e molto raffinata, ma dalla leggibilità solo sufficiente. MOTORE Il propulsore della CBR1000RR 2017 manca un po’ dell’aggressività, della cavalleria di alcune delle concorrenti, ma ricambia il pilota con un’erogazione piacevole ed estremamente sfruttabile e comunque una grin-

ta di tutto rispetto agli alti. E poi la voce allo scarico è davvero gasante, con gustosissime “fucilate” dallo scarico quando si snocciolano le marce in rettilineo. Ottimo il cambio, rapido e preciso sia in innesto che in scalata. CICLISTICA Agile e precisa, poco affaticante, rappresenta una sintesi perfetta fra caratteristiche spesso discordanti. Merito della leggerezza – l’omologazione monoposto l’aiuta, data l’assenza di pedane passeggero e l’alleggerimento del telaietto reggisella – ma anche di quote ciclistiche ben studiate e sospensioni semiattive dal comportamento im-

peccabile, il tutto perfettamente coerente con quel “total control” che da sempre è il punto di forza della Fireblade. Tutto il pacchetto però meriterebbe un miglior supporto da parte dell’elettronica, che la limita un po’ nell’uso estremo. Un po’ perché non è possibile modificare separatamente alcuni aspetti (sarebbe molto utile poter sfruttare il controllo di trazione ai livelli più bassi mantenendo però un controllo dell’impennata più restrittivo) ma anche e soprattutto perché l’ABS si rivela molto intrusivo e con un comportamento a volte poco prevedibile, con variazioni di pressione nell’arco della frenata che rendono difficile tenere ritmi elevati.

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KAWASAKI ZX-10RR ERGONOMIA Relativamente comoda, molto raccolta, come spesso accade con le giapponesi è più votata all’uso sportivo stradale che non a quello in pista. Le pedane sono avanzate e non troppo rialzate, limitando il pilota nella guida di corpo. In compenso, la protezione è buona anche alle massime velocità. La strumentazione oggi appare datata e non esaltante per leggibilità. MOTORE Potente, ma con una netta predilezione per gli alti regimi: il quadricilindrico Kawasaki spinge come un dannato quando il contagiri è quasi tutto illuminato mentre ai bassi e medi regimi dopo il passaggio all’Euro4 appare la più pigra del gruppo, complice anche una rapportatura davvero troppo lunga. Ed è un peccato, perché quando il quattro di Akashi gira alto è davvero esaltante per spinta e ringhio allo scarico. Ottimo il cambio, rapidissimo e preciso e con un quickshifter da riferimento. CICLISTICA Stabile ed equilibrata, non raggiunge gli apici di efficacia toccati da Honda/Aprilia/ Ducati ma in compenso aiuta il pilota senza risultare quasi mai eccessivamente impegnativa. Ha un avantreno incredibile per precisione, sicurezza e feeling, ma paga un po’ quote ciclistiche improntate alla stabilità e un interasse un po’ troppo importante pagando qualcosa in inserimento e nei cambi di direzione. Ottimi i freni, potenti e modulabili. SUZUKI GSX-R1000 R ERGONOMIA Comoda, tenendo conto della tipologia di moto, ma quando si spinge si vorrebbe un assetto più spinto. La protezione aerodinamica è ottima, e in generale la Suzuki si guida senza particolare impegno fisico. La strumentazione è ricca e completa, ma 42

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complice un contrasto non troppo elevato risulta un po’ difficile da interpretare al colpo d’occhio. MOTORE Davvero bellissimo il nuovo quattro cilindri in linea Suzuki, che grazie al sistema di distribuzione a fasatura variabile sa coniugare tiro ai bassi, spinta ai medi, potenza massima ed allungo. Un motore dall’erogazione pulita e corposa, raffinato nelle sue curve caratteristiche che trova riscontro all’atto pratico rivelandosi davvero gustosissimo da guidare – non crediamo di esagerare nel definirlo il riferimento per lo schema del quattro in linea. Se qualche pecca c’è la troviamo nella risposta (perfettibile) in fase di chiudi/apri. Il cambio è discreto: non brilla per rapidità e si rivela anzi discretamente contrastato, soprattutto in scalata.

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CICLISTICA Brillante nei cambi di direzione, la Suzuki GSX-R1000R si rivela anche molto stabile e precisa sul veloce, con una ciclistica davvero azzeccata pur se contraddistinta da un assetto di base tendenzialmente morbido per le prestazioni che è in grado di ottenere – lavorandoci siamo sicuri che sia possibile migliorare molto nell’uso più estremo. Eccellente il comparto frenante in termini di componentistica ed azione dell’ABS, ma la solita, scellerata scelta dei costruttori giapponesi di affidarsi a raccordi in gomma invece che in treccia aeronautica si paga nell’uso più spinto, limitando potenza e precisione nelle staccate più furibonde e facendo perdere rapidamente tono idraulico all’impianto dopo qualche giro tirato. Peccato, perché si intuisce che il potenziale ci sarebbe.

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YAMAHA YZF-R1M ERGONOMIA Pronto gara, in tutto e per tutto. La Yamaha YZF-R1M è contraddistinta da una triangolazione sella-manubrio-pedane ottimale, anche se continuiamo a trovare davvero troppo chiusi i semi manubri, che a lungo andare tendono ad affaticare il pilota, anche se ad onor del vero su questo tracciato il problema non è apparso particolarmente rilevante. Buona la protezione dall’aria. MOTORE Bello e sfruttabile, il quadricilindrico crossplane si adatta bene sia ai tratti guidati sia a quelli veloci o velocissimi come troviamo su questo tracciato. Meno a punto il cambio, migliorabile nella precisione degli innesti e soprattutto ancora privo di quell’assistenza elettronica in scalata a cui, lo ammettiamo, abbiamo fatto molto rapidamente l’abitudine. E rimane anche un 46

po’ di fastidioso on-off, che penalizza un po’ nelle ripartenze dalle marce basse e perturba un po’ l’assetto se si “telegrafa” con l’acceleratore in percorrenza. D’altro canto l’elettronica, allo stato dell’arte, funziona bene ed è completissima. CICLISTICA La Yamaha vanta una dotazione top che determina un comportamento molto sportivo ed efficace. Non brilla nei cambi di direzione, penalizzata dall’inerzia dovuta alla larghezza del motore e nello specifico dell’albero: è quella che richiede il maggiore sforzo rispetto a tutte le altre concorrenti. In compenso scende in piega in maniera rapida e lineare, oltre ad essere davvero stabile e precisa quando si spinge forte. Il comparto frenante è il reparto che meno ci ha convinto: la leva risponde in maniera “gommosa” e la potenza sembra un gradino sotto la migliore concorrenza. 47

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Ci si trova a frenare prima, con una scarsa precisione in inserimento. In generale però, nonostante non sia certo perfetta, è quella che ha convinto più di tutte su questo tracciato. I GIRI AL PAUL RICARD La nostra comparativa non sarebbe ovviamente completa senza un riferimento cronometrico che aiuti a stilare una classifica fra le sette regine della categoria 2017. Stavolta, per avere un confronto il più possibile equanime e libero da preferenze o abitudini del pilota, ci siamo rivolti a Pirelli che ci ha prestato Alfio Tricomi, collaudatore della Casa milanese e pilota di livello nazionale. Alfio, oltre ad essere velocissimo, conosce alla perfezione le gomme utilizzate e ha una buona esperienza sul circuito francese. Dopo una mattinata per riprendere i riferimenti sul velocissimo Paul Ricard (che abbiamo utilizzato nella configurazione più veloce, sfruttando il tracciato lungo 48

5,8km e con l’intero rettilineo del Mistral da 1,8km) Alfio è uscito con tutte e sette le moto. L’ordine d’uscita è stato sorteggiato, e per ciascuna Tricomi ha effettuato un giro di lancio, tre passaggi cronometrati e il giro di rientro, rilevati attraverso l’acquisizione dati BrainDose, dalla quale abbiamo estratto i dati più interessanti per le prime tre classificate. Abbiamo tenuto solamente il giro migliore per ciascuna, stabilendo la classifica che potete leggere qui sotto. Come nelle nostre precedenti comparative, ci teniamo a sottolineare come questo risultato abbia sì valore, ma come l’importanza sia relativa. Un altro pilota, magari su un circuito diverso per caratteristiche, potrebbe sovvertire l’ordine di questa classifica. E ci preme sottolineare anche come le caratteristiche del Paul Ricard, molto lungo e con tratti molto veloci, abbiano creato una forbice di tempi fra la prima e l’ultima 49

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molto ampia, giustificata dal fatto che pregi e difetti o semplicemente caratteristiche comportamentali qui vengono amplificati – i distacchi, su un altro tracciato, sarebbero stati decisamente più contenuti. Tutte le moto sono state utilizzate con l’assetto con cui ci sono state consegnate e con la mappa/riding mode più prestazionale, con livello d’intervento del Traction Control scelto dal pilota. I GIRI VELOCI DELLE TRE MIGLIORI Vi presentiamo qui alcuni dei dati raccolti dall’acquisizione dati Brain Dose, che abbiamo utilizzato nella nostra comparativa. Essendo basata su GPS ma dotata di quella 50

che in effetti è una piattaforma inerziale a tutti gli effetti, è in grado di registrare anche i valori di angolo di piega, accelerazione e diversi altri dati molto interessanti per capire meglio il comportamento delle moto. Valori che hanno confermato le nostre impressioni di guida relativamente al comportamento delle singole moto, e che ci hanno aiutato a capire meglio dove ciascuna delle moto ha guadagnato o perso – vi proponiamo una breve sintesi dei valori delle prime tre classificate. Interessante come l’angolo di piega sia molto simile, legato alle caratteristiche di efficacia della gomma e allo stile di guida del pilota, ma anche come le forti diffe-

renze in velocità massima, su un rettilineo lunghissimo come quello del Paul Ricard, non si riflettano comunque in superiorità nei tempi sul giro. I NUMERI DELLA COMPARATIVA 2017 Un po’ di curiosità della nostra comparativa, che ha richiesto un impegno – come potete immaginare – immane in termini di schieramento di mezzi, persone ed impegno. Eccovi, per darvi un’idea, qualcuno dei numeri più significativi. 370 i litri di benzina consumati in pista dalle sette belve impegnate al Paul Ricard. Le farfalle qui restano spalancate per tantissimo tempo, e pur con l’efficienza dei

motori moderni, i serbatoi si svuotano in un attimo… 1350 i chilometri percorsi complessivamente dalle sette moto, per un totale di circa 233 giri. 15 le persone impegnate, fra il team di Moto.it e quello messo in campo da Pirelli per assisterci nella comparativa. 36 i litri d’acqua bevuti nel corso della giornata dai sette tester impegnati. 32 gli pneumatici utilizzati. 300 i giga di video registrati. 8 le Go-Pro montate sulle moto, più due Microgimbal giroscopiche utilizzate. 3 i veicoli commerciali Volkswagen utilizzati per portare a Le Castellet il team e tutta l'attrezzatura 51

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CONCLUSIONI Iniziamo da quello che non ci stancheremo mai di ripetere: tutte e sette queste supersportive sono dei veri e propri gioielli. Nel nostro lavoro abbiamo la fortuna di provarle più volte, nei vari eventi di presentazione, nei test di gomme e nelle nostre prove comparative. E regolarmente, quando le mettiamo a confronto, ci rendiamo conto di come emergano differenze che non avevamo colto quando avevamo provato ciascuna di queste singolarmente. Il motivo è molto semplice: il livello è talmente elevato che, senza confrontarle direttamente e in ambiente probante come quello di un circuito di primissimo livello, sono tutte moto eccellenti, capaci di esaltarci e gratificarci con un comportamento dinamico e prestazioni che qualche anno fa sarebbero state più che sufficienti per essere competitivi in gare mondiali. Quindi, più che il tempo sul giro, vi invitiamo a scegliere la vostra prossima compagna di scorribande – se siete fra quelli che possono ancora permettersi una supersportiva per questioni economiche, di forma fisica e… condizioni ambientali – sulla base delle caratteristiche dinamiche, perché non abbiamo il minimo dubbio sul fatto che ciascuno di voi possa avere preferenze (speriamo maturate sulla base delle nostre informazioni) non necessariamente coincidenti con le nostre. Che, per la cronaca, sono risultate estremamente varie, con preferenze espresse che vanno a coprire quasi l’intera gamma delle proposte: nessuna delle sette protagoniste è stata giudicata come noiosa o scarsa, e anche quelle che hanno pagato dazio in termini di tempo sul giro recupererebbero facilmente il distacco con pochissime modifiche – qualcuna forse anche solo con un dente in meno di pignone. Mai come quest’anno, visto il livello raggiunto dalle supersportive oggetto della nostra prova, è una questione davvero di gusti personali. 52

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ABBIGLIAMENTO

CASCHI AGV Pista GP R Arai RX-7V Shark Race-R Pro Carbon LS2 Arrow C X-Lite 802-RR TUTE Alpinestars GP Pro for Tech Air Dainese D-Air Racing Misano Ixon Mirage Spidi Tronik Wind Pro Rev’it Akira GUANTI Dainese Full Metal D1 Alpinestars GP Tech Spidi STR4 Vent Rev’It Stellar 2 STIVALI Dainese R Axial Pro In Alpinestars SuperTech R XPD XP3S TCX R-S2

PIÙ INFORMAZIONI

Meteo: Sole, 28° Luogo: Circuit Paul Ricard (Francia) Terreno: pista Foto: Fabio Principe Video: Luca Catasta, Stefano Berg, Antonio Mulas Acquisizione dati: Brain Dose Telecamere giroscopiche onboard: MicroGimbal

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YAMAHA X-MAX 400. ECCO LA NUOVA VERSIONE IL MAXI SCOOTER YAMAHA CAMBIA PELLE, CON UN'ESTETICA DI ISPIRAZIONE T-MAX CHE RICORDA IL RECENTE E VENDUTISSIMO 300. ARRIVERÀ NELLE CONCESSIONARIE AD AGOSTO A PREZZO INVARIATO

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La serie degli scooter sportivi di casa Yamaha identificati dal nome “Max”, con cilindrate che vanno da 125 a 530 cc, rappresentano oltre la metà delle vendite del settore per la marca dei tre diapason. Il capostipite T-MAX, che ha tagliato il traguardo dei sedici anni di vita, è l'esempio stilistico per tutti gli altri. Alla fine del 2016 è arrivato il nuovo X58

Il motore, ovviamente omologato Euro 4, ha alimentazione a iniezione e coppia ottimizzata. Interessante notare come il peso, una volta tanto, sia stato ridotto: da 205 a 200 kg in ordine di marcia. Come il maggiore T-MAX la forcella è montata su due piastre di sterzo, anteriormente c'è un doppio freno a disco da 267 mm, è presente la leva manuale per il freno di stazionamento (per i parcheggi in pendenza), ci sono l'ABS e il controllo di trazione che impiegano i medesimi sensori. L'ergonomia beneficia del manubrio rego-

labile su due posizioni (anche il parabrezza si può regolare in altezza), sotto la sella c'è spazio per due caschi integrali e il vano è illuminato. Comoda l'accensione smart key (basta tenere in tasca la chiave codificata) e i fari, doppio anteriormente, hanno lampade a led. La strumentazione è invece Lcd e con computer di bordo.Il nuovo X-MAX 400 arriverà nelle concessionarie ad agosto nelle colorazioni Phantom Blue, Sonic Grey e Blazing Grey. Prezzo di 6.690 euro franco concessionario.

MAX 300 ed è stato subito un successo di pubblico. Ora Yamaha lancia la nuova versione del modello X-MAX 400, arrivato nel 2013, come il maggiore dei monocilindrici e il più prestante dopo il T-MAX. Le novità sono subito visibili nell'estetica completamente rivista e molto vicina al ricordato 300, con soltanto alcuni richiami al modello precedente. Parallelamente sono state miglioarte alcune caratteristiche legate alla praticità e al comfort. 59

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KAWASAKI NINJA 650 E Z 650. NUOVI COLORI PER IL 2018 SARANNO PRESTO NELLE CONCESSIONARIE LE VERSIONI 2018 DELLE BICILINDRICHE NINJA 650 E Z 650 ARRIVATE QUEST'ANNO. LE NOVITÀ RIGUARDANO COLORAZIONI E GRAFICHE

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Le medie cilindrate Kawasaki lanciate quest'anno sono già pronte a ricevere le nuove colorazioni del model year 2018. La sportiva Ninja 650 e la naked Z 650, spinte dal noto e generoso bicilindrico parallelo, in versione 2018 saranno infatti a breve nelle concessionarie. La prime ad arrivare saranno le Ninja 650 nelle tinte Pearl Storm Gray/Ebony e Candy Plasma Blu. Questa moto sarà sempre proposta in due allestimenti. La Tourer prevede le valigie laterali morbide, parabrezza maggiorato, pro60

tezioni adesive serbatoio e slider paramotore. La più sportiva Performance sarà equipaggiata con parabrezza fumé, protezione adesiva in gel per il serbatoio, coprisella monoposto in tinta e scarico Akrapovic. Aggiornamento estetico anche per la nuda Z650 che riceve l'atteso verde Kawasaki oltre al classico nero e ad un nuovo Metallic Matte Covert Green/ Metallic Flat Spark Black. La Z650 Performance ha scarico Akrapovic, protezione serbatoio in gel e coprisella monoposto in tinta. I prezzi non sono stati comunicati ma non dovrebbero subire variazioni. 61

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PIAGGIO MP3: DUE NUOVE VERSIONI 300 E 500 LT LA VASTA GAMMA PIAGGIO MP3 SI ARRICCHISCE DI DUE VERSIONI GUIDABILI CON LA PATENTE B. SONO MP3 300IE SPORT LT E MP3 500 SPECIAL EDITION LT ABS/ASR

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Da dieci anni il tre ruote MP3 di Piaggio ha segnato il solco degli scooter multiruota e componendo una gamma di modelli sempre più articolata e adatta a un pubblico eterogeneo. Il modello MP3 300 Yourban LT, il più venduto e sempre dotato del meccanismo che blocca l'inclinazione nelle soste, è stato aggiornato nel motore per rispettare la normativa Euro 4. Si tratta di un monocilindrico 300 a quattro tempi e quattro valvole con iniezione elettronica che offre 21,1 cv di potenza e una coppia massima di 22,5 Nm a 6000 giri. Come gli altri modelli MP3 offre un vano sottosella in grado di ospitare due caschi integrali. E' offerto nelle due colorazioni Nero Cosmo e Rosso Ibis, entrambe lucide. Inoltre è disponibile nella versione Sport, distinguibile da finiture della carrozzeria in nero lucido, cerchi ruota neri, paracalore marmitta nero e sella con cuciture rosse. I colori di Piaggio MP3 300 Yourban Sport LT sono due: Grigio Titanio Opaco e Bianco Luna. Per entrambi i modelli è disponibile una ricca gamma di accessori dedicati, per renderli più confortevoli e protettivi. Alle note versioni con motore 300 e 500, negli allestimenti Sport Business, si ag62

giungono ora due modelli inediti. Sono MP3 300ie Sport LT e MP3 500 Special Edition LT ABS/ASR. Il 300 è disponibile nei colori Bianco Pastello e Nero Carbonio opaco, entrambi con sella nera, a contrasto con i cerchi ruota e le maniglie passeggero in colore grigio opaco. Questa nuova versione di Piaggio MP3, semplificata nelle dotazioni, si propone a un prezzo estremamente competitivo. Il motore è lo stesso della serie 300 con 21 cavalli di potenza. E' in vendita a 6.290 euro. L'MP3 500 Special Edition LT con ABS e controllo di trazione ASR è una nuova versione speciale che nasce dall'ultimo MP3 500 Sport LT distinguendosi con tanti dettagli stilistici come le grafiche che abbinano dettagli blu con altri in carbon look e la pedana con inserti metallici. Anche la colorazione scelta è dedicata: Grigio Titanio opaco. I dettagli grafici blu si estendono anche alla sella (con un nuovo materiale di realizzazione) e ai cerchi ruota di colore nero. Con una potenza di 28,5 kW a 7250 giri (ovvero oltre 38 cavalli) e una coppia di 45,5 Nm a 5000 giri offre prestazioni interessanti anche fuori città. Il vano sottosella ha il comando d’apertura a distanza e funzione Bike Finder. Prezzo franco concessionario di 10.090 euro. 63

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NICO CEREGHINI, LA NOSTRA STORIA: IL 1977 di Nico Cereghini DIECI ANNI ALLA VOLTA, ARRIVEREMO AL 1997 DELLA NASCITA DI MOTO.IT. LA PRIMA CARENATURA INTEGRALE, IL TT ESCE DAL CONTINENTAL CIRCUS E "AGO" VINCE LA SUA ULTIMA GARA

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Che stagione il 1977! In mezzo ad un clima di grande fermento politico, il motociclismo vede nascere tanti miti. Arrivano la Suzuki 750 a quattro tempi, la Yamaha tricilindrica 750 a cardano, la BMW R 100RS, prima moto carenata della storia, la Kawasaki Z1000. E poi la Moto Guzzi V50, la Laverda 500 bicilindrica, mentre l'ingegner Taglioni sta lavorando a quel bicilindrico Pantah che farà la storia di Ducati. Nel 1977 nasce anche la prima Bimota stradale, la Suzuki SB2, e Fantic Motor presenta la 125 Trial che regalerà al marchio lombardo tre Mondiali. Nel frattempo, purtroppo, MV Agusta chiude i battenti. Lo sport vede la perdita dello status iridato per il Tourist Trophy, che esce così dal calendario del Motomondiale, mentre la Formula 750 vede la vittoria di 64

Steve Baker che diventa il primo statunitense a vincere un titolo iridato. E' l'ultima stagione di Agostini, che vince la sua ultima gara - la centoventitreesima - proprio con le sette-e-mezzo, e un'altra vittoria va a Marco Lucchinelli. E nel frattempo, alla 200 miglia di Imola, nasce la Clinica Mobile del Dottor Costa. Sheene vince in 500 con la Suzuki mentre le piccole cilindrate sono nostre: Lega e Bianchi vincono in 250 e 125 con le Morbidelli. A Nieto l'ottavo titolo con la Bultaco, ma si parla tanto anche del clamoroso sciopero di Salisburgo, dove perde la vita lo svizzero Stadelmann e Braun ed Uncini vengono salvati proprio dal Dottor Costa. Nel 1977 Thierry Sabine getta il seme che farà nascere due anni dopo la Paris-Dakar, perdendosi nel deserto africano durante un rally automobilistico: il francese, in attesa dei soccorsi, pensa alla "sua" gara africana. 65

Anniversari

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1997-2017. LA GRANDE RIVOLUZIONE DELLE MAXI ENDURO STRADALI di Maurizio Gissi DUE DECENNI, VISSUTI ASSIEME ALLA STORIA DI MOTO.IT, NEI QUALI LE MOTO CON GOMME TASSELLATE E MANUBRIO ALTO SI SONO EVOLUTE MOLTISSIMO. FINO AD ARRIVARE ALLE MAXI ENDURO E ALLE CROSSOVER CHE OGGI OFFRONO TANTO E VENDONO TANTISSIMO

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Le moto a manubrio alte sono quelle che negli ultimi anni stanno vendendo molto bene. Probabilmente perché hanno saputo mediare meglio delle altre tipologie le esigenze d'uso con le emozioni di guida rispondendo a una domanda di qualità arrivata sempre più spesso da motociclisti di lunga data ed esigenti. Se guardiamo alla classifica dei modelli più venduti quest'anno scopriamo che cinque delle prime sei posizioni sono occupate proprio da questi modelli: BMW R1200GS, Honda Africa Twin e NC 750X, Yamaha Tracer 900, c'è poi l'intrusa Ducati Scrambler 800 e quindi un'altra maxi enduro, la GS Adventure. Se poi scendiamo alla sedicesima posizione in classifica, di maxi enduro e crossover ovvero i due segmenti che nell'ultimo anno sono cresciuti del 30%, ne troviamo altre cinque. Sono Ducati Multistrada 950 e 1.200, Yamaha Tracer 700, Kawasaki Versys 650 e Suzuki V-Strom 650. La storia di Moto.it nei suoi primi 20 anni, dal 1997 a oggi, ci dà lo spunto per vedere come il fenomeno maxi enduro si è formato, è cresciuto e come si sono evolute le moto a manubrio alto dalla metà degli anni Novanta a oggi. 66

1997: LE ENDURO PREFERITE Il 1997 fu il primo anno di ripresa delle vendite di nuove moto dopo un periodo negativo iniziato cinque anni prima e con il minimo storico registrato nel 1996 quando le immatricolazioni furono appena 52.700. Nel '97 ci fu infatti una prima accelerata del 25% (furono immatricolate 66.700 moto) e se guardiamo a cosa si era venduto quell'anno troviamo ai primi posti, a sorpresa diremmo oggi, due custom (Yamaha Drag Star 650 e Honda Shadow 600) seguite dalle sportive Honda CBR 600F, Suzuki GSX-R 600 e Honda CBR 900RR. All'opposto di oggi insomma. Nel 1997, fra le enduro, si metteva in luce la Honda Transalp 600 - quarta assoluta mentre un po' più arretrate c'erano l'Aprilia Pegaso 650, Yamaha TDM850 (che si può definire una crossover della prima ora) e BMW R 1100GS che era arrivata con il nuovo boxer e la nuova ciclistica improntata sul Telelever nel 1994. Tuttavia il grosso delle vendite era costituito da monocilindriche attorno ai 600 cc e quasi tutte avevano radici negli anni Ottanta, quando le figlie delle moto dakariane erano in assoluto le più vendute. Parliamo di modelli che si chiamavano Honda Dominator 650, BMW F650, Yamaha TT600 e 67

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davano la classifica delle vendite. La Honda Transalp si piazzava al quinto posto assoluto (4.270 moto) e nel gruppo delle enduro stradali precedeva la Yamaha TDM 850 e la novità BMW R 1150 GS (2.100 unità), seguivano Aprilia Pegaso 650, BMW F 650GS e Honda Varadero 1000 (1.470 esemplari). Numericamente più staccate c'erano le monocilindriche 600-650 di Yamaha, Honda e Suzuki. Interessante notare come il segmento delle enduro (esclusi i modelli prettamente da fuoristrada) valeva il 14% dell'intero mercato contro il 33% delle più vendute stradali di media cilindrata e il 31% delle maxi. Il 2000 è anche l'utimo anno di produzione della Cagiva Gran Canyon 900 (disegnata da Massimo Tamburini dopo la Ducati 916) arrivata due anni prima, moto che sarà subito sostituita dalla versione Navigator con motore Suzuki 1.000 in luogo del V2 Du-

XT 600, Suzuki Freewind 650 e DR 650. Peraltro anche la citata Transalp e l'altra bicilindrica a V Africa Twin 750, nona nella classifica di categoria, erano modelli concepiti almeno una decina di anni prima, mentre la 750 Super Ténéré era appena uscita di produzione e otteneva numeri di vendita bassi la Triumph Tiger 900. Insomma se si escludeva la GS 1100 (che aveva venduto un migliaio di esemplari ed era la prima a superare il litro di cilindrata) l'offerta era ancora legata a schemi precedenti. Peraltro gli appassionati erano ancora attratti dai modelli sportivi e, come abbiamo visto, dalle più tranquille e allora di tendenza custom. Le cose cominciarono a cambiare poco dopo, quando fu chiaro che la strada tracciata dalla BMW GS era quella più promettente. Quella moto offriva non soltanto 68

cati ad aria. L'introduzione di nuovi modelli seguiva, e segue, logiche internazionali. Per cui se il mercato italiano era all'epoca moderatamente vivace sul fronte delle maxi enduro, fra il 2001 e il 2003 iniziarono comunque ad arrivare parecchie proposte che piaceranno anche ai motociclisti nostrani. Aprilia lancia la Caponord 1000, del resto ha già in casa il motore bicilindrico Rotax a V di 60° della sportiva RSV, con l'esclusivo telaio in lega d'alluminio, una ciclistica efficace specie su asfalto (dove supera i 220 orari) e la potenza di 98 cavalli. Suzuki risponde con la prima V-Strom 1000, il suo è l'ottimo V2 della serie TL in configurazione da 98 cv, telaio d'alluminio e – come GS e Varadero – ha ruota anteriore da 19 pollici. BMW, sempre nel 2002, “inventa” il genere Adventure con una speciale versione della R 1150 GS: ha

maggiore potenza (80 cavalli), ma soprattutto tanta coppia (9,9 kgm) già ai medi regimi, una tecnologia moderna, comodità per due, l'affidabilità del cardano, spazio per i bagagli e attitudine a viaggiare sui percorsi sterrati grazie alla ruota anteriore da 19 pollici. La prima concorrente a sposare quei principi, cardano a parte, fu la Honda con la Varadero 1000 del 1999, modello con motore V-twin che si aggiungeva a Transalp e Africa Twin 750. 2000: LE ENDURO CRESCONO A fine dell'anno 2000 le moto vendute in Italia furono poco meno di 125.000, quasi raddoppiate in quattro anni. Era il momento delle stradali di media cilindrata: Honda Hornet 600 (7.740 esemplari), Yamaha R6 (5.750) e Ducati Monster 600 (5.300) gui69

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serbatoio da 30 litri (invece di 22), sospensioni allungate, tubi paramotore, cupolino ampio. Il boxer è il 1130 cc da 85 cavalli. Fermento anche nel mondo crossover con le nuove Yamaha TDM900 e Triumph Tiger 955i, che anticipano di poco l'arrivo della prima Ducati Multistrada 1000 (con il Desmodue da 92 cavalli) disegnata da Terblanche e della KTM 950 Adventure di chiaro richiamo rally africano. 2003: MAXI PER TUTTI Siamo così arrivati alla fine del 2003, chiuso in Italia con la cifra di 131.000 nuove moto targate. Crescono ancora le medie cilindrate stradali che conquistano ben il 38% della quota di mercato. Ed è per questo che le prime sei moto in classifica appartengono a questa categoria: leader è la Honda Hornet 600 (con ben 11.800 unità). A infilarsi al quinto posto è

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sempre la Transalp 650, ancora una volta la prima enduro in classifica con circa 3.600 esemplari venduti, e piace la rinnovata Yamaha TDM 900 che si piazza al settimo posto con quasi tremila immatricolazioni. Il bicilindrico parallelo e dieci valvole Yamaha ha guadagnato l'iniziezione, è salito a 897 cc e 86 cavalli di potenza, ci sono una ciclistica nuova dominata dall'inedito telaio d'alluminio di foggia Deltabox, la ruota davanti da 18 pollici, una protettiva mezza carenatura e il portapacchi di serie: pesa 190 kg a secco e arriva a 215 orari. Nel 2003 al tredicesimo posto ritroviamo la 1150 GS (2.500 esemplari), più staccate le altre novità bicilindriche: la Varadero vende la metà della GS, mentre Caponord e V-Strom 1000 faticano a raggiungere le 700 moto vendute. D'altra parte il segmento enduro stradale fatica ancora a superare il 12% di incidenza sul totale.

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a quota 520 e le altre maxi enduro sono ancora più arretrate. Mentre arriva anche la 1200 GS Adventure e la Tiger cresce a 1.050 cc, gli anni successivi vedono il debutto di importanti modelli. Nel 2010 sono in vendita anche l'inedita Yamaha XTZ 1200 – con tanto di trasmissione ad albero per il nuovo motore a due cilindri paralleli – e la nuova Ducati Multistrada 1200 che si segnala per il motore 1.198 cc raffreddato a liquido da ben 150 cavalli, una dotazione elettronica di riferimento e le ruote da 17 pollici diventando la crossover di riferimento. E' il via alle sportive a manubrio alto, perché se la posizione di guida ha un richiamo vagamente enduro, le prestazioni meccaniche e di guida iniziano ad attrarre anche gli ex smanettoni da manubrio basso.

Non si tratta di carenze funzionali o prestazionali delle maxi enduro, perché certe qualità sono già ben presenti sulle ultime novità di grossa cilindrata. Queste moto vanno veloce in autostrada, sono comode per chi guida e per chi siede dietro e si lasciano caricare di bagagli senza problemi. Insomma rispondo già molto bene alle esigenze, sono tecnicamente moderne e attraenti anche esteticamente con il loro aspetto avventuroso. Se non si vendono ancora tanto (almeno in termini percentuali rispetto al mercato e non tanto in cifre assolute) è per una serie di buone ragioni. Soprattutto ci sono tanti appassionati giovani, e infatti le 600 sono ai massimi mentre ora sono quasi scomparse, mentre le sportive sono di gran moda (Fireblade e R1 vendono meglio della BMW GS) in carenza di severi controlli di velocità. 72

2010: SU CON LA CILINDRATA Alla fine del 2010 la crisi economica innescata nel 2007 si è fatta già sentire anche nel mercato motociclistico con le immatricolazioni scese a quota 93.600 unità. Un calo che ha penalizzato soprattutto le medie cilindrate. La R 1200 GS è quell'anno la moto più venduta e assieme alla versione Adventure, seconda maxi enduro in classifica e quarta nell'assoluta, supera le 6.200 unità. Da lì a poco sarà anche la numero uno in Europa e all'interno del listino BMW. Nel 2010 la Transalp, diventata nel frattempo 700, si conferma terza fra le enduro stradali precedendo la nuova Multistrada (1.910 moto) BMW F800 GS, V-Strom 650 e Versys 650. Molto arretrate rispetto alla GS sono KTM 990 Adventure (485), Yamaha 1200 Super

2006: L'ANNO DEI RECORD Con le sue 161.000 immatricolazioni il 2006 è l'anno record per la vendita di moto in Italia. Svettano le naked 600, ma la nuova R 1200GS (rivoluzionata nuovamente nel 2004) totalizza 5.500 vendite e ottiene il sesto posto in classifica generale, quasi quadruplicando il risultato della seconda bavarese in classifica. Il fenomeno GS esplode grazie alla nuova versione, non solo perché è stata potenziata a 98 cavalli, ma a maggior ragione per la ricchezza di equipaggiamento e accessori. Diventa la moto da turismo totale, oltre che di moda, contro la quale possono poco le concorrenti. Perché dopo la GS fra le enduro stradali vendono bene le più piccole Transalp 650 e V-Strom 650 (3.300 e 3.150 esemplari rispettivamente), mentre la rivale KTM Adventure 990 arriva appena 73

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Ténéré (440) e Moto Guzzi Stelvio (330). La categoria sale al 18% della quota di mercato, un aumento che promette di crescere bene in futuro considerate le tante novità che arriveranno da lì a poco. Il 2011 vede nuovi modelli interessanti come Triumph Tiger 800, Guzzi Stelvio 1200 e Honda Crossrunner, mentre entro il 2014 arriveranno Honda Crosstourer (con il motore V4 da 129 cavalli della VFR, la trasmissione finale ad albero e un peso di 253 kg a secco), Triumph Tiger Explorer (con l'inedito tre cilindri a cardano da 137 cavalli), Honda NC 750X (che prende il posto della Transalp), Kawasaki Versys 1000, BMW 1200 GS con il nuovo motore raffreddato a liquido, Triumph Tiger Sport 1050 e KTM 1190 Adventure R. L'offerta spazia ormai dai 650 ai 1.200 cc, con potenze che oscillano dai 60 ai 160

cavalli, ciclistiche differenziate e caratterizzate dalla ruota anteriore da 17, 19 oppure 21 pollici. Tanto che nel 2012 le cinque moto più vendute sono enduro o crossover. Sempre con la GS 1200 al primo posto: da quando è passata al motore 1.170, nel 2004, è la BMW più diffusa a livello mondiale con una produzione che ha superato le 170.00 unità. Normale che un po' tutti i costruttori continuino a guardare a quell'esempio, ma ormai hanno compreso che è fondamentale offrire un'alternativa piuttosto che una concorrente ispirata. 2014: PRESTAZIONI E TECNOLOGIA Il 2014, in Italia, è il primo che riguadagna terreno nelle vendite dopo il secondo minimo storico raggiunto nel 2013 con meno di 53.000 moto targate. BMW 1200 GS e Honda NC 750X sono in

assoluto le più vendute (GS e Adventure totalizzano 5.400 moto immatricolate). Nella tipologia che stiamo considerando seguono: Multistrada 1200 (855 esemplari), V-Strom 1000 (840) e KTM 1190 Adventure (810). Poi vengono le medie cilindrate F 800GS, Tiger 800, V-Strom 650. La Honda Crosstourer piazza 355 moto e la Yamaha Super Ténéré è subito dietro con 315. Ormai la tipologia enduro stradale è la più venduta, accade dal 2010, e soprattutto facendo meglio dell'intero mercato. L'evoluzione non si ferma anche perché il fenomeno è diventato importante un ovunque, Germania e Francia comprese. Ducati rilancia la Mutistrada 1200 con il motore a fasatura variabile e poi con la variante Enduro, Honda si decide finalmente a varare la nuova Africa Twin 1000, con 74

motore bicilindrico parallelo ma con la chicca della trasmissione DCT, Yamaha e Suzuki aggiornano le proprie maxi e KTM amplia la serie Adventure e R con cilindrate da 1.050 a 1.301 cc e differenti allestimenti. In tutti i casi l'idea vincente di questa formula, che nel corso del tempo si è molto diversificata, è stata quella di offrire estetiche accattivanti che fanno sognare l'avventura, ma anche versatilità spinta, guidabilità efficace oltre che piacevole e mai stancante. Sono moto che possono affrontare un lungo viaggio a pieno carico, così come divertire su un percorso guidato e il gas spalancato. Si va dal percorrere sicurezza le strade sterrate al muoversi agilmente nel traffico. Le maxi hanno inoltre fatto da traino a mo75

Anniversari

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delli di cilindrata a volte inferiore che sono subito piaciuti, vedi le Yamaha Tracer 900 e 700, la Multistrada 950, e persino la piccola Benelli TRK 502. Un esempio anche per cilindrate piccole dedicate a neofiti e mercati emergenti. Vedi BMW G310 GS, la Kawasaki Versys 300 o Suzuki V-Strom 250. 2017: TANTE E PER OGNI VOGLIA Un successo che, come ricordavamo all'inizio, si ritrova nelle vendite dei primi sette mesi di quest'anno con cinque delle prime sei moto più vendute appartenenti alla categoria enduro/crossover; BMW R 1200GS, Honda Africa Twin e NC 750X, Yamaha

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Tracer 900 e BMW R 1200 GS Adventure totalizzano da sole il 18% delle vendite complessive. Questa categoria vale ormai un terzo del mercato moto e con un valore economico importante considerato che si tratta spesso di modelli di cilindrata medio alta e con dotazioni complete di accessori. Il futuro ci riserverà molto probabilmente una ulteriore segmentazione tanto in direzione stradale che off-road, com'è normale che sia quando si allarga il bacino di appassionati, portando magari a qualche eccesso inseguendo le prestazioni a ogni costo come già sta avvenendo. Se non altro avremo un'offerta ancora più ampia nella quale sognare e infine scegliere.

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Epoca

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RESTAURANDO: HERCULES K 100 GS AMERICA 1968 di Umberto Mongiardini LA RUBRICA DI MOTO.IT IN COLLABORAZIONE CON LO SPECIALISTA SOIATTI MOTO CLASSICHE DI NOVARA. OGGI VI PROPONIAMO IL RESTAURO DI UN GIOIELLO RARO E RICERCATO

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Ci sono moto speciali e persone speciali che, quando si incontrano, danno vita a spettacoli come la moto di questo servizio. Ovviamente la persona speciale è lo specialista dalle mani d'oro Daniele Soiatti, mentre la moto è una Hercules K100 GS del 1968. Nella prima puntata di Restaurando vi avevamo già parlato di una Hercules del 1972, ma quella del servizio di oggi, oltre ad essere maggiormente ricercata, è stata sottoposta ad un restauro totale ed estremamente impegnativo. Oltre al restauro, interessante è anche la storia di questa moto. Chi l'ha consegnata a Soiatti l'ha importata dagli Stati Uniti assieme ad altre tre dello stesso marchio, dopo averle barattate con un'auto d'epoca. La particolarità di questo esemplare è che, nonostante sia del 1968, veniva già venduto negli USA con il serbatoio cromato, 78

dettaglio che arrivò in Europa solo l'anno successivo. A cavallo tra gli anni '60 e gli anni '70 le Hercules erano molto ambite oltreoceano, e lì, anziché essere commercializzate con il nome GS, nella prima metà degli anni '60 venivano vendute con il nome Scrambler, più orecchiabile per gli anglofoni. Come recita l'Enciclopedia Universale dell'Enduro, "solo sul mercato americano venivano distribuiti tre modelli da 100/125 cc, ognuno di loro era contraddistinto da un colore diverso, rispettivamente azzurro, rosso e arancio, con i fianchi cromati ed il tappo di dimensioni particolarmente grandi, che quasi mai si videro in Europa". Quando la moto è stata messa nelle mani di Soiatti, quasi tutti i componenti erano presenti, serbatoio escluso, però dagli Stati Uniti erano stati importati anche alcuni ricambi usati. La moto, come di consueto, è stata completamente smembrata per prepararla al restauro. Il suo motore Sachs ha 79

Epoca

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del serbatoio: realizzati in lamierino d'ottone e smaltati, sono stati magistralmente riprodotti come quelli originali. Per eseguire questo restauro, Soiatti ha impiegato circa 150 ore di manodopera, mentre i costi di verniciatura, cromatura e

il cilindro in ghisa ed alettatura verticale. Non appena è stato aperto, Soiatti si è trovato a far fronte ad un problema parecchio serio: il pistone infatti era bloccato, e per toglierlo è stato necessario forarlo e fresare il piede di biella, che è in alluminio. Successivamente, il cilindro è stato alesato, montando poi un nuovo pistone maggiorato. Tutto il resto del motore, dopo un accurato lavoro di restauro, è stato recuperato e riutilizzato. Bisogna ricordare, per inciso, che nel '68 Hercules era un marchio facente parte del gruppo Fitchel & Sachs. Una volta restaurato internamente, poi, il motore è stato sabbiato con sfere di vetro finissime, par farlo tornare agli antichi splendori. E la verniciatura dei carter è stata eseguita con vernice Lechler realizzata su indicazioni dello stesso restauratore. L'impianto elettrico, anch'esso assente quando la moto è arrivata nell'officina novarese, faceva però parte dei ricambi arrivati assieme alla moto. È stato così riparato e rimontato sul telaio che, nel frattempo, era stato anch'esso sabbiato e riverniciato. 80

ricambi si sono aggirati sui 3.000 euro. In fondo alla nostra galleria fotografica, per gentile concessione di Roberto Bizza, Presidente del Registro Storico Hercules, potrete trovare la scheda tecnica di questo modello.

I due catarifrangenti montati sulle staffe del faro anteriore contraddistinguono la versione USA da quella europea. Curioso poi il fatto che sia il devio luci e l'interruttore dello stop, a marchio Hella, siano sono gli stessi montati da BMW in quegli anni. Sempre Hella è la luce dello stop con gemma in vetro. Bellissimo il risultato del restauro della sempre intrigante forcella Earles, che ha sempre contraddistinto questo modello. I suoi bracci oscillanti utilizzano ammortizzatori Boge, mentre i freni a tamburo, azionati dalle leve Magura, sono marchiati dalla stessa Sachs. Notevolissimo, anche questa volta, il lavoro di recupero effettuato sul terminale di scarico: una volta smontato è stato aperto, ricostruito internamente e riverniciato in nero e, infine, gli è stata applicata le bellissima griglia paracalore cromata. Il dettaglio più bello di questa moto, a mio parere, è il serbatoio con le guance cromate, profili rossi e grosso tappo cromato. Un particolare unico di questa moto - ha voluto precisare Daniele - sono i loghi 81

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Manutenzione

TUTORIAL: COME SVITARE LA VITE BLOCCATA IL PRIMO DEI VIDEO TUTORIAL DEDICATI ALLA MANUTENZIONE DELLA MOTO. IN COLLABORAZIONE CON LO SPECIALISTA MARCO RIGO DI RIGO RACING. INIZIAMO CON LA VITE BLOCCATA

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Che fare davanti a una vite che non ne vuole sapere di essere svitata? Lo vediamo con il primo dei video Tutorial dedicati alla manutenzione della moto, tutti realizzati in collaborazione con lo specialista Marco Rigo di Rigo Racing. Iniziamo quindi con un problemino banale, ma molto frequente e che se affrontato nel modo sbagliato, oltre a far perdere la pazianza può provocare danni maggiori. Ecco come allentare una vite con testa a croce. 82

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Turismo

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IN VIAGGIO CON CAMILLA: VAL BORBERA E BORECA di Camilla Colombo DUE VALLI SPETTACOLARI FRA ALESSANDRIA E PIACENZA

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Se cercate la semplicità, i sapori della cucina di una volta, le curve che trasportano delicatamente tra gli Appennini, scegliete due valli dal fascino antico e a portata di mano dalla frenetica Milano. La Val Borbera, nella provincia di Alessandria, e la Val Boreca, nel Piacentino, sono due lingue di asfalto, verde e fiumi che non hanno nulla da invidiare alla ben più famosa e frequentata Val Trebbia. Conquistano con i loro piatti, il vitello tonnato mangiato a Cabella Ligure non lo dimenticherò facilmente, con le loro anse di acqua verde cristallina dove immergersi per sopravvivere al caldo e con la loro orgogliosa storia antifascista. Il tutto in soli 270 km da spalmare con calma su un’intera giornata. La nostra avventura inizia nel primo weekend di saldi e solo la motocicletta ci permette di superare in fretta la coda in uscita a Serravalle Scrivia, ormai associata quasi per definizione all’outlet omonimo. Abbandonata l’autostrada, seguiamo l’indi84

cazione per Vignole Borbera, dove conviene arrivare con l’A7 scopriamo passandoci davanti, e procediamo in direzione Val Borbera lungo la Strada Provinciale 140. Le auto scarseggiano, il verde contorna una striscia d’asfalto per lo più in buone condizioni, i castelli si scorgono nelle vicinanze, alcuni di proprietà dei Malaspina, altri dei Visconti: sembra di stare nella vallata gemella alla Val Trebbia solo meno frequentata e più intima e accogliente. Il torrente Borbera ci accompagna sul fondo della valle mentre noi saliamo e scendiamo assecondando l’andamento degli Appennini. Tra le strette a canyon caratteristiche di tutta la zona, la Stele della Pinan Cichero, in onore dell’omonima Divisione partigiana, è uno dei monumenti più significativi dell’area commemorativa dedicata alla lotta di Liberazione che qui, nella battaglia di Pertuso di fine agosto 1944, ha visto lo scontro diretto tra nazifascisti e partigiani. La sosta a Cabella Ligure è una piacevole scoperta: all’hotel ristorante Bar Posta, nella piazza centrale della cittadina, mi vie85

Turismo

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ne offerto dalla casa un assaggio di fritto misto di pesce freschissimo come gentile riparazione al fatto che fosse finito al momento dell’ordinazione e avessi dovuto optare per il vitello tonnato. Insomma, cucina casalinga e gentilezza a un ottimo prezzo. Per arrivare a Capannette di Pey, e quindi scivolare giù verso la Val Boreca, la strada diventa decisamente più stretta e ricca di curve ma sempre molto piacevole da affrontare sulle due ruote. Diminuiscono ancora di più le vetture presenti mentre la vista spazia fino alle Alpi Liguri e l’ambiente circostante ricorda i paesaggi alpini. Dalla sommità di Cosola al Passo del Giovà sono appena 1.8 km sulla SP18 che poi si dirama in quattro direzioni diverse a seconda che si voglia raggiungere Varzi o Ottone. Lasciato alle spalle il monte Chiappo, quasi 1700 metri d’altezza, ci facciamo affascinare dall’indicazione Passo di Brallo per cui ci immettiamo sulla SP88, un 86

scelta tosta da fare in moto - la consiglio solo a chi ha le ruote in ottime condizioni - sia perché la strada è molto stretta e tortuosa in certi punti sia perché l’asfalto è veramente in brutte condizioni in ampi tratti di carreggiata. L’atmosfera che ci circonda però rende questi 28 km forse i più divertenti della giornata, così immersi tra gli alberi da chiedersi se sia legale passarci con un mezzo a motore. Una volta arrivati alla Cima Colletta la SP88 si fa più larga e comoda fino a condurre, dopo qualche tornante, al Passo di Brallo preso d’assalto da una cinquantina di motociclisti di tutte le età. Da lì alla deliziosa Varzi, sulla SP186, sono meno di una ventina di chilometri da fare in maniera sostenuta, traffico e autovelox permettendo, perché l’asfalto torna a essere buono e piacevole per la guida. Il rientro è ormai vicino: l’autostrada ci aspetta a Castelnuovo Scrivia. 87

Tecnica e Storia

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COME TI RAFFREDDO VALVOLE E PISTONI NEI MOTORI A 4 TEMPI di Massimo Clarke OVVERO, COME SI ASPORTA IL CALORE DALLE PARTI INTERNE DEI MOTORI MOTOCICLISTICI PER MANTENERLE EFFICIENTI E AFFIDABILI. PARTIAMO DAI PISTONI E DALLE VALVOLE

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Nei motori motociclistici la refrigerazione può essere ad aria o ad acqua. In questo secondo caso si parla spesso di raffreddamento a liquido perché in effetti quella utilizzata nei modelli di serie è una miscela di acqua e glicol etilenico più picco88

le quantità di additivi. È una questione di lana caprina perché il vero liquido di raffreddamento è proprio l’acqua (difficilmente superabile, sotto questo aspetto) e ciò che viene aggiunto ad essa ha solo funzioni “accessorie” (antigelo e anticorrosione). Ci sono poi anche alcuni casi di impiego di

sistemi di raffreddamento “ibridi” o misti, e inoltre non deve mai essere sottovalutato il contributo da parte dell’olio del sistema di lubrificazione. E comunque, direttamente o indirettamente, alla fine dei conti il calore finisce sempre per essere ceduto all’aria. Se è relativamente facile raffreddare le parti fisse del motore, ovvero la testa e il cilindro, fornite di alette o di intercapedini nelle quali scorre il fluido refrigerante, per gli organi mobili le cose stanno ben diversamente. Durante la combustione e le successive fasi di espansione e di scarico i gas all’interno del cilindro raggiungono temperature elevatissime e quindi cedono una grande quantità di calore alle pareti metalliche con le quali sono a contatto. Per evitare che i componenti interessati possano subire un eccessivo riscaldamento è necessario quindi assicurare loro un adeguato raffreddamento. Nel caso del pistone e della valvola di scarico (quella di aspirazione lavora a tempe-

ratura molto più bassa perché direttamente lambita dalla miscela aria-benzina che entra nel cilindro) la cosa non è tanto facile, in particolare nei motori di prestazioni molto elevate. Nelle moderne moto sportive questi componenti sono molto sollecitati termicamente (oltre che meccanicamente). SUPERFICIE DI SCAMBIO Fino a pochi anni fa lo smaltimento del calore avveniva principalmente tramite i segmenti (attorno al 60% del totale), che lo cedevano alla parete del cilindro, e ciò risultava adeguato. In seguito la crescita delle potenze specifiche ha determinato un aumento della quantità di calore che doveva essere smaltita; inoltre è diminuita l’altezza dei segmenti e quindi della loro superficie di contatto con la canna. Per ottenere un buon raffreddamento dei pistoni i tecnici hanno cominciato così ad “utilizzare” in misura sempre maggiore l’olio e si è ben presto generalizzato l’impiego di getti

Per migliorare il raffreddamento dei pistoni, sui motori di alte prestazioni si è da tempo generalizzato l’impiego di getti di olio emessi da appositi ugelli (evidenziati nel disegno)

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Tecnica e Storia

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emessi da appositi ugelli posti alla base dei cilindri e indirizzati verso la parte inferiore del cielo dei pistoni. In questo modo si sono ottenute riduzioni di temperatura dell’ordine di 15-30 °C. Nei motori di Formula Uno dei primi anni duemila, con due soli segmenti (di ridottissima altezza), alesaggi di 96 – 98 mm e potenze specifiche dell’ordine di 300 CV/litro, si è arrivati ad impiegare fino a quattro ugelli per ogni cilindro (che talvolta avevano più di un foro ciascuno!). Nei motori fortemente sovralimentati si fa ricorso a un sistema di raffreddamento che prevede la circolazione di olio in una canalizzazione anulare praticata nella parte superiore del pistone, soluzione che consente una sottrazione di calore molto cospicua. Il “raffreddamento interno” del motore viene ottenuto grazie al calore latente di vaporizzazione del carburante, che quando passa dallo stato liquido a quello gassoso sottrae calore. L’effetto è ovviamente più vigoroso

con miscele ricche. La cosa veniva particolarmente sfruttata nei motori d’aviazione in fase di decollo. Nel famoso stellare R-2800 della Pratt & Whitney in tale condizione di funzionamento si forniva ai cilindri una quantità impressionante del carburante fornito ai cilindri non prendeva parte alla combustione, ma serviva solo per raffreddare i pistoni e le valvole di scarico. In alcuni film si può notare chiaramente quanto fumo nerastro certi velivoli con motori a pistoni si lasciavano dietro quando decollavano. Uno dei vantaggi che si hanno utilizzando come carburanti l’etanolo e, ancor più, il metanolo, è costituito dal loro calore latente di vaporizzazione molto più alto di quello della benzina, che assicura un raffreddamento interno particolarmente vigoroso. Le vetture da Gran Premio di una volta, dotate di compressori volumetrici, potevano impiegare alte pressioni di sovralimentazione senza adottare un intercooler proprio perché erano alimentate con carburanti alcolici. La superficie di tenuta delle sedi delle valvole di scarico è più larga di quella delle sedi di aspirazione per agevolare il passaggio del calore proveniente dal fungo. La foto mostra una fase della lavorazione di questi componenti

Nei motori d’aviazione al decollo si sfruttava ampiamente il raffreddamento interno ottenibile con una miscela aria-carburante fortemente ricca. Nel Pratt & Whitney R-2800 qui mostrato si adottava una dosatura prossima a 9, mentre quella stechiometrica è circa 14,7!

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SCARICO BOLLENTE Le valvole di scarico lavorano a temperature molto elevate perché vengono direttamente lambite dai gas caldissimi e perché il loro raffreddamento è decisamente difficoltoso. La maggior parte del calore assorbito (7580%) viene infatti smaltita grazie al contatto con la sede, che ovviamente ha luogo solo quando sono chiuse. È per questa ragione che la larghezza della superficie troncoconica di tenuta nelle sedi di scarico è maggiore, rispetto a quelle di aspirazione. Ed è sempre per questa ragione che nei moderni motori di alte prestazioni quasi sempre il materiale impiegato per le sedi contiene del rame, metallo caratterizzato da una elevatissima conduttività termica. Date le temperature di lavoro molto alte, le valvole di scarico vengono realizzate con materiali particolari, specificamente

sviluppati per questo tipo di impiego o nati per le turbine dei motori d’aviazione (superleghe a base nichel, la più famosa delle quali è nota come Nimonic 80). Nei motori sovralimentati spesso allo scarico si impiegano valvole con lo stelo forato assialmente e contenente del sodio. In questo caso ha luogo un forte trasferimento del calore alla parte alta dello stelo, con un vero e proprio effetto shaker (il sodio diventa liquido a 97,8 °C) e di conseguenza la guida contribuisce in misura assai cospicua al raffreddamento della valvola. Sono così possibili riduzioni di temperatura di 100 – 150°C. Talvolta non è cavo solo lo stelo ma anche parte della testa della valvola. Non risulta che questa soluzione, che come detto viene tipicamente utilizzata in diversi motori turbo, abbia attualmente impieghi in campo motociclistico. 91

Editoriale

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NICO CEREGHINI "RESPONSABILITÀ" QUELLA CHE RACCOMANDA LA PROVINCIA DI BOLZANO SULLE STRADE DELLA REGIONE AUTONOMA (BELLE CURVE MA PIENE DI INSIDIE…) E QUELLA CHE INVOCANO MOLTI LETTORI DOPO IL DRAMMA DELLA VALSUSA

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Ciao a tutti! Se vi è capitato di viaggiare sulle strade dell’Alto Adige e del Trentino avrete visto i cartelli della campagna No Credit 2017: un motociclista con casco e abbigliamento tecnico che tiene in braccio un neonato. Lo slogan sotto la foto vuole richiamare il senso di responsabilità verso i propri familiari, ma anche verso se stessi e il prossimo in generale. Sono dieci anni che la provincia di Bolzano fa la sua campagna estiva per la sicurezza stradale. Quest’anno, oltre ai cartelli (che troverete anche in provincia di Trento) è stato rifatto il manto stradale su un centinaio di km ed è stata installata su ulteriori 850 metri di guard-rail la fascia bassa di protezione per i motociclisti. Così si legge sui comunicati. Ricordate il cartello dell’anno scorso? Una motociclista in piedi fotografata di spalle, casco in

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mano e la gamba sinistra artificiale. Un pugno nello stomaco, lo definimmo sul sito, un messaggio molto forte che suscitò tra i lettori reazioni diverse. A molti, e pure a me, dava fastidio l’impressione di essere l’unica categoria sotto osservazione. Benché fosse abbastanza chiaro che il messaggio era rivolto anche agli altri, agli automobilisti, per sensibilizzarli sulla necessità di rispettare tutti gli utenti deboli e noi tra quelli. C’erano molti lettori che protestavano: “ma perché non se la prendono con gli automobilisti che guidano col cellulare in mano, o con i camperisti che si fermano dietro le curve per ammirare il panorama, o con i ciclisti che viaggiano affiancati?” Con i vostri commenti mi sono presentato in Provincia, qualche mese fa, con l’intenzione di chiarire le cose. Sono stati piuttosto convincenti. Intanto mi hanno garantito di essere lontani

dall’intenzione di criminalizzare il motociclista. Anzi, all’opposto, la campagna è nata nel 2006 sotto la spinta di un alto dirigente che era un appassionato motociclista, e che vedeva troppi incidenti e voleva salvare i colleghi. Dai 25 morti del 2005, nella sola provincia di Bolzano, sono passati ai sei del 2016; dai 5,5 incidenti al giorno sono arrivati ai 4,5. Anche per merito delle buone strade e delle molte barriere messe in sicurezza. Ci capiscono, dicono che vorrebbero lottare contro tutti i comportamenti pericolosi, ma il budget è limitato e il messaggio deve essere forte e uno: il motociclista è scelto in rappresentanza di tutti gli utenti deboli. E magari, aggiungo io, è anche quello per loro più a rischio, perché in qualche caso tende ad esagerare tra le curve dei passi; dove può sempre incontrare i telefonisti al volante, i camperisti distratti e i ciclisti in formazione tre a tre.

Responsabilità. La parola è stata usata la settimana scorsa anche da alcuni lettori che, commentando la mia raccomandazione dopo l’omicidio della Valsusa (“non reagite alle prepotenze stradali, abbiamo troppo da perdere”), facevano giustamente notare che qualcosa possiamo e dobbiamo fare: educare i figli al rispetto delle regole, per esempio, e pretendere che la scuola faccia altrettanto. Altri, poi, suggerivano di tenere una webcam sul casco: da quando ce l’hanno, dico-

no, ottengono maggior rispetto dagli altri utenti della strada. Va chiarito che le immagini girate saranno eventualmente utilizzabili soltanto in sede penale (minacce ricevute, per esempio, o gravi lesioni subite per colpa altrui) oppure anche per chiarire la dinamica di un sinistro con l’assicurazione. Niente di più, ma intanto una telecamera che si presume accesa può diventare un buon deterrente per i criminali in circolazione. Giusto, dobbiamo in qualche modo difenderci.

IL MOTOCICLISTA È SCELTO IN RAPPRESENTANZA DI TUTTI GLI UTENTI DEBOLI. E MAGARI È ANCHE QUELLO PER LORO PIÙ A RISCHIO, PERCHÉ IN QUALCHE CASO TENDE AD ESAGERARE TRA LE CURVE DEI PASSI; DOVE PUÒ SEMPRE INCONTRARE I TELEFONISTI AL VOLANTE, I CAMPERISTI DISTRATTI E I CICLISTI IN FORMAZIONE TRE A TRE

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Superbike

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SOFUOGLU: “CI SARÀ UN PILOTA TURCO IN OGNI CAMPIONATO” di Carlo Baldi SOFUOGLU RAPPRESENTA UN SIMBOLO PER I GIOVANI DEL SUO PAESE E NON SOLO PER QUANTO FA IN PISTA. GRAZIE A LUI MOLTI GIOVANI TURCHI DEBUTTANO NEI CAMPIONATI EUROPEI E MONDIALI

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Kenan Sofuoglu è nato nel 1984 ad Adapazari in Turchia. Dopo aver corso nei campionati nazionali, debutta nel mondiale Supersport nel 2003, partecipando come wild card a tre gare del mondiale Supersport. Dopo due stagioni in Stock 1000 (terzo e secondo posto in campionato) nel 2006 torna in Supersport, nel team Ten Kate. E’ terzo, ma l’anno successivo è quello della sua consacrazione e del suo primo titolo mondiale. Nel 2008 compie il grande salto in Superbike sempre con il team Honda, ma i risultati non sono soddisfacenti e la classe regina rappresenterà per lui solo una parentesi. Nel 2009 Kenan torna in SS sempre con Ten Kate ed è ancora terzo, ma è il preludio al suo secondo titolo mondiale, che arriva nel 2010. Nello stesso anno viene chiamato in Moto2 ed è quinto nel GP del Portogallo. Le sue doti non passano inosservate, tanto che viene convinto a restare in Moto2 anche nel 2011, ma così come è avvenuto per la SBK anche questa categoria sarà per lui solo una parentesi e nel 2012 rientra nella sua categoria preferita: la Supersport. Passa alla Kawasaki del team Lorenzini e vince subito il suo terzo titolo mondiale. Nel 2013 è secondo e nel 2014 inizia la collaborazione con il team Puccetti con il qua94

le raccoglie una serie incredibile di vittorie. Con la squadra italiana Kenan si aggiudica il quarto titolo mondiale nel 2015 e lo bissa l’anno successivo. In tutto sono cinque titoli mondiali, in una categoria da sempre molto competitiva e difficile. Prima di lui solo Charpentier era riuscito a vincere due volte il titolo e quindi il record di mondiali conquistati da Sofuoglu, che potrebbe aumentare ancora, resterà nella storia di questo campionato. Questa la sua carriera sportiva, ma Sofuoglu è qualcosa di più di un semplice pilota. E’ un simbolo. Un vero e proprio esempio per tutti i suoi giovani connazionali che lo vedono trionfare sui circuiti di tutto il mondo, sventolando la bandiera turca. Lo apprezzano per le sue doti di pilota ma anche per quelle umane, perché Kenan ha dimostrato di essere un uomo dal carattere forte, che ha saputo reagire alle avversità del destino, grazie alla sua forza interiore ed alla sua profonda fede musulmana. Nel 2002 è morto suo fratello maggiore Bahattin, a sua volta pilota, deceduto a causa di un incidente stradale, mentre nel 2008 un incidente in pista gli ha portato via il fratello minore Sinan. A queste due tragedie bisogna poi aggiungere l’ultima, quella forse più crudele, che riguarda il suo primogenito Hamza che nel 2015, a soli 4 mesi, è morto per un’emor-

ragia cerebrale. Con gli anni Sofuoglu si è reso conto di poter fare qualcosa per il suo Paese e ora aiuta i giovani talenti che emergono in Turchia, a correre nei campionati europei e mondiali. Una sorta di “Sofuoglu Academy” che ha permesso ad esempio un campione in erba come Toprak Razgatlioglu (vincitore della STK600 nel 2015) di potersi affacciare nei campionati delle derivate. L’esempio del “turchino” come lo chiamo per evitare di pronunciare il suo difficilissimo cognome, è stato seguito da Harun Cabuk in Supersport 300 (al momento infortunato) e dai due gemelli Oncu. Di questi due Can si è aggiudicato le ultime due gare della Rookies Cup ad Assen, mentre Deniz ha vinto due delle tre gare dell’Asia Talent Cup. Per ora sono pochi, ma tutti giovanissimi e molto determinati, ad immagine e somi-

glianza del loro mentore ed idolo. Kenan sono molti i giovani piloti turchi che ci stanno affermando nei campionati europei. Ma quanti piloti ci sono in Turchia? Non ci sono molti campionati in Turchia ed i piloti non sono certo numerosi. Io però ne ho selezionati 5 o 6 che a mio parere hanno delle doti, e li sto aiutando a crescere. Stanno andando tutti molto bene e questo è per me non solo motivo di soddisfazione, ma rappresenta anche un grande stimolo a proseguire il mio lavoro. Per anni mi sono allenato da solo mentre ora è bellissimo poterlo fare con tutti questi ragazzi. Mi spingono a fare sempre di più e a dare sempre il massimo, perché loro mi vedono come un fratello maggiore, un modello ed un obiettivo da raggiungere e quindi io non posso deluderli e soprattutto devo prepa95

Superbike

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rarli al meglio alle grandi competizioni internazionali. Vederli correre e vedere che alcuni di loro hanno il mio stesso stile di guida mi rende molto felice. Il mio progetto per il futuro prevede di lanciare giovani piloti in tutte le classi. In pochi anni sono sicuro che avremo piloti turchi in ogni categoria, sia nei mondiali Superbike che in quelli GP. Ma parliamo di te. Un inizio di stagione davvero difficile.. Sì, un inizio di campionato terribile. Ho dovuto rinunciare alle prime tre gare. Le prime due per infortunio (ndr – si ruppe una mano mentre si allenava con la moto da cross). A causa dell’infortunio non solo ho dovuto affrontare ben tre difficili interventi chirurgici alla mano, ma non mi sono mai potuto allenare. Sono comunque rientrato ad Aragon, ma Caricasulo ha commesso un errore, mi ha

centrato e mi ha buttato fuori pista. Da allora ho deciso che avrei dovuto cambiare tattica e cercare di staccare tutti sin dai primi giri, per non rischiare di trovarmi a lottare con piloti che tentano l’impossibile e che possono compromettere la mia stagione, se non addirittura la mia carriera. Ci sono riuscito ed ho vinto tutte le altre gare. Ora sono a 5 punti da Mahias, che comanda la classifica. Quindi potresti conquistare il tuo sesto titolo mondiale in Supersport E’ una cosa possibile, ma al momento non ci penso. Sono maggiormente concentrato sulla vittoria della singola gara. Punto a vincerle tutte e poi vedremo a fine campionato. Come ti spieghi il fatto di aver vinto tanto, ma solo in Supersport?

Perché è la categoria che mi piace di più. Io dico sempre ai giovani “fate quello che vi piace e lo farete bene”. Per me è lo stesso. La Supersport è la mia categoria ed è quella dove corro più volentieri, dove riesco a dare il massimo. Quando ho iniziato a correre in Turchia c’era solo la Supersport ed il mio sogno è sempre stato quello di eccellere in questo campionato. Hai corso anche in Moto2 La Moto2 è una categoria simile alla Supersport, però mentre qui ho sempre avuto dei team eccezionali come Ten Kate e Puccetti, in Moto2 purtroppo non ho trovato una squadra che mi assecondasse al meglio. Parlaci della tua prima scoperta: Toprak Razgatlioglu. Toprak ha iniziato giovanissimo in Turchia 96

nel cross e nelle cilindrate minori. Gli ho fatto fare esperienza e poi l’ho fatto debuttare nella Stock 600 Europea, categoria che ha vinto nel 2015. Allenarmi con lui mi aiuta a migliorarmi, ad essere ancora più forte e motivato. Guardandolo correre e considerando il suo fisico, lui è certamente un pilota da Superbike. Tutti vogliono che lui corra nella classe regina, dalla Kawasaki a Puccetti, alla Federazione Turca. Non so se andrà nel mondiale Superbike già il prossimo anno, ma di certo è destinato a diventare uno dei piloti più forti della categoria. La mia speranza è che possa fare un primo anno con Puccetti su di una moto competitiva, ed in seguito passare ad un team ufficiale. Ma ha solo 21 anni e quindi stiamo a vedere cosa succede. Quest’anno sta facendo un buon campionato e potrebbe anche vincere il titolo della Stock 1000, ma 97

Superbike

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in futuro sono certo che sarà campione del mondo Superbike. E se invece lo chiamassero in MotoGP? La sua strada è stata tracciata in Superbike, ma se un team ufficiale GP ci dovesse chiamare, e Dorna fosse d’accordo, allora potremmo valutare le offerte. Ma a condizione che a richiederlo sia una squadra ufficiale, una delle migliori. Se no non se ne parla. E’ il migliore dei tuoi allievi? Non posso dire che Toprak sia il più bravo, perché anche Cabuk ed i gemelli Oncu hanno molto talento. Al momento lui è l’unico che può competere e lottare con me in allenamento. Io sono un osso duro nei “corpo a corpo” e nelle staccate, ma anche

lui ha molta grinta e sono certo che i nostri allenamenti lo aiutano molto in gara. Per quanto riguarda gli altri sono molto giovani e devono fare esperienza, ma il talento non gli manca, così come la voglia di allenarsi e di vincere. Cosa ci puoi dire del tuo Paese, della Turchia? Il nostro paese continua a progredire. L’economia è migliore di quanto non lo sia quella Europea. Ci sono alti e bassi un po' come in tutto il mondo, ma ad esempio da noi è più facile trovare sponsor, anche perché le aziende sono in crescita. Il governo sta lavorando molto bene, anche per quanto riguarda lo sport ed il motociclismo in particolare. Esiste un progetto per costruire un nuovo autodromo nei pressi della città dove vivo.

Tu sei musulmano. Cosa ne pensi della situazione attuale e dei problemi tra i musulmani e chi professa altre religioni? E’ una situazione che mi rattrista molto. Penso che uno dei miei compiti sia anche quello di dimostrare che non ci sono differenza tra i musulmani e gli altri. In Europa sento spesso dei giudizi negativi sui musulmani, ma io sono la dimostrazione vivente che non siamo assolutamente tutti terroristi o integralisti. Il problema è che non ci conosciamo abbastanza e a volte non ci si capisce. Ma io sono ottimista e penso che il futuro sarà sicuramente migliore. Da parte mia farò il possibile per essere ambasciatore della mia religione nel mondo e per dimostrare che possiamo convivere tutti in pace. 98

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Motocross

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ROCKSTAR HUSQVARNA 2018, CONFERME E ATTESE di Alex Hodgkinson

così organizzata e professionale per altri tre anni mi permetterà sicuramente di portare le mie prestazioni a un livello ancora più alto. Continuerò a fare del mio meglio per conquistare podi e vittorie in questa stagione, per poi fare ancora meglio nel 2018. Il piano è di fare un passo alla volta per migliorare la mia velocità senza perdere concretezza. Se il nostro obiettivo quest’anno era il podio della MX2, nel 2018 penso di poter essere un serio pretendente al titolo».

QUEST'ANNO SONO TRE PILOTI SCHIERATI DAL TEAM. PER LA PROSSIMA STAGIONE, IL FUTURO DI MEWSE RIMANE INCERTO

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La stagione di Miro Sihvonen, il ragazzo finlandese che quest'anno sembrava star dominando la EMX250, va di male in peggio. Una dislocazione alla spalla rimediata senza nemmeno cadere, durante un round degli ADAC Masters prima della Lettonia a maggio, è costata al 18enne il Red Plate e, proprio quando stava tornando a correre a ritmi elevati, una caduta la scorsa settimana lo ha messo fuorigioco per il resto dell'anno. L'incidente è avvenuto quando il pilota di Diga KTM ha partecipato ad un allenamento in Finlandia: dopo un cross-rutted è stato sbalzato dalla moto, frantumandosi il ginocchio destro. È già stato operato, ma dovrà affrontare diversi mesi di riabilitazione. Rockstar Husqvarna, che quest'anno schiera tre piloti in MXGP e MX2, potrebbe scendere a due per classe la prossima stagione. Max Nagl è ancora in attesa di sentire se ci sarà un posto accanto a Gautier Paulin e Max Anstie nel 2018, mentre la squadra di MX2 di Jacky Martens ha 100

confermato Thomas Covington e Thomas Kjer Olsen .... ma non Conrad Mewse. Martens: «Siamo estremamente contenti di continuare a lavorare con questi due giovani talenti. Kjer-Olsen è indubbiamente una delle sorprese di questa stagione, e dopo il titolo EMX non ci ha messo molto a dimostrarsi veloce anche in MX2. E’ stato competitivo fin dal primo GP della stagione, e crediamo che abbia ancora molto da far vedere nel prossimo futuro. Quanto a Thomas Covington, questo è il nostro secondo anno con lui, che ha dimostrato sempre grande professionalità. Migliorandosi gara dopo gara, crediamo che sia in grado di lottare costantemente per la vittoria. E con questi due piloti nel nostro team siamo convinti che nel 2018 lotteremo per il titolo MX2». Il danese, che al momento è terzo nella classifica di MX2, è stato confermato con un contratto che lo lega con Husky fino alla fine del 2020: «Ho lavorato sodo e i risultati di quest’anno lo dimostrano. Restare in una squadra 101

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Enduro Estremo

MOTO.IT ALL'ERZBERG CON KTM E GIÒ SALA: SECONDA PUNTATA CONTINUA LA NOSTRA SFIDA ALLA GARA CHE HA FATTO NASCERE L'ENDURO ESTREMO. RICOGNIZIONE E PROLOGO

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Siamo alla seconda puntata della nostra avventura all'Erzberg! Dopo il percorso d'avvicinamento, in cui Giò ha raccontato la storia della gara e delle sue esperienze, i nostri sono arrivati. Siamo finalmente alla resa dei conti: Aimone e Giò sono arrivati alla cava teatro della gara. Una ricognizione, con l'impagabile esperienza di Sala, e poi via per il primo prologo! 102

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