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INTRODUZIONE ALLA GENESI Con la parola Bereshît, in principio inizia il primo libro della bibbia, infatti, è così che gli ebrei chiamano il rotolo che...

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INTRODUZIONE ALLA GENESI Con la parola Bereshît, in principio inizia il primo libro della bibbia, infatti, è così che gli ebrei chiamano il rotolo che apre il Pentateuco. La frase Principio (della Bibbia) esprime bene il contenuto, infatti, l’opera è il principio di tutta quella catena ininterrotta d’eventi e di parole divine e umane che va sotto il nome di storia della salvezza. Per ogni israelita è l’inizio, l’esordio del dialogo tra Dio e l'uomo che ultimamente troverà nella Parola-Gesù, il Figlio il ri-principio cosmico ultimo e definitivo. L'antichissima tradizione ebraica e cristiana attribuisce il libro della Genesi, così come l'intero Pentateuco, a Mosè, il quale scrisse il primo libro della Bibbia sulla base di antichi documenti scritti, di informazioni tramandategli dai suoi Padri, di elementi ottenuti per rivelazione diretta da parte di Dio; infatti, tale libro si chiude all'incirca 300 anni prima della nascita di Mosè. A differenza della Genesi, nei successivi libri del Pentateuco, Mosè visse in prima persona gli avvenimenti trattati in essi. Il Pentateuco è chiamato anche Libro di Mosè [2 Cronache 25:3,4] o Libro della Legge di Mosè [Giosuè 8:31] o Legge di Mosè [1 Re 2:3; Esdra 7:6; Luca 2:22; 24:44]. In Deuteronomio 31:9,24-26 si può chiaramente intuire come fosse Mosè l'autore di tali scritti: «E Mosè scrisse questa legge e la diede ai sacerdoti figliuoli di Levi che portano l'arca del patto dell'Eterno, e a tutti gli anziani d'Israele…E quando Mosè ebbe finito di scrivere in un libro tutte quante le parole di questa legge, diede quest'ordine ai Leviti che portavano l'arca del patto dell'Eterno: "Prendete questo libro della legge e mettetelo allato all'arca del patto dell'Eterno, ch'è il vostro Dio; e quivi rimanga come testimonio contro di te"». Struttura del libro della Genesi Il libro si compone di due tavole come in un dittico, Nella prima (cc.1-11) l’argomento è centrato su "HA'ADAM" il prototipo dell’uomo. Nella prima tavola il centro di tutta la riflessione è l'umanità I cc.1-11 non sono storia, né ci forniscono una descrizione storica degli avvenimenti narrati, sono molto di più, sono un mezzo per decifrare l’intera vicenda umana. La seconda tavola, (cc.12-50) si snoda da Abramo ad Israele, qui è presente la prima delle diverse dichiarazioni di fede, il primo credo d’Israele I Tavola (cc.1-11) HA'ADAM- L'UOMO Gli undici primi capitoli del libro della Genesi, vogliono essere una narrazione sull’uomo e sulle sue origini. Trattano, ricorrendo al mezzo simbolico, dell’umanità rappresentata nel suo prototipo, l’Adam, l’uomo. Ciò che espone l’agiografo veterotestamentario, vuole rispondere essenzialmente alle domande dell’uomo, gli eterni e sempre presenti interrogativi sull’essere e il divenire, sul mondo e le creature, con le quali l’ uomo sente in maniera inconfondibile di far parte del tutto. Pur tenendo conto della loro non storicità, tuttavia iniziando proprio da qui, l’impostazione biblica favorisce come centrale, al primo piano dell’attenzione la prospettiva storica: di una storia che si vuole accaduta e sempre in atto, degli interventi di un Dio personale e creatore del mondo. Interventi, questi, che seguono un volere e un piano determinato che si svolge, con vicende alterne causa le corrispondenze e non corrispondenze del rapporto dell’uomo con Dio, dalla creazione al punto finale dell’escaton futuro. E’ la Storia della Salvezza, la rivelazione, e questi undici primi capitoli vogliono essere la porta che immette l’uomo e la sua storia nella Storia di Dio. II TAVOLA (cc.12-50) Da Abramo ad Israele Descrive un nucleo familiare nello svolgersi di tre generazioni, è la protostoria di una società umana in cui emergono gli elementi che caratterizzano la collettività. 1

C’è il rapporto genitori-figli (cc.12-25), quello tra fratelli (cc.25-36), e quello più ampio tra il padre un figlio e gli altri fratelli (cc.36-50). Il nucleo è la narrazione della vocazione d’Abramo e la benedizione divina che per suo mezzo passa ai Patriarchi, ad Israele, a noi. Abramo è la radice dal quale si sviluppa l'albero del popolo di Dio, è il tralcio lungo che caratterizza la Storia della Salvezza. Qui si trova, inoltre, il primo esempio di credo storico, il Credo d'Israele Dt 26,5-9; Gs 24, 1ss. Il racconto si dipana lungo le generazioni e per mezzo dell’evocazione e del ricordo s'interpreta la profonda realtà umana. E' l'esperienza storica dell'esodo e dell'esilio, che spinge a riflettere su Dio, che fedele alle promesse fatte interviene liberando da una situazione di morte. E' un Dio che non nega la sua assistenza, è provvidente e misericordioso, nella gratuità il dono dei beni e la liberazione dai mali, conservando l'amore anche quando Israele lo lascia per altri dei. Sono questi interventi di Dio nella storia, con il proprio amore salvifico e la sua potenza di salvatore, vera dimensione soteriologia, che conduce l'uomo-Israele ad ammettere che a questa a forza e non ad altre, bisognerà attribuire la creazione di cielo e terra. Dobbiamo anche considerare la narrazione come una realtà totale a vasi comunicanti. Importanti sono l'aspetto storico, il luogo geografico nel quale vivono e agiscono i personaggi, quindi anche la cultura che vi si sviluppa. E' quest'insieme che permette agli autori biblici di utilizzare le credenze religiose, i miti e le leggende dei popoli vicini, in modo particolare la mitologia egiziana e babilonese. Il materiale usato passa attraverso il "filtro" del pensiero ebraico incentrato nel suo monoteismo demitizzante, senza cadere nel trabocchetto di un facile sincretismo. Infine, Genesi-BeRescit non è un'opera a se stante, da interpretare da sola, al contrario è un'introduzione e parte di un tutto che va dalla Genesi a Giosuè, formando così un unico grandioso racconto. Tutti i capitoli della Genesi sono connessi con gli avvenimenti narrati negli altri libri del Pentateuco e di Giosuè (Esateuco). Il tema fondamentale che accompagna questi libri è: • Dio ha creato il mondo, chiama i Patriarchi e promette loro la terra di Canaan. • Israele scende in Egitto chiamato da Giuseppe, dove cresce come popolo numeroso, poi la persecuzione, la schiavitù, la liberazione. • Dio guida il suo popolo nel deserto e dopo un lungo pellegrinare lo introduce nella terra promessa.

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IL LIBRO DELLA GENESI E LA CULTURA DEL TEMPO Il contenuto narrativo di Gen 1-11 è particolarmente povero e si riduce in sostanza ad episodi su Adamo e Eva, a Caino e Abele, al diluvio e Noè: escludendo gli elenchi genealogici dei cc 5 e 11, da Adamo si passa subito a Caino e ad Abramo! Le genealogie servono proprio a distanziare Adamo da Noè e da Abramo, che altrimenti finirebbero quasi per coesistere. Questa povertà di materiale narrativo è caratterizzata da vari contatti con la letteratura extra-biblica, sia a livello di motivi e temi, che di vera e propria narrazione (come il diluvio), anche se, come vedremo, Gen 1-11 si presenta con indiscussa originalità dottrinale ben coerente in tutto l'insieme. Ecco alcuni contatti da riscontrare tra il testo biblico e la cultura mesopotamica, e in minima parte con quella egizia nei primi capitoli della Genesi. Cosmogonia biblica e cosmogonie dell'antico oriente Il confronto è vantaggioso per due motivi: 1) ci mostra che la cosmogonia biblica s'inserisce nella tradizione orientale per quel che riguarda le concezioni cosmologiche; 2) ci mostra anche che essa trascende di gran lunga dalle cosmogonie orientali sotto l'aspetto dottrinale, frutto di rivelazione divina. a. cosmogonia babilonese Vari sono i miti babilonesi riguardanti la creazione. I più importanti sono: l'Enuma elis e l'Atrahasis. L'Enuma elis, composto probabilmente tra il 1806 e il 1507 a.C., parla di due elementi primordiali increati ed eterni: Apsu, principio maschile (oceano di acqua dolce), e Tiamat, principio femminile (mare di acqua salata). Dalla loro unione nascono otto coppie di dei, i quali infastidiscono a tal punto Apsu che decide di distruggerli. L'intervento di Ea (dio dell'acqua e della sapienza), che uccide Apsu, provoca l'iniziativa di Tiamat che, nonostante l'aiuto di una schiera di mostri, guidati da Quingu, viene sconfitta da Marduk (dio della guerra). Questi divide in due il capo della morta e con metà costruisce il firmamento separando le acque superiori dalle inferiori (nel poema non è detto che cosa Marduk fece con l'altra parte di Tiamat, probabilmente formò la terra separandola dal mare; particolare attenzione è dedicata alla luna, Sin =Sinai?, più che al sole, Samas =Sansone?). Creato il cosmo, Marduk propone di creare l'umanità, destinandola a servire le divinità. Il consiglio è accolto ed è attuato mescolando il sangue dell'ucciso dio Quingu con la terra (Amelu; =Adam?). L'origine del mondo è quindi fondata su una generazione di dei (teogonia) e una lotta fra dei (teomachia), così da giustificare la condizione attuale dell'uomo con il modo con cui è stato creato. Il mito di Atrahasis, invece, spiega la nascita dell'uomo con la necessità di sostituire gli dei nel lavoro. b. Cosmogonia fenicia Non si differenzia sostanzialmente dalla babilonese. Anch'essa pensava che al principio del mondo ci fosse il caos, concepito però come massa fangosa e tenebrosa, generatrice del dio Mot. Questi, dalla forma di un grande uovo fangoso, scindendosi in due, diede origine al cielo e alla terra.

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Baan, la moglie, unendosi con Kolpia, diede alla luce i primi uomini. L'unica opera fenicia che conosciamo è la Phoinikika di Filone di Byblos, conservata da Eusebio di Cesarea. Somiglianze tra cosmogonia biblica e orientale Entrambe ammettono al principio un elemento primordiale acquoso (tehom nella Bibbia, Tamtu e Tiamat negli scritti babilonesi); per entrambe la prima opera è la creazione della luce e la seconda quella del firmamento per separare le acque superiori da quelle inferiori. Anche l'Enuma elis e l'Atrahasis presentano la formazione dell'uomo come l'opera più impegnativa, realizzata solo dopo una consultazione fra gli dei utilizzando un impasto di terra. L'epopea di Gilgames afferma espressamente che l'uomo è creato «ad immagine del dio Anu». Differenze tra cosmogonia biblica e orientale Sono più notevoli delle somiglianze. Innanzitutto nella cosmogonia orientale il caos primordiale non ha avuto origine, tanto che gli stessi dei creatori hanno origine da esso, ed è personificato e sessualmente differenziato. Per i babilonesi anche gli astri sono divinità e gli uomini sono creati per sostituire gli dei nel lavoro. Si ignora l'unità del genere umano. Come si può già percepire le differenze maggiori sono nel modo di concepire la divinità. Gli orientali riconoscono più divinità, non eterne e con un dominio limitato dagli dei primordiali. Quindi, pur con notevoli affinità nel materiale espressivo usato, si può ben affermare che il messaggio e la dottrina sottostante questi racconti è ben diversa. Ciò che è essenziale è vedere come l'autore sacro abbia caricato questi ricordi con un insegnamento eterno sulla giustizia e sulla misericordia di Dio, sulle malizie dell'uomo e sulla salvezza accordata ai giusti. Conclusioni 1. L'agiografo in Gen 1-11 non trascrive una rivelazione divina in senso stretto. Il lavoro di Gen 1-11 per quel che riguarda il materiale narrativo è strettamente collegato al mondo extrabiblico; ciò è molto importante per non cadere nell'errore di considerare questi capitoli una diretta rivelazione biblica del come Dio ha creato il mondo e l'uomo, o di come in realtà si sono svolti i fatti in quel lungo periodo della storia umana a partire dai suoi inizi; «la vera alternativa non è tra evoluzione e creazione, ma tra visione di un mondo in evoluzione dipendente da Dio creatore secondo un suo disegno, e visione di un mondo autosufficiente, capace di crearsi e di trasformarsi da sé per eventi puramente casuali». 2. Non c'è stata trasmissione orale ininterrotta che vada dalla prima coppia ai capostipiti del popolo ebraico e infine all'autore ispirato. A parte il fatto che di alcune cose il primo uomo non ne fu spettatore (la creazione dell'ambiente per accoglierlo!), rimane il lunghissimo stacco temporale tra la sua comparsa e i patriarchi, e, ancor più, la redazione di Gen 1-11. Inoltre, la Bibbia stessa smentisce una tradizione orale del genere in quanto ci fa sapere che lo stesso clan di Abramo era diventato politeista (Gs 24,2.14; Gdt 5,6-9) e che quindi avrebbe perso un elemento ben più importante di questa ipotetica tradizione. 3. Gen 1-11 contiene le verità fondamentali presupposte all'economia della salvezza, insieme alla descrizione popolare del genere umano e del popolo eletto. Nonostante la somiglianza narrativa di alcuni tratti con l'ambiente circostante, Gen 1-11 si presenta con una fisionomia dottrinale del tutto 4

originale rispetto a quell'ambiente: niente politeismo, coppie di dei e dee, antagonismo fra dei. Insegna invece l'esistenza di un Dio unico, animato da giustizia e ancor più da amore verso l'uomo, di un Dio che porta avanti un preciso piano di salvezza per l'umanità tutta (cf Gen 9,1-17: alleanza con Noè capostipite dell'umanità dopo il diluvio; 12,3: vocazione di Abramo, capostipite del popolo eletto); ecc. 4. Il genere letterario. Ne segue che il genere letterario di Gen 1-11 non è quello strettamente storico, ma quello teologico e sapienziale, pur riferendo fatti realmente accaduti, quali la creazione, la caduta, l'attenzione di Dio per l'uomo peccatore.

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