Motori a combustione interna

Il motore a combustione interna (m.c.i.) ha origine intorno al 1850 con il prototipo di Barsanti e. Matteucci, vede la definizione del ciclo Beau de R...

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APPUNTI del CORSO di MACCHINE I

Motori a combustione interna

A cura del dott. ing. Daniele Scatolini dalle lezioni del prof. Cinzio Arrighetti

Introduzione Il motore a combustione interna (m.c.i.) ha origine intorno al 1850 con il prototipo di Barsanti e Matteucci, vede la definizione del ciclo Beau de Rochas nel 1867 e del ciclo Diesel nel 1893. Il m.c.i. è una macchina volumetrica alternativa, cioè una macchina che durante il suo funzionamento ciclico elabora una determinata quantità di volume di fluido che è successivamente espulso nell’ambiente e rimpiazzato con una nuova carica. Il fluido di lavoro si espande e si comprime, e subisce una combustione al suo interno: questo costituisce un primo vantaggio del m.c.i. rispetto ad altri sistemi di produzione di energia, nei quali sono presenti due sorgenti termiche esterne che scambiano calore con il fluido; nel m.c.i. l’energia necessaria per la produzione di lavoro si sviluppa all’interno del fluido tramite la combustione; il calore Q2 restituito all’ambiente viene scaricato nell’ambiente. Il vantaggio più evidente rispetto, ad esempio, ad una macchina a vapore è quindi l’eliminazione della caldaia, ovvero la compattezza. Uno svantaggio risulta invece nel fatto che, proprio perché la combustione risulta interna al cilindro, il combustibile impiegato deve essere pregiato onde evitare il veloce deterioramento delle parti meccaniche. Le potenze sono al di sotto dei 50 MW, sotto il MW per applicazioni dedicate alla trazione.

Classificazioni Esistono diversi criteri di classificazione dei m.c.i. Una prima classificazione riguarda il tipo d’accensione: • •

Motori ad accensione comandata (a.c., motori volg. “a scoppio”, a benzina, con le candele) Motori ad accensione spontanea (a.s., motori Diesel, a gasolio, senza candele1)

Nei motori ad accensione comandata è introdotta una miscela già dosata d’aria e combustibile (benzina, gpl, metano, alcool, in futuro idrogeno, ecc); un sistema d’accensione (con una o più candele) innesca la combustione, la quale si propaga con un fronte di fiamma a velocità nell’ordine dei 15 m/s. Per una buon’efficienza del motore è opportuno che aria e benzina siano miscelate in rapporto stechiometrico. Nei motori ad accensione spontanea s’immette il combustibile (gasolio) attraverso un iniettore (o più) nella camera di combustione, contenente aria pura a determinate condizioni di pressione e temperatura, tali da innescare spontaneamente la combustione. Esistono anche motori ibridi che possono funzionare sia a benzina sia a gasolio (ad es. per impieghi militari).

1

Nei motori ad a.c. le candele producono una scintilla tra due elettrodi che dà il via al processo di combustione; in taluni motori Diesel (soprattutto di vecchia generazione od operanti in condizioni ambientali rigide) sono presenti le cosiddette candelette, in sostanza delle resistenze elettriche che hanno lo scopo di riscaldare –a motore freddo- la camera di combustione al primo avviamento. Si pensi che nello storico diesel a testa calda si disponeva un fuoco di legna sotto la testata all’avviamento!

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2

Una diversa classificazione riguarda il periodo del ciclo: • •

Motori a quattro tempi (4T) Motori a due tempi (2T)

Nei motori 4T il ciclo di funzionamento (notoriamente: aspirazione, compressione, combustioneespansione, scarico) avviene ogni due giri di manovella: in un quarto del ciclo (fase d’espansione) si ha produzione di lavoro, mentre per tre quarti del ciclo il motore funziona da pompa assorbendo lavoro passivo. Nei motori 2T il ciclo di funzionamento avviene in un solo giro di manovella, consentendo in sede limite la produzione di una potenza doppia rispetto ad un analogo motore 4T di pari cilindrata e livello tecnologico. In sede reale le peculiarità costruttive del 2T limitano però ampiamente questo vantaggio sul 4T1, come vedremo successivamente nello studio del motore a due tempi. Un’ulteriore classificazione riguarda l’alimentazione: • •

Motori aspirati Motori sovralimentati

Nei motori aspirati l’aria è prelevata dall’ambiente a pressione atmosferica, perciò in sede limite la massa d’aria aspirata nel cilindro sarà quella competente al volume del cilindro a p=1 atm: ma = ρ 0 ⋅ V ,

ρ0 densità dell’aria a pressione atmosferica

In sede reale, a causa delle perdite fluidodinamiche nei condotti, la massa d’aria effettivamente aspirata sarà una frazione di quella limite (vedi sopra), ed in particolare m a = λv ⋅ ρ 0 ⋅ V

, λv coefficiente di riempimento (a.c. asp.: valore pari a 0.9 in condizioni di potenza max)

Nei motori sovralimentati l’alimentazione avviene ad una pressione p = k patm (tip. k = 1.8), l’aria è aspirata e cioè compressa in modo da aumentare il coefficiente di riempimento a valori superiori all’unità. Ciò comporta benefici sia a livello di potenza specifica che in termini di rendimento termodinamico2.

1

Il tipico motore 2T per applicazioni motociclistiche e di piccola potenza , ha il problema del lavaggio imperfetto, che, di fatto, riduce l’effettiva quota di miscela disponibile per la combustione rispetto a quella idealmente pari alla cilindrata. Una soluzione industrializzata di recente utilizza l’iniezione diretta nel 2T per motocicli. Ben diverso è invece l’utilizzo del 2T diesel, utilizzato nei grandi motori lenti navali con elevato rendimento. 2 Ciò è vero in particolare nei diesel, ma nei motori a benzina, per evitare la detonazione, si è costretti ad abbassare il rapporto di compressione. A fronte di una maggiore potenza specifica si ha in genere un rendimento inferiore rispetto al motore aspirato di pari potenza e quindi un consumo specifico più elevato. Recentemente questo difetto è stato corretto attraverso l’adozione dell’iniezione diretta di benzina.

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Campi d’applicazione e peculiarità I m.c.i. hanno un vastissimo campo d’applicazione in virtù dell’estrema modularità dell’architettura costruttiva: possibilità di moltiplicare la potenza aumentando il numero di cilindri, adattabilità ai vincoli geometrici esterni, basso rapporto peso/potenza, etc. Gli impieghi tipici sono dunque la trazione stradale leggera (auto-motoveicoli), trazione ferroviaria, trazione stradale pesante (trasporto merci su gomma), produzione stazionaria di potenza (ad es. gruppi elettrogeni da 1 KW a 20 MW), propulsione navale, propulsione aeronautica. Le caratteristiche che ne determinano il grande successo sono in generale: • Compattezza. Il motore contiene al suo interno tutti gli organi necessari per il suo funzionamento, inoltre non ha bisogno della caldaia o del generatore di vapore. •

Semplicità nella regolazione. Infatti in un m.c.i. si può agire sia sulla coppia motrice (momento motore Mm) che sul numero di giri. Ad esempio nella figura a lato le due curve di coppia motrice di un’auto Mm1 e Mm2 sono relative a due diverse posizioni dell’acceleratore; immaginando di mantenere il rapporto di trasmissione costante (ad es. viaggiando in quinta marcia) si può variare la velocità dell’auto trovando due distinte posizioni d’equilibrio sulla curva del momento resistente2 (che può essere quello tipico della resistenza aerodinamica), n1 e n2, semplicemente pigiando sull’acceleratore.



Adattabilità alle varie applicazioni. Il m.c.i. si presta ad avere le architetture più varie, con le disposizioni dei cilindri a V, in linea, a stella.

2

Riportando il confronto all’albero motore la resistenza aerodinamica -forza che si oppone al moto del veicolo- può essere ridotta ad un momento resistente agente sull’albero, noto il rapporto di trasmissione albero/ruote (vedi [6], pag. 167).

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Organi fondamentali dei m.c.i. Il motore a combustione interna si compone di un cilindro all’interno del quale scorre un pistone in moto alterno. Il movimento alternativo del pistone fa variare opportunamente il volume della camera di combustione.

Tramite un giunto (spinotto) il pistone è collegato al complesso biella-manovella-albero, il noto manovellismo ordinario centrato.

Il problema principale di questo cinematismo è dato dalla presenza di forze d’inerzia dovute al moto alterno dello stantuffo, del moto rotante della manovella e del moto misto della biella, che rendono il sistema non equilibrato.

Il sistema di distribuzione permette nei motori 4T la regolazione delle fasi di lavoro attraverso delle valvole, la cui apertura e chiusura è regolata da camme con leggi ben precise; nel motore 2T la distribuzione avviene generalmente senza la necessità d’apparati di distribuzione mobili.

Gli schemi riportati a lato mettono a confronto il sistema ad “aste e bilancieri” rispetto al sistema ad “albero in testa”: l’asta risulta lunga almeno quanto la canna dei cilindri, dato che l’albero a camme si trova in prossimità dell’albero motore, e le valvole sopra la testata. Tale configurazione non è adatta per alti regimi di rotazione. Per contro un albero in testa richiede un rimando cinematico, in genere a cinghia o catena, dal piano dell’albero motore a quello della testata. La rottura di questi flessibili provoca la rottura di pistoni e valvole.

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Sistema d’alimentazione del combustibile. Nei motori ad accensione comandata il combustibile può essere iniettato: • A monte della camera di combustione. Carburatore: la miscela aria-benzina si forma nel carburatore dove una strozzatura, in corrispondenza della quale si determina un’opportuna depressione, determina l’iniezione del carburante da un apposito foro calibrato nella vena fluida dell’aria. Le fasi d’iniezione dipendono esclusivamente dalla ciclica depressione generata dall’apertura delle valvole d’aspirazione. La strozzatura introduce una perdita di carico nel condotto d’aspirazione. La taratura del carburatore è fissa (la portata del carburante è dosata da getti calibrati), ciò determina condizioni di funzionamento ottimali solo per determinati carichi, regimi, temperature e quote altimetriche d’utilizzo, al di fuori delle quali il rendimento diminuisce e le emissioni inquinanti aumentano.

Sezione di carburatore

Iniezione indiretta: il carburante s’inietta ad istanti definiti da una centralina elettronica (o da un sistema meccanico) nella vena d’aria a monte della camera di combustione. In questo modo la sezione utile del condotto d’aspirazione non viene ridotta, è possibile variare continuamente il rapporto stechiometrico aria/carburante1 ed è possibile ottenere una migliore polverizzazione del getto di carburante rispetto ad un carburatore. Analogamente al carburatore, la corretta turbolenza della miscela nella camera di combustione dipende esclusivamente dal disegno del condotto, delle valvole, della testa e dello stantuffo.



Nella camera di combustione. Iniezione diretta: in questo caso il carburante è

direttamente iniettato nella camera di combustione all’istante prestabilito, in maniera totalmente svincolata dall’ammissione dell’aria. In questo modo, oltre ai vantaggi dell’iniezione indiretta, è possibile anche determinare condizioni di turbolenza nella camera di combustione particolarmente favorevoli, con conseguenti benefici in termini di rendimento termodinamico e riduzione delle emissioni inquinanti. 2

1

Questa prerogativa è indispensabile quando sia necessario un convertitore catalitico allo scarico, che opera in modo efficiente solo per miscele stechiometriche. Già per rientrare nei limiti EURO1 il catalizzatore è in pratica necessario su tutti i veicoli in produzione. 2 L’iniezione elettronica ha introdotto però un fattore d’inaffidabilità nel complesso del veicolo, in particolare dovuto alla completa dipendenza dall’alimentazione elettrica. E’ impossibile avviare, anche a spinta, un veicolo ad i.e. con la batteria scarica; è possibile che lo stesso veicolo vada in panne, nonostante già avviato, se si fonde il fusibile dell’alternatore, per progressiva scarica della batteria.

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I motori ad accensione spontanea sono sempre ad iniezione, che può essere indiretta (a precamera) o diretta. L’iniezione indiretta, che fino agli anni ’90 era dominante nella trazione leggera (automobili), presenta una maggiore regolarità di funzionamento e potenza specifica rispetto a quella diretta, ma per contro ha un minor rendimento. Per questo l’iniezione diretta è rimasta a lungo prerogativa esclusiva della trazione pesante.

Circuito di refrigerazione

Il rendimento globale per un m.c.i. varia tra 0.25 e 0.45, rispettivamente per un motore a benzina tradizionale ed un grande motore diesel. Questo significa che la grossa quota parte dell’energia termica del combustibile, mediamente il 70%, viene disperso nell’ambiente per vie diverse, com’è illustrato nello schema seguente:

Il raffreddamento può essere a liquido, circolante in canaletti ricavati nelle pareti di cilindro e testata e raffreddato in uno scambiatore di calore (il ben noto radiatore), oppure ad aria, che lambisce un’alettatura opportunamente dimensionata all’esterno del motore.

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Circuito di lubrificazione. Tale sistema garantisce il buon funzionamento delle parti, soprattutto dello spinotto (giunto pistonebiella) che raggiunge temperature elevate, trovandosi in prossimità della camera di combustione, ed è sottoposto ciclicamente all’inversione del moto, ciò che tende ad eliminare il velo di lubrificante1; esiste un apposito condotto per la lubrificazione dello spinotto, ricavato nella biella, che riceve olio da un analogo condotto che viaggia nel pieno dell’albero a gomiti. Sistema d’avviamento. Oltre agli storici metodi d’avviamento a manovella (automobili inizio novecento) ed inerziale2 (nel motore a testa calda si faceva “rimbalzare” il volano in un senso e nell’altro finché si riusciva a vincere la compressione), l’avviamento è generalmente attuato da un motore elettrico che di solito ingrana su una corona ricavata sul volano. In alcuni grandi motori navali si utilizza aria compressa immessa nei cilindri da opportune valvole. Volano. I motori a combustione interna alternativi sono caratterizzati da una fortissima irregolarità periodica a causa dell’andamento della pressione nel cilindro, che nei 4T cambia di segno due volte per ciclo. Il volano è dunque necessario per ridurre l’irregolarità periodica.

1

Il giunto spinotto-pistone è una coppia rotoidale lubrificata; come noto lo spessore minimo del meato è proporzionale alla velocità relativa dei membri (vedi [6], cap. V). Ad ogni giro dell’albero esistono due istanti in cui tale velocità si annulla (quando il c.i.r. della biella va all’infinito), purtroppo in corrispondenza di fasi ancora attive dell’espansione e della compressione. 2 E’ tuttora diffuso l’avviamento a strappo in attrezzi da giardinaggio, agricoli e piccoli gruppi elettrogeni. In via d’estinzione il kick-starter nelle moto, eccetto quelle da cross due tempi.

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Funzionamento del motore 4T Caratteri geometrici Quando il pistone si trova al p.m.s. si determina il volume V2 che non è interessato dalla sua corsa: V2 , volume della camera di compressione Quando il pistone si trova al p.m.i. il volume individuato sarà: V1 = V2 + Vc , volume totale Vc è la cilindrata ed è il volume spazzato dal pistone nella sua corsa dal p.m.i. al p.m.s. : Vc = V1 − V2 = con

π ⋅ D2 4

⋅ C , cilindrata

C : corsa dello stantuffo (distanza tra p.m.s. e p.m.i., pari al diametro di manovella) D : alesaggio (diametro del cilindro)

Si definisce il rapporto volumetrico di compressione:

r=

V1 V2

con valori tipici

7÷12 nei motori ad accensione comandata 12÷23 nei motori ad accensione spontanea

All’aumentare del rapporto volumetrico di compressione aumenta la pressione di fine fase compressione, e quindi anche la temperatura della carica di gas all’istante della scintilla (motori a.c.) o dell’iniezione (motori a.s.). Il parametro r è determinante ai fini del rendimento termodinamico, sia nei motori a.c. sia negli a.s. In particolare nei motori a.c. non può raggiungere valori troppo elevati perché insorge il fenomeno della detonazione, mentre nei motori a.s. viene spinto fino a valori compatibili con la resistenza strutturale dei componenti (in particolare testata, biella e pistone). Caratteri cinematici e dinamici um = 2·C·n/60 , velocità media dello stantuffo, con valori compresi tra 5 m/s e 20 m/s secondo la destinazione d’uso del motore. pme , pressione media effettiva, è la pressione media in un ciclo “equivalente” agente sullo stantuffo, tenendo conto delle perdite meccaniche nella catena cinematica, considerata positiva se produce lavoro utile. Al variare di questi due parametri si possono ottenere motori d’eguale potenza specifica ma di diversa destinazione d’uso. Psp , potenza specifica, è la potenza sviluppata dal motore per unità di cilindrata Appunti di Macchine I - M.C.I.

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-Motori con elevate velocità medie dello stantuffo, o motori veloci, sono in grado di fornire elevate potenze specifiche ma lavorando a regimi di rotazione elevati non sono adatti a servizio continuativo ed affidabile. Sono dunque i motori adatti alla trazione automobilistica leggera. -Motori con elevate pressioni medie effettive, in genere due tempi diesel sovralimentati, forniscono elevatissime potenze, ma per le tipiche caratteristiche costruttive sono eccessivamente pesanti ed ingombranti per esigenze di piccola utenza, nonché lavorano a bassissimi regimi di rotazione praticamente costanti. Sono dunque i motori ideali per la trazione navale, ferroviaria e per la produzione d’energia. Tra queste due categorie estreme esiste un vasto panorama di motori dalle caratteristiche intermedie, la cui configurazione corrisponde all’ottimo richiesto dalla loro particolare destinazione d’uso. Per toccare con mano il significato fisico dei due parametri velocità media e pressione media effettiva, si può osservare come siano due fattori a prodotto in un’espressione semplificata della potenza di un m.c.i.: P = Fm ⋅ v m = ( p me ⋅ S ) ⋅ (u m ) = p me ⋅ u m ⋅ S , con Fm “forza media in un ciclo” e vm “velocità media in un ciclo”, S superficie dello stantuffo. Si capisce dunque che per aumentare la potenza di un motore si possono scegliere due diverse strade: l’incremento della pressione media effettiva o della velocità media dello stantuffo. Si ricordano infine altri due parametri, i fattori di forma k1 e k2, definiti come k1 = ζ =

k2 =

C , allungamento, identifica le proporzioni della camera di combustione D

S

, è un parametro che mette in relazione la superficie di scambio termico delle pareti della 2 V 3 camera di combustione ed il volume della miscela che raccoglie o cede tale calore; gli esponenti sono calcolati con le regole dall’analisi dimensionale. Questi fattori di forma sono utilizzati in sede di progetto per identificare motori simili.

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Fasi del motore 4T

In figura sono indicate le ben note fasi di un motore quattro tempi ad accensione comandata.

Fase (a) aspirazione: la valvola d’aspirazione è aperta, quella di scarico chiusa; il pistone scende creando una depressione che aspira la carica. L’albero ha compiuto mezzo giro. Fase (b) compressione: lo stantuffo risale dal p.m.i. al p.m.s.; le valvole sono entrambe chiuse, quindi la miscela d’aria e combustibile è compressa in V2. L’albero ha compiuto un giro. Fase (c) combustione, espansione: le due valvole restano chiuse; la miscela compressa s’infiamma per effetto della scintilla che scocca con un certo anticipo, prima che il pistone raggiunga il p.m.s. Tale combustione provoca un repentino e notevole aumento di pressione, che preme il pistone verso il p.m.i. compiendo lavoro utile a spese del potere calorifico del combustibile. L’albero ha compiuto un giro e mezzo. Fase (d) scarico: poco prima che lo stantuffo abbia raggiunto il p.m.i. si apre la valvola di scarico. I gas che nel cilindro si trovano a pressione maggiore di quell’esterna (Patm) si scaricano rapidamente (scarico spontaneo), lasciando tuttavia gas residui a P ≈ Patm .

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Nella corsa del pistone dal p.m.i. al p.m.s. i fumi vengono espulsi dal cilindro (scarico forzato) e ci si ritrova dunque nelle condizioni di incamerare nuova carica. L’albero a questo punto ha compiuto due giri completi. Nel motore 4T il ciclo di funzionamento corrisponde ad una rotazione dell’albero pari a 720°. L’andamento della forza agente sullo stantuffo (o pressione, a meno di un fattore di scala1) è mostrato in figura:

aspirazione

compressione

espansione

scarico

Nel piano P-V (volume in [m3], non è il volume specifico!) l’andamento della pressione, nell’ipotesi limite d’apertura/chiusura istantanea delle valvole ed assenza di perdite di carico nei condotti, è riportato in figura:

Le fasi d’aspirazione e scarico forzato sono rettilinee poiché si suppone che apertura e chiusura delle valvole siano istantanee. E’ dunque assente la laminazione della vena fluida. 0-1 aspirazione; 1-2 compressione; nel punto 2 scocca la scintilla che accende la miscela, poi il fronte di fiamma si propaga alla velocità di 10÷20 m/s: giacché la combustione non è istantanea, in parte ha luogo anche quando il pistone sta scendendo verso il p.m.i. Questo ritardo della combustione provoca lo spostamento del punto 3 dalla verticale per 2. Nel caso di motore diesel l’aspirazione e la compressione riguardano solo aria; prima di raggiungere il punto 2 inizia l’iniezione del gasolio che, trovando l’aria fortemente riscaldata dalla compressione, si accende e brucia man mano che viene iniettato.

1

E cioè la superficie della sezione del cilindro normale al proprio asse: F = P • S

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Funzionamento del motore 2T (a.c.) Il ciclo di funzionamento del motore 2T avviene in un solo ciclo di lavoro, cioè a parità d’altre condizioni la potenza teorica è doppia, così come doppia è dunque la potenza specifica teorica. Un altro vantaggio rispetto al 4T è la mancanza di valvole e di tutti i cinematismi atti a comandarle: le valvole sono sostituite da semplici feritoie (luci di scarico e di lavaggio). Queste caratteristiche rendono il motore 2T semplice dal punto di vista costruttivo. Fasi del motore 2T Nella fase (a) viene compressa una miscela composta in parte da gas combusti e non completamente evacuati ed in parte da carica fresca. Nella fase (c) scocca la scintilla della candela; contemporaneamente si riempie il carter-pompa di carica fresca. Si noti come nella fase (e) la carica fresca che s’immette nel cilindro contribuisca ad espellere i gas combusti (lavaggio)1; in realtà avviene sia una miscelazione tra queste due componenti, sia un passaggio diretto (short circuit) della miscela fresca nello scarico. Si distinguono le tre luci: di scarico (in alto a sx), d’aspirazione (in basso a sx) e d’ammissione (a dx).

1

Una prerogativa interessante del 2T è la possibilità di sfruttare le onde di depressione e contropressione allo scarico, conformando la geometria della marmitta affinché sia sincronizzata la depressione allo scarico con la fase iniziale di lavaggio (allo scopo di risucchiare i gas combusti nello scarico), e la contropressione con la fase terminale di lavaggio (per inibire la fuoriuscita di gas freschi nello scarico). Si tratta della cosiddetta marmitta ad espansione, presente su tutti i ciclomotori e motocicli due tempi e sulle moto da gran premio delle classi 125 e 250.

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Il frazionamento dei m.c.i. I motori monocilindrici sono utilizzati solo in casi particolari, ovvero: • Quando la cilindrata è modesta. Ad esempio in moto e scooter, mezzi agricoli e da giardinaggio, pompe irrigue ecc. • Quali motori normalizzati di prova, ad esempio il CFR con il quale si certifica il livello qualitativo dei combustibili, o per il test dei lubrificanti. • Quali prototipi dei grandi motori navali diesel, realizzati con un unico cilindro per ragioni d’economia sperimentale. La prassi comunque è quella di realizzare motori pluricilindrici, operando dunque il frazionamento della cilindrata. Questo perché, a parità di cilindrata totale rispetto ad un monocilindrico, il pluricilindrico può lavorare a regime di rotazione più alto, quindi può erogare maggiore potenza. Vediamo perché: P = C ⋅ ω [w]

potenza,

Od anche P = C ⋅

con C [N·m]

2 ⋅π ⋅ n , 60

n

[s-1]

coppia,

[rad/s] velocità angolare

giri/min (vedi nota a pag. 4).

Il volume del singolo cilindro vale Vc =

π ⋅ D2 4

⋅C ,

D

Il volume di un motore con z cilindri vale Vt = z ⋅ Vc = z ⋅

alesaggio, C

π ⋅ D2 4

corsa

⋅C

C allungamento, ed effettuando il confronto tra un D monocilindrico ed un pluricilindrico a parità di cilindrata e d’allungamento1 si ha:

Introducendo il parametro

Vt = z ⋅

π ⋅ D2 4

⋅C = z ⋅

π C3 ⋅ 4 ζ

ζ =

Cz = 3

4 ⋅ Vt ⋅ ζ 2 ; z =1 π ⋅z

C1 = 3

4 ⋅ Vt ⋅ ζ 2

π

C1 corsa del motore monocilindrico di cilindrata Vt, in generale C z =

C1 3

z

corsa del pluricilindrico di pari cilindrata Vt.

Si capisce dunque che a parità di cilindrata e di rapporto C/D il motore pluricilindrico presenta un corsa ridotta rispetto al monocilindrico tanto più quanto aumenta il numero di cilindri. Le forze d’inerzia (rotanti ed alterne) si possono scrivere qualitativamente: 1

In generale i singoli cilindri dei motori presentano valori di non troppo dissimili tra loro. Tale parametro infatti identifica il rapporto tra corsa e alesaggio, ossia le proporzioni geometriche della camera di combustione, che per ragioni fluidodinamiche e di combustione trovano la misura ottimale per un range ristretto dei valori di . Ad esempio in cilindri troppo allungati sarebbe difficile l’evolversi della combustione nella fase di espansione, in cilindri troppo larghi e corti l’innesco della combustione dalla candela non raggiungerebbe facilmente la periferia del cilindro e sarebbe anche ridotta la turbolenza della carica fresca nella camera di compressione.

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Fin = m · a ,

con m massa dello stantuffo, che si può ritenere proporzionale

alla cilindrata unitaria, m = k1· Vu e a = k ' ⋅ω 2 ⋅ r = k ' ⋅ω 2 ⋅

C = k2 ⋅ n 2 ⋅ C 1 2

e quindi in definitiva Fin = k · Vu · n2 · C. Confrontando il monocilindrico di cilindrata unitaria Vu1=Vt e corsa C1 con il pluricilindrico di C cilindrata unitaria VuZ = Vt/z e corsa C z = 3 1 si ha: z

Fin1 = k ⋅ Vt ⋅ k 3 ⋅ C1 ⋅ n1 n quindi Z n1

2

e

FinZ =

k ⋅ Vt ⋅ k 3 ⋅ C1 ⋅ n Z z⋅3 z

2

= z⋅ z 3

cioè, in definitiva,

2

2 3

n Z = n1 ⋅ z .

Ciò dimostra che, a parità di cilindrata, di proporzioni C/D e sollecitazioni meccaniche (Fin), il motore pluricilindrico può raggiungere regimi di rotazione più elevati dell’equivalente monocilindrico, e ciò, come vedremo andando ad esprimere la potenza dei m.c.i., comporta un proporzionale aumento di potenza.

Altri vantaggi del frazionamento L’aumento del numero di cilindri ha come primo beneficio la riduzione dell’irregolarità periodica, in quanto la coppia motrice ha un andamento più regolare, come mostrato confrontando un monocilindro con motori a 4, 6 ed 8 cilindri.

Espressioni della potenza nei m.c.i.

1

Vedi [6] pag. 113, f. (VI.19).

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Si noti che la coppia assume anche valori negativi nel monocilindrico, passa per lo zero nel quadricilindrico e per z>4 assume sempre valori positivi. Un altro vantaggio del frazionamento è la facilità d’equilibratura delle masse alterne e rotanti. Lo svantaggio del motore pluricilindrico risiede, ovviamente, nel costo maggiore.

Disposizione dei cilindri La disposizione dei cilindri, lo sfasamento tra le manovelle e l’ordine d’accensione sono tra loro dipendenti, e portano in genere a definire configurazioni ottimali rispetto ad altre. • Regolarità della coppia motrice.

Se un motore con z cilindri avesse le manovelle calettate tutte in fase, e l’ordine d’accensione fosse uguale per tutti i cilindri, la curva di coppia sarebbe identica a quella di un monocilindrico, cioè si annullerebbe il vantaggio tipico del frazionamento. Tale configurazione è peraltro incompatibile con gli altri due vincoli.

La regola generale che si segue per definire l’angolo di calettamento è:

ε α = 360° ⋅ , z

con = 1 per motori 2T e

= 2 per i 4T,

Ad es. per un bicilindrico 4T risulta α = 360° . In questo modo si ottiene uno scoppio ogni giro d’albero, se viene sfalsato anche l’ordine d’accensione. In fig. (a). Nel caso (b) di figura, α = 180°, per ognuno dei due ordini d’accensione possibili si avrebbero comunque due scoppi in un solo giro, ed un giro passivo.

Per un quadricilindrico 4T risulta α = 180° e per un 6 cilindri 4T α = 120°. Già per il quadricilindrico sono possibili due sequenze d’accensione ottimali, ma ulteriori condizioni (vedi [1], p. 126) determinano la migliore.



Equilibratura di masse alterne e rotanti

Nella prima figura relativa al caso di due cilindri è chiaro come per la configurazione (a) vi siano da equilibrare le forze d’inerzia alternate degli stantuffi; nella configurazione (b) le forze alterne si annullano a vicenda, ma nasce un momento di forze d’inerzia. Più complesso è il discorso relativo alle bielle (v. [1], p. 142).

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Architettura dei cilindri

Come già detto i motori a combustione interna presentano la prerogativa di essere progettati secondo numerose architetture. Per ognuna di esse, la cui scelta in partenza può dipendere ad esempio dagli ingombri limite per la sagoma esterna del motore, si determinano una serie di condizioni per rispettare i punti precedenti. In figura viene mostrata un’interessante panoramica d’architetture usate attualmente1 ed in passato.

Da “Motori Endotermici”, Dante Giacosa, ed. Hoepli.

1

Lo studente potrà senz’altro riconoscere le configurazioni più note: boxer, wankel, in linea, a V, stellare, ecc.

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I cicli termodinamici Ricordiamo: -sede ideale: macchina perfetta, fluido ideale o perfetto -sede limite: macchina perfetta, fluido reale (a meno della viscosità) -sede reale: macchina reale, fluido reale -gas perfetto: energia ed entalpia dipendono solo dalla temperatura, non dalla pressione: u = f (T )

h = f (T )

-gas ideale: la dipendenza di u e h da T è lineare (cp e cv costanti): u = cv ⋅ T h = cp ⋅T

Ciclo ideale di Beau de Rochas

(cessione di calore a volume costante)

E’ il ciclo di riferimento dei motori ad accensione comandata.

0-1 1-2 2-3 3-4 4-1 1-0

: aspirazione : compressione adiabatica : combustione isocora (T3 2500 K) : espansione adiabatica : scarico spontaneo : scarico forzato a pressione costante

La combustione si suppone isocora per le ipotesi di macchina perfetta: un numero infinito di punti di innesco della combustione, per cui non si ha che fare con la propagazione del fronte di fiamma. La miscela brucia istantaneamente elevando pressione e temperatura in corrispondenza del p.m.s. La T Lo scarico forzato si considera a pressione costante perché nella macchina perfetta l’apertura e la chiusura delle valvole sono istantanee, è quindi assente la laminazione della vena fluida (perdite di carico nulle). Da notare che nei motori ad a.c. l’iniezione della miscela aria+combustibile avviene al punto 0, quindi la compressione interessa anche il combustibile.

Appunti di Macchine I - M.C.I.

18

Ciclo ideale di Sabathè

(cessione di calore a volume/pressione costante)

E’ il ciclo di riferimento dei motori ad accensione spontanea.

Si nota innanzitutto l’effetto di un rapporto di compressione ben maggiore rispetto al ciclo B. d. R. : la pressione di fine compressione è a valori convenientemente alti (punto 2) per innescare la combustione. In questo caso la compressione riguarda esclusivamente aria pura. La combustione si svolge ora in due fasi, una prima a volume costante (2-3’) ed una seconda isobara (3’-3). L’ipotesi di combustione istantanea infatti non è accettabile neanche in sede limite, a causa della presenza del fluido reale: il combustibile viene introdotto nel cilindro dove esistono valori di P e T sufficienti a provocare l’autoaccensione, ma tra l’istante relativo all’iniezione e quello di accensione esiste un certo ritardo ( 3÷4 ms, ritardo all’accensione). Precisamente, al punto 2 l’iniettore inizia ad introdurre il combustibile (no anticipo: sede ideale), ma è solo dopo il tempo che le prime particelle iniziano a bruciare, innalzando P e T . A causa di quest’incremento di temperatura le successive particelle di combustibile bruciano prima di aver completato il loro periodo di incubazione e si accendono tutte insieme, per cui si ha la fase isocora 2-3’; nel frattempo l’iniettore continua ad inviare combustibile che brucia istantaneamente, mentre il pistone inizia la sua fase di espansione. Si ha dunque un equilibrio tra l’aumento di pressione e l’espansione, il che può essere rappresentato con una fase appunto isobara. Una conseguenza del fatto che l’espansione abbia luogo mentre la combustione è in corso consiste nella riduzione del lavoro utile.

Appunti di Macchine I - M.C.I.

19

Eccesso d’aria Nei motori ad accensione comandata la combustione avviene in seguito alla propagazione del fronte di fiamma; non è possibile dunque realizzare un eccesso d’aria nel rapporto aria/combustibile, poiché le gocce di combustibile si troverebbero troppo distanziate, non garantendo la regolare propagazione del fronte di fiamma. Il rapporto aria/combustibile nei motori a.c. si mantiene dunque pari a quello stechiometrico st, per cui la quantità di calore per unità di massa ceduta alla miscela in un ciclo termodinamico sarà Hi 1 Q1 = ; peraltro è necessario adottare con precisione un rapporto stechiometrico per evitare 1 + α st emissioni inquinanti. α − α st Il parametro eccesso d’aria, definito come e = in un motore a.c. è dunque nullo; per

α st

queste ragioni, la temperatura T3 raggiunta nel ciclo B.d.R. è relativamente alta (2500 K). Nei motori ad accensione spontanea non è necessario garantire la propagazione del fronte di fiamma, l’eccesso d’aria può raggiungere anche valori del 100% ( e = 1 ) nei motori navali o del 30% ( e = 0.3 ) nei motori stradali. In questo caso alti eccessi d’aria fanno aumentare il rendimento di combustione dato che permettono la completa accensione di tutto il combustibile iniettato, ed evitano forti sollecitazioni che limiterebbero la vita del motore. Nel caso dei motori a.s. dunque risulta: Q1 '=

Hi 1+α

, con α

α st , quindi la temperatura massima raggiunta nel motore diesel è minore

della Tmax di un corrispondente motore ad a.c. , ed in genere è dell’ordine di 2000 K. Questo parametro determina la maggiore affidabilità di un motore diesel rispetto ad uno a benzina.

1

Si noti che per un kg di carburante, sono sempre presenti kg di aria; la massima quantità di calore cedibile all’ unità di massa della miscela è proprio pari al valore appena scritto. Infatti per < st il combustibile non brucerebbe completamente, e verrebbe liberata una quantità di calore inferiore ad Hi ; per > st il calore Hi liberato andrebbe rapportato ad una massa (di miscela) pari a (1+ ) kg.

Appunti di Macchine I - M.C.I.

20

Primo ciclo Diesel

(cessione di calore a temperatura costante)

Questo ciclo è quello che si prefiggeva di ottenere Rudolph Diesel, nell’intento di avvicinarsi il più possibile ad un ciclo di Carnot. Infatti, essendo le fasi di compressione ed espansione approssimativamente adiabatiche, egli credeva di realizzare una combustione isoterma dosando l’iniezione in modo da eguagliare il calore prodotto con il lavoro ceduto durante l’espansione. Ciò in realtà non è ottenibile (vedi [1], pag. 183), ed il modello che R. Diesel adottò è il successivo, denominato “secondo ciclo diesel” o più semplicemente ciclo diesel.

Secondo ciclo Diesel

(cessione di calore a pressione costante)

In questo caso si suppone che la combustione avvenga totalmente a pressione costante. Anche questa è una forzatura che non è in grado di rappresentare compiutamente ciò che avviene nel motore diesel.

Si può dire che il ciclo di Sabathè sia una combinazione del ciclo B.d.R. e del ciclo Diesel (2°).

Appunti di Macchine I - M.C.I.

21

Confronto tra i cicli ideali B.d.R. e Diesel (2°) Si può confrontare il rendimento ideale dei due cicli, che differiscono per la cessione di calore a volume costante(B.d.R.) rispetto alla cessione di calore a pressione costante (D. 2°). Il confronto si può effettuare sotto due diverse ipotesi: • a parità di rapporto volumetrico di compressione e di calore Q1 • a parità di pressione massima raggiunta e di calore Q1 Per effettuare un confronto di tipo energetico si disegnano i cicli nel piano T-S.

Confronto. a parità di rapporto di compressione e Q1

Nel piano T-S i cicli 4 tempi sono rappresentati evidentemente1 come in figura. In particolare il ciclo B.d.R. è individuato dal rettangolo mistilineo con il riscaldamento isocoro, il ciclo Diesel da quello con il tratto isobaro. Confrontare a parità di rapporto volumetrico di compressione significa in pratica che per i due cicli il punto 2 e 2’ di fine compressione vengono a coincidere. I cicli si distinguono poi per il fatto di seguire curve a pendenza diversa (ricordiamo che cp > cv ) ma con il vincolo di determinare con i rettangoli mistilinei la stessa area sottesa (dalla curva 2-3, ciclo B.d.R. e dalla 2-3’, ciclo D., rispetto all’asse delle ascisse), per l’ipotesi di uguale calore Q1; quindi devono essere uguali le aree mistilinee tratteggiate in figura Allora il punto 3’ di fine combustione del diesel verrà a trovarsi più a destra del punto 3, perciò il calore ceduto Q2B.d.R. (area sottesa dalla curva 4-1) sarà minore del calore ceduto Q2D (area sottesa dalla curva 4’-1). In definitiva, dalla semplice espressione del rendimento ideale

η id = 1 −

Q2 Q1

risulta

chiaramente

superiore

il

rendimento del ciclo di Beau de Rochas, nelle ipotesi fatte. Si noti che l’isobara 1-4-4’ è relativa alla pressione atmosferica. La giustificazione termodinamica di questo risultato si trova nel diverso tipo di trasformazione che segue il gas nel suo riscaldamento: la quantità di calore che il gas riceve nei due cicli vale

Q1 = cv ⋅ ∆T ( B.d .R.) , essendo cp > cv . Q1 = c p ⋅ ∆T ' ( Diesel )

Dunque, a parità di calore ricevuto, il gas nella trasformazione isocora deve raggiungere una temperatura finale T3 più alta rispetto a quello della trasformazione isobara. Il ciclo B.d.R. è dunque avvantaggiato rispetto a quello Diesel per quanto riguarda l’effetto Carnot, lavorando con una temperatura massima maggiore, nonostante le sorgenti superiori si distribuiscano su un range più ampio (svantaggio rispetto all’effetto della molteplicità delle sorgenti per il ciclo B.d.R.). In questo caso il vantaggio Carnot prevale sullo svantaggio m.s.

Questo tipo di confronto è irrealistico poiché nei motori ad a.c. non si possono raggiungere gli alti rapporti di compressione tipici dei diesel, mentre ciò che mette effettivamente a confronto i due tipi di motore è la pressione massima raggiunta nel ciclo. Infatti è questo parametro che a parità di 1

I tratti 0-1 e 1-0 visti nei diagrammi precedenti non sono qui rappresentati, poiché in tali fasi, in sede ideale, non variando né il volume specifico, né la temperatura, non si hanno trasformazioni termodinamiche, perciò i punti 1 e 0 qui coincidono.

Appunti di Macchine I - M.C.I.

22

tecnologia può essere simile nei due tipi di motori, in quanto direttamente correlato alla resistenza meccanica dei componenti del motore.

Confronto a parità di pressione massima e Q1

In questo caso, che rispecchia maggiormente la realtà, si ha che le pressioni (e quindi le temperature) di fine fase compressione sono diverse, ed in particolare maggiori nel ciclo Diesel (operante con rapp. di compress. nell’ordine di 20, per il ciclo B.d.R. attorno a 8). Imponendo una pressione massima coincidente in entrambi i casi, si ha la situazione mostrata in figura, che è la simmetrica rispetto al caso visto poc’anzi. Ora si ha che Q2D < Q2B.d.R. e quindi dalla

η id = 1 −

Q2 Q1

risulta maggiore il rendimento del ciclo Diesel. L’effetto negativo di molteplicità delle sorgenti in questo caso prevale su quello positivo Carnot, per il ciclo B.d.R. In effetti è proprio questa la situazione che si verifica nella pratica; è noto infatti che i motori diesel consumano meno di quelli a benzina, a parità di prestazioni.

Appunti di Macchine I - M.C.I.

23

Rendimento ideale del ciclo di Sabathè Se con un apposito indicatore meccanico applicato ad un motore realmente funzionante si registrasse il diagramma delle pressioni in funzione del volume, si vedrebbe che la combustione può essere suddivisa secondo una successione di politropiche con esponente sempre variabile,in particolare una prima fase isocora, una seconda isobara e la terza isoterma, che spesso è talmente limitata che può essere trascurata. Il ciclo Sabathè si presenta molto vicino al diagramma reale; inoltre, essendo una combinazione degli altri due cicli, comprende come casi particolari entrambi. Si ricava dunque l’espressione del rendimento ideale del ciclo Sabathè S, dal quale sarà possibile calcolare anche i rendimenti D e B.d.R.

1-2 : compressione adiabatica isoentropica 2-3’ : combustione isocora 3’-3 : combustione isobara 3-4 : espansione adiabatica isoentropica 4-1 : scarico spontaneo isocoro

Appunti di Macchine I - M.C.I.

24

Andando a svolgere i calcoli:

η idS = 1 −

cv ⋅ (T4 − T1 ) Q2 = 1− . Q1 cv ⋅ (T3'− T2 ) + c p ⋅ (T3 − T3')

Si vuole esplicitare questa espressione in funzione di:

r=

V1 V4 = V2 V3'

τ=

p 3 p3' = p2 p2

b=

V3 V3'

T2 = T1 ⋅ r k −1

trasformazione 1-2 adiabatica isoentropica, per cui vale

T3' = T2 ⋅ τ = T1 ⋅ r k −1 ⋅ τ

trasformazione 2-3’ isocora, per cui vale

T = cos t P

T3 = T3'⋅ b = T1 ⋅ r k −1 ⋅ τ ⋅ b

trasformazione 3’-3 isobara, per cui vale

T = cos t V

V T4 = T3 ⋅ 3 V4

k −1

V V = T3 ⋅ 3 ⋅ 3' V3 ' V 4

k −1

= T3

b r

k −1

= T1 ⋅ r k −1 ⋅ τ ⋅ b ⋅

b r

k −1

T ⋅ V k = cos t

= T1 ⋅ τ ⋅ b k

trasformazione 3-4 adiabatica isoentropica, per cui vale

T ⋅ V k = cos t .

Sostituendo nell’espressione del rendimento, semplificando T1 e dividendo per cv si ottiene:

ηS = 1 −

τ ⋅ bk −1 r k −1 ⋅ [(τ − 1) + k ⋅ (τ ⋅ b − τ )]

rendimento ideale del ciclo di Sabathè

Il ciclo di Sabathè ha come casi particolari il ciclo Beau de Rochas e il 2° ciclo Diesel: -per il ciclo B.d.R. si ha 3

η B .d . R . = 1 −

1

r k −1

b =1

quindi:

rendimento ideale del ciclo di Beau de Rochas

-per il ciclo Diesel (2°) si ha

bk −1 η D = 1 − k −1 r ⋅ k ⋅ (b − 1)

V3 = V3 '

3’

2

3’

p 2 = p 3'

τ = 1 quindi:

rendimento ideale del ciclo Diesel

Appunti di Macchine I - M.C.I.

25

Calcolo del ciclo limite di Beau de Rochas

Si considera un fluido reale che evolve entro una macchina perfetta. Ci sono due problemi: 1) dato che i salti di temperatura in gioco sono rilevanti, bisogna considerare una variabilità dei calori specifici cp e cv con la temperatura. In particolare si suppone che i calori specifici varino con legge lineare:

cp = a + b ⋅T cv = a' +b ⋅ T

formule di Langen

, in genere dipendono anche dalla pressione, ma nel campo dei motori tale dipendenza è trascurabile in prima approssimazione.

2) poiché il fluido è reale bisogna studiare attentamente il fenomeno della combustione e in particolare quei fenomeni di dissociazione chimica che nascono per temperature maggiori di 2000 K (temperatura di soglia; nei m.c.i. si raggiungono anche i 2500 K). I prodotti della combustione (principalmente l’anidride carbonica CO2) sono in equilibrio chimico con gli incombusti (ossido di carbonio CO e ossigeno O2): 1 CO + O2 ↔ CO2 2

1 (e similmente per l’acqua H 2 + O2 ↔ H 2 O ). 2

-Quando si superano i 2000 K l’anidride carbonica si dissocia e la reazione assorbe calore; in questo caso il calore sviluppato in combustione è minore di quello ideale perché una sua parte è utilizzata nella reazione di dissociazione. Quindi la combustione non è completa e ci sarà una quota di calore ∆Q che non si è sviluppato. -Invece, quando la temperatura è al di sotto dei 2000 K la reazione si sposta verso destra e si libera una certa quantità di calore, cioè in fase di espansione si ha uno sviluppo interno di calore, quindi l’espansione anche se adiabatica non è isoentropica. -Inoltre se varia la composizione della miscela variano anche i calori specifici: per calcolare in ogni istante cp e cv bisognerebbe conoscere ad ogni T la composizione della miscela, e ciò è praticamente impossibile; comunque non si commette un forte errore percentuale se si trascura la variazione dei calori specifici con la variazione della composizione della miscela. Per il calcolo del ∆Q si deve scegliere il combustibile; quello che approssima meglio la benzina è l’ottene (C8H16), per il quale è possibile calcolare α st e quindi il relativo ∆Q .

Appunti di Macchine I - M.C.I.

26

Calcolo del ciclo limite E’ necessario calcolare per ogni punto del ciclo pressione, temperatura e volume specifico.

Punto 1 Nella fase di aspirazione 0-1 l’aria è aspirata senza perdite di carico, poiché la macchina ipotizzata è perfetta. Allora sarà p1 = patm ; la T1 invece non sarà la temperatura ambiente poiché nel cilindro l’aria fresca incontrerà dei fumi residui, quindi T1 > Tamb ; per esperienza di parla di 30÷40 gradi in più rispetto alla Tamb per cui sarà T1 = 330 K. L’ipotesi iniziale comporta un calcolo del ciclo limite iterativo, per cui alla fine dovrà essere verificata. Note p1 e T1 si può ricavare il volume specifico v1 dall’equazione dei gas perfetti:

v1 =

R ⋅ T1 p1

R=

α ⋅ Raria + Rcombustibile , con α +1

, tenendo presente il fatto che siamo in presenza di una miscela, quindi:

α=

maria mcombustibile

L’equazione dei gas perfetti è ritenuta comunque valida anche se il fluido è reale, poiché ciò comporta solo un errore del 1÷2%.

Punto 2 E’ il punto di fine compressione adiabatica; conoscendo a priori il rapporto di compressione

r=

V1 v1 = V2 v 2

(1)

da cui si può ricavare subito

v2 =

v1 . r

Ora bisogna calcolare T2 e p2 considerando che cp e cv sono funzioni della temperatura; ipotizzate nulle le irreversibilità nella compressione (che sarà quindi anche isoentropica) si può scrivere:

T ⋅ dS = dU − dl rev L’uguaglianza è valida perché nella fase di compressione la massa non cambia, perciò V1 = m / ρ1 = ρ 2 = v1 V2 m / ρ 2 ρ1 v2 Appunti di Macchine I - M.C.I. 1

27

T ⋅ dS = cv ⋅ dT + p ⋅ dV dT p ⋅ dV + = 0 , dato che la trasformazione è isoentropica. T T

dS = cv ⋅ Essendo:

cv = a' +b ⋅ T p R = T v

p ⋅v = R ⋅t

(a'+b ⋅ T ) ⋅ dT

+ R⋅

T

dv =0 v

dT b R dv + ⋅ dT + ⋅ =0 T a' a' v

essendo

R = c p − cv = a − a' cp a + b ⋅T k= = cv a' +b ⋅ T

R a − a' a a = = − 1 = k 0 − 1 , dove k 0 = a ' a' a' a'

dT dv b + (k 0 − 1) ⋅ = − ⋅ dT , integrando la quale si ottiene: T v a'

ln

T2 v b + (k 0 − 1) ⋅ ln 2 = − ⋅ (T2 − T1 ) T1 v1 a' k 0 −1

T2 v ⋅ 2 T1 v1

=e

b − ⋅(T2 −T1 ) a'

Sviluppando in serie il 2° membro limitatamente al primo ordine (poiché b/a’ << 1) si ha:

T2 v = 1 T1 v2 Si ricava

k 0 −1

⋅ 1−

b ⋅ (T2 − T1 ) , con r noto, k0 ricavabile da tabelle e T1 ipotizzato a 330 K. a'

T2 600 K.

Analogamente per la pressione si può ricavare1:

p2 v = 1 p1 v2 1

Infatti dalla

p ⋅ v = R ⋅T

k0

⋅ 1−

si ricava:

Appunti di Macchine I - M.C.I.

b ⋅ (T2 − T1 ) a'

p 2 ⋅ v 2 R ⋅ T2 = p 1 ⋅ v1 R ⋅ T1

cioè

p 2 v1 T2 = ⋅ p1 v 2 T1

dalla quale si ritrova l’espressione scritta.

28

da cui

p2

20 bar.

Punto 3 Lungo la trasformazione 2-3 il fluido subisce un forte innalzamento di temperatura (da circa 600 K a circa 2500 K ); in questo intervallo si presentano quindi reazioni chimiche di dissociazione, per cui la combustione non sarà completa ma ci sarà un ∆Q non sviluppato. Si assimila la miscela all’ottene (C8H16); si calcola ora il relativo rapporto stechiometrico α st che, ricordiamo, indica quanti kg di aria sono necessari per bruciare un kg di ottene: C8H16

12 ⋅ 8 + 1 ⋅ 16 = 112 (peso molecolare dell’ottene)

C

12 ⋅ 8 = 86% 112

(percentuale in peso del carbonio nella molecola dell’ottene)

H2

1 ⋅ 16 = 14% 112

(percentuale in peso dell’idrogeno nella molecola dell’ottene)

Calcolo dei kg di O2 necessari a bruciare 1 kg di C e 1 kg di H2:

C + O2 ↔ CO2 ; 1 H 2 + O2 ↔ H 2 O 2 il p.m. del carbonio è 12, il p.m. dell’ossigeno biatomico è 32; dalla prima reazione d’equilibrio si vede che sono in rapporto molare 1:1, quindi risulta che per 1 kg di carbonio sono necessari 32/12=2.67 kg di O2; il p.m. dell’idrogeno biatomico è 2, quello dell’ossigeno biatomico è sempre 32, ma nel secondo equilibrio sono in rapporto molare 1:1/2, quindi per 1 kg di idrogeno sono necessari 16/2=8 kg di O2. Allora per bruciare 1 kg di C8H16 saranno necessarii 0.86 (kg C)*2.67 + 0.14 (kg H2)*8 = 3.41 kg di O2 Dato che 1 kg di aria contiene 0.23 kg di ossigeno, per avere 3.41 kg di O2 sono necessarii 3.41/0.23=14.8 kg d’aria. Ecco donde promana1 il famigerato valore st =14.8 per i motori a benzina.

Se la fase di combustione si realizzasse completamente il calore sviluppato dall’unità di massa della miscela sarebbe:

Q1 =

Hi , e tale calore sarebbe coincidente con il calore scambiato lungo la trasformazione 1 + α st

isocora 2-3, pari a

Q =

T3 T2

cv ⋅ dT .

Ma dato che per T > 2000K si instaura il fenomeno della dissociazione, ci sarà un certo ∆Q che non si sviluppa nella fase di combustione e l’equilibrio termico sarà:

1

Vedi [6], pag. 204, rigo 4.

Appunti di Macchine I - M.C.I.

29

T3 T2

c v ⋅ dT = Q1 − ∆Q

; in genere ∆Q

10÷20% di

Hi 1 + α st

Calcolo Q Per calcolare il calore non sviluppato si deve conoscere la quantità degli incombusti che si avranno al punto 3. Assimilando la miscela ad un idrocarburo puro del tipo CnHm l’equazione della combustione completa (teorica) si scrive:

Cn H m + n +

m 79 m m 79 m ⋅ O2 + ⋅ n+ ⋅ N 2 = n ⋅ CO2 + ⋅ H 2 O + ⋅ n+ ⋅ N 2 + cal 4 21 4 2 21 4

nella quale si ipotizza l’azoto inerte, dunque non partecipante alla combustione. Nella realtà, a man mano che procede la combustione, si dissociano alcune sostanze; tra i fenomeni di dissociazione che avvengono in una combustione incompleta consideriamo quelli relativi all’anidride carbonica e all’acqua (in fase vapore):

1 CO2 ↔ CO + O2 2 1 H 2 O ↔ H 2 + O2 2 Allora la reazione di combustione reale sarà:

Cn H m + n +

m 79 m ⋅ O2 + ⋅ n+ ⋅ N 2 = X CO2 ⋅ CO2 + X CO ⋅ CO + X H 2O ⋅ H 2 O + ... 4 21 4 ... + X H 2 ⋅ H 2 + X O2 ⋅ O2 + X N 2 ⋅ N 2 + cal

con Xi coefficienti stechiometrici da determinare. Per determinare i 6 coefficienti incogniti si scrivono le 4 equazioni di bilancio chimico ed altre 2 equazioni relative alle concentrazioni e pressioni parziali dei gas. In particolare si devono ricavare X CO e X H 2 , con i quali sarà possibile calcolare il Q con la

∆Q = mCO ⋅ H iCO + m H 2 ⋅ H iH 2

, cioè come somma dei contributi termici delle combustioni

di CO e H2.

1) Carbonio C :

n = X CO2 + X CO

2) Ossigeno O2 :

n+

3) Idrogeno H2 :

m = X H 2O + X H 2 2

Appunti di Macchine I - M.C.I.

m 1 1 = X CO2 + ⋅ X CO + ⋅ X H 2O + X O2 4 2 2

30

79 m n+ = X N2 21 4

4) Azoto N2 :

Per scrivere le due rimanenti equazioni ci si riferisce alla legge di Guldberg-Waage: le pressioni parziali dei reagenti e dei prodotti sono regolate da una costante che dipende dalla temperatura; gli equilibri chimici che si considerano sono:

1 5) CO2 ↔ CO + O2 2

1

p CO ⋅ p O2 2 p CO2

1

= k '(T )

X CO ⋅ X O2 2 X CO2

= k '(T )

il passaggio dall’espressione in funzione delle pressioni parziali a quella in funzione dei coefficienti stechiometrici si ha in virtù della legge di Dal ton: 6)

CO + H 2 O ↔ CO2 + H 2

pi Xi = ; analogamente: p tot X

pCO ⋅ p H 2O pCO2 ⋅ p H 2

= k " (T )

Le costanti k’ e k” sono tabellate per ogni reazione, ed hanno espressioni del tipo

X CO ⋅ X H 2O X CO2 ⋅ X H 2

= k " (T )

log10 k = A +

B . T

In definitiva si ha un sistema di 6 equazioni in 6 incognite. Per risolvere il sistema si deve però ipotizzare un valore di T3 (ad es. 2600 K) poiché gli esponenti della (5) non sono tutti uguali, quindi dalla legge di Dalton e poi con la legge di stato si nota una dipendenza del k’(T) dalla T3 che è incognita. Fissato un certo valore per la T3 si calcolano le costanti k’ e k”; risolvendo il sistema in prima approssimazione si trova:

X CO = 0.474 X H 2 = 0.085 Se la combustione fosse completa questi due composti non sarebbero presenti; per il fenomeno della dissociazione rimangono come incombusti al punto 3. Conoscendo i pesi molecolari si calcolano i pesi: mCO = 0.0075 kg

m H 2 = 0.0001 kg quindi sapendo la quantità di incombusti al punto 3 si può ricavare il Q:

∆Q = mCO ⋅ H iCO + m H 2 ⋅ H iH 2 In questo modo si può risolvere l’equazione di equilibrio termico della trasformazione 2-3:

(a '+b ⋅ T ) ⋅ dT = T T3 2

a' ⋅T +

b 2 ⋅T 2

T3 T2

Appunti di Macchine I - M.C.I.

=

Hi − ∆Q , 1 + α st

integrando la quale:

Hi − ∆Q 1 + α st 31

Da questa è possibile ricavare il valore di T3 di prima approssimazione, da confrontarsi con il valore ipotizzato inizialmente; se ci fosse troppa discordanza occorrerebbe scegliere un altro valore e ripetere tutto il calcolo, comunque il procedimento è velocemente convergente. In questo modo si è risolta la fase di combustione per il ciclo limite di un motore ad accensione comandata.

Espansione 3-4: La fase di espansione si deve dividerla in due parti poiché, scendendo la temperatura fino alla soglia dei 2000 K, viene rilasciato il Q che non era stato prodotto nella combustione. Ci sarà una prima fase che si può trattare come una politropica fino a circa 2000 K (3-4’) e una seconda fase che possiamo trattare come un’adiabatica isoentropica sotto i 2000 K (4’-4).

Espansione ad alta T (3-4’): a 2000 K si ha il fenomeno della riassociazione, cioè nel momento in cui si arriva al punto 4’ la combustione si completa con la cessione del Q ; per questo motivo il tratto 3-4’ non sarà adiabatico-isoentropico, ma si può considerare come una politropica. Per calcolare questa prima fase bisogna calcolare l’esponente m della politropica: p vm = cost. Si introduce un calore specifico che non è né a p né a v costante:

c=

∆Q ∆Q = T4 '− T3 2000 − 2500

0 ; il fatto che sia negativo corrisponde alla situazione per cui a

fronte di una cessione di calore al fluido, questo diminuisce di temperatura (per effetto dell’espansione). Si può quindi calcolare m come

m=

cp − c cv − c

,

con

cp = a + b ⋅T cv = a' +b ⋅ T

, tabellati in base alla composizione chimica.

Al punto 3 questa si conosce perché è già stata calcolata; al punto 4’ si può ricavare poiché in questo punto la combustione si completa, potendosi dunque usare l’equazione normale della combustione completa: Appunti di Macchine I - M.C.I.

32

C8 H 16 + 8 +

16 79 16 16 79 16 ⋅ O2 + ⋅ 8+ ⋅ N 2 = 8 ⋅ CO2 + ⋅ H 2 O + ⋅ 8+ ⋅ N2 4 21 4 2 21 4

senza la presenza di CO, CO2, H2, H2O, O2, N2 perché si sono riassociati. Ora con l’equazione p vm = cost si può calcolare il punto 4’.

Espansione a bassa T (4’-4): dal punto 4’ al punto 4 non si ha più sviluppo di calore interno, per cui la coda finale dell’espansione è perfettamente adiabatica, ed in sede limite anche isoentropica; la composizione chimica al punto 4 sarà quindi identica a quella nel punto 4’. Al punto 4, per un motore ad accensione comandata con r = 9 si ottiene: p4

4÷5 bar

T4

1500 K

(in sede limite)

Scarico spontaneo (4-1) e forzato (1-0): Quando lo stantuffo è arrivato al p.m.i. si apre la valvola di scarico mentre è ancora p4 > patm ; il fluido si riversa all’esterno1 proseguendo la fase di espansione adiabatica. Essendo l’ambiente esterno molto grande rispetto al cilindro, allora la pressione che si instaura nel cilindro sarà la pressione atmosferica: si può dunque pensare di prolungare adiabaticamente l’espansione fino alla pressione atmosferica (punto 5). Con riferimento al pistone fermo al p.m.i., una volta realizzato l’equilibrio tra la pressione nel cilindro e quella esterna, si osserva nel cilindro una determinata quantità di fumi residui con volume specifico v5; un istante dopo il pistone inizia la sua corsa verso il p.m.s. (a valvola di scarico aperta), realizzando così lo scarico forzato. Arrivati al p.m.s. la camera di compressione (di volume V2) rimane occupata da una certa massa di fumi ad alta temperatura, che si mescolerà poi con l’aria fresca del ciclo successivo, innalzando così la T1 ad un valore superiore a quello ambiente, come già detto. Allo scopo di conoscere il risultato del mescolamento tra fumi e carica fresca occorre considerare il volume specifico dell’aria e dei fumi residui al p.m.s.:

v2 =

V2 M

, con M massa totale di fluido a fine compressione

v5 =

V2 mf

, con mf massa dei fumi residui

v2 m f = = f v5 M

frazione dei fumi residui rispetto all’aria fresca

Generalmente è f = 0.03 (3%) ; tale quantità si trova però a circa 1500 K, per cui il suo effetto riscaldante sulla carica fresca (a circa 300 K) è tutt’altro che trascurabile. Per determinare la T1 è necessario fare un bilancio energetico tra il calore assorbito dall’aria fredda e il calore ceduto dai fumi; in pratica, i fumi da T5 raffreddano fino alla T1, l’aria fresca da Tamb si riscalda fino a T 1: fumi residui T5 T1 (raffreddamento) T1 (riscaldamento) aria fresca Tamb 1

Ciò avviene a velocità supersonica, poiché il rapporto p4/patm è superione al rapporto critico.

Appunti di Macchine I - M.C.I.

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Il bilancio sarà:

f ⋅ c p fumi (T1 − T5 ) = (1 − f ) ⋅ c p aria ⋅ (T1 − Tamb )

T1

A questo punto bisogna confrontare la T1 ottenuta con quella ipotizzata sin dal calcolo del punto 1; nel caso ci fosse uno scostamento eccessivo occorrerebbe reiterare l’intero calcolo, ma anche in questo caso il procedimento è velocemente convergente.

Appunti di Macchine I - M.C.I.

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Calcolo del ciclo limite Diesel Per i motori diesel le complicazioni sono notevolmente minori dato che non si raggiungono mai le temperature della soglia di dissociazione (2000 K). Il ciclo di riferimento è il ciclo di Sabathè:

Il calcolo dei punti 1 e 2 è come per il ciclo B.d.R. Da notare però che in questo caso le fasi di aspirazione e di compressione riguardano solo aria pura, infatti il combustibile è iniettato solo al punto 2. La combustione è in parte isocora e in parte isobara perché in sede limite il fluido è reale, per cui si con cui il combustibile brucia dopo essere stato iniettato: deve tenere conto del tempo di ritardo dopo questo il combustibile che continua ad essere iniettato brucia istantaneamente (fase isocora), ma il pistone inizia la discesa per cui si ha la fase isobara. Hi Per individuare i punti 3’ e 3 si deve conoscere come il calore Q1 = = q ⋅ H i si ripartisce in 1+α questi tratti. Allora si ipotizza una legge q(t) di iniezione del combustibile:

Appunti di Macchine I - M.C.I.

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La quantità di combustibile iniettata tra 2 e 3’ sarà:

qv =

τ 0

dq (t ) dt dt

, dove l’argomento dell’integrale è evidentemente la portata in massa di

nafta. Nel tratto 2-3’ si brucia la quantità di combustibile corrispondente all’intervallo 0- ; il tempo di ritardo è funzione di p2 e T2 : B

A τ = m ⋅ e T2 p2 per cui, noto da 3’ a 3 sarà

(dogma)

, si può calcolare la quantità di combustibile qv; il restante gasolio da qp = q - qv .

introdurre

Il ciclo è quindi a massa variabile: -da 1 a 2 evolve 1 kg d’aria -da 2 a 3’ evolve 1 kg d’aria + qv di combustibile -da 3’ a 3 evolve 1 kg d’aria + (qv + qp) di combustibile La quantità di calore prodotto durante la fase isocora si può scrivere: Qv = Q23' = (1 + q v ) ⋅ cv ⋅ (T3'− T2 ) Analogamente, per la fase isobara: Q p = Q3'3 = (1 + q v + q p ) ⋅ c p ⋅ (T3 − T3')

T3'

(Dato che il diesel lavora con forti eccessi d’aria, non si raggiungono i 2000 K, per cui la combustione può considerarsi completa).

T3

Dal punto 3 in poi il discorso è analogo ai motori ad accensione comandata, escludendo il fenomeno della riassociazione in espansione.

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Il ciclo reale

Passando a considerare il ciclo reale le ipotesi che vengono a cadere sono quelle relative alla macchina perfetta, per cui si terrà conto di: -scambi di calore fluido-pareti, quindi le compressioni e le espansioni non saranno adiabatiche; -perdite di carico nei condotti di aspirazione e scarico (pompaggio), che quindi non saranno a pressione costante -unico punto d’accensione, e non infinite candele -fasatura reale della distribuzione, con una certa legge di alzata delle valvole (apertura non istantanea) Per rilevare un ciclo reale si utilizzano metodi sperimentali, in particolare gli indicatori, cioè apparecchii in grado di fornire una rappresentazione grafica del modo di variare della pressione nel cilindro in dipendenza degli spostamenti dello stantuffo. Un indicatore meccanico consta di un cilindretto che viene posto in comunicazione con l’interno del cilindro motore; le pressioni che si sviluppano in questo possono così trasmettersi ad uno stantuffino scorrevole nel cilindretto, soggetto alla reazione di una molla antagonista. Le deformazioni di questa saranno proporzionali alla pressione nel cilindro motore. Un sistema di leve traduce le escursioni dello stantuffello in quelle di una punta scrivente su un foglio, avvolto su di un tamburo a cui vengono trasmessi i movimenti dello stantuffo motore: dunque gli spostamenti circolari periferici del tamburo riproducono quelli rettilinei dello stantuffo motore, ed assumono nel diagramma il significato di ascisse, mentre la punta scrivitrice segna, in corrispondenza come ordinate, i valori della pressione. Indicatori meccanici di questo tipo vanno bene per motori lenti (ad es. motori navali); per i motori ad accensione comandata, che sono molto veloci, si ricorre ad indicatori elettronici.

Aspirazione e scarico All’inizio dell’aspirazione la diminuzione della pressione (rispetto a quella centrale, Patm) è dovuta alla laminazione del fluido nel condotto d’aspirazione. Alla fine dell’aspirazione la pressione sale perché, mentre il pistone inizia a rallentare, il fluido con la sua inerzia si insacca determinando una leggera compressione. Durante lo scarico si verificano delle turbolenze che producono onde di pressione. Per calcolare il lavoro perso Lp (lavoro di pompaggio) si introduce pm , che rappresenta la pressione equivalente tale che: pm Vc = Lp con

pm = f (um)

um è la velocità media del pistone in un giro di manovella, pari a:

um = 2 ⋅ C ⋅

n 60

[m / s ]

Vc Appunti di Macchine I - M.C.I.

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Un’espressione empirica per calcolare Pm è: 2

∆p m =

3 um ⋅ ⋅ p atm 1000 A

,

con

A=

sez. valvola aspirazione sez. pistone

=

0.1 con 1 valvola asp. 0.35 con 2 valvole asp.

Compressione

La fase di compressione reale non è adiabatica né tantomeno isoentropica: il fluido fresco, entrando nel cilindro, trova le pareti a circa 600 K; si stabilisce quindi uno scambio termico tra pareti e fluido che rende la prima parte della compressione caratterizzata da un aumento di entropia (politropica 1-2). A mano a mano che la compressione continua il fluido si riscalda fino a che la differenza di temperatura tra fluido e pareti si annulla: si avrà quindi un tratto isoentropica (2-3). Se il rapporto di compressione è spinto (ad es. nei motori Diesel) può succedere che il fluido, riscaldandosi per compressione, superi la temperatura delle pareti, cedendo dunque calore ad esse: si avrebbe in tal caso un tratto ad entropia decrescente (politropica 3-4-5). L’esponente m della politropica è tabellato in funzione del rapporto di compressione.

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Combustione: motori ad accensione comandata

Nei motori a.c. la combustione viene innescata da uno o più punti caldi (candela); l’innesco avviene mediante una scintilla provocata tra i due elettrodi da una differenza di potenziale di 10000÷13000 Volt. Si viene a formare un fronte di fiamma che si propaga a circa 15 m/s : questa velocità è modesta rispetto ai tempi in gioco nelle varie fasi del ciclo reale, perciò in realtà la combustione non è isocora. Per un motore automobilistico, con n = 6000 giri/min e corsa C = 100mm si ha um = 20 m/s , velocità media dello stantuffo. Dato che la velocità dello stantuffo è maggiore di quella del fronte di fiamma, è necessario anticipare la scintilla di accensione (punto 2’), altrimenti la combustione proseguirebbe anche durante l’espansione, a detrimento del rendimento. In sostanza l’anticipo d’accensione si attua per due motivi: per dar modo al fronte di fiamma di interessare tutta la miscela senza protrarsi oltremodo nella fase d’espansione, e per tenere conto che la reazione di combustione ha bisogno di un certo periodo di incubazione (circa 1ms).

La combustione comunque non è isocora ed ha luogo mentre il pistone si muove, il che comporta un lavoro perso Lp:

Q2 '3 = dove

Hi − ∆Q − L p − Qcomb 1 + α st

∆Q è il calore non sviluppato per la dissociazione, L p è il lavoro perso, Qcomb è il calore ceduto

alle pareti del cilindro (e non trasformato in lavoro). Una stima quantitativa di quanto già visto qualitativamente parlando del sistema di refrigerazione, si può fare valutando come si distribuisce l’energia fornita da 1 kg di miscela:

H i 1 + α

si divide in tre parti uguali: st

Appunti di Macchine I - M.C.I.

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-lavoro utile (1/3) -lavoro perso nel pompaggio (1/3) -QR : calore che il circuito di refrigerazione sottrae al motore (1/3) QR a sua volta si ripartisce in: -QC : calore perso durante la combustione (1/6) -QE : calore perso durante l’espansione (2/6) -QD : calore dissipato nei condotti di scarico Quindi risulta

QC = 0.05 ⋅

In definitiva calcolando

cv ⋅ (T3 − T2 ) = si ricava T3

Hi . 1 + α st

∆Q , L p e QC si può ricavare la T3 dal bilancio termico:

Hi − ∆Q − L p − QC 1 + α st

2200 K (minore della temperatura del caso limite).

Combustione: motori ad accensione spontanea

Poiché il combustibile ha bisogno del periodo di incubazione per avviare la combustione, è necessario introdurre l’anticipo d’iniezione. Una volta trascorso il periodo di incubazione relativo alla prima goccia entrata, questa brucia innalzando la temperatura della camera, annullando il delle altre particelle che bruciano contemporaneamente e con violenza (fase isocora). C’è poi un’ultima fase di combustione graduale che segue la legge imposta dall’iniettore. Cioè dall’ing egnere

Espansione

Nel primo tratto di espansione bisogna considerare sia il fenomeno della riassociazione che lo scambio termico tra fluido e pareti:

∆Q − 0.05 ⋅ c'=

H

1 + α st T4 '− T3

(fase 3-4).

Nel secondo tratto d’espansione non c’è sviluppo di calore interno, ma persiste lo scambio termico tra fluido e pareti:

Appunti di Macchine I - M.C.I.

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− 0.05 ⋅ c''=

H

1 + α st T4 − T4 '

(fase 4’-4)

per cui anche quest’ultima fase non sarà adiabatica. Infine lo scarico spontaneo , caratterizzato da un’anticipo di apertura della valvola di scarico, sarà sede di una sovrapressione dovuta alle perdite di carico nei condotti.

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La fasatura della distribuzione Le fasi del motore 4T viste relative al ciclo limite possono essere rappresentate in un diagramma polare come quello in figura. Si noti come ciascuna fase abbia inizio esattamente in corrispondenza di uno dei punti morti: ciò in realtà non avviene, per una serie di motivi.

Diagramma polare della fasatura limite

Il ciclo reale differisce da quello limite per le imperfezioni della macchina: • Scambi di calore verso l’esterno • Perdite di carico nei condotti di aspirazione e scarico • Le valvole di aspirazione e di scarico non si muovono istantaneamente • Non ci sono infinite candele, ma solo un punto di accensione L’aspetto più rilevante è la “respirazione” del motore: nel ciclo limite si suppongono le aperture delle valvole istantanee, mentre nel ciclo reale è necessario ritoccare la fasatura della distribuzione se si vogliono evitare ritardi nelle operazioni fluidodinamiche. Nelle figure successive sono mostrati dei tipici diagrammi della fasatura reale per motori 4T a.c. e a.s.

Appunti di Macchine I - M.C.I.

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Diagrammi polari della fasatura reale

Motore 4T ad accensione comandata •

Anticipo apertura aspirazione:



Ritardo chiusura aspirazione:



Anticipo accensione:

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nella situazione reale la valvola di aspirazione si apre con anticipo rispetto al p.m.s. di circa 10° affinché al p.m.s. sia completamente aperta per lasciar passare la massima quantità di fluido possibile e quindi evitare perdite di carico eccessive dovute ad un’eventuale laminazione del fluido se la sezione di passaggio non è la massima. la fase di aspirazione si conclude circa 40° oltre il p.m.i. ; questo ritardo della chiusura comporta vantaggi fluidodinamici (minori perdite di carico) e soprattutto consente di sfruttare l’inerzia della vena fluida insaccando ulteriore miscela nel cilindro anche mentre lo stantuffo inizia a risalire. In questo modo si eleva il coefficiente di riempimento λv il che si traduce in un aumento di lavoro e, quindi, di potenza. Lo svantaggio è la minore corsa disponibile per la compressione. comincia quindi la fase di compressione, fino all’accensione, che è anticipata di circa 25° rispetto al p.m.s. (dall’accensione al p.m.s. riesce a bruciare solo 1/5 del combustibile). L’anticipo si opera per due ragioni: • per dar modo al fronte di fiamma di interessare tutta la miscela senza modificare, con la presenza di ritardi di combustione, la successiva fase di espansione; • per tener conto del fatto che la reazione di combustione ha bisogno di un certo periodo di incubazione (qualche millisecondo). L’anticipo è tale che il picco di pressione massima non si raggiunga né troppo prima, né troppo dopo il p.m.s.: se si raggiunge troppo prima il pistone, nel tratto finale della sua corsa di salita, incontra un aumento di pressione che va ad aumentare il lavoro di compressione; se si raggiunge troppo dopo si sacrifica una parte del lavoro di espansione (lavoro utile),

43

come si è visto andando a studiare i diagrammi dei cicli termodinamici. Più il motore è veloce, maggiore sarà l’anticipo di accensione.

• Anticipo apertura scarico:

• Ritardo chiusura scarico:

la successiva fase di espansione è da terminare in anticipo di 50°÷60°, cioè si anticipa l’apertura della valvola di scarico per rendere più vigoroso lo scarico spontaneo, poiché il salto di pressione tra camera di combustione e tubo di scarico sarà maggiore; così facendo si sacrifica una quota del lavoro di espansione, ma si guadagna in maggior misura riducendo il lavoro di pompaggio, perché lo scarico forzato sarà più contenuto. la valvola di scarico viene chiusa circa 10° oltre il p.m.s. per sfruttare l’inerzia dei fumi che continuano ad uscire anche quando il pistone inizia a scendere

Si vede che per circa 20° sono aperte contemporaneamente entrambe le valvole (fase di incrocio o lavaggio); questo fatto è benefico per quanto riguarda il riempimento del cilindro: infatti quando alla fine dello scarico forzato si raggiunge la Patm si ha un effetto di “risucchiamento” (effetto Atkinson) per cui la pressione scende al di sotto di quella esterna, anche se per un attimo. Allora questo fenomeno è sfruttato per ottenere una forma di lavaggio risucchiando miscela fresca dalla valvola di aspirazione. Per contro, una troppo estesa sovrapposizione dell’apertura delle due valvole potrebbe dar luogo a scoppi nel condotto di aspirazione per accensioni premature della miscela, provocate dai gas residui caldissimi. Inoltre si verificherebbe, come nel due tempi, un corto-circuito della miscela fresca nello scarico, con conseguente riduzione di lavoro utile ed emissione di idrocarburi incombusti (HC).

Motore 4T ad accensione spontanea

Per il diesel 4T si possono fare considerazioni analoghe, eccetto: • Viene rappresentata la durata relativa alla fase di iniezione del combustibile; • L’anticipo d’iniezione va adeguato al tempo d’incubazione del combustibile al fine di avere la prima esplosione in corrispondenza del p.m.s. e la rimanente parte della combustione al primo tratto di espansione; • Mancando il pericolo di ritorno di fiamma l’anticipo apertura aspirazione è maggiore rispetto a quello del motore a.c. • Viceversa sia il ritardo chiusura aspirazione sia l’anticipo apertura scarico sono in genere inferiori, a causa della minore velocità di rotazione che caratterizza questi tipi di motori.

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Espressioni della potenza di un m.c.i.

1a espressione della potenza Avendo a disposizione un diagramma della pressione indicato (ricavato sperimentalmente) è possibile calcolare il lavoro prodotto nel ciclo. Il diagramma è caratterizzato da un’area positiva ed una negativa: infatti la fase di aspirazione si svolge a pressione minore di quella atmosferica, e la depressione si accentua al crescere della velocità del pistone, mentre durante la fase di scarico si ha una leggera sovrapressione. In queste due fasi, dette di pompaggio, il motore cede un certo lavoro al fluido, L – (area B); il lavoro netto del motore (lavoro indicato) sarà: Li = L + + L – che rappresenta l’area del ciclo attivo meno l’area di pompaggio. S’indica con pmi, pressione media indicata, la pressione tale che Li = p mi ⋅ V . La potenza indicata Pi sarà allora:

Pi =

Li

τ

= p mi ⋅ V ⋅

1

τ

= p mi ⋅ V ⋅

n , 60 ⋅ ε

essendo: τ : tempo necessario per l’effettuazione di un ciclo n : n° di giri al minuto ε : vale 1 per 2T e vale 2 per 4T

La potenza effettiva Pe che si raccoglie alla flangia sarà minore di quella indicata a causa delle perdite meccaniche: Pe = Pi ⋅ η m = p mi ⋅ V ⋅

n ⋅η m 60 ⋅ ε

prima espressione della potenza

p me = η m ⋅ p mi Spesso si considera la pressione media effettiva pme: per cui l’espressione della potenza effettiva si può scrivere: n π ⋅ D2 Pe = p me ⋅ V ⋅ , con V = z ⋅ ⋅C . 60 ⋅ ε 4 Valori tipici per la pressione media effettiva sono: Pme = 0.4÷0.7 Mpa (2T), Pme = 0.7÷0.8 Mpa (4T), Pme > 2 Mpa (2T diesel sovralimentati).

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2a espressione della potenza La seconda espressione della potenza Pe permette di capire quali sono i parametri sui quali si interviene per regolare il funzionamento di un motore; si ricava l’espressione del rendimento globale: Pe ηg = , con mc portata in massa di combustibile, H i potere calorifico inferiore; al mc ⋅ H i denominatore compare il calore messo a disposizione ed al numeratore la potenza effettiva. Pe = η g ⋅ mc ⋅ H i dove

Hi

α

α=

,

ma mc

rapporto aria/combustibile

Pe = η g ⋅ m a ⋅

Hi

α

,

è la tonalità termica, una caratteristica intrinseca del combustibile.

Introducendo il coefficiente di riempimento v , rapporto tra la massa d’aria realmente introdotta nel cilindro e la massa d’aria teoricamente intrappolabile in assenza di perdite di carico, pari a ρ0 ⋅V : ma n m a = λv ⋅ ρ 0 ⋅ V m a = λv ⋅ ρ 0 ⋅ V ⋅ λv = ρ0 ⋅V 60 ⋅ ε con m a : massa d’aria realmente intrappolata V : cilindrata ρ 0 : densità di riferimento (si può prendere la densità dell’aria in condizioni standard di p e T, oppure si può prendere la densità dell’aria a monte del cilindro nel condotto d’aspirazione).

In genere λv ≈ 0.9 per motori normali (aspirati); per motori sovralimentati è λv > 1 . In definitiva: Pe = η

g

⋅ λv ⋅ ρ 0 ⋅V ⋅

Hi n ⋅ 60 ⋅ ε α

seconda espressione della potenza

Esaminando questa formula si individuano i parametri sui quali si può intervenire per aumentare la potenza di un motore: • Si può aumentare la cilindrata V • Si può aumentare n (ecco dunque il vantaggio del frazionamento) • Si può aumentare e quindi passare da un motore 4T ad un motore 2T • Si minimizzano le perdite di carico nei condotti d’aspirazione, facendo in modo che entri più aria possibile (aumento di v) • Si può cambiare combustibile in modo che H i sia alto e α basso (alta tonalità termica) • Si aumenta artificialmente il coefficiente di riempimento v attraverso la sovralimentazione.

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La regolazione dei motori a combustione interna Utilizzando la seconda espressione della potenza effettiva si esprime la coppia motrice di un m.c.i. : 2 ⋅π ⋅ n Pe = c ⋅ ω = c ⋅ λ ⋅ ρ ⋅V H i 60 c = ηg ⋅ v 0 ⋅ coppia motrice H n 2 ⋅π ⋅ε α Pe = η g ⋅ λv ⋅ ρ 0 ⋅ V ⋅ ⋅ i 60 ⋅ ε α La coppia motrice in funzione del n° di giri rappresenta la curva caratteristica del motore: c = c(n) ; nel grafico seguente sono indicati gli andamenti di coppia, potenza e consumi specifici al variare di n per un generico motore a quattro tempi1.

La differenza principale tra un benzina ed un diesel sta nel fatto che generalmente, a parità di cilindrata e di livello tecnologico, il motore a benzina raggiunge regimi più alti con potenze maggiori rispetto al diesel, ma la concavità della sua curva di coppia è più accentuata. Nel diesel infatti si ha un andamento della coppia più “spianato”, il che significa una maggiore disponibilità di coppia al variare del regime, quindi migliori caratteristiche d’elasticità e di stabilità d’erogazione. Come si vede nel disegno, il minor consumo specifico di carburante si ha in corrispondenza del regime di coppia massima. Le ragioni per cui la coppia diminuisce sia ai bassi sia agli alti regimi sono varie.

Per n elevato la coppia tende a diminuire perché aumenta sensibilmente la velocità nel condotto d’aspirazione, il che provoca perdite di carico e quindi riduzione del v; ciò è valido sia per motori diesel sia per motori a.c.

1

Tale andamento è relativo all’erogazione del motore a tutto gas, cioè al massimo carico.

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Per n basso la coppia diminuisce in genere perché l’aria ha più tempo per cedere calore alle camicie dei cilindri, e quindi aumentano le perdite termodinamiche. Inoltre, nel diesel, diminuisce la velocità d’iniezione del combustibile, il che comporta un’iniezione irregolare con conseguente diminuzione del rendimento termodinamico. Il fattore determinante è dato comunque dalla fasatura della distribuzione, che è “settata” in sede di progetto per fornire la migliore respirazione ( v ) del motore nella zona centrale d’utilizzo del range di regimi utili: spostarsi al di fuori di questo range mette fuori fase tutti gli accorgimenti che si sono visti parlando della fasatura.

Nell’utilizzo dei m.c.i. la regolazione si attua solo variando la coppia erogata; il numero di giri si assesta automaticamente nella situazione d’equilibrio tra coppia motrice e resistente. Dall’espressione della coppia vista sopra, c = η g ⋅ parametri modificabili in sede d’utilizzo del motore

v

λv ⋅ ρ 0 ⋅ V H i ⋅ , si individuano come unici 2 ⋅π ⋅ε α

e

α.

Nel motore a benzina non è possibile agire su α per variare la coppia: per valori α < αst (rapporto stechiometrico), miscela ricca, si ha emissione d’idrocarburi incombusti ed ossido di carbonio, il che

significa contemporaneamente un incremento di consumi ed emissioni inquinanti; per α < αst , miscela magra o eccesso d’aria, insorge il fenomeno della detonazione che è assolutamente da evitare, inoltre si può verificare lo spegnimento del fronte di fiamma per l’eccessiva rarefazione delle molecole di combustibile. Con l’utilizzo dei catalizzatori allo scarico nei motori a benzina α deve essere mantenuto rigidamente sul valore stechiometrico. Nel motore diesel non esiste la parzializzazione dell’aria in aspirazione, che in ogni condizione viene aspirata nella stessa quantità (a meno delle perdite). E’ evidente dunque come per i due tipi di motore la scelta del parametro sia obbligata: • Motore A.C. : si modula la coppia variando il coefficiente di riempimento v parzializzando il condotto d’aspirazione a valle del carburatore (se il motore è ad iniezione si riduce contemporaneamente l’entità di benzina iniettata). Modulazione per quantità. • Motore A.S. :si modula la coppia variando il rapporto aria/combustibile α attraverso la quantità di gasolio iniettato. Modulazione per qualità. In relazione alle caratteristiche peculiari che distinguono i motori a.c. dai motori a.s. si hanno diversi campi d’applicazione. A parità di potenza il motore diesel è più pesante, perché lavora con rapporti di compressione maggiori e dunque deve essere meccanicamente più robusto del a.c. Il motore diesel ha un rendimento globale superiore al motore a benzina, come vedremo successivamente, grazie agli elevati rapporti di compressione. Il gasolio costa (un po’...) meno della benzina. Il motore diesel si regola meglio, e ha un andamento della coppia in funzione dei giri abbastanza costante, ciò che lo rende adatto a funzionare efficientemente anche a carichi parziali, come in città. Quindi, generalmente, i motori diesel si usano nella trazione pesante (camion, autobus, ecc) ed anche nelle automobili; il motore a benzina è usato quasi esclusivamente per la trazione leggera (auto e moto veicoli).

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Combustioni anormali

La combustione normale presenta le seguenti caratteristiche: -ha inizio nel punto e nell’istante in cui scocca la scintilla; -si propaga gradualmente da quel punto fino all’estremo della camera, senza che si abbiano brusche variazioni di velocità. Quando qualcuna di queste condizioni non è verificata, si realizza una forma di combustione anomala, che può arrivare a provocare danni ai componenti meccanici del motore, accrescere la rumorosità, ridurre la potenza o il rendimento globale. Le forme di combustione irregolare sono: 1) preaccensione: la miscela viene accesa da un punto caldo della camera di combustione prima dello scoccare della scintilla; 2) detonazione: una parte di miscela, prima di essere raggiunta dal fronte di fiamma regolare, viene a trovarsi in condizioni tali da autoaccendersi spontaneamente, creando un brusco aumento locale di pressione ed un sistema di vibrazioni che si propagano alla struttura del motore.

Preaccensione Le cause principali che provocano questo fenomeno sono: sovraccarichi, difettosa refrigerazione che lascia punti caldi nella camera di combustione (spigolo valvola, elettrodo candela, deposito carboniosi, ecc), difetto di tenuta delle fasce elastiche con conseguenti trafilaggii d’olio che, ad alta temperatura, polimerizza formando residui gommosi. Queste zone calde permangono a temperature superiori ai 650÷700°C cosicché provocano l’accensione della miscela prima dell’innesco della scintilla. Il fenomeno della preaccensione, verificandosi in piena fase di compressione, riduce la quota di calore che si trasforma in lavoro utile, e quindi riduce il rendimento globale; giacché il calore Q1 non varia, ci sarà un aumento del calore Q2, con conseguente aumento della temperatura locale: il fenomeno va dunque autoesaltandosi. Un’ulteriore caratteristica perniciosa è data dal fatto la preaccensione si manifesta all’esterno solo attraverso un’accresciuta ruvidezza di funzionamento, difficilmente avvertibile. La preaccensione può essere evitata attraverso un appropriato progetto dei particolari della camera di combustione ed una scelta opportuna di combustibile e lubrificanti: vanno eliminati gli spigoli vivi, si deve progettare attentamente il sistema di raffreddamento della testata. L’organo maggiormente responsabile dell’autoaccensione è comunque la candela, infatti essa si protende nella camera di combustione con elementi eterogenei, il più pericoloso dei quali è il corpo isolante, dato che non ha possibilità di smaltimento del calore. Il comportamento del combustibile nei confronti della preaccensione riguarda il ritardo dell’accensione che misura la rapidità con cui procedono le reazioni chimiche intermedie che portano all’accensione della miscela; il comportamento dei lubrificanti riguarda invece la loro tendenza a formare incrostazioni e depositi, nel momento in cui essi penetrano nella camera di combustione.

Detonazione E’ un fenomeno che si manifesta solo dopo l’inizio dell’accensione normale e riguarda in particolare i motori ad accensione comandata; in regime detonante la maggior parte della miscela brucia regolarmente e solo l’ultima parte si accende in modo pressoché esplosivo, dando luogo a violente onde di pressione. La spiegazione più ovvia è che l’accensione di queste ultime parti sia provocata dalla compressione esercitata dalle prime frazioni bruciate; infatti, una volta scoccata la scintilla, il fronte di fiamma, propagandosi, comprime le frazioni di miscela più lontane e può capitare che la temperatura salga oltre il limite d’accensione spontanea, creando le condizioni d’autoaccensione per frazioni di miscela non ancora Appunti di Macchine I - M.C.I.

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investite dal fronte di fiamma. L’accensione spontanea di queste parti provoca un’onda d’urto, che si propaga riflettendosi sulle pareti della camera di combustione: l’andamento della pressione sarà fortemente sussultorio (con frequenze nell’ordine dei 5÷10 KHz) e ciò comporta vibrazioni meccaniche elevate agli organi circostanti la camera di combustione. Per effetto di queste onde di pressione si verificano: -maggiori sollecitazioni sugli spinotti e sull’albero motore; -rottura del film di lubrificante sulle pareti del cilindro, con conseguente aumento degli attriti (e quindi usura); -ritardi della combustione, che interesserà maggiormente la fase d’espansione, riducendo quindi il rendimento (dato che viene fornito calore a temperature più basse); -maggiore quantità d’incombusti, con minore produzione di potenza e maggiori emissioni inquinatrici. Fattori che influenzano la detonazione La detonazione è favorita da: -diminuzione del N.O. (numero d’ottano) del combustibile, cui corrisponde maggiore reattività chimica della miscela; -aumento del rapporto di compressione, che innalza temperatura e pressione della carica; -introduzione di una massa maggiore di miscela per ogni ciclo (aprendo la valvola a farfalla del carburatore o aumentando il grado di sovralimentazione) poiché si comprime e si riscalda maggiormente la parte finale di carica; -immissione della miscela a temperatura maggiore, che favorisce l’avvio delle reazioni di preossidazione; -eccessivo anticipo dell’accensione, che fa crescere più rapidamente la pressione in camera di combustione e ne innalza il valore massimo; -cattivo raffreddamento della porzione finale della miscela fresca da parte delle pareti della camera di combustione. Altri fattori che favoriscono l’insorgere della detonazione sono quelli che ritardano la propagazione del fronte di fiamma, ossia: -diminuzione del moto turbolento della carica fresca; -un cilindro troppo allungato che aumenta il percorso del fronte di fiamma per raggiungere i punti più lontani della camera di combustione; -rapporto aria-combustibile tendente al “magro” (più aria, meno combustibile rispetto allo stechiometrico) che riduce la velocità d’avanzamento del fronte di fiamma (per una maggiore rarefazione delle particelle di combustibile). Per evitare il fenomeno della detonazione si ricorre a forme compatte della camera di combustione, si tara il carburatore (o l’iniezione) su miscele stechiometriche o leggermente ricche1, si realizza all’interno della camera di combustione un moto il più possibile turbolento, si realizzano scintille d’accensione di forte intensità; con questi accorgimenti si possono realizzare quelle condizioni favorevoli che la detonazione precluderebbe: -aumento del rapporto di compressione, con benefici a livello di rendimento e di potenza specifica; -possibilità di utilizzare combustibili meno pregiati (meno costosi) con un N.O. inferiore. Il fenomeno della detonazione è facilmente individuabile (tramite sensori di tipo acustico od accelerometrico) poiché si manifesta all’esterno con l’emissione di un caratteristico rumore metallico simile ad un martellamento2 e con vibrazioni.

1

In particolare con l’iniezione elettronica, disponendo di sensori di detonazione, si può “arricchire” il rapporto aria-combustibile solo negli istanti nei quali si verifica la detonazione. Si ricorda che, in generale, nei motori ad a.c. di nuova generazione si deve mantenere il più possibile il rapporto stechiometrico. 2 Qualcuno ricorderà il tipico rumore di “battito in testa” delle auto a benzina degli anni ottanta, quando acceleravano a pieno carico ed a bassi regimi di rotazione.

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Numero di ottano e numero di cetano Resistenza alla detonazione, numero di ottano La detonazione è una delle forme di combustione anormale che maggiormente riducono le prestazioni (potenza e consumi) di un m.c.i. ad accensione comandata. Le benzine sono classificate in base al loro potere antidetonante. La scala che definisce il potere antidetonante si basa su due combustibili di riferimento: -isottano (C8H18): la sua struttura molecolare compatta lo rende particolarmente resistente alla detonazione, pertanto il suo valore antidetonante è stato fissato convenzionalmente a 100 (NO = 100); -eptano normale (n-C7H16): è facilmente soggetto a detonazione, per cui il suo valore antidetonante è stato posto pari a 0 (NO = 0). La resistenza alla detonazione di un carburante qualsiasi si misura con il suo numero d’ottano (NO), definito come la percentuale (in volume) di isottano contenuta in una miscela di isottano ed eptano normale, le cui caratteristiche antidetonanti siano equivalenti a quelle del carburante in esame, quando il confronto è eseguito sul motore CFR secondo una metodologia normalizzata. Il motore di prova CFR è un monocilindro il cui rapporto di compressione è variabile (r = 4÷30) attraverso lo spostamento verticale del cilindro rispetto all’albero motore, per mezzo di un accoppiamento manovellavite senza fine-cremagliera. La velocità di rotazione del motore CFR è stabilizzata trascinando lo stesso con un motore elettrico, collegato alla rete, che funziona da generatore o da motore a seconda delle condizioni di lavoro del CFR. Diversi metodi di misura sono stati proposti per eseguire il confronto che conduce alla determinazione del NO di un combustibile; tra di essi, due si sono imposti e sono tuttora ampiamente utilizzati: il Metodo Motore e il Metodo Ricerca. Esecuzione delle prove: alimentando il monocilindro CFR con il combustibile in esame, rispettando le condizioni di funzionamento corrispondenti al metodo utilizzato, si fa variare il rapporto di compressione fino ad ottenere un’intensità di detonazione standard (55); questa è misurata con un gruppo elettronico (detonimetro) che utilizza un sensore di pressione di tipo magnetico, la cui membrana sensibile è affacciata alla camera di combustione del motore e produce un segnale che è proporzionale alle onde di pressione che si manifestano durante la detonazione. Da tabelle di riferimento si risale al NO approssimato del carburante in prova, che corrisponde al rapporto di compressione raggiunto; si preparano poi due miscele campione (isottano + eptano normale) con numero d’ottano noto e differente per due punti, uno più elevato ed uno più basso di quello desunto dalle tabelle. Si provano sul CFR le due miscele campione con una serie di almeno tre prove per ciascuna miscela, fino a raggiungere la costanza delle letture; si riportano quindi i valori su un grafico e per interpolazione lineare si ottiene il NO cercato. Ad esempio, se la mia benzina in esame risulta (dalle tabelle) avere un NO = 85, si preparano due miscele campione, una con NO = 84, l’altra con NO = 86; eseguite le prove si troveranno per ciascuna miscela le intensità di detonazione, una superiore ed una inferiore a 55, ad esempio 60 (per la miscela con NO = 84) e 40 (per la miscela con NO = 86): riportando su un grafico con ascisse intensità di detonazione ed ordinate numero di ottano, si ha una retta passante per i punti relativi alle due miscele campione; il valore di NO sulla retta corrispondente ad un’ascissa di 55 sarà il numero di ottano della benzina in esame. Per aumentare il NO di una benzina vi sono due metodi preferenziali: 1)miscelare la benzina con un’altra avente un NO più alto; 2)usare sostanze antidetonanti come il piombo tetraetile ed il piombo tetrametile; il piombo tetraetile presenta due inconvenienti: -è tossico; -provoca la formazione di depositi di Pb metallico nel cilindro, che localizzano forti processi corrosivi ad alte temperature; -è totalmente incompatibile con i catalizzatori di scarico, per cui è praticamente stato eliminato con l’introduzione della cosiddetta benzina verde.

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Accendibilità, numero di cetano I gasolii usati nei motori Diesel si classificano in base al numero di cetano (NC), che indica l’attitudine del gasolio ad infiammarsi. Ha dunque interesse definire il ritardo all’accensione: se ad esempio fosse troppo esteso, buona parte del combustibile sarebbe iniettato prima dell’accensione, con eccessive velocità di reazione e conseguenti picchi di pressione incontrollati non appena si avvia la combustione, data la grande massa di carburante accumulatasi che raggiunge improvvisamente le condizioni di accensione spontanea. E’ stato introdotto il Metodo del Cetano, che utilizza il CFR opportunamente modificato: in particolare, è necessario sostituire il cilindro mobile con un altro fisso dotato di una precamera cilindrica, munita di uno stantuffino a vite, il quale ha il compito di variare il rapporto di compressione (modificando solo il volume della precamera). Nella prova si utilizzano come combustibile campione miscele di cetano (ritardo all’accensione nullo: NC = 100) e di -metilnaftene (ritardo elevato: NC = 0). Si definisce numero di cetano (NC) la percentuale di cetano che, presente in una miscela di cetano e -metilnaftene, determina per questa un ritardo all’accensione pari a quello del combustibile in esame, effettuando il confronto su un motore CFR con le stesse modalità. Il ritardo all’accensione si determina con un apposito rilevatore posto sullo stilo dell’iniettore: precisamente l’iniettore è munito di un contatto elettrico che rileva l’istante in cui si solleva lo spillo ed inizia l’iniezione; un dispositivo elettrico registra l’istante in cui il combustibile si accende: il tempo intercorso tra i due eventi misura il ritardo all’accensione. Determinazione del NC: Metodo del Cetano. Alimentando il CFR con il combustibile in esame, si aumenta il rapporto di compressione fino a portare l’accensione in corrispondenza del p.m.s.; si ripete la procedura con due miscele campione, opportunamente proporzionate per avere rispettivamente NC maggiore ed inferiore a quello incognito del carburante in esame, riportandone l’accensione al p.m.s. Si individuano così due miscele di riferimento (i cui NC non differiscano per più di 5 punti) che richiedono rapporti di compressione che comprendono quello del combustibile in esame, il cui NC potrà essere ricavato per interpolazione in un grafico con ascisse il rapporto di compressione ed ordinate il NC. Generalmente si considerano valori ottimi per un gasolio NC =60÷80. Bisogna tener conto che non è conveniente un ritardo all’accensione troppo basso, perché altrimenti le goccioline di gasolio potrebbero avviare la propria combustione prima di aver avuto il tempo di vaporizzare nell’aria calda compressa; questo comporta localmente elevate temperature, con rilascio di ossidi di azoto (inquinanti) nonostante la temperatura media nella camera di combustione non sia nominalmente in grado di provocarne la formazione. Si può notare che le circostanze chimiche che facilitano l’accensione sono le stesse che favoriscono la detonazione nel motore a.c., quindi un combustibile ad alto NO avrà un basso NC: l’esperienza ha permesso di enunciare la relazione di Walke tra NO e NC

NO = 120 − 2 ⋅ NC Per i gasolii esistono altri semplici metodi di classificazione come l’indice diesel ed il punto di anilina (cioè la più bassa temperatura, espressa in gradi fahrenheit, alla quale un dato volume di gasolio è completamente miscibile in un uguale volume di anilina1)

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Sostanza chimica utilizzata per la produzione di coloranti e come medicinale antipiretico.

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Potere calorifico inferiore e superiore

Il potere calorifico inferiore Hi rappresenta la quantità di calore sviluppata nel corso della combustione (completa) dall’unità di massa di combustibile, quando l’acqua presente nei prodotti di combustione (somma di quella eventualmente presente nel combustibile come umidità e di quella prodotta dalle reazioni di ossidazione) si trova allo stato di vapore. Il potere calorifico superiore Hs rappresenta la quantità di calore sviluppata nel corso della combustione dall’unità di massa di combustibile quando i prodotti della combustione vengono raffreddati in modo da condensare i vapori d’acqua, che restituiscono il loro calore latente di vaporizzazione. La differenza tra Hi e Hs è proprio il calore latente di evaporazione dell’acqua. Nei motori a combustione interna i gas combusti sono scaricati ad alta temperatura, con l’acqua in stato di vapore; per questo motivo nei calcoli si deve utilizzare il potere calorifico inferiore. Una volta determinato sperimentalmente Hs per un determinato combustibile, il valore inferiore Hi kg acqua può essere calcolato in funzione della frazione in massa di umidità U = kg combustibile e di idrogeno H =

Hi

kg idrogeno

kg combustibile

,

mediante la relazione

MJ MJ = Hs − 2.5 ⋅ (U + 9 ⋅ H ) kg kg

essendo -2.5

-9 =

MJ : calore latente di evaporazione dell’acqua kg

µ H O 18 ≈ : rapporto tra le masse molecolari di acqua e di idrogeno, ossia tra i kg di acqua µH 2 2

2

prodotti dall’ossidazione di 1 kg di idrogeno. Valori numerici, per due combustibili alquanto diffusi: -benzina

Hi = 10420 [kcal/kg] , Hs = 11220 [kcal/kg]

-gasolio

Hi = 10400 [kcal/kg] , Hs = 11000 [kcal/kg]

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M.c.i. e inquinamento Introduzione Il crescente tasso d’inquinamento atmosferico nei centri abitati, principalmente dovuto alle emissioni dei veicoli con motori a combustione interna (m.c.i.), dalla seconda metà del secolo scorso ha portato all’emanazione di normative volte a limitare l’entità di queste emissioni. L’evoluzione odierna si ha nelle normative europea EURO4 e californiana LEV – SULEV. La massima espressione dello stato dell’arte applicato ad un veicolo si ritrova oggi nella nuova BMW 760I, sulla quale un complesso sistema di più convertitori catalitici in cascata consente il superamento delle norme euro 4 e lev. Già dai primi anni ’90 i limiti restrittivi delle normative all’epoca hanno reso indispensabile l’utilizzo dei convertitori catalitici negli autoveicoli, perché i miglioramenti conseguiti a livello di motore non erano più sufficienti a garantire il rispetto dei vincoli. Lo studio e lo sviluppo dei convertitori catalitici (o marmitte catalitiche) è dunque di fondamentale importanza nel campo della ricerca per l’autotrazione.

Emissioni dei m.c.i. La combustione che avviene nei comuni m.c.i. sia di tipo Otto sia Diesel produce una serie di sostanze inquinanti; ciò avviene sia perché il combustibile è una miscela di componenti che non è possibile far reagire in maniera opportuna contemporaneamente, sia perché il processo di combustione non è mai ideale. I principali inquinanti sono gli HC (idrocarburi), il CO (ossido di carbonio), gli NOx (ossidi d’azoto), gli SOx (ossidi di zolfo) ed il particolato (polveri sottili nei diesel). La riduzione degli SOx si ottiene attraverso l’eliminazione dello zolfo nei carburanti, e quella del particolato con l’ottimizzazione dell’iniezione nonché l’utilizzo d’appositi filtri anti particolato (f.a.p.). L’abbattimento delle restanti specie chimiche, NOx, CO e HC si ottiene con l’utilizzo dei catalizzatori trivalenti (nei motori a benzina) oggi obbligatoriamente presenti su tutti i veicoli in produzione. La formazione dell’ossido di carbonio si ha attraverso una successione di step elementari, riassumibili come “idrocarburi radicali perossidi aldeidi chetoni CO ”. L’equazione globale che regola l’equilibrio di questa trasformazione è CO + OH CO2 + H . L’equilibrio si ha ad alta temperatura, raggiunta in fase di combustione; al decrescere della T la reazione si sposta a dx ma contemporaneamente decresce la velocità di reazione la quale dunque si congela; infine rimarrà una quota di CO. La presenza di CO allo scarico del m.c.i. dipende fortemente dal rapporto aria-combustibile (a.f.r., air fuel ratio) d’alimentazione: la presenza di CO è decrescente allo smagrirsi della carburazione, grazie alla disponibilità di O2 in grado di ossidare il CO. La presenza di idrocarburi incombusti HC è dovuta a diverse cause: una combustione “incompleta” dovuta nella camera di combustione a locali carenze di ossigeno, oppure ad assorbimento e rilascio di carburante incombusto nel film di lubrificante o spegnimento della fiamma sulle pareti del cilindro. La quantità di HC emessi allo scarico dipende dall’anticipo di accensione perché ritardando questo la combustione può procedere anche in fase di scarico ossidando ulteriormente gli Appunti di Macchine I - M.C.I. 54

idrocarburi, ma soprattutto dal rapporto a.f.r. : si ha un minimo di HC in corrispondenza di miscele leggermente più magre della stechiometrica; miscele grasse non garantiscono ossigeno sufficiente alla completa ossidazione, miscele troppo magre comunque portano a combustione incompleta per spegnimento della fiamma. Infine l’incrocio delle valvole al p.m.s. di fine scarico può portare della miscela fresca direttamente allo scarico. Gli ossidi d’azoto NOx (di cui il 98% è NO) si formano con i seguenti meccanismi elementari: O + N2 NO + N ; O2 + N NO + O ; N + OH NO + H . Tali reazioni sono all’equilibrio a circa 2000 K con la massima quantità di NO, ma quando in fase di espansione la T e la P descrescono, l’equilibrio pur spostandosi a sinistra si congela per la diminuzione della velocità di reazione, lasciando dunque una quantità di NO residua. La dipendenza degli NOx dal a.f.r. mostra un massimo per miscele poco più magre rispetto alla stechiometrica; un aumento dell’anticipo di accensione provoca una maggiore temperatura di combustione e dunque una maggior produzione di NOx; d’altra parte la riduzione dell’anticipo non è auspicabile termodinamicamente poiché riduce pressione e temperatura massime del ciclo e le sposta nella fase di espansione, con conseguente riduzione di rendimento. Un metodo alternativo ai catalizzatori per ridurre le emissioni di NOx è il ricircolo dei gas di scarico o e.g.r. : prelevando una quota dei gas combusti fino al 15% e riammettendola all’aspirazione si determina un abbassamento della T max del ciclo e quindi anche dell’ NOx. Tale sistema è vantaggioso però solo ai carichi intermedi.

Il catalizzatore trivalente Tale dispositivo allo stato dell’arte attuale è in grado di abbattere convenientemente le tre specie inquinanti viste sopra in regime stazionario, cioè a catalizzatore caldo. Esiste invece una fase iniziale di riscaldamento del catalizzatore, detta start up o light off durante la quale l’efficienza dello stesso è bassa o nulla. Poiché nel ciclo standardizzato urbano si è visto che un catalizzatore di vecchia generazione emette il 60% degli HC nei primi cento secondi, si capisce l’importanza della riduzione di tale intervallo. In particolare la dipendenza con la temperatura dell’efficienza di conversione è crescente, è nulla sotto i 500 K ed ottiene il massimo in corrispondenza di circa 700 K. Il secondo parametro vitale per l’efficienza di conversione è il rapporto a.f.r. : per quanto riguarda la conversione di CO e HC essa è bassissima per miscele grasse, cresce in prossimità della stechiometrica ed è massima per miscele magre; viceversa avviene per gli NO: per miscele magre, a fronte di una minore produzione al motore di NOx, si ha una ridotta efficienza di conversione del catalizzatore, mentre per miscele grasse si ha un’alta efficienza. Dunque è a cavallo della composizione stechiometrica che si riesce ad ottenere contemporaneamente una buona conversione (superiore all’80%) per tutte e tre le specie. Il controllo della stechiometria dell’alimentazione avviene elettronicamente ad anello chiuso attraverso il segnale della sonda lambda posta a monte del catalizzatore ed elaborato dalla centralina di iniezione. Il meccanismo per il quale funziona il convertitore catalitico è la riduzione dell’energia di attivazione delle reazioni redox che eliminano le tre specie inquinanti a favore dei normali ed innocui prodotti di combustione CO2 N2 e H2O : CO2 ; CnHm + (n + m/4) O2 CO2 + m/2 H2O ; CO + NO CO2 + ½ N2 CO + ½ O2 Tali reazioni avvengono sulle pareti catalitiche del convertitori, dopo che i gas hanno diffuso dal canale verso le pareti. I prodotti della reazione diffondono di nuovo dalle pareti al canale. Gli elementi catalizzatori sono dei metalli nobili, platino Pt e rodio Rh , dispersi su un opportuno supporto poroso di allumina detto washcoat in grado di moltiplicare la superficie disponibile agli Appunti di Macchine I - M.C.I.

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scambi chimici (rispetto a quella geometrica) di un fattore 70. Il washcoat è disposto su una struttura a nido d’ape con numerosi canali realizzata in materiale ceramico (cordierite, leggera economica ma scarsamente conduttiva termicamente, tempi di light off lunghi) o metallico (tipicamente acciaio, costoso ma molto conduttivo, tempi di light off brevi). Tale struttura, che costituisce il corpo del monolite, è realizzata a nido d’ape sia per conferirgli la maggiore resistenza meccanica, sia per favorire lo scambio di energia e massa fluido-parete.

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Bibliografia [1]: Carmelo Caputo, “Le macchine volumetriche, vol. III”, ed. Masson. [2]: Carmelo Caputo, “Le macchine volumetriche, vol. III, tomo II”, ed. Masson. [3]: Giancarlo Ferrari, “Motori a combustione interna”, ed. Capitello. [4]: John B. Heywood, “Internal combustion engine fundamentals”, ed. Mc Graw Hill. [5]: Dante Giacosa, “Motori endotermici”, ed. Hoepli. [6]: Giovanni Scotto Lavina, “Riassunto delle lezioni di meccanica applicata alle macchine”, ed. Siderea

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