ROBERT GRANT L’analisi strategica nella gestione aziendale

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ROBERT GRANT L’analisi strategica nella gestione aziendale Il Mulino, 1994

Docente di Strategic Management nella Georgetown School of Business a Washington. Oltre che docente di management e autore di testi, Grant è consulente di importanti imprese americane ed europee ed è uno dei massimi esperti a livello internazionale di strategie aziendali.

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SOMMARIO ‰ IDENTIFICAZIONE DEI FATTORI CRITICI DI SUCCESSO ‰ ANALISI DELLE RISORSE E COMPETENZE ‰ DETERMINAZIONE DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

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PARTE PRIMA ‰ IDENTIFICAZIONE DEI FATTORI CRITICI DI SUCCESSO ‰ ANALISI DELLE RISORSE E COMPETENZE ‰ DETERMINAZIONE DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

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FATTORI CHIAVE DI SUCCESSO

(Grant, 1994, pag. 85)

“Le possibilità che un'impresa ha di influenzare la struttura di settore, e di migliorare conseguentemente l'equilibrio delle forze competitive sono solitamente limitate alle grandi imprese, che occupano importanti posizioni all'interno dei loro settori, o a quei settori in cui le imprese sono in grado di cooperare in modo efficace. Ne consegue che, per la maggior parte delle imprese, lo scopo principale della strategia aziendale non è quello di migliorare le condizioni globali del settore, ma quello di stabilire un vantaggio competitivo sui rivali… Siamo in grado di guardare avanti e di stabilire quale potrebbe essere il vantaggio competitivo in un settore in base ai fattori che risultano più importanti per determinare la capacità di sopravvivere e di prosperare di un'impresa… Per sopravvivere e prosperare in un settore, un'impresa deve soddisfare due condizioni: deve offrire al consumatore ciò che questi vuole comprare, e deve sopravvivere alla concorrenza. Quindi, il nostro approccio, volto all'identificazione dei fattori chiave di successo, consiste in due domande: a) che cosa vogliono i nostri consumatori? b) che cosa deve fare l'impresa per sopravvivere alla concorrenza? Per rispondere alla prima domanda, dobbiamo osservare più da vicino i clienti del settore e vederli non tanto come una fonte di conflittualità e di conseguenza come una minaccia per la redditività, ma più come la base razionale con cui giustificare l'esistenza del settore, e come la fonte di profitto per il settore. Il primo criterio relativo alla redditività, come abbiamo notato all'inizio, è che l'impresa fornisca ai clienti prodotti o servizi per i quali siano disposti a pagare un prezzo superiore ai costi di produzione. Questo comporta che si debbano individuare i bisogni dei consumatori e stabilire le basi su cui essi selezionano le offerte di un fornitore preferendole a quelle di un altro. Per rispondere alla seconda domanda, dobbiamo esaminare le basi della concorrenza all'interno del settore. Si tratta di stabilire il grado di intensità della concorrenza e i suoi aspetti chiave. Se un settore realizza un prodotto di base per il quale le possibilità di differenziazione sono limitate, allora l'obiettivo principale sui cui si concentra la concorrenza è probabilmente il prezzo. Per sopravvivere alla concorrenza sui prezzi, e prosperare, l'impresa deve attestarsi su bassi costi di produzione. L'esame dei fattori che determinano l'andamento dei costi all'inter-no di un settore, per esempio l'importanza delle economie di scala, l'entità dell'eventuale capacità produttiva in eccesso, il rapporto costi fissi costi variabili, rappresentano le maggiori opportunità per conseguire un vantaggio di costo.” (Grant, 1994, pag. 8384)

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PARTE SECONDA ‰ IDENTIFICAZIONE DEI FATTORI CRITICI DI SUCCESSO ‰ ANALISI DELLE RISORSE E COMPETENZE ‰ DETERMINAZIONE DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

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RISORSE COME FONTE DI REDDITIVITA’

(Grant, 1994, pag. 126)

“Il secondo motivo che ci spinge a considerare le risorse come il fondamento della strategia di un'impresa è il fatto che i profitti derivano in ultima analisi dalle risorse possedute e controllate dall'impresa. Abbiamo stabilito che la redditività dell'impresa deriva da due elementi: l'attrattività del settore nel quale è collocata l'impresa e la realizzazione del vantaggio competitivo rispetto alle altre imprese del settore stesso. Tuttavia, se analizziamo più a fondo i due aspetti, ci rendiamo conto che entrambe possono essere ricondotti alle risorse dell'impresa… L'approccio alla strategia fondato sulle risorse include tre elementi fondamentali. 1) La selezione di una strategia che trae vantaggio dalle principali risorse e competenze dell'impresa: le aziende che hanno raggiunto un successo nel lungo periodo, come IBM, Black and Decker, Marks & Spencer (catena britannica di grande distribuzione al dettaglio), Siemens (gigante tedesco dell'ingegneria elettrica) sono quelle che hanno limitato la loro gamma di attività e le loro strategie ed aree di affari coerenti con le proprie risorse e competenze… 2) Il pieno utilizzo delle risorse dell'impresa e loro sfruttamento fino al limite estremo del potenziale di profitto… 3) Lo sviluppo delle risorse di base della società. L'analisi delle risorse non si occupa solo del problema della loro allocazione, ma ha anche l'obiettivo di colmare delle carenze di risorse esistenti e di creare la base di risorse future dell'impresa.” (Grant, 1994, pag. 125-128)

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RISORSE E COMPETENZE

(Grant, 1994, pag. 129)

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RISORSE DI BASE DELL’IMPRESA ¾ Risorse tangibili: tangibili: sono quelle che possono essere identificate e valutate più più facilmente; le risorse finanziarie e fisiche vengono identificate nella situazione patrimoniale dell'impresa e valutate con i normali metodi contabili.

¾ Risorse intangibili: intangibili: sono rappresentate dalle risorse che le persone mettono a disposizione dell' impresa, dalle loro competenze, conoscenze e dalle loro capacità capacità di ragionamento e decisionali.

“Risorse tangibili. Le risorse tangibili sono quelle che possono essere identificate e valutate più facilmente: le risorse finanziarie e fisiche vengono identificate nella situazione patrimoniale dell'impresa e valutate con i normali metodi contabili. Allo stesso tempo, i bilanci sono noti per la loro tendenza a nascondere le informazioni strategicamente rilevanti e a distorcere il reale valore delle attività. Lo stato patrimoniale rappresenta senz'altro un buon punto di partenza ma, per valutare le risorse che possono contribuire alla creazione del vantaggio competitivo è importante che, una volta raccolte le informazioni finanziarie, si vada oltre i dati contabili mediante l'esame dei semplici fatti contingenti. Sapere che la Bethlehem Steel dispone di immobilizzazioni fisse per un valore contabile pari a 480 milioni di dollari non è molto utile alla valutazione della loro importanza strategica. Dove sono posizionati gli impianti della Bethlehem, di quali capacità dispongono, qual è l'anzianità ed il tipo di attrezzature utilizzate e qual è il loro grado di flessibilità rispetto ai materiali utilizzati, alle variazioni nella produzione e nella gamma di prodotto? Una valutazione strategica delle risorse tangibili deve fornire una risposta a due quesiti fondamentali: come si può, da un lato, economizzare sulle risorse finanziarie, sulle scorte e sulle immobilizzazioni fisse, dall'altro, come si possono impiegare in maniera più redditizia le attività esistenti… Risorse intangibili. Con il passare del tempo, l'importanza attribuita dalle imprese al capitale circolante, alle attività fisse e ad altre attività materiali è sempre più limitata, sia in termini di valore che di fonte di vantaggio competitivo. Nello stesso tempo, le risorse intangibili rimangono invisibili per i contabili ed i revisori dei conti. Nella maggior parte dei bilanci, l'introduzione delle risorse intangibili è limitata al valore dell' avviamento che si riconosce in sede di acquisizione dell'impresa e alla spesa capitalizzata per la R&S. Le valutazioni contabili del capitale netto, quindi, sono sempre meno connesse al valore reale delle risorse di un'impresa. Le attività di maggior valore di cui dispongono i produttori di beni di consumo sono probabilmente i loro marchi, che però non vengono valutate nel bilancio oppure lo sono solo al momento di una loro acquisizione… Per identificare e valutare le risorse intangibili, può esser utile distinguere tra beni intangibili umani e non umani. Le persone sono chiaramente tangibili, ma le risorse che esse mettono a disposizione dell' impresa sono rappresentate dalle loro competenze, conoscenze e dalle loro capacità di ragionamento e decisionali. Gli economisti definiscono le capacità produttive degli esseri umani come capitale umano. Identificare e valutare le riserve di capitale umano di un'impresa è un compito difficile. Competenze e capacità dei singoli individui possono essere valutate in termini di rendimento sul lavoro, esperienza e qualificazione. Tuttavia, tali elementi sono solo degli indicatori delle potenzialità del singolo. I problemi connessi all'identificazione delle singole competenze sono aggravati dal fatto che, poiché i singoli lavorano in gruppo, diventa difficile esaminare il loro contributo al rendimento globale della società… Mentre l’apprezzamento delle risorse intangibili da parte dei contabili rimane scarso, il mercato azionario attribuisce loro un valore sempre più elevato.” (Grant, 1994, pag. 130-133)

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ROUTINE ORGANIZZATIVE ¾ Rappresentano un modello di attività attività dal funzionamento regolare e prevedibile, costituito da una serie di azioni coordinate dai singoli. ¾ Il comportamento globale dell'organizzazione è un insieme di enormi reti di routine.

¾ La strategia stessa di una società società può essere vista come una routine.

“Tali routine rappresentano un modello di attività dal funzionamento regolare e prevedibile, costituito da una serie di azioni coordinate dai singoli. Si può affermare che il comportamento globale dell'organizzazione è un insieme di enormi reti di routine. A livello di produzione, il passaggio dalle materie prime e dai componenti attraverso il processo di lavorazione fino all'uscita dalla fabbrica, è basato su una serie di routine. Anche le vendite, gli ordini, la distribuzione ed il servizio ai clienti sono strutturati in una serie di routine standardizzate e complementari. Perfino le attività legate al top management sono fondate su alcune routine. Le routine vengono utilizzate per controllare le prestazioni delle unità operative, per pianificare gli investimenti, per valutare ed incentivare il personale. La strategia stessa di una società può essere vista come una routine: essa consiste infatti in una serie di linee di condotta che determinano il tipo di risposta agli eventi da parte dell'impresa stessa. Il concetto di routine organizzative è quindi essenziale per la comprensione delle competenze di un'impresa. Le caratteristiche delle routine che abbiamo indicato ci aiutano a comprendere quanto sia difficile riprodurre le attività proprie di un'impresa ed i motivi delle grosse difficoltà incontrate dalle imprese nel rispondere a nuove situazioni… La relazione tra risorse e competenze. Uno dei presupposti della routine organizzativa è il fatto che le competenze di un'impresa non derivano semplicemente dall'insieme di risorse individuali da essa controllate. Ciò che l'impresa è in grado di fare è influenzato grandemente dal tipo, dalla quantità e dalla qualità delle risorse disponibili, fattori che limitano la gamma ed il livello di attuazione delle routine organizzative realizzabili. Le risorse, tuttavia, non sono gli unici fattori che determinano ciò che l'impresa è in grado di fare e le modalità di attuazione. Un fattore essenziale nella relazione esistente tra risorse e competenze è la capacità da parte del management di far cooperare e di coordinare le risorse necessarie allo sviluppo delle routine organizzative stesse. La capacità dell'impresa di motivare e far socializzare i propri membri allo scopo di ottenere la loro collaborazione ed il loro impegno dipende dallo stile organizzativo, dalla cultura, dalla leadership e dai sistemi di controllo, di incentivazione e di comunicazione attuati dall'organizzazione stessa… Economie di esperienza. Come le professionalità individuali vengono acquisite attraverso la pratica, così lo sviluppo e la sostenibilità delle competenze da parte dell'organizzazione avviene unicamente attraverso l'esperienza. Il vantaggio di cui gode un'impresa che opera da tempo in un settore rispetto ad un nuovo entrante è dato dall'insieme di routine organizzative che essa ha perfezionato nel tempo.” (Grant, 1994, pag. 139-141)

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CAPACITA’ DI PRODURRE RENDITA DI RISORSE E COMPETENZE

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(Grant, 1994, pag. 143)

“Attraverso l'individuazione delle proprie risorse e competenze e la determinazione di aree di forza relative rispetto agli avversari, le imprese possono modificare la strategia perseguita in modo tale da sfruttare pienamente le proprie forze e proteggersi rispetto alle proprie debolezze…Per definire la capacità di risorse e competenze di generare profitti nel lungo periodo è innanzitutto necessario valutare le risorse e competenze stesse, in primo luogo, in relazione alla capacità dell'impresa di ottenere un rendimento dalle proprie risorse e, in secondo luogo, in relazione alla sostenibilità del vantaggio competitivo.” (Grant, 1994, pag. 142) Acquisibilità “Il concetto di proprietà diventa meno definito se consideriamo attività diverse da quelle finanziarie e fisiche. L'impresa può stabilire diritti di proprietà su alcune attività immateriali, come ad esempio i brevetti, i diritti d'autore ed i marchi. Tuttavia, la reputazione e le conoscenze di un'impresa sono protette solo in parte da diritti sulla proprietà che hanno effettiva validità legale. Le competenze di un'impresa sono determinate innanzitutto dalle capacità dei singoli dipendenti…Le conseguenze per l'impresa sono duplici: innanzitutto, la mobilità dei dipendenti non consente all'impresa di fondare la propria strategia sulle competenze specifiche dei singoli; in secondo luogo, la posizione in cui si trova il dipendente gli garantisce il riconoscimento del contributo alla prosperità dell'impresa espresso nella retribuzione e nei benifici di cui gode.” (Grant, 1994, pag. 142-146) Durevolezza “Alcune risorse hanno una durata più lunga di altre e costituiscono quindi una base più sicura per il vantaggio competitivo. La velocità di innovazione tecnologica sta riducendo la vita utile della maggior parte dei capitali fissi, di conseguenza, i periodi di ammortamento di cinque anni sono diventati ormai inadeguati per molti settori. Le imprese che operano nei settori manifatturieri stornano o ammortizzano le attività fisse molto prima che esse abbiano perso completamente il loro valore. Le attività immateriali hanno una durata molto variabile. Mentre il va-lore dei brevetti si riduce sempre più in seguito alle continue innova-zioni tecnologiche, i marchi dei beni di consumo sono piuttosto stabili.” (Grant, 1994, pag. 146-147) Trasferibilità “La capacità dell'impresa di mantenere il vantaggio competitivo nel tempo dipende dalla velocità di acquisizione di risorse e competenze similari da parte degli avversari. Per acquisire le capacità che li mettono in condizione di competere, gli avversari devono innanzitutto disporre dei fattori della produzione. Per fare ciò, è indispensabile che risorse e competenze siano trasferibili. Alcuni tipi di risorse, come ad esempio le materie prime, i componenti, le macchine standardizzate e certi tipi di dipendenti, possono essere trasferiti tra imprese diverse e venduti senza difficoltà. Altre risorse non sono facilmente trasferibili: non è semplice trasportare macchinari di grandi dimensioni o fissi. Altri tipi di risorse possono essere specifiche di un'impresa e perdere il loro valore una volta trasferite ad un'altra, come accade nel caso delle conoscenze tecnologiche o dei marchi. Altre ancora, come la reputazione, possono essere interamente specifiche della singola impresa e malgrado siano molto preziose per l'impresa stessa possono non avere alcun valore di mercato. Può essere molto rischioso acquisire queste risorse sul mercato lad-dove risultano altamente differenziate e se le informazioni sulla loro qualità sono scarse (ad es. i manager).Le risorse facilmente trasferibili tra imprese diverse non hanno un ruolo importante nella strategia. Le attività specifiche di un'impresa, invece, hanno un ruolo importante per l'iden-tità dell'impresa stessa e sono in grado di assicurarle il vantaggio competitivo nel tempo.” (Grant, 1994, pag. 147-148) Riproducibilità “Il fatto che una risorsa o una routine sia specifica dell'impresa, limita le possibilità di acquisto della stessa sul mercato da parte di un'altra impresa. L'alternativa per acquisire una capacità è crearla internamente tramite investimenti. Alcuni vantaggi possono infatti essere facilmente riprodotti, ad esempio quelli acquisiti da un negoziante che aumenta l'orario di apertura o da un quotidiano che passa alla stampa a colori possono essere imitati senza grandi difficoltà. La riproducibilità diventa però più difficile nel caso esistano barriere legali, come per i prodotti o i processi brevettati. Le competenze di più difficile riproducibilità sono probabilmente quelle fondate sull'attuazione di routine organizzative complesse.” (Grant, 1994, pag. 148)

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ANALISI DELLE RISORSE

(Grant, 1994, pag. 151)

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PARTE TERZA ‰ IDENTIFICAZIONE DEI FATTORI CRITICI DI SUCCESSO ‰ ANALISI DELLE RISORSE E COMPETENZE ‰ DETERMINAZIONE DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

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FONTI DI REDDITIVITA’ PIU’ ELEVATA

(Grant, 1994, pag. 38)

“Una volta stabilito che l'obbiettivo fondamentale di un'impresa è produrre un utile sul capitale superiore al costo del capitale stesso, in che modo l'impresa è in grado di determinare tale utile? Esistono due possibilità: 1) l'impresa può collocarsi in un settore d'attività che offre condizioni favorevoli, tali da determinare un tasso di redditività sul capitale superiore rispetto ad altri settori; 2) l'impresa può acquisire un vantaggio rispetto ai concorrenti che operano nello stesso settore d'attività che le consente di conseguire un utile superiore alla media. In base a queste due fonti di rendimento superiore vengono definiti i due livelli di strategia di un'impresa: la strategia a livello di corporate e la strategia a livello di singola unità di business (vedi figura). La strategia a livello di corporate definisce i settori ed i mercati all'in-terno dei quali l'impresa compete e comprende le scelte di diversificazione, integrazione verticale, acquisizione, cessione oltre alle decisioni sulle nuove iniziative. Seleziona il portafoglio di attività dell'impresa, e effettua le scelte di allocazione delle risorse tra le diverse unità di business. La strategia a livello di business determina il comportamento competitivo dell'impresa all'interno di un settore o di un mercato specifico. Sia che l'impresa punti ad essere leader in un settore, sia che punti alla semplice sopravvivenza, dovrà adottare una strategia che le consenta di determinare un vantaggio competitivo rispetto agli avversari. Questo tipo di strategia viene definito strategia competitiva. La strategia della singola unità di business stabilisce l'indirizzo generale da seguire per determinare un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo; l'utilizzo specifico di risorse a livello operativo è invece l'oggetto delle strategie funzionali, che costituiscono il terzo livello della strategia. Questo livello comprende le politiche, a livello settoriale come a livello di prodotto, di produzione, di R&S, di marketing, del personale e finanziarie… La scelta di dare maggiore risalto in questo testo alla strategia di business, piuttosto che a quella di corporate, dipende dalla convinzione che la vera chiave del successo di un'impresa sia la realizzazione di un vantaggio competitivo, e questo per due motivi. Innanzitutto, tale vantaggio è una condizione necessaria per assicurare la redditività nel lungo periodo, visto che il numero di settori in grado di assicurare livelli di redditività soddisfacenti per chi vi opera è limitato dalla crescente intensità della concorrenza. In secondo luogo, nelle imprese in fase di sviluppo, prevale l'attenzione alla strategia di business rispetto a quella di corporate. Una volta che l'impresa è consolidata, la sua sopravvivenza ed il suo successo dipendono dalla realizzazione del vantaggio competitivo all'interno di un singolo mercato. Solo quando l'impresa ha raggiunto il successo nel mercato di un prodotto, può prendere in considerazione la diversificazione in altre aree di attività. La diversificazione e la ripartizione delle risorse tra attività differenti sono quindi fattori tipici di organizzazioni mature che hanno già raggiunto il successo in settori specializzati. La strategia a livello di singole aree d'affari deve avere la precedenza su quella di corporate anche nel caso delle grandi imprese diversificate: se l'impresa non è in grado di realizzare un vantaggio competitivo in nessuno dei propri settori di attività, l'allocazione delle risorse tra le varie attività è inconcludente.” (Grant, 1994, pag. 37-40)

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COERENZA STRATEGICA Il presupposto fondamentale per una strategia di successo è che sia ispirata da un criterio di coerenza. La strategia deve essere coerente e compatibile con gli obbiettivi e i valori dell'impresa, con la sua organizzazione ed i suoi sistemi, le sue risorse e il suo ambiente.

“Il presupposto fondamentale per una strategia di successo è che sia ispirata da un criterio di coerenza. La strategia deve essere coerente e compatibile con gli obbiettivi e i valori dell'impresa, con la sua organizzazione ed i suoi sistemi, le sue risorse e il suo ambiente. Esamineremo ora i dettagli di questi quattro aspetti della coerenza strategica. Coerenza con gli obbiettivi e con i valori. Abbiamo stabilito che l'obbiettivo primario di un'impresa è la massimizzazione della redditività nel lungo periodo. Tale obbiettivo non contribuisce però a chiarire il tipo di strategia che deve essere perseguita e, inoltre, quello del massimo profitto è un obbiettivo che difficilmente coinvolge emotivamente tutti i membri dell'organizzazione. Di conseguenza, le imprese a volte si trovano nella condizione di dover definire più chiaramente gli obbiettivi in base ai quali possono elaborare le proprie strategie, unificare motivazioni personali diverse, e, in definitiva, dare un senso alla loro stessa esistenza. Questo concetto di obbiettivo dell'organizzazione è generalmente basato sulla visione personale del fondatore dell'impresa e riguarda le modalità di sviluppo dell'impresa e il tipo di contributo innovativo che si prefigge di attuare… Coerenza con l'ambiente settoriale. I settori d'attività vengono differenziati da una serie di fattori che determinano le fonti del vantaggio competitivo: il tipo di bisogni ed aspettative dei clienti, le caratteristi che del prodotto e la struttura competitiva. Il successo di un'impresa dipende dall'attuazione di una strategia che sfrutti le opportunità di vantaggio competitivo offerte dal settore… Perché una strategia possa essere considerata coerente rispetto al settore d'attività è necessario che si adatti, o meglio, che anticipi i cambiamenti che avvengono all'interno dell'ambiente stesso… Coerenza con le risorse. Le decisioni strategiche comportano decisioni d'investimento che impegnano nel lungo periodo le risorse dell'impresa. Il fabbisogno di risorse di una certa strategia deve essere coerente e compatibile con le disponibilità dell'impresa relativamente all'entità e alla tipologia delle risorse… Coerenza con l'organizzazione e con i sistemi di gestione. Perché l'implementazione di una strategia risulti efficace è inoltre necessario che sia accompagnata da una struttura organizzativa e da sistemi di gestione adeguati. In genere i cambiamenti nella strategia a livello di corporate richiedono mutamenti della struttura organizzativa… Anche i sistemi gestionali dell'impresa devono essere coerenti con la strategia perseguita… Coerenza interna. Infine, la strategia deve essere dotata di una sua coerenza intrinseca. Le strategie delle diverse funzioni devono essere coerenti con la strategia aziendale e la strategia delle singole aree d'affari deve a sua volta poter coesistere con la strategia dell'intera impresa. Realizzare questo livello di coerenza non è certo facile. Per attuare strategie funzionali coerenti è necessario superare la tendenza degli specialisti di funzione a perseguire esclusivamente l'ottimizzazione delle rispettive aree di competenza… Uno degli aspetti più importanti della strategia è riuscire a rendere coerenti gli obbiettivi e le decisioni delle varie divisioni, delle unità operative e dei singoli membri che compongono un'impresa. Anche se in questo contesto si dà maggiore risalto alla funzione svolta dalla strategia verso l'esterno, attraverso la realizzazione del vantaggio competitivo nel settore d'attività interessato, non va dimenticato che la strategia riveste un ruolo importante anche all'interno dell'impresa stessa, poiché la sua formulazione consente di conciliare obbiettivi e programmi interni differenti.” (Grant, 1994, pag. 41-45)

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FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

(Grant, 1994, pag. 171)

“Le imprese possono determinare un tasso di profitto (o di potenziale profitto) superiore ai concorrenti in due modi: fornendo il medesimo prodotto o servizio ad un costo più basso oppure differenziando il prodotto o servizio in modo tale che il cliente sia disposto a pagare un differenziale di prezzo superiore al costo addizionale dell'operazione. Nel primo caso, l'impresa detiene un vantaggio di costo, nel secondo caso detiene un vantaggio in termini di differenziazione…

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LEADERSHIP DI COSTO E DIFFERENZIAZIONE

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(Grant, 1994, pag. 172)

Porter ritiene che le strategie di leadership dei costi e di differenziazione si escludano a vicenda: le imprese che tentano di perseguirle entrambe si bloccano a metà del guado… Nella realtà, le alternative per le imprese non sono così rigide. La strategia di differenziazione non consiste semplicemente nella scelta tra differenziarsi o meno. Ogni impresa deve infatti decidere in quale area del mercato collocare il proprio prodotto o servizio. L'adozione di una strategia di bassi prezzi e bassi costi generalmente implica la collocazione sul mercato di una singola linea di prodotto con caratteristiche limitate e standardizzate. Ciò non comporta necessariamente che il prodotto o il servizio sia da considerare alla stregua di una materia prima… Analogamente, le imprese che perseguono la strategia di differenziazione non possono ignorare il problema dei costi. Nella maggior parte dei settori, l'impresa leader in termini di quota di mercato è quella che realizza una modesta differenziazione a costi accettabili. Sono pochi i leader dí mercato che hanno i costi più bassi del settore. I produttori che hanno i costi più bassi sono generalmente imprese piccole o marginali con spese generali eccezionalmente ridotte.” (Grant, 1994, pag. 170-172)

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GIANLUIGI GUIDO Economia e gestione delle imprese Franco Angeli, 2003

Professore associato in Economia e Gestione delle Imprese e docente di Marketing presso la Facoltà di Economia dell'Università di Lecce.È docente di Analisi e Ricerche di Mercato presso la Facoltà di Economia della LUISS di Roma e di Marketing (Comportamento del Consumatore) presso la Facoltà di Psicologia dell'Università "La Sapienza" di Roma.

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SOMMARIO ‰ STRATEGIA E MISSIONE ‰ ANALISI DEL POSIZIONAMENTO STRATEGICO ‰ IL CONFLITTO COMPETITIVO

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PARTE PRIMA ‰ STRATEGIA E MISSIONE ‰ ANALISI DEL POSIZIONAMENTO STRATEGICO ‰ IL CONFLITTO COMPETITIVO

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STRATEGIA Viene definita come una combinazione di fini da raggiungere e strumenti che consentono di realizzare quei fini con particolare riferimento all'ambiente competitivo nel quale l'impresa si trova ad operare.

“La strategia competitiva può essere definita come una combinazione di fini da raggiungere e strumenti che consentono di realizzare quei fini con particolare riferimento all'ambiente competitivo nel quale l'impresa si trova ad operare; la strategia si sostanzia, dunque, in un comportamento imprenditoriale di lungo termine finalizzato al raggiungimento degli obiettivi primari della gestione, che si evolvono in funzione del rapporto tra l'impresa e il suo ambiente: si dice, pertanto, che la strategia si caratterizza per tre elementi: (1) la formulazione ad alto livello direzionale; (2) la proiezione a lunga scadenza; e (3) la priorità dei traguardi da raggiungere… Il problema strategico può essere affrontato a vari livelli; supponendo di aver definito un orientamento strategico (enterprise strategy) atto a governare il rapporto complessivo tra l'impresa e il suo ambiente, è possibile distinguere tre livelli gerarchici sottostanti: (1) le strategie globali (corporate strategies), di sviluppo o di mantenimento delle posizioni nei campi d'attività dell'impresa, atte ad assicurare la migliore allocazione dinamica delle risorse fra le diverse attività dell'impresa; (2) le strategie competitive (business strategies). che definiscono le politiche per fronteggiare la concorrenza e acquisire la clientela, con l'obiettivo di creare o mantenere i vantaggi competitivi dell'impresa nei confronti della dinamica settoriale; e (3) le strategie funzionali (operative strategies, come le strategie di produzione, di marketing, ecc.), strumentali rispetto alle precedenti. che riguardano le modalità di attuazione delle funzioni di gestione.” (Guido, 2003, pag. 427-429)

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MISSIONE STRATEGICA La missione strategica costituisce: 1. La traduzione degli scopi dell'impresa in obiettivi specifici, che siano: misurabili, quantificabili, riferiti al tempo, fattibili 2. Lo strumento logico ed empirico per mantenere consapevolmente la rotta strategica e realizzare gli obiettivi finali 3. Il mezzo per governare le interazioni tra risorse interne e opportunità opportunità/rischi dell'ambiente

Intrinseca alla creazione del vantaggio competitivo è la missione strategica, che non è dunque un obiettivo ultimo, ma una finalità intermedia verso la realizzazione dei veri obiettivi strategici dell'impresa… La missione strategica costituisce: (1) la traduzione degli scopi dell'impresa in obiettivi specifici, che siano: misurabili, quantificabili, riferiti al tempo, fattibili (obiettivi generici sono del tutto inutili e perfino dannosi); (2) lo strumento logico ed empirico per mantenere consapevolmente la rotta strategica e realizzare gli obiettivi finali (la figura, illustra - a titolo d'esempio - alcuni degli obiettivi specifici dell'impresa per aree funzionali); (3) il mezzo per governare le interazioni tra risorse interne e opportunità/rischi dell'ambiente (per questo, oltre alla missione, l'impresa deve possedere anche una visione aziendale, cioè un'immagine del futuro dell'impresa, condiviLa missione strategica costituisce: (1) la traduzione degli scopi dell'impresa in obiettivi specifici, che siano: misurabili, quantificabili, riferiti al tempo, fattibili (obiettivi generici sono del tutto inutili e perfino dannosi); (2) lo strumento logico ed empirico per mantenere consapevolmente la rotta strategica e realizzare gli obiettivi finali (la figura, illustra - a titolo d'esempio - alcuni degli obiettivi specifici dell'impresa per aree funzionali); (3) il mezzo per governare le interazioni tra risorse interne e opportunità/rischi dell'ambiente sa all'interno dell'organizzazione, che sia: concisa e facilmente memorizzabile; esplicita nell'indicare la concorrenza che si vuol combattere; in grado di mobilitare gli uomini verso una posizione ben definita)… (Guido, 2003, pag. 436-442)

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PARTE SECONDA ‰ STRATEGIA E MISSIONE ‰ ANALISI DEL POSIZIONAMENTO STRATEGICO ‰ IL CONFLITTO COMPETITIVO

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ANALISI PORTAFOGLIO ATTIVITA’ L'analisi del portafoglio d'attività d'attività è solitamente condotta attraverso delle rappresentazioni matriciali, in cui indicatori diversi misurano due sole variabili rappresentative del quadro strategico:

1. Il grado d'attrattività del mercato 2. La competitività dell'impresa

“Per individuare il posizionamento strategico dell’impresa e fornire all’alta direzione delle informazioni che possano essere facilmente interpretate per assumere su una base il più possibile razionale le decisioni suddette, l'analisi del portafoglio d'attività è solitamente condotta attraverso delle rappresentazioni matriciali, in cui indicatori diversi misurano due sole variabili rappresentative del quadro strategico: (1) il grado d'attrattività del mercato; e (2) la competitività dell'impresa... I modelli di analisi più utilizzati sono due: (1) la matrice del Boston Consulting Group (BCG), proposta anche in una nuova versione; e (2) la matrice General Electric/McKinsey...

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MATRICE BOSTON CONSULTING GROUP - 1

(Karlof, 1990, pag. 181)

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MATRICE BOSTON CONSULTING GROUP - 2

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(Guido, 2003, pag. 460)

La matrice BCG consente di visualizzare il posizionamento strategico dell'impresa, posizionando ciascuna unità strategica di base (USB) - corrispondente, generalmente, a un prodotto - secondo due dimensioni: (1) la quota di mercato relativa (cioè il rapporto tra quantità di prodotto collocata sul mercato dalla USB rispetto a quella del suo più forte concorrente), e (2) il tasso di sviluppo del mercato (cioè il tasso di espansione dell'area d'affari, ASA, in cui opera la USB): se si pone, ad esempio, un valore medio del 10%, il tasso di sviluppo può essere inteso alto o basso a seconda che sia maggiore o minore di tale valore. Ogni USB è rappresentata da un cerchietto proporzionale al proprio fatturato: cioè l'arca di ogni cerchio rappresenta il volume d'affari del prodotto offerto dalla USB. La matrice è suddivisa in quattro quadranti, che distinguono i prodotti offerti in: (1) stelle (stars), caratterizzati da alta velocità di crescita e buona competitività per l'impresa, su cui val la pena di puntare per il futuro nonostante richiedano allo stato abbondanti investimenti; (2) mucche cassiere (cash cows), caratterizzati da crescita delle vendite non elevata ma buona posizione competitiva dell'impresa, i quali costituiscono la principale fonte di autofinanziamento per l'impresa non richiedendo particolari investimenti; (3) cani (dogs), caratterizzati da bassa crescita in volume e quota di mercato modesta per l'impresa, sui quali, pertanto, si farebbe bene a non investire e, addirittura, a dismetterli; e (4) dilemma (question marks, o wildcats), caratterizzati da alta crescita in volume ma quota minima per l'impresa, che risultano problematici poiché, da un lato, consentono all'impresa d'aumentare le vendite e, dall'altro, la obbligano a sostanziali investimenti per mantenere una competitività adeguata… (Guido, 2003, pag. 456-472)

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MATRICE GENERAL ELECTRIC/McKINSEY - 1

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(Karlof, 1990, pag. 165)

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MATRICE GENERAL ELECTRIC/McKINSEY - 2

(Guido, 2003, pag. 465)

Assieme alla matrice BCG, un modello di analisi di portafoglio assai utilizzato è costituito dalla matrice General Electric/McKinsey che, a differenza della precedente, non considera solo due variabili (tasso di sviluppo e quota di vendita) per esprimere l'attrattività del mercato e la competitività dell'impresa, bensì una serie di fattori esplicativi, selezionati dall'impresa in base agli elementi di criticità del proprio business, a ciascuna dei quali viene attribuito un certo peso. Si costruisce, in tal modo, una matrice a nove celle articolata su due dimensioni di sintesi (vedi figura): (1) l'attrattività del mercato, definita da un insieme di fattori utili per valutare le prospettive offerte dall'area d'affari, per esempio: dimensioni e prospettive di crescita del mercato, grado di competitività, redditività, barriere all'entrata, tecnologie, aspetti socio-politico-legali; e (2) la capacità competitiva, definita dall'insieme dei punti di forza di cui dispone l'impresa per acquisire un differenziale sui concorrenti, per esempio: dimensione e prospettive di crescita dell'impresa, quota di mercato, margini, capacità tecnologiche e di ricerca, disponibilità di risorse finanziarie, manageriali e di marketing… (Guido, 2003, pag. 456-472)

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CONDOTTE STRATEGICHE SUGGERITE DALLA MATRICE GE/McKINSEY

(Valdani, 1995)

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PARTE TERZA ‰ STRATEGIA E MISSIONE ‰ ANALISI DEL POSIZIONAMENTO STRATEGICO ‰ IL CONFLITTO COMPETITIVO

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NATURA CONFLITTO COMPETITIVO

(Gharajedaghi, 1999)

“La natura del conflitto competitivo, che può essere declinata in quattro stati di natura: win/win, quando tutti i contendenti vincono; win/lose, quando alcune imprese vincono e altre perdono; lose/win (o conflitto limitato), quando le imprese evitano di perseguire un conflitto violento; lose/lose, quando tutti i contendenti perdono.” (Guido, 2003, pag. 472-482)

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POSIZIONAMENTO STRATEGICO

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(Guido, 2003, pag. 473)

“Le analisi a livello di business e a livello corporate, permettono di valutare la consistenza del vantaggio competitivo che l'impresa detiene sui concorrenti e di gestire strategicamente il mercato: si tratta, ora, di sviluppare delle condotte competitive che consentano di gestire il rapporto tra le forze concorrenziali in gioco per raggiungere gli obiettivi desiderati. La condotta competitiva di un'impresa è influenzata da tre fattori: (1) la posizione competitiva dell'impresa, distinguendo a seconda del grado di dominio del mercato tra imprese: leader, che dominano il mercato; sfidanti, che si trovano al secondo o terzo posto rispetto al leader per quota di mercato, capacità, dimensioni, ecc.; followers (e nichers), tutte le altre imprese sfidanti (comprese quelle specializzate in nicchie di mercato); e nuovi entranti, che cercano di penetrare nel mercato; (2) la natura del conflitto competitivo, che può essere declinata in quattro stati di natura: win/win, quando tutti i contendenti vincono; win/lose, quando alcune imprese vincono e altre perdono; lose/win (o conflitto limitato), quando le imprese evitano di perseguire un conflitto violento; lose/lose, quando tutti i contendenti perdono; e (3) l'evoluzione del settore in cui si trova l'impresa, che - sposando la tesi del ciclo di vita - può trovarsi in una delle seguenti fasi (le prime due tipiche delle guerre di movimento e d'imitazione, le altre due tipiche delle guerre di posizione): embrionale e di sviluppo; di maturità consolidata; di maturità declinante; o di declino. Considerando le interazioni tra questi tre fattori, è possibile costruire una mappa del posizionamento strategico dell'impresa, la quale fornisce - in una prima approssimazione - le condotte di ciascuna impresa a seconda della propria posizione competitiva (vedi figura)…(Guido, 2003, pag. 472-482)

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CONFRONTO COMPETITIVO

(Guido, 2003, pag. 474)

“Il confronto competitivo ai fini della gestione strategica del mercato è il risultato di: (1) tre tipi di strategie di confronto, che determinano il posizionamento concorrenziale dell'impresa; da cui discendono: (2) quattro diverse alternative di condotta competitiva (che attuano quelle strategie); alle quali s'intrecciano: (3) tre tipologie di stati concorrenziali di guerra aperta, che caratterizzano le condotte aggressive poste in essere dall'impresa. I contenuti e i rapporti tra strategie di confronto, condotte competitive e stati di guerra possono essere rappresentati come segue (vedi figura). In primo luogo, le strategie di confronto per il posizionamento concorrenziale delle unità di business possono essere di tre tipi: (1) cooperative, tese a ridurre i rischi e i costi della competizione, incrementando il potere di mercato dell'impresa attraverso la ricerca del reciproco vantaggio con le controparti; (2) indipendenti, volte a ridurre la dipendenza e l'incertezza del proprio mercato, modificando favorevolmente - vuoi attraverso condotte difensive, vuoi attraverso condotte offensive - il proprio ambiente competitivo; (3) di cambia-mento, per modificare i confini del proprio ambiente/mercato attraverso la diversificazione delle attività. In secondo luogo, le strategie di confronto sono poste in essere operativamente attraverso delle condotte competitive alternative, che si distinguono in: (1) condotte cooperative,… (2) condotte difensive,… (3) condotte offensive,… (4) diversificazione… Le prime, le condotte cooperative, caratterizzano le attività di due o più imprese in termini di rapporti di collaborazione per dare soluzione congiunta a problemi comuni; esse si articolano in quattro categorie: (1) sviluppo delle risorse interne,… (2) accordi senza partecipazione al capitale proprio,… (3) accordi con partecipazione al capitale proprio,… (4) acquisizioni di imprese già operanti…. Il secondo tipo di condotte, le condotte difensive, è posto in essere da un’impresa attaccata per porre resistenza alle manovre aggressive dei propri concorrenti; ciò determina tre tipi di comportamento: (1) comportamento passivo,… (2) comportamento preventivo,… (3) comportamento reattivo… (Guido, 2003, pag. 472-482)

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CONDOTTE DIFENSIVE

(Guido, 2003, pag. 477)

Il secondo tipo di condotte, le condotte difensive, è posto in essere da un’impresa attaccata per porre resistenza alle manovre aggressive dei propri concorrenti; ciò determina tre tipi di comportamento: (1) comportamento passivo,… (2) comportamento preventivo,… (3) comportamento reattivo… Il comportamento passivo (cosiddetta difesa statica) nasce dal convincimento che i propri prodotti siano inimitabili e invincibili; i motivi per tale inerzia possono essere: mancata ricezione della minaccia; ritenere la minaccia non pericolosa; mancanza di volontà o possibilità di reagire. Il comportamento preventivo, invece, posto in atto dall'impresa per scoraggiare la concorrenza, può riguardare due tipi di manovre: (1) manovre psicologiche, che si concretano nell'emissione di segnali (signalling) - collusivi, dissuasivi, o anche bluff - atti a scoraggiare la concorrenza (tipo: dichiarazioni pubbliche di difesa della propria posizione, segnalazioni di maggiore capacità produttiva o dell'erezione di barriere protettive, annunci di riduzioni dei prezzi o dei costi, dichiarazioni sullo stato del settore e sulla strategicità del proprio business); (2) manovre reali, per ridurre i vantaggi d'un attacco della concorrenza, anticipandone le mosse attraverso cinque modalità: creazione di barriere strategiche, di costo o sulla domanda (per limitare l'entrata dei concorrenti o dissuadere quelli presenti); accordi vincolanti, di natura contrattuale (per esempio, mediante clausole introdotte nei contratti di fornitura a lungo termine); chiusura del mercato, a monte o a valle (attraverso le cosiddette restrizioni verticali che ostacolano i concorrenti creando asimmetrie nei costi o diminuzioni di redditività, riducendo l'accesso ai fornitori o dei compratori); comportamenti predatori, usando la variabile prezzo come arma di dissuasione (riducendo il prezzo al di sotto di quello dei propri rivali - anche a costi di perdite - per farli uscire dal mercato); manovre preventive sul prezzo, da parte dell'innovatore (che, sfruttando i benefici dell'effetto esperienza, può anticipare una politica di riduzione del prezzo di vendita). Il comportamento reattivo, infine, destinato a rendere ostica la realizzazione dell'attacco dei competitori, riguarda due tipi di reazioni: (1) reazioni tradizionali, con cui l'impresa tenta di contrastare l'attacco mediante condotte conflittuali e non cooperative, che si concretano in tre tipologie classiche: (1a) la difesa laterale, cioè il rafforzamento delle posizioni più deboli; (1b) il contrattacco, la tipica condotta difensiva adottata quando il territorio dell'impresa è minacciato dall'azione dei rivali; (1c) la ritirata strategica, attraverso il disinvestimento delle attività meno difendibili per concentrare le forze sulle attività più valide e attraenti; o (2) reazioni creative, con cui l'impresa tenta proattivamente di controllare le condizioni del gioco, attraverso: (2a) la difesa mobile, quando l'impresa, confrontandosi costantemente con la concorrenza, costituisce nelle retrovie (lontane dalle aree di conflitto) delle riserve di risorse e capacità impiegabili per fronteggiare le emergenze di mercato; (2b) l'allargamento del mercato, cioè lo sviluppo orizzontale in mercati correlati (per spostare la competizione su più mercati ed essere favoriti dalle sinergie); (2c) le alleanze, per rafforzarsi con l'appoggio esterno. (Guido, 2003, pag. 472-482)

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CONDOTTE OFFENSIVE

(Guido, 2003, pag. 479)

Il terzo tipo di condotte competitive, le condotte offensive, riguarda invece quei comportamenti mirati ad allargare il dominio dell’impresa sul territorio; esse possono essere di due tipi: (1) dirette,… (2) indirette… L'attacco diretto è un approccio pianificato che si pone in atto quando l'impresa ritiene di avere le risorse e le condizioni adatte a vincere il confronto competitivo; esso si manifesta tipicamente come: (1) attacco frontale, orientato sui punti di forza del rivale (a differenza dell'attacco indiretto) - può essere: puro (su tutti i fronti), limitato (su uno specifico segmento), orientato al prezzo, od orientato alla R&S - il cui successo dipenderà dalla: reale superiorità di risorse e capacità, natura e consistenza dei vantaggi competitivi, convinzione che la propria offerta diminuirà la fedeltà dei consumatori alla marca rivale; e (2) accerchiamento, quando s'attacca il concorrente su più fronti - in genere, sui prodotti (canali di distribuzione, segmenti di mercato, ecc.) e nei diversi mercati - con l'obiettivo di forzarlo a una reazione capace di fargli disperdere le forze per poi attaccare con una strategia mirata. L'attacco indiretto, invece, non è condizionato da una strategia pianificata e tende ad evitare uno scontro frontale (giocando di sorpresa e creando scompiglio, sfruttando la velocità d'azione e innovazione, focalizzandosi sui punti deboli del rivale e trasferendo il confronto nelle aree di mercato secondarie); esso si manifesta in genere attraverso tre diversi comportamenti: (1) aggiramento (e superamento dell'avversario) - tipica manovra da first mover (o pioniere) che offre significativi vantaggi in termini di barriere per i followers (come economie di scala e d'apprendimento, crescita dell'immagine e della reputazione, fedeltà alla marca e costi di conversione della clientela, accesso e controllo dei canali distributivi, imposizioni di standards tecnologici, controllo di risorse scarse, patenti e brevetti) - in questo modo, l'impresa nuova entrante, grazie all'innovazione, tenta di cambiare i confini del settore e le regole del gioco per ridimensionare gli ostacoli al suo ingresso, attraverso tre manovre: sviluppo di nuovi prodotti e servizi; diversificazione in nuovi mercati geografici; o diversificazione in settori non correlati; (2) attacco laterale (o attacco sui fianchi, cioè ai punti deboli dell'avversario), che si realizza attraverso una strategia di segmentazione del mercato alla ricerca di nicchie favorevoli (windows of opportunity) su cui affermare il proprio dominio; a tal fine, sono necessarie quattro condizioni: che l'impresa sia la prima ad occupare un tale segmento di mercato (con tassi di sviluppo positivi), che abbia comportamenti innovativi (se non prodotti innovativi), che possieda capacità d'intuizione e comprensione dei bisogni del mercato, che agisca con sorpresa (i concorrenti devono, cioè, sottovalutarla); le modalità attraverso cui può manifestarsi l'attacco laterale sono due: segmentazione geografica, per occupare di un territorio non presidiato; e segmentazione strumentale del prodotto, per raggiungere un gruppo di clienti non servito, o soddisfare un bisogno non adeguatamente appagato; (3) guerriglia, che cerca di trasformare una debolezza dell'impresa in una sua forza, ricercando nicchie di mercato non adeguatamente servite, dividendo il campo di battaglia in: basi, cioè segmenti considerati strategici per il futuro dell'impresa, e fronti, cioè segmenti attraenti per le incursioni dell'impresa guerrigliera; agendo con flessibilità, rapidità d'azione, e morale alto; le modalità d'attuazione riguardano in specie azioni di micro-marketing: tagli improvvisi dei prezzi, promozioni aggressive, sottrazione di personale, lancio di marche anonime, ecc. (Guido, 2003, pag. 472-482)

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CIRCOLARITA’ DEL CONFRONTO COMPETITIVO

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(Guido, 2003, pag. 482)

Infine, in terzo luogo, dopo aver definito le strategie di confronto e nel porre in atto le condotte competitive, occorre valutare l'opportunità di gestire strategicamente il mercato aggressivamente, posizionandosi in uno stato di guerra aperta nei confronti dei concorrenti, al fine di: (1) modificare la distribuzione delle quote e dei profitti; (2) difendere le posizioni già raggiunte in termini di fatturato e profitti (specie in fase declinante) eliminando i concorrenti più deboli. Lo stato di guerra è intrinsecamente connesso con le condotte difensive e offensive dell'impresa; in particolare, esistono tre tipi di guerre: (1) guerre di movimento, scatenate dalle imprese che credono che il mercato vada creato (market creation), ritenendo che il successo dipenda dalla capacità di anticipazione dei cambiamenti che si verificano sul mercato e dalla velocità di risposta ai bisogni dei clienti (piuttosto che dalla sottrazione di quote ai rivali); (2) guerre d'imitazione, condotte dalle imprese che seguono i pionieri (market chasing), cercando di replicare o migliorare la tecnologia, le fonti d'innovazione, o le formule imprenditoriali; e (3) guerre di posizione, innescate dalle imprese che ritengono che il mercato vada diviso (market sharing) e che, pertanto, cercano d'acquistare quote di mercato attraverso programmi di marketing. I tre stati di guerra suddetti attivano una circolarità di manovre competitive (vedi figura), che sono il risultato della libertà di manovra (cioè, della discrezionalità) di cui gode ciascuna impresa nel cambiare la propria posizione di mercato rispetto ai concorrenti (libertà, a sua volta, dipendente da: la struttura del settore; la posizione competitiva dell'impresa; e la visione e gli obiettivi strategici dell'impresa); sicché, per estendere la propria libertà di manovra, le imprese devono predisporre creativamente delle armi competitive efficaci (difensive ed offensive), usando le risorse: (1) che la concorrenza non possiede; (2) in modo diverso dalla concorrenza.” (Guido, 2003, pag. 472-482) (Guido, 2003, pag. 472-482)

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BETTINA CAMPEDELLI Il piano d’impresa Giappichelli, 2001

Professore Ordinario di Economia Aziendale nell’Università di Verona dall’ottobre 2000, dove insegna Pianificazione e Controllo direzionale e Revisione Aziendale. Titolare del corso di Analisi e Contabilità dei Costi presso la LUISS-G.Carli di Roma. Accademico Ordinario dell’Accademia Italiana di Economia Aziendale. Membro della European Accounting Association.

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SOMMARIO ‰ SITEMA DEI DOSSIER DI PIANIFICAZIONE ‰ STRATEGIA ‰ PIANO D’IMPRESA ‰ CONTROLLO

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PARTE PRIMA ‰ SITEMA DEI DOSSIER DI PIANIFICAZIONE ‰ STRATEGIA ‰ PIANO D’IMPRESA ‰ CONTROLLO

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SISTEMA DOSSIER DI PIANIFICAZIONE

(Campedelli, 2001, pag. 39)

“Il piano di impresa, affinché possa riflettere alcune prospettive fondamentali di osservazione del funzionamento aziendale, ci sembra debba trovare fondamento in una base documentale appositamente costruita e continuamente aggiornata.Si tratta, più specificamente, di un sistema coordinato di dossier, ciascuno rispettivamente articolato in modo definire l'impresa in una prospettiva relazionale… Il sistema dei dossier di pianificazione, andando sostanzialmente a considerare le alternative di possibile attuazione delle fondamentali funzioni operative aziendali (commerciale, produttiva e finanziaria cui si è voluta aggiungere quella di soddisfazione delle attese che su di essa convergono) costituisce un programma articolato di possibili opzioni di valore… I dossier di pianificazione si presentano, dunque, come documenti di base, propedeutici ed al contempo strumentali alla redazione del piano di impresa, dai quali differiscono, sia nella forma espositiva, sia nella sostanza contenutistica, sia, infine, nella fonte e nelle modalità della loro compilazione. Relativamente alla forma espositiva i dossier di pianificazione si presentano quali documenti di prevalente contenuto descrittivo, che esaminano aspetti tanto di carattere fisico e tecnico, quanto economico e finanziario, andando conseguentemente a rappresentarne, in termini quantitativi le relative misure… Relativamente ai contenuti i dossier si possono articolare in alcune sezioni logiche - che potremmo rispettivamente definire delle idee, delle informazioni, della storia e delle ipotesi - sul fondamento delle quali prendono appunto forma le opzioni di valore. La sezione delle idee è, appunto, quella dove si configura l'idea d'affari che, nell'accezione nella quale si è voluta intendere nel presente lavoro, può riguardare tutti i molteplici aspetti nei quali si sviluppa l'attività aziendale, e si lega all'impresa in un rapporto di strumentalità, investendone gli obiettivi particolari, le risorse impiegate, i prodotti ottenuti ed i processi attuati per la loro realizzazione… La sezione delle informazioni è, invece, quella dove trovano evidenziazione, elaborazione ed analisi i dati e, più in generale, le informazioni che si rendono necessarie al fine di esplicitare le alternative di realizzazione dell'idea e, conseguentemente, di assumere quelle decisioni destinate a formalizzarsi nel piano aziendale di sviluppo. La sezione della storia, cioè, è rivolta ad individuare nei caratteri intrinseci aziendali, nelle sue risorse umane, materiali ed immateriali, nelle sue competenze specifiche e nella sua cultura, quei fattori che possono rappresentare vincoli o, alternativamente, opportunità allo sviluppo di un'idea d'affari… La sezione delle ipotesi, infine, si costruisce sulla base delle idee, delle informazioni e della storia e viene a rappresentare, appunto, la proposizione delle tesi volte alla realizzazione dell'ideazione imprenditoriale. La modularità nel tempo è quella caratteristica del modello di pianificazione grazie alla quale la scelta operata in un dato momento tra il ventaglio delle alternative giudicate possibili non è irreversibile, né tantomeno immodificabile fino alla sua completa realizzazione. La modularità nello spazio, poi, è quella caratteristica del modello di pianificazione che gioca la composizione delle opzioni nel sistema aziendale, mantenendone al contempo la sostituibilità, almeno su un piano teorico previsionale… Il nesso che lega il sistema dei dossier di pianificazione al piano di impresa è dunque l'ideazione, della quale il primo coglie l'essenza strategica ed il secondo propone la scansione organica e funzionale.” (Campedelli, 2001, pag. 35-48)

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DOSSIER MERCATO

(Campedelli, 2001, pag. 54)

“Il dossier mercato coglie le categorie aziendali di valore che si formano, sul mercato e per il mercato, e che si configurano nelle relazioni dell'impresa con i clienti, nel confronto con i concorrenti ed, eventualmente, nei rapporti di collaborazione, tipicamente di natura commerciale e distributiva, che essa instaura con altri soggetti. Il dossier mercato, conseguentemente, formalizza gli obiettivi di mercato e ne realizza una rappresentazione sinottica, in termini di volumi di vendite e di ricavi conseguibili, per ciascuna classe di prodotti, nelle rispettive aree geografiche e con riferimento al diversi canali distributivi utilizzati. In tal senso il dossier mercato, raccogliendo in un documento gli obiettivi di mercato perseguiti nel periodo di pianificazione costituisce il punto di partenza del piano aziendale di sviluppo. È chiaro che tale determinazione discende da un complesso ragionamento che coinvolge la scelta del cosiddetto portafoglio strategico, che individua le aree d'affari nelle quali si articola l'attività aziendale, la selezione delle aree geografiche e dei canali distributivi di mercato, nonché le decisioni in merito alla configurazione del sistema costi, prezzi e volumi dei prodotti e servizi offerti… La scelta dei parametri sulla base dei quali fondare il giudizio di rilevanza di un'area d'affari non è univoca, né tantomeno può essere codificata aprioristicamente. Essa, infatti, discende a sua volta da una profonda riflessione in merito alla variabile o, meglio, alle variabili che nel caso specifico possono risultare significative, alla luce anche delle relazioni sinergiche che possono instaurarsi tra le diverse aree d'affari nelle quali si articola l'attività aziendale e, nondimeno, dell'ambiente competitivo nel quale essa si inserisce… Il dossier mercato, dunque, formalizza nei suoi contenuti il complesso rapportarsi dell'impresa al mercato di destinazione dei prodotti e dei servizi offerti. Esso, individuando, da un lato, gli obiettivi da raggiungere nel periodo di pianificazione prefigura, dall'altro, le risorse che sono ad essi funzionali e condiziona, conseguentemente, lo sviluppo successivo del piano di impresa nel quale prende forma, progressivamente, il sistema delle attività cui l'impresa intende dar corso.” (Campedelli, 2001, pag. 48-54)

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DOSSIER PRODUZIONE

(Campedelli, 2001, pag. 68)

“Il dossier produzione coglie le categorie aziendali di valore che si formano sia all'esterno dell'impresa, sul mercato dei fattori, nei rapporti con i fornitori di materie, servizi e lavoro, sia all'interno della stessa, quale espressione di risorse e competenze dotate di capacità autorigeneratrice. Il dossier produzione - intesa quest'ultima non in una ristretta concezione tecnica ma, altresì, come insieme di tutte le attività operative grazie alle quali l'impresa allestisce e rende disponibili alla commercializzazione beni e servizi e, dunque, come costituente la complessiva formula aziendale di prodotto - disegna la struttura ed i processi organizzativi, definisce i meccanismi operativi e, conseguentemente, rende disponibili ed assegna le risorse, materiali ed umane, alle singole aree d'affari nelle quali si articola l'attività aziendale… Dovendo, nella sostanza, prefigurare gli interventi grazie ai quali l'impresa costruisce e diffonde la propria ricetta produttiva, il dossier produzione riguarda, in primo luogo, le risorse materiali ed immateriali a ciò strumentali… Ne discende come il dossier produzione comprenda, in primo luogo, un dettaglio dei progetti di investimento da realizzare o, comunque, il cui utilizzo è in corso nel periodo di pianificazione, nel quale evidenziare, tra l'altro, modalità e tempistica di acquisizione e di utilizzazione economica… Relativamente alle risorse esterne che l'impresa impiega nella realizzazione della propria ricetta produttiva, poi, il dossier produzione è rivolto a rappresentarne benefici ed onerosità, andando a formalizzare, in uno specifico documento dei servizi, le scelte operate in termini di terziarizzazione dell'impresa… Conseguentemente il dossier produzione, nell'articolazione di un documento delle risorse materiali, formalizza le scelte di valore che si connettono alle problematiche di approvvigionamento, analizzandone i contenuti nei loro riflessi tanto economici, quanto finanziari. Ciò comporta, nella sostanza, individuarne tipologia e volumi, andando a configurarne le espressioni di costo sulle aree d'affari nelle quali trovano impiego durante il periodo di pianificazione e, nondimeno, prefigurando gli elementi informativi che ne consentono una valutazione in termini finanziari… Relativamente alle risorse umane, comunque, il documento formalizza, nel corso del periodo di pianificazione, le scelte operate in merito alla forza lavoro, per ciò che concerne il numero, la categoria contrattuale, i meccanismi retributivi e, nondimeno, l'allocazione organizzativa, sia con riferimento all'area d'affari, sia con riferimento ai processi aziendali ed alle attività realizzate. Il dossier produzione, considerato sistematicamente nella sua formulazione di indagine previsionale nei documenti dei progetti di investimento, dei progetti di ricerca, delle risorse esterne, materiali ed umane, può consentire inoltre di prefigurare, nell'intero periodo di pianificazione, l'andamento dei costi operativi aziendali, che si connettono, cioè, all'espletamento delle funzioni aziendali produttive, commerciali ed amministrative grazie alle quali l'impresa da vita e diffusione alla sua originale ricetta di prodotto. Le informazioni elaborate nei dossier della produzione e del mercato agevolano, già di per se stessi, l'individuazione, tra le alternative percorribili, dei contenuti delle scelte di valore configurabili nel rapporto dell'impresa ai mercati dei prodotti e dei fattori primari. Conseguentemente risulta già possibile pervenire alla formalizzazione di alcuni elementi del piano di impresa e, più specificamente, del piano di sviluppo pluriennale il quale, come già anticipato, si compone del piano degli affari, del piano finanziario, del piano economico e delle proiezioni di valore.” (Campedelli, 2001, pag. 54-68)

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DOSSIER FINANAZA ED ECONOMIA

(Campedelli, 2001, pag. 79)

“Il dossier finanza ed economia coglie le categorie aziendali di valore che si formano sia all'esterno dell'impresa, sul mercato dei capitali, nei rapporti con i finanziatori a titolo di debito o di capitale, sia all'interno della stessa, quale espressione, da un lato dei fabbisogni connessi al funzionamento aziendale e, dall'altro, della sua capacità di autofinanziamento. Il dossier finanza ed economia, conseguentemente, risulta essere strettamente correlato all'intero sistema dei dossier di pianificazione, e, più particolarmente ai dossier mercato e produzione, dai quali ritrae elementi fondamentali di redazione. La misura dei fabbisogni finanziari si presenta, quindi, strettamente correlata, da un lato alla struttura del capitale investito nelle aree d'affari e, dall'altro alla dinamica, in termini di ammontare e tempi di manifestazione, dei flussi di liquidità che l'operatività dell'impresa genera. Ne consegue come, al fine di formalizzare l'andamento dei fabbisogni finanziari, è senza dubbio strumentale un'analisi, condotta nel periodo di pianificazione ed in base a criteri funzionali, del capitale investito nelle singole aree d'affari e complessivo, la quale ponga cioè in evidenza le quantità aziendali, da un lato, del capitale circolante netto e della sua rotazione grazie ai ricavi di vendita e, dall'altro, del capitale fisso… Il dossier finanza ed economia, con riferimento alle modalità di copertura dei fabbisogni finanziari, tende alla formalizzazione delle opzioni che si configurano nel rapporto dell'impresa con il mercato dei capitali e, più particolarmente, con gli apportatori di mezzi finanziari a titolo di rischio e a titolo di debito… A prescindere dalle considerazioni svolte il dossier finanza ed economia è in ogni caso rivolto anche ad una verifica di equilibrio della struttura finanziaria, che consegue appunto alle prefigurate ipotesi di fabbisogni e relative modalità di copertura. Il dossier finanza ed economia provvede a formalizzare le opzioni di struttura finanziaria anche sulla base dei riflessi economici ad essa correlati ed in ciò si collega, ancora una volta al dossier produzione nel quale, si è detto, si provvede ad effettuare una stima della redditività operativa connessa alla realizzazione dell'idea di business… Le considerazioni svolte e formalizzate nel dossier finanza ed economia consentono dunque di operare le scelte di valore inerenti le modalità di copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione dell'idea d'affari, che vengono impostate nel documento di analisi della copertura finanziaria. Tale documento formalizza il ricorso congiunto, durante il periodo di pianificazione, all'impiego di mezzi propri e di debiti finanziari specificandone forme tecniche e caratteristiche di onerosità… Le informazioni elaborate nei dossier finanza ed economia consentono, dunque, di individuare, tra le alternative percorribili, i contenuti delle scelte di valore configurabili nel rapporto dell'impresa al mercato finanziario. Conseguentemente risulta possibile pervenire alla formalizzazione di alcuni ulteriori elementi del piano di impresa ed, in particolare, del piano di sviluppo pluriennale nelle sue componenti di piano finanziario e piano economico. Per ciò che concerne il piano finanziario, le scelte operate in merito alla consistenza ed alla caratterizzazione funzionale del capitale investito, nonché quelle relative alla composizione delle fonti di finanziamento consentono di formalizzare, nel periodo di pianificazione, i fabbisogni finanziari e le relative modalità di copertura che si connettono alla realizzazione dell'idea d'affari.”(Campedelli, 2001, pag. 70-79)

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DOSSIER ATTESE E VALORE

(Campedelli, 2001, pag. 97)

“Il dossier attese e valore coglie le categorie aziendali di valore che si formano nei rapporti dell'impresa con i soggetti che, a vario titolo, manifestano sulla stessa interessi ed aspettative. Si tratta, come già osservato, di un ampio spettro di attese delle quali l'impresa si è progressivamente fatta portatrice nel tempo, in conseguenza alla profonda evoluzione del ruolo che essa svolge nel mondo economico e, più in generale, nella società civile… Le attese che si rivolgono all'impresa hanno conseguentemente i contenuti più diversi, che investono i riflessi ambientali e sociali dell'operato aziendale, che riguardano la sua capacità di creare valori che si riflettono in un miglioramento generale delle condizioni di vita, della cultura e delle relazioni umane. I destinatari di tali valori sono, in primis, la società civile, che ne beneficia in senso generale quando essi si manifestano, ad esempio, in una produzione industriale rispettosa dell'ambiente naturale, o in un prodotto per la salute che è frutto di studi e ricerche aziendali, o, ancora, in iniziative commerciali che contengono risvolti umanitari, ma i destinatari sono anche soggetti specifici che si rivelano diretti percettori di valori ad essi riservati… Il dossier attese e valore, dunque, è sostanzialmente volto a prefigurare destinatari e contenuti della formula con la quale l'impresa ricerca il proprio consenso sociale, attraverso l'assunzione di responsabilità e la conseguente erogazione di remunerazioni e, più in generale, di soddisfazioni di interessi ed aspettative… Con le analisi realizzate e formalizzate nel dossier attese e valore può dirsi in un certo senso compiuto il complesso delle scelte di valore dalle quali originano le espressioni del funzionamento aziendale che sono tradizionalmente misurabili in termini economici e finanziari. Il sistema dei dossier di pianificazione, nelle componenti fin qui analizzate, consente dunque di pervenire, attraverso la redazione del piano di impresa, alla valutazione delle determinanti il reddito ed il capitale connesso al funzionamento aziendale nel periodo di pianificazione e di apprezzarne la misura, che discende appunto dalle ipotesi assunte e dalle scelte operate. Esso, inoltre, consente di apprezzare alcuni elementi fondamentali sui quali si fonda il processo del valore aziendale. Tuttavia è necessario sottolineare come la consistenza e la dinamica del patrimonio immateriale dell'impresa presenti non poche difficoltà sia di misurazione sia, preliminarmente, di specifica individuazione… Ne consegue come l'analisi del rischio aziendale, che si realizza nell'ambito del dossier attese e valore, abbia un duplice carattere. Da un lato essa è strumentale all'assunzione di decisioni da riflettersi nel piano aziendale pluriennale e, dall'altro, essa è frutto delle scelte operate relativamente alla struttura ed al complessivo funzionamento dell'impresa. Il documento di analisi del rischio ha lo scopo non solo di individuare gli elementi dai quali promana il rischio aziendale, ma soprattutto di prefigurarne, per quanto possibile, gli andamenti nel tempo, che dipendono anche dalle modalità stesse con le quali l'impresa si pone nelle condizioni di riconoscerne le componenti, apprezzarne le manifestazioni ed anticiparne o fronteggiarne i potenziali effetti… Il documento di analisi del rischio andando a prefigurare e parametrizzare, complessivamente e nelle sue determinanti fondamentali, il rischio aziendale rappresenta un fondamentale documento di base alla pianificazione. Il piano di impresa esprime infatti quelle proiezioni di valore che si correlano alle scelte operate in merito all'implementazione dell'idea d'affari.” (Campedelli, 2001, pag. 80-94)

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PARTE SECONDA ‰ SITEMA DEI DOSSIER DI PIANIFICAZIONE ‰ STRATEGIA ‰ PIANO D’IMPRESA ‰ CONTROLLO

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IDEAZIONE IMPRENDITORIALE Si concretizza in un'iniziativa alla quale può essere associato un interesse economico e, in quanto tale, un valore: il valore dell'idea.

Il concepimento di una idea d'affari rappresenta un momento di spinta creativa che anima l'attività l'attività dell'impresa. Tuttavia non può non seguire una fase di progettualità progettualità, nella quale la fantasia lascia lo spazio al raziocinio.

“La pianificazione strategica rappresenta lo strumento di formalizzazione di un processo decisionale che si articola attraverso le fasi concettuali della formulazione creativa, della progettazione, della pianificazio-ne, della verifica e della riproposizione di un'idea imprenditoriale… Essa, nella sostanza, definisce il cosa fare, per quale scopo e con quali più specifici obiettivi di missione, in quale ambito, corpus od area azien-dale, in quale fase del ciclo di vita aziendale, in quali tempi e sequenze di realizzazione e, non da ultimo, con quale percezione e propensione al ri-schio d'impresa… L'intelligenza creativa dalla quale può originare l'intuizione economica - sulla spinta della fantasia, dell'immaginazione, della preveggenza, ma anche sul fondamento di un solido substrato culturale - è infatti capace di una pluralità di contenuti e può coinvolgere l'attività aziendale in molteplici aspetti… L'ideazione che si deve in ogni caso alla figura classica - pur variamente espressa in relazione ai diversi modelli di governo dell'impresa - dell'imprenditore in quanto insita nei propri tratti costituzionali, per quel che ne concerne il processo di formulazione, può invece presentare mo-dalità molto diverse, che sostanzialmente riflettono i caratteri peculiari del soggetto che vi interviene. Essa può essere frutto della pura creatività, della preveggenza dell'im-prenditore, andando poi a svilupparsi grazie ad un dialogo concertato tra imprenditore e manager, o, alternativamente, interamente condotto da questi ultimi… In ogni caso, comunque, l'ideazione imprenditoriale si concretizza in un'iniziativa alla quale può essere associato un interesse economico e, in quanto tale, un valore: il valore dell'idea… Il concepimento di una idea d'affari e la maturazione di un pieno con-vincimento sul valore della medesima rappresenta, dunque, un momento di spinta creativa, che anima l'attività dell'impresa. Tuttavia ad esso non può non seguire una fase di progettualità, nella quale la fantasia lascia lo spazio al raziocinio. L'idea creativa, infatti, deve essere razionalizzata sulla base di un modello di apprezzamento, grazie al quale poterne delineare le linee isti-tutive e, conseguentemente, porne in discussione la realizzabilità. Si tratta, cioè, di tradurre l'ideazione in progettualità, trasformando appunto l'idea d'affari in un progetto imprenditoriale di massima. Si tratta, più in particolare, di valutare i gradi di libertà concessi alla realizzazione dell'iniziativa imprenditoriale, da un lato, dalle condizioni interne aziendali e, dall'altro, dalle condizioni esterne ambientali, di mercato e della concorrenza. La percezione strategica dell'idea d'affari, così come l'apprezzamento dei fattori critici di successo, dei rischi e dei risultati conseguibili grazie alla sua concretizzazione in comportamenti aziendali, rappresentano un momento fondamentale di razionalizzazione, grazie ai quali pervenire ad un apprezzamento sulla fattibilità economica della proposizione creativa. Al contempo la realizzazione, non sempre formalizzata se non in sintesi, della formulazione strategica rappresenta il punto di partenza sulla base del quale concepire una prospettiva di attuazione del progetto medesimo. Non tutte le idee d'affari, tuttavia, trovano conforto nella loro razionalizzazione progettuale, così come, ancora, non tutti i progetti imprenditoriali consacrano la loro validità nel successo aziendale.”(Campedelli, 2001, pag. 1-8)

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FORMULAZIONE OBIETTIVI STRATEGICI Il momento più più propriamente decisionale è quello della formulazione degli obiettivi strategici.

Lo stadio evolutivo dell'impresa si configura come una variabile influente sulla traduzione dell'idea imprenditoriale in concreti obiettivi strategici.

“L'impostazione delle scelte di valore afferenti le reali alternative di implementazione dell'idea d'affari - che sono cioè ritenute possibili in quanto compatibili con il mercato, da un lato, e con le risorse disponibili o comunque reperibili, dall'altro - conduce alla formulazione di un sistema aperto nel quale sono esplicitate le opzioni relative agli obiettivi da conseguire e alle modalità del loro perseguimento. Il processo di pianificazione strategica, in tal senso, fa transitare l'ideazione imprenditoriale verso la sua realizzazione nell'ambito dei meccanismi operativi aziendali attraverso la formulazione della strategia, che pone sempre in gioco obiettivi da raggiungere, mezzi da impiegare e modalità di perseguimento. È come se, cioè, nelle fasi concettuali in cui si è scomposto il processo di pianificazione si ritrovasse il nesso logico che lega il pensiero alla sua enunciazione, alla sua formalizzazione ed, infine, all'azione: dall'idea, al progetto, al piano, alla sua realizzazione, verifica e riproposizione. In tal senso, il momento più propriamente decisionale è quello che sfocia nel piano di impresa, grazie al quale si realizza la focalizzazione e la comunicazione: in sintesi, la formulazione degli obiettivi strategici. Tali obiettivi possono a loro volta coinvolgere l'intera struttura aziendale o, più particolarmente, delle porzioni significative della medesima, come, ad esempio le aree strategiche d'affari… Lo stadio evolutivo dell'impresa, dunque, si configura come una variabile indubbiamente influente sulla traduzione dell'idea imprenditoriale in concreti e conseguibili obiettivi strategici, senza che con ciò si voglia intendere che il processo di pianificazione debba configurarsi come una semplice trasposizione della situazione in essere sul futuro… Ciò consente, in sostanza, di pervenire alla concezione del piano di impresa, la cui articolazione, dunque, non è completamente standardizzabile a priori, ma discende dal complesso di elementi che si sono brevemente richiamati e che congiuntamente concorrono a definire la compatibilità esterna ed interna dell'idea d'affari… Conseguentemente, ci sembra possibile classificare, almeno nella sua concezione, il piano di impresa a seconda che in esso trovino formalizzazione quegli obiettivi strategici che si connettono allo sfruttamento delle cosiddette opzioni reali, le quali, com'è noto, si riferiscono alle ipotesi di crescita dell'impresa, di un suo nuovo orientamento alla luce delle mutate condizioni ambientali e competitive, di un ridimensionamento a fronte di contrazioni nel mercato, o, addirittura dell'abbandono di certe attività… In una tale ottica, ci sembra comunque possibile prefigurare alcuni criteri di analisi del contenuto del piano, che riflettono, a ben vedere, specifiche prospettive di osservazione delle espressioni di vita dell'impresa cui esso, in estrema sintesi, si riferisce. Si tratta di una prospettiva esterna, di una prospettiva interna e di una prospettiva relazionale. La prospettiva esterna vede l'impresa proiettata nello scenario sociale, politico, istituzionale ed economico, nonché dinamicamente coinvolta nelle situazioni competitive di mercato. La prospettiva interna raffigura l'impresa nelle sue sistematiche condizioni strutturali, organiche e funzionali. La prospettiva relazionale, infine, è quella nella quale entrambe le prime trovano ragione e conferma di esistenza, giacché l'impresa realizza la propria formula economica e tecnica solo attraverso l'individuazione, al suo interno come al suo esterno, di esigenze ed utilità relazionali. Solo così facendo, infatti, essa valorizza quelle risorse, intese in senso lato non solo come mezzi impiegabili ma anche come potenzialità esprimibili, il cui continuo rinnovarsi ne rende possibile il perdurare nel tempo.” (Campedelli, 2001, pag. 24-33)

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PARTE TERZA ‰ SITEMA DEI DOSSIER DI PIANIFICAZIONE ‰ STRATEGIA ‰ PIANO D’IMPRESA ‰ CONTROLLO

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PIANO D’IMPRESA

(Campedelli, 2001, pag. 100)

“Il piano di impresa che, nella sua modularità, discende dal descritto processo modulare e reiterativo di pianificazione si presenta, a ben vedere, come un sistema di piani tra loro coordinati e tutti caratterizzati da una emblematica sinteticità. Essi consistono nel piano di sviluppo pluriennale e nel piano di esercizio annuale i quali si differenziano, oltre che per gli scopi conoscitivi e l'orizzonte operativo di riferimento, anche per il livello di approfondimento e di analiticità dei rispettivi contenuti. Mentre infatti l'obiettivo del piano di sviluppo pluriennale è quello di rappresentare, attraverso espressioni di sintesi, il percorso strategico dell'impresa nell'orizzonte di medio periodo, l'obiettivo del piano di esercizio è quello di esplicitare nel dettaglio annuale i comportamenti aziendali che concretizzano il percorso strategico dell'impresa in un immediato orizzonte annuale al fine di parametrizzarne le espressioni. Il piano di sviluppo pluriennale, cioè, formalizza le scelte strategiche delll'impresa in coerenza agli obiettivi di missione perseguiti, ai modi ed ai mezzi per la loro realizzazione. Il piano di esercizio ne costituisce una scansione intermedia la cui predisposizione ha la esclusiva e fondamentale funzione di consentire il controllo in interim delle scelte strategiche allo scopo di verificare il mantenimento della loro coerenza e validità, o, se del caso, di promuovere una riformulazione del percorso strategico. La struttura sistemico-modulare del piano di impresa consente quindi, da un lato, di formalizzare le scelte strategiche dell'impresa attraverso emblematiche espressioni di sintesi racchiuse nel piano di sviluppo pluriennale. Detta struttura consente, dall'altro, di dettagliarne più analiticamente i contenuti nel piano di esercizio, dal quale sono desunti e raffigurati dei parametri di obiettivo strategico sulla base dei quali si concretizza il controllo strategico delle scelte di valore operate. Il tutto nell'ambito di un modello di pianificazione e controllo strategico che, pur ragionando su un orizzonte di medio periodo, mantenga la necessaria flessibilità che consente un monitoraggio continuo o, comunque, di breve termine, del percorso strategico e sia idoneo ad accogliere le spinte modificative emergenti dallo svolgersi della gestione nel dinamismo ambientale che caratterizza il nostro tempo… Tale modello, infatti, considera il sistema dei dossier di pianificazione come una sorta di documentazione di base alla pianificazione medesima nell'ambito della quale si raccolgono, elaborano ed analizzano le opzioni di implementazione dell'idea d'affari… È interessante sottolineare tuttavia come il sistema dei dossier di pianificazione, proprio perché rappresenta le alternative possibili e ne apprezza i riflessi sull'impresa in termini strutturali, operativi e relazionali può essere indubbiamente considerato uno strumento decisionale, ma non raffigura deliberazioni assunte. Queste ultime sono formalizzate solo nel piano di impresa, che accoglie e rappresenta sinteticamente gli obiettivi perseguiti, le risorse ed i modi scelti per il loro conseguimento. In tal senso solo il piano di impresa è il documento proprio della pianificazione strategica, ancorché esso discenda da un processo informativo articolato, flessibile e ad iniziativa diffusa nell'organismo aziendale. Non va sottaciuto, infatti, come la modularità spazio-temporale del piano di impresa discenda dall'esistenza dei dossier, i cui contenuti di analisi delle alternative sono inoltre soggetti ad un aggiornamento nel continuo.” (Campedelli, 2001, pag. 99-101)

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PIANO DI SVILUPPO PLURIENNALE

(Campedelli, 2001, pag. 102)

“Il piano di sviluppo pluriennale costituisce il punto di partenza dell'azione strategica grazie alla quale l'idea d'affari si traduce in operazioni di gestione volte alla sua implementazione nell'orizzonte pluriennale. È infatti da tale piano, diffusamente condiviso ai competenti livelli dell'organizzazione aziendale, che originano le azioni strategiche e che prendono avvio, grazie anche alla realizzazione di una programmazione annuale con esso coerente, i comportamenti operativi. Il piano di sviluppo pluriennale vuol essere, in sintesi, quello strumento di pianificazione grazie al quale l'impresa formalizza lo sviluppo futuro dei propri comportamenti strategici… Il piano di sviluppo pluriennale, raffigurando le decisioni di comportamento strategico assunte, contiene in primo luogo il piano degli affari, nel quale, cioè, vengono definite le scelte operate in termini di prodotto e mercato. Il piano degli affari - e ciò è riflesso anche nella sua struttura formale - consiste sostanzialmente in una matrice di relazione tra prodotto e mercato, nella quale l'idea d'affari prende forma attraverso la sintetica raffigurazione degli elementi fondamentali che qualificano lo sviluppo nel futuro periodo di pianificazione degli andamenti aziendali. Dal piano degli affari, pur sempre sulla base del contenuto dei dossier, discendono il piano finanziario ed il piano economico. Essi offrono la misura monetaria degli effetti, in termini di flussi di investimento e di finanziamento ed in termini di risultati economici, delle scelte operate e delle decisioni assunte circa lo sviluppo morfologico e fisiologico dell'impresa nel futuro periodo di pianificazione. Nella sua struttura formale il piano finanziario può configurarsi come un prospetto che articola nel periodo di pianificazione le condizioni dell'equilibrio tra fabbisogno finanziario, il quale discende dall'andamento prefigurato degli investimenti in capitale fisso e capitale circolante netto, e relativa copertura finanziaria, che risulta possibile grazie al prefigurato ricorso all'indebitamento o a mezzi propri. Il piano economico, parimenti sintetico, evidenzia i riflessi in termini di risultati attesi dalla realizzazione del piano degli affari. In esso possono essere rappresentati i vari stadi di formazione del risultato economico complessivo derivante dalla realizzazione del piano degli affari: i ricavi; il valore aggiunto; il margine operativo lordo, il reddito operativo lordo e netto di imposte, e il reddito netto. Il piano di sviluppo pluriennale, infine, si compendia nelle proiezioni del valore che si ritiene possa conseguire alla implementazione dell'idea d'affari. Tali proiezioni, la cui formulazione è possibile anche alla luce delle previsioni finanziarie ed economiche tratte in merito al piano d'affari, costituiscono un apprezzamento di estrema sintesi dell'idea d'affari, la cui validità è correlata, in sostanza, alla capacità di configurarsi quale leva del valore aziendale. Il piano di sviluppo pluriennale, inteso, dunque, come sistema articolato nel piano degli affari, nel piano finanziario, nel piano economico e nelle proiezioni del valore, è uno strumento fondamentale del processo di pianificazione strategica dell'impresa. Ma il carattere maggiormente qualificante del piano aziendale di sviluppo è quello della sua modularità, grazie alla quale pare appunto perseguibile quell'obiettivo di flessibilità ed aderenza alla complessità ed alla variabilità dei fenomeni aziendali che ci sembra si debba richiedere ad un processo di pianificazione strategica.” (Campedelli, 2001, pag. 101-108)

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PIANO D’ESERCIZIO

(Campedelli, 2001, pag. 116)

“Il piano di esercizio, che si concepisce appunto nelle linee della pianificazione pluriennale quale articolazione di orizzonte annuale del piano di sviluppo, ci pare possa particolarmente corrispondere alla prima delle suddette esigenze. Il piano di esercizio, cioè, configura, nel dettaglio dei fondamentali aspetti economico, finanziario e patrimoniale, lo svolgersi della gestione nel periodo, provvedendo, al contempo, a raffigurarne nei presupposti le tendenze di valore e concorrendo a costruirne una rappresentazione parametrica. Il piano di esercizio, come già si è detto, si compone del piano economico, del piano patrimoniale, del piano finanziario e delle tendenze di valore. Esso è finalizzato all'articolazione, coerentemente alle linee dello sviluppo pluriennale dell'impresa, dello svolgersi degli andamenti aziendali nell'orizzonte annuale. Il piano di esercizio, dunque, differisce sostanzialmente dal piano di sviluppo, e ciò non solo in relazione all'orizzonte temporale di riferimento, nel quale, peraltro, il primo può anche non rappresentare una partizione annuale del secondo ed articolarsi su intervalli più brevi, ma anche nell'articolazione dei contenuti, di estrema sintesi nel secondo e di maggiore dettaglio nel primo. È ovvio che il piano di esercizio è redatto allo scopo primario di prefigurare gli andamenti della gestione annuale coerentemente alle linee strategiche dell'impresa nell'orizzonte pluriennale che sono alla base del piano di sviluppo… Il piano di esercizio può consentire l'impostazione di un meccanismo di controllo sugli obiettivi, da implementarsi sulla base della rendicontazione a consuntivo delle operazioni realizzate nell'esercizio, ma con una finalità di ampio respiro, che, come si dirà meglio in seguito, colleghi logicamente i risultati conseguiti all'apprezzamento dell'iniziativa strategica dell'impresa ed alla riformulazione delle linee strategiche assunte… Il piano di esercizio, come già si è detto, si compone del piano economico, del piano patrimoniale, del piano finanziario e delle tendenze di valore e presenta, ove è possibile ed opportuno, una disaggregazione dei valori per aree o segmenti d'affari ed attività operative. Il piano economico annuale, dunque, nella sua articolazione provvede a definire i valori afferenti il progressivo formarsi del risultato economico di esercizio. Così facendo esso provvede alla formalizzazione di sintetici parametri obiettivo, volti ad indicare, nell'orizzonte annuale, le tappe che l'impresa si prefigge di raggiungere nel suo cammino di sviluppo ad orizzonte pluriennale… Il piano patrimoniale annuale poi rappresenta, nelle linee della pianificazione di sviluppo pluriennale e nel progressivo delinearsi della gestione di esercizio, la prospezione della situazione patrimoniale aziendale nell'orizzonte annuale. Il piano finanziario annuale rappresenta, nelle linee della pianificazione pluriennale dell'impresa e nell'andamento dei flussi finanziari di periodo, il progressivo delinearsi della situazione finanziaria aziendale nell'orizzonte annuale. Il progresso del valore, dunque, trova un primo apprezzamento previsionale nelle determinazioni del piano di esercizio, a tal fine appositamente redatto, attraverso la verifica sistemica del tendenziale rispetto delle condizioni di equilibrio dell'impresa, dalle quali, in estrema sintesi, esso dipende… Il piano di esercizio nell'apprezzamento del progresso del valore pone, dunque, una particolare enfasi al monitoraggio del rischio. Esso cioè, sulla base delle elaborazioni realizzate nell'ambito del dossier attese di missione e valore, tende a ridurre ad una parametrica espressione di sintesi tutti quei fattori, solo peraltro parzialmente conoscibili a priori, che consacrano come tale, ma solo a posteriori, l'intuizione imprenditoriale.” (Campedelli, 2001, pag. 122-155)

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PARTE QUARTA ‰ SITEMA DEI DOSSIER DI PIANIFICAZIONE ‰ STRATEGIA ‰ PIANO D’IMPRESA ‰ CONTROLLO

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SISTEMA DI CONTROLLI DI GOVERNO DELL’IMPRESA

(Campedelli, 2001, pag. 160)

“Nell'ambito dell'assetto istituzionale dell'impresa, l'azione direzionale si esplica nell'esercizio della funzione amministrativa-gestionale, la quale può senza dubbio intendersi quale complessa sintesi di attività di pianificazione ed attività di controllo. Il modello di pianificazione ad orizzonte pluriennale che si è articolato nella redazione del piano di sviluppo e nel suo coerente svolgimento annuale nel piano di esercizio, non può, conseguentemente, non trovare un momento di controllo, grazie al quale l'iniziativa strategica, motore di tale processo, abbia gli elementi necessari al suo conforto o, eventualmente, alla sua riproposizione... Sul piano istituzionale, si qualifica in primo luogo il controllo cosiddetto societario, che pur nel contributo di diversi soggetti interni ed esterni all'impresa - quali soci, revisori, autorità di vigilanza - riguarda, sostanzialmente, il rispetto delle regole della corporate governance. Nell'ambito della funzione di governo si qualifica inoltre il cosiddetto controllo direzionale che ne costituisce parte integrante. Il controllo che si è detto di correttezza gestionale ha riguardo al rispetto della legge, dello statuto e di codici di autoregolamentazione aziendale nell'espletamento delle rispettive funzioni degli organi di governo dell'impresa e nell'esecuzione delle deleghe operative. Il controllo che si è detto di regolarità amministrativa, più particolarmente, insiste sulle procedure amministrative coinvolgendone gli atti esecutivi e le relative responsabilità, la documentazione ed i riflessi informativi, ed è sostanzialmente rivolto alla verifica del rispetto dell'insieme di norme di comportamento che sistemicamente discendono da fonti legali, statutarie, ma anche da direttive regolamentari interne assunte dall'azienda stessa. Ad esso concorrono specifici organi istituzionali e di staff direzionale, ma anche esterni all'impresa, ed è nel suo ambito specifico che logicamente si inquadrano gli strumenti del cosiddetto sistema di controllo interno aziendale... Il controllo di trasparenza informativa ha riguardo alla completezza, analiticità e correttezza delle informazioni indirizzate verso l'esterno dell'impresa e rivolte, pur con una diversità di campo e di approfondimento, alla soddisfazione delle esigenze conoscitive di molteplici categorie di stakeholder. Si tratta di un flusso informativo, tradizionalmente incentrato sul bilancio, che sta assumendo caratteri di sempre maggiore ampiezza e qualificazione la cui validità, quale strumento di relazione dell'impresa con l'esterno, dipende fortemente dal livello di affidamento che gli è riconosciuto. Il controllo che si è detto di efficienza operativa e di qualità operativa, ancora, insiste sul complesso delle azioni organicamente e sistemicamente poste in essere per il conseguimento degli obiettivi aziendali, per il tramite delle quali nell'impiego delle risorse materiali, immateriali ed umane si realizza, com'è noto, la coordinazione economica generale dell'impresa. Il controllo che si è detto di iniziativa strategica o delle scelte di valore, infine, insiste sull'azione direzionale medesima e sulle sue competenze specifiche. Essendo, infatti, quest'ultima precipuamente raffigurabile nell'assunzione di decisioni strategiche circa gli obiettivi da perseguire nello sviluppo di un'idea d'affari, nonché circa i modi ed i mezzi per il loro conseguimento, ne discende che il controllo debba sostanzialmente vertere sulla coerenza e validità di tali decisioni strategiche e delle connesse scelte di valore operate. È altrettanto indubitato che, nell'ambito di un quadro aziendale ed ambientale complesso e perturbato dove l'unica certezza è di motivazione, risulta parimenti necessario un modello di controllo volto a sollecitare la conoscenza, l'eventuale riproposizione degli obiettivi e l’apprendimento attraverso l’errore” (Campedelli, 2001, pag. 159-167)

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