Dalla cartella esattoriale all'avviso di addebito - Scuola Superiore

31 mag 2010 ... processuale, in Lav. giur., 2013, 11, 993; Buoncristiani, L'avviso di addebito: un nuovo titolo esecutivo per l'Inps. Le ... Carbone, ...

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1. Dalla cartella esattoriale all’avviso di addebito: un nuovo titolo esecutivo solo per l’Inps. Com’è noto, il d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni in l. 30 luglio 2010, n. 122, ha introdotto un nuovo sistema di recupero dei crediti Inps, prevedendo l’abbandono della cartella esattoriale e introducendo l’avviso d’addebito con valore di titolo esecutivo1. Il nuovo sistema di riscossione si applica solo all’Inps e non agli altri Enti pubblici previdenziali ed esclusivamente per il recupero dei crediti accertati dall’Istituto a partire dal 1° gennaio 2011, anche se di competenza di periodi antecedenti al 20112. Nel decreto e nella legge di conversione non si rinviene alcuna motivazione di una siffatta differenziazione di trattamento tra Enti previdenziali, che appare del tutto ingiustificata. Nella Relazione illustrativa del decreto, si legge «la disposizione è finalizzata a realizzare, attraverso una semplificazione del processo di gestione del recupero dei crediti contributivi denunciati o accertati d’ufficio e dei crediti per prestazioni previdenziali indebitamente erogate, una più efficace azione di contrasto all’omissione contributiva e ad assicurare la correttezza delle prestazioni dell’Istituto nazionale della previdenza sociale contribuendo alla sostenibilità del sistema e alla riduzione di costi dell’azione amministrativa ». L’Inps, nella circolare 30 dicembre 2010, n. 168 ribadisce che «la disposizione si inquadra nella logica dell’intera manovra ed è finalizzata ad indirizzare l’attività dell’Istituto verso una più efficace azione di contrasto dell’omissione contributiva con immediate ricadute sulla correttezza delle prestazioni erogate». In sostanza, l’introduzione di un nuovo sistema di riscossione mediante avviso di addebito appare finalizzato ad una «semplificazione del processo di gestione del recupero dei crediti contributivi per contrastare più efficacemente il fenomeno dell’omissione/evasione contributiva» . Sulla disciplina dell’avviso di addebito senza pretesa di esaustività: Miscione, Contenziosi Inps tra pignoramenti e sanatoria per cartolarizzazione, in Lav. giur., 2010, 10, 967; Piovesana, L’avviso di addebito dopo le cartelle esattoriali: novità per la riscossione dei crediti degli Enti previdenziali, in Lav. giur., 2011, 11, 1089; Piovesana, Sulla natura del termine di decadenza per l’iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, in Lav. giur., 2012, 456; Piovesana, La causale dell’avviso di addebito Inps: questioni di diritto sostanziale e processuale, in Lav. giur., 2013, 11, 993; Buoncristiani, L’avviso di addebito: un nuovo titolo esecutivo per l’Inps. Le novità in materia di riscossione coattiva, in Riv. it. dir. lav., 2011, 3, 65; Buoncristiani, Il giudizio di opposizione a pretesa contributiva previdenziale. Profili sistematici, in Riv. trim. dir. civ., 2013, 4, 1457; Carbone, Nuove pensioni e nuovo sistema di riscossione dei crediti previdenziali, in Foro it., 2011, V, 88; Gheido e Casotti, Avviso bonario e avviso di addebito, in Dir. prat. lav., 2011, 261; De Luca, La riscossione coattiva dei contributi previdenziali, in Officina del diritto, Giuffrè, Milano, 2012; Capurso, Dall’iscrizione a ruolo all’avviso di addebito contributivo: sul rapporto tra vizi della formazione del titolo e giudizio di merito, in Lav. giur., 2013, 6, 610; Toffoli, Opposizione a ruolo (e a cartella) ed avviso di addebito in materia contributiva, in www.csm.it, incontro di studio 5 -7 novembre 2012; Borghetich, Opposizione a ruolo (e a cartella) ed avviso di addebito in materia contributiva, in www.csm.it, ibidem; La Terza, Opposizione a ruolo (e a cartella) ed avviso di addebito in materia contributiva, www.csm.it, incontro studio 11-13 dicembre 2012; Imbriaci, Recupero indebiti previdenziali e nuova riscossione Inps, in Guida al Lav., 2011, 18, 84. 2 Circolare Inps 30 dicembre 2010, n. 168, in www.inps.it 1

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È tuttavia evidente che il problema dell’omissione/evasione contributiva non interessa solo l’Inps, ma tutti gli Enti previdenziali. Certo l’Inps è quello di maggiori dimensioni. L’enorme deficit dell’Inps, però, non giustifica l’introduzione di una norma ad hoc per un solo Istituto, con disparità di trattamento tra Enti pubblici previdenziali, tanto che non è mancato, chi ha sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della norma3. 2. La soppressione per l’Inps del sistema di riscossione mediante ruolo Quanto sopra premesso, passiamo ora ad esaminare più in dettaglio quali siano le modifiche apportate dall’art. 30 d.l. 78/2010 al sistema di riscossione dei crediti Inps, anche al fine di meglio comprendere quali siano le ricadute su aziende e lavoratori. Rispetto al sistema previgente della cartella esattoriale, la principale novità dell’avviso d’addebito consiste nel fatto che dal 1° gennaio 2011 l’Inps non si avvale più del “ruolo4” per recuperare i propri crediti. Come noto infatti, sino alla riforma in commento, l'Inps, una volta accertata l'esistenza di un credito contributivo non versato, procedeva nel seguente modo: a) aveva facoltà di richiedere il pagamento mediante avviso bonario al debitore, concedendogli un termine di trenta giorni per adempiere o per chiedere una rateazione del debito; in pendenza di tale termine l’Istituto previdenziale non

Buoncristiani, L’avviso di addebito: un nuovo titolo esecutivo per l’Inps, cit., 77. disciplina di tale sistema di recupero è contenuta principalmente nel d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 e successive modifiche (che richiama il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602). Per una panoramica sui problemi sollevati dalla riscossione tramite ruolo, senza pretesa di esaustività: Amendola, Questioni processuali nei giudizi di opposizione alla riscossione coattiva per contributi previdenziali, in Inf. prev., 2009, 897; Buoncristiani, Il recupero coattivo previdenziale e il gioco delle parti (modalità di notifica della cartella e domanda riconvenzionale dell’ente), in Riv. it. dir. lav., 2010, 593; Benassi, I giudizi di opposizione a cartella e ruolo esattoriale, in Riv. dir. sic. soc., 2011, 709; Benassi, I giudizi di opposizione a cartella e ruolo esattoriale, in www.csm.it, incontro studio 7 – 11 marzo 2011; Cucchi, La nuova disciplina della riscossione coattiva mediante ruolo (cd. esecuzione esattoriale), Cedam, 2002; Capurso, Per uno studio sulle opposizioni alle iscrizioni a ruolo dei crediti contributivi, in Riv. dir. sic. soc., 2006, 197; Capurso, Le nuove controversie previdenziali sugli obblighi contributivi, in Inf. prev., 2002, 1553; Capurso, Iscrizione a ruolo dei crediti contributivi e processo del lavoro, in Lav. giur., 2001, 121; De Luca, Il sistema di riscossione coattiva dei contributi previdenziali tra vecchie e nuove questioni, in www.csm.it, incontro studio 5 – 7 novembre 2011; Fonzo, Cessione dei crediti contributivi dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e riscossione coattiva mediante ruolo, in Inf. prev., 2002, 1528 segg.; Cunati, La riscossione tramite ruoli esattoriali e la cartolarizzazione dei crediti previdenziali INPS e INAIL, in Lav. prev. Oggi, 2002, 23; Nicolini, Problemi del contenzioso in tema di recupero contributivo mediante ruoli, Riv. dir. sic. soc., 2002, 467; Miranda, La riscossione a mezzo ruoli esattoriali quale unica forma di recupero dei crediti degli enti previdenziali: gli effetti del diritto della decadenza dall’iscrizione al ruolo sul diritto dell’Inps alla riscossione coattiva, in Riv. it. dir. lav., 2011, II, 461; Perina, Questioni processuali inerenti i ruolo, in Inf. prev., 2002, 1493; Perina, Cessione, cartolarizzazione e riscossione a mezzo ruoli dei crediti contributivi, in Lav. giur., 2003, 7, 627; Guadagnino, Il processo previdenziale in materia contributiva, Padova, 2008; Gentile, Il processo previdenziale, Milano, 2010, 25; Carbone e Gentile, La riscossione dei contributi e degli altri crediti previdenziali: azioni e opposizioni, in Foro It., 2011, 12, I, 3381; Miscione, La procedura di opposizione alle cartelle esattoriali, in Miscione, Lavoro Dottrina Diritto. Memorie e idee in diritto del lavoro, Bologna 2014, 299. 3

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poteva procedere all'iscrizione a ruolo del credito (art. 24, comma 2, d.lgs. n. 46/1999); b) procedeva all'iscrizione a ruolo del credito previdenziale (e relative sanzioni ed interessi). L’Istituto, una volta iscritti a ruolo i crediti e le relative sanzioni, cedeva a titolo oneroso gli stessi ad una società per azioni avente per oggetto esclusivo l'acquisto e la cartolarizzazione di tali crediti (la S.C.C.I S.p.A.), come previsto dall'art. 13, l. 23 dicembre 1998, n. 448 e, contestualmente, consegnava il ruolo alla società di riscossione (costituita con la l. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 3), Equitalia S.p.A., che si occupava del recupero coattivo del credito. Equitalia, una volta ricevuto il ruolo, enucleava le singole posizioni debitorie e formava una cartella di pagamento per ognuna di esse. La cartella, che è un estratto del ruolo, veniva notificata da Equitalia al debitore. Dunque, sino al 1° gennaio 2011, era l’Agente di riscossione (Equitalia S.p.A.) che provvedeva alla formazione della cartella di pagamento occupandosi, successivamente, anche dell’esecuzione forzata. Dal 1° gennaio 2011 l’Inps non si avvale più del “ruolo” per recuperare i propri crediti. L’Istituto, una volta accertata la sussistenza di un credito contributivo, ha ancora la facoltà di inviare al debitore il cd. avviso bonario. Qualora, però, il debitore non provveda al pagamento nei termini fissati nell’avviso, l’Inps procede, direttamente ed autonomamente, alla formazione ed alla notifica dell’avviso di addebito. Ugualmente, qualora il credito Inps derivi da accertamento d’ufficio o da verifica ispettiva, l’atto di accertamento (nel caso di accertamenti ispettivi) o la lettera di diffida (nel caso di accertamenti d’ufficio) devono contenere l’intimazione ad adempiere entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Se il debitore non adempie nel citato termine, o non propone ricorso amministrativo o giudiziale (in prevenzione) avverso l’atto di accertamento, l’Inps forma direttamente l’avviso di addebito e lo notifica al contribuente. In sostanza, dal 1° gennaio 2011, per l’Inps (e solo per l’Inps) è stata completamente soppressa la fase dell’iscrizione a ruolo e della consegna dello stesso all’Agente di riscossione, con riduzione dei tempi intercorrenti fra l’insorgenza del credito e il momento in cui l’Agente può avviare l’attività di recupero del credito. Con l’avviso di addebito siamo ad un passo dall’esecuzione, atteso che in difetto di pagamento entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di addebito e in mancanza di opposizione, l’Agente di riscossione può dare inizio all’esecuzione forzata con le modalità previste dal D.P.R. n. 602/1973. 3. Il contenuto della cartella esattoriale e dell’avviso di addebito. L’art. 25 D.P.R. n. 602/1973, come modificato dall’art. 11 d.lgs. 46/1999, rinvia per la determinazione del contenuto minimo della cartella di pagamento al decreto del Ministero delle Finanze n. 321/1999 che è rubricato “Regolamento recante norme 3

per la determinazione del contenuto del ruolo e dei tempi, procedure e modalità della sua formazione e consegna, ai sensi degli articoli 4 e 10 d.lgs. 46/1999”. Ai sensi dell’art. 6 del citato decreto, la cartella deve contenere l’indicazione dei seguenti elementi: a) l'ente creditore; b) la specie del ruolo; c) il codice fiscale e i dati anagrafici dei debitori; d) l'anno o il periodo di riferimento del credito; e) l'importo di ogni articolo di ruolo; f) il totale degli importi iscritti nel ruolo; g) il numero delle rate in cui il ruolo deve essere riscosso, l'importo di ciascuna di esse e la cadenza delle stesse. Inoltre, la cartella deve riportare: l'indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo5; l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata6; l'indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella7. A questi dati si aggiunge, ai sensi del comma 2 dell’art. 1, d.m. 321/1999, “l'indicazione sintetica degli elementi sulla base dei quali è stata effettuata l'iscrizione a ruolo e, nel caso in cui l'iscrizione a ruolo consegua ad un atto precedentemente notificato, devono essere indicati gli estremi di tale atto e la relativa data di notifica”8 . Quanto all’avviso di addebito, il contenuto minimo dello stesso è disciplinato dall’art. 30 comma 2, d.l. 78/2010. Ai sensi di quest’ultimo articolo, l’avviso di addebito deve contenere a pena di nullità a) il codice fiscale del soggetto tenuto al versamento, b) il periodo di riferimento del credito, c) la causale del credito, d) gli importi addebitati ripartiti tra quota capitale, sanzioni e interessi, ove dovuti, e) l’indicazione dell’agente di riscossione competente in base al domicilio fiscale presente nell’anagrafe tributaria alla data di formazione dell’avviso. L’avviso, per i crediti accertati dagli uffici, deve altresì contenere l’intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati entro il termine di sessanta giorni dalla notifica nonché l’indicazione che in mancanza di pagamento, si procederà ad espropriazione forzata, con i poteri, le facoltà e le modalità che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. L’avviso deve essere sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal responsabile dell’ufficio che ha emesso l’atto. Dal confronto fra le disposizioni sul contenuto della cartella esattoriale con quelle relative ai requisiti minimi dell’avviso di addebito emergono alcune significative differenze. Art. 25, comma 2 bis, D.P.R. 602/1973. Art. 25, comma 2, D.P.R. 602/1973. 7 Art. 36, comma 4-ter del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni in l. 28 febbraio 2008, n. 31. 8 Il contenuto della cartella è stato poi integrato dall’art. 36, comma 4 ter d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni in l. 28 febbraio 2008, n. 31 ai sensi del quale “la cartella di pagamento di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, contiene, a pena di nullità, l'indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Il secondo periodo del comma 4 ter precisa che le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse”. 5 6

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Anzitutto, rispetto alla cartella esattoriale nelle disposizioni relative all’avviso di addebito mancano tutti i riferimenti al ruolo, ora superflui perché l’Inps non si avvale più del sistema di riscossione mediante ruolo. Manca anche l’indicazione dell’Ente impositore e quella del responsabile del procedimento, nonché l’avvertenza circa le modalità ed i termini per impugnare, tutti requisiti, invece, previsti per la cartella. Quanto ai primi due elementi, l’Inps, nella circolare 30.12.2010, n. 168 e nella Determinazione del Presidente 30.07.2010 n. 729 ha colmato la lacuna legislativa aggiungendo tali requisiti tra i contenuti minimi dell’avviso di addebito10. Resta, invece, mancante, l’avvertimento circa le modalità ed i termini per proporre impugnazione, ma l’Inps ha comunque provveduto ad inserire negli avvisi detta indicazione. La differenza più significativa tra il contenuto della cartella esattoriale e i requisiti minimi dell’avviso d’addebito consiste nel fatto che solo per quest’ultimo la legge prevede espressamente la sanzione della nullità nell’ipotesi in cui manchi una qualsiasi delle indicazioni previste dalla norma. Per la cartella esattoriale né l'art. 25 D.P.R. n. 602/1973, come modificato dall’art. 11 d.lgs. 46/1999, né il d.m. 321/1999 stabilivano espressamente detta sanzione. Gli unici riferimenti in punto di sanzioni erano e sono contenuti nell’art. 8 d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32 e nel già citato art. 36, comma 4 ter d.l. 31 dicembre 2007, n. 248. La prima disposizione, nel novellare l’art. 12 D.P.R. 602/1973 ha statuito che “nel ruolo devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa”, precisando altresì che “in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all'iscrizione”.

Consultabile in www.inps.it Si legge all’art. 1 dell’allegato 1 alla Determinazione del Presidente Inps 30.07.2010 n. 72 “L'avviso di addebito è formato dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e reca un numero identificativo univoco a livello nazionale. L'avviso di addebito ha valore di titolo esecutivo e contiene a pena di nullità: a. l'indicazione della sede INPS competente; b. il codice fiscale e i dati anagrafici del debitore ed il domicilio fiscale rilevato dall'anagrafe tributaria alla data di formazione dell'avviso di addebito; c. l'indicazione dell'Agente della Riscossione competente in base al domicilio fiscale del debitore; d. la tipologia dei credito con l'informazione della gestione previdenziale di riferimento e, in caso di crediti derivanti da atto di accertamento dell'INPS o di altri Enti, l'indicazione degli estremi dell'atto e la relativa data di notifica; e. l'anno ed il periodo di riferimento del credito; f. l'importo del credito distinto per singolo periodo ripartito tra quota capitale, sanzioni e interessi ove dovuti; g. l'importo totale dei crediti contenuti nell'avviso comprensivi dei compensi del servizio di riscossione; h. l'intimazione ad adempiere l'obbligo di pagamento degli importi in esso indicati entro il termine di 60 giorni con l'indicazione che, in mancanza dei pagamento, l'Agente della Riscossione, senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procederà ad espropriazione forzata, con i poteri, le facoltà e le modalità che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo; i. l'indicazione delle modalità di pagamento; j. l'indicazione che la riscossione dell'avviso è effettuata dal competente Agente della Riscossione; k. il responsabile del procedimento; l. la sottoscrizione, anche mediante firma elettronica, dei responsabile dell'ufficio che ha emesso l'atto” 9

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La seconda disposizione, sopra citata, sanziona specificamente con la nullità la mancata indicazione del responsabile del procedimento nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati a far data dal 1 giugno 2008. Per l’avviso di addebito ora è esplicito: il contenuto minimo dell’avviso, previsto dall’art. 30, comma 2, è obbligatorio, a pena di nullità. L’avviso pertanto, è un atto a forma solenne vincolata. Se poi si raffrontano i requisiti minimi della cartella con quelli previsti per l’avviso d’addebito emerge chiaramente un’altra divergenza. Per la cartella di pagamento, l’art. 1, comma 2, d.m. 321/1999 si richiede “l'indicazione sintetica degli elementi sulla base dei quali è stata effettuata l'iscrizione a ruolo e, nel caso in cui l'iscrizione a ruolo consegua ad un atto precedentemente notificato, devono essere indicati gli estremi di tale atto e la relativa data di notifica”. È quella che viene e veniva definita la cd. motivazione della cartella. In materia di avviso di addebito, invece, l’art. 30 comma 2, d.l. 78/2010 stabilisce che nell’avviso deve essere indicata, a pena di nullità, la “causale del credito”. Si impone, dunque, di verificare se con l’espressione “causale del credito” debba intendersi qualche cosa di diverso rispetto la cd. motivazione della cartella, anche perché, come già detto, tale requisito è ora previsto espressamente a pena di nullità. 3A La causale dell’avviso di addebito L’Inps, nella propria determinazione del 30.07.2010 n. 72, ha specificato i contenuti della causale dell’avviso di addebito, precisando che nell’avviso deve essere indicata “la tipologia del credito con l'informazione della gestione previdenziale di riferimento e, in caso di crediti derivanti da atto di accertamento dell'INPS o di altri Enti, l'indicazione degli estremi dell'atto e la relativa data di notifica”(lett. d). Dunque, secondo l’Inps, di fatto nulla è cambiato rispetto alla cartella. Anzi, dal tenore letterale della determinazione, sembrerebbe che ora si richieda anche meno di prima. Non più l'indicazione sintetica degli elementi della pretesa11, ma solo la tipologia del credito con l'informazione della gestione previdenziale di riferimento. La citata determinazione, però, non ha efficacia di legge, ma è solo un atto interno dell’Istituto che vincola esclusivamente i funzionari dell’Ente, senza alcuna efficacia vincolante per i terzi. L’interpretazione del dettato normativo non può pertanto prescindere da alcune considerazioni circa la natura giuridica dell’avviso di addebito e la “funzione” della “causale del credito”. In proposito, va ricordato che l’avviso d’addebito – come la cartella esattoriale non funge solo da titolo esecutivo e da precetto, ma veicola anche la pretesa dell’Ente previdenziale. In altre parole, la causale serve anzitutto ad individuare il

Ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.m. 321/1999 si trattava, più precisamente, dell'indicazione sintetica degli elementi sulla base dei quali è stata effettuata l'iscrizione a ruolo, ma è evidente che oggi il riferimento al ruolo per l’Inps non ha più valore. 11

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diritto di credito azionato ed a portare a conoscenza del contribuente i presupposti di fatto e di diritto su cui la pretesa creditoria si fonda 12. Già con riferimento alle cartelle esattoriali, parte della dottrina13 aveva osservato che l’indicazione della motivazione del credito deve essere intesa in senso ampio, non potendo limitarsi ad es. all’indicazione nell’atto del codice tributo, della sua natura, ovvero del credito e del periodo di riferimento, o ancora al rinvio ad un verbale ispettivo senza la data di notifica, o a mere note di rettifica. L’Inps, cioè, deve farsi capire dal destinatario precisando i fatti costitutivi del diritto di credito vantato. Tale conclusione, vale ancor più oggi per l’avviso d’addebito, atteso che l’indicazione della causale è ora espressamente prevista a pena di nullità. Per l’avviso, come per le cartelle, è sufficiente anche un’indicazione sintetica della causale, ma che consenta al presunto debitore di capire la pretesa dell’Ente, o, più correttamente, da dove origina la pretesa di quest’ultimo ed approntare le proprie difese. 3B Causale dell’avviso d’addebito e rinvio per relationem Ci si chiede, inoltre, se per l’avviso di addebito, sia possibile indicare la causale per relationem, cioè rinviando ad altro atto, precedentemente notificato al presunto debitore. Per le cartelle esattoriali tale rinvio si poteva effettuare, atteso che l’art. 1, comma 2, d.m. 321/1999, specificava che, nel caso in cui l'iscrizione a ruolo consegua ad un atto precedentemente notificato, devono essere indicati gli estremi di tale atto e la relativa data di notifica, ora per l’avviso d’addebito, l’art. 30 comma 2, d.l. 78/2010 nulla dice in proposito. I commentatori che hanno affrontato tale problematica sembrano propendere per l’ammissibilità ancor oggi di tale rinvio14. Tale dottrina, fa leva sull’applicabilità all’avviso di addebito dell’art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241 in materia di motivazione del provvedimento amministrativo. Ai sensi del citato art. 3 “ogni provvedimento amministrativo (omissis) deve essere motivato (omissis). La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria (omissis). Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama”. In merito al significato della locuzione “reso disponibile” la giurisprudenza amministrativa maggioritaria15 ritiene non sia necessario che Sul punto si veda Buoncristiani, Disciplina del vizio di motivazione della cartella di pagamento. Accoglimento parziale dell’opposizione e conferma del ruolo, in Riv. it. dir. lav., 2010, II, 672. 13 Buoncristiani, Il recupero coattivo del credito previdenziale, cit., 600; Buoncristiani, Disciplina del vizio di motivazione, cit., 675. 14 Buoncristiani, L’avviso di addebito, cit., 67; De Luca, La riscossione coattiva, cit., 11. 15 Cons. Stato Sez. III, 30 maggio 2013, n. 2941; T.A.R. Campania Napoli, 20 marzo 2012, n. 1374; T.A.R. Toscana Firenze, 7 maggio 2013, n. 723; T.A.R. Campania Napoli, 7 maggio 2012, n. 2081, tutte le pronunce sono rinvenibili in www.leggiditalia.it In senso contrario, propendono per la 12

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l’atto richiamato in motivazione sia allegato al provvedimento principale, ma sia sufficiente che lo stesso sia reso accessibile agli interessati su loro specifica richiesta e, se si tratta di atto precedentemente notificato, che basti l’indicazione degli estremi dello stesso e della data di notifica. Sulla scorta della richiamata giurisprudenza, la dottrina sopra menzionata16 conclude che anche l’avviso di addebito – in quanto atto amministrativo – può essere motivato per relationem mediante rinvio a verbale ispettivo precedentemente notificato. Sul punto va però segnalata anche la posizione di un autore17, il quale, pur propendendo in linea di principio per l’ammissibilità del rinvio per relationem, ha poi precisato che non può essere comminata alcuna sanzione per censure formali solo “allorquando nella cartella sia citato espressamente, negli esatti estremi temporali di riferimento, il verbale ispettivo posto a fondamento dell’addebito, con l’annotazione della data in cui è stato già portato a conoscenza del destinatario e siano altresì indicati, sia pur in estratto, tutti i dati necessari all’individuazione del titolo di credito azionato”. Dunque, questa dottrina, finisce di fatto per negare l’ammissibilità del rinvio per relationem inteso come mero richiamo nell’avviso di addebito agli estremi del verbale ispettivo e alla data di notifica dello stesso al contribuente, atteso che, accanto a tali indicazioni, l’avviso deve contenere, sia pur in estratto, “tutti i dati necessari all’individuazione del titolo di credito azionato”. In realtà, il richiamo ai principi in materia di motivazione dell’atto amministrativo, contenuti nell’art. 3, comma 3, l. 241/1990, non sembra conferente. Già con riferimento alla cartella esattoriale è stato osservato18 che la stessa non è un atto amministrativo provvedimentale, frutto dell’esercizio autoritativo del potere amministrativo. Anzi, a stretto rigore, la stessa è un atto (più precisamente, un titolo esecutivo stragiudiziale) formato da una società di capitali (Equitalia) secondo un contenuto vincolato da previsione normativa. Ugualmente alla cartella esattoriale, anche l’avviso d’addebito non è un provvedimento discrezionale della P.A. in ordine al quale l’amministrazione è tenuta ad esternare i criteri utilizzati per ponderare gli interessi in gioco, ma un atto a contenuto vincolato. L’unica differenza rispetto alla cartella, è che l’avviso è formato non più da una società privata (Equitalia), ma dall’Inps.

necessità che l’atto richiamato per relationem venga allegato Cons. Stato, 19 novembre 2012, n. 5835; Cons. Stato, 18 settembre 2012, n. 4950; Cons. Stato, 7 febbraio 2012, n. 658; Cons. Stato, 28 marzo 2011, n. 1979; TAR Reggio Calabria, 8 novembre 2012, 665, tutti in www.leggiditalia.it 16 Cfr. nota 14 17 De Luca, La riscossione coattiva, cit., 12. 18 Cass. 30 dicembre 2009, n. 27824, in Riv. it. dir. lav., 2010, II, 669, con nota di Buoncristiani, Disciplina del vizio di motivazione della cartella di pagamento. Accoglimento parziale dell’opposizione e conferma del ruolo.

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Alla luce di quanto sopra, si ritiene che la “causale” dell’avviso di addebito non sia identificabile con la motivazione dell’atto amministrativo19, e che pertanto, all’avviso non siano applicabili i principi sopra menzionati. Per verificare l’ammissibilità o meno di una causale per relationem è necessario concentrarsi sulla circostanza che ai sensi dell’art. 30 d.l. 78/2010, la causale deve essere indicata nell’avviso a pena di nullità e, pertanto, lo stesso è un atto a forma solenne vincolata. 3.B.1 Ammissibilità o meno di una motivazione per relationem negli atti processuali e nei contratti a forma solenne. In materia di atti processuali a forma solenne (ad esempio, atto di citazione, ricorso ex art. 414 c.p.c.), dottrina e giurisprudenza maggioritaria propendono per ritenere che laddove il codice prescriva, per un atto processuale, determinati requisiti a pena di nullità, gli stessi devono risultare dall’atto stesso, non potendo essere ricavati da atti e/o documenti diversi20 . Anche spostando l’analisi dalla Peraltro, ai sensi l’art. 3, comma 3 l. 241/1990, la motivazione per relationem è ammissibile solo laddove il provvedimento amministrativo rinvii ad un altro atto della medesima amministrazione e non ad uno di amministrazioni diverse. Spesso, invece, accade che l’avviso Inps tragga origine da accertamenti ispettivi non dell’Inps stesso, ma dell’Inail o della DPL. In tal caso, anche se si ritenesse applicabile all’avviso di addebito la disciplina in materia di motivazione dell’atto amministrativo, si dovrebbe comunque concludere per l’inammissibilità del rinvio. Si segnala che una parte della giurisprudenza, in materia di atti tributari (ad es. avvisi di accertamento), ritiene che l’obbligo di motivazione possa essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale. Così Cass. 25 luglio 2012, n. 13110, in Fisco QOL – Quotidiano on line, 2012; Cass. 14 novembre 2012, n. 19875 in Fisco QOL – Quotidiano on line. 20 Si discute in giurisprudenza se gli elementi essenziali dell’atto e in particolare, il petitum e la causa petendi possano essere individuati mediante un semplice rinvio per relationem a documenti allegato all’atto introduttivo. La giurisprudenza prevalente propende per la posizione negativa, escludendo che i fatti/elementi non estrinsecati nel ricorso possano essere desunti integralmente dalla documentazione allegata allo stesso (tra le altre: Cass. 14 maggio 2003, n. 7479, in Mass. giur. lav., 2004, 6, 222; Cass. 18 ottobre 2002, n. 14817, in Lav. giur., 2003, 181; Cass. 1 luglio 1999, n. 6714, in Mass. Giur. it., 1999; Cass. 13 dicembre 1999, n. 13984, in Mass. Giur. it, 1999). Non mancano anche pronunce di segno opposto (tra le altre: Cass. 23 dicembre 2004, n. 23929, in Mass. Giur. it, 2004; Cass. 4 agosto 1994, n. 7221, in Mass. Giur. it, 1994). Tuttavia, Cass. 9 agosto 2003, n. 12059, in Mass. Giur. lav., 2004, 6, 222 ha precisato che “da un lato devesi escludere che il rinvio, anche espresso, a documenti non materialmente allegati al ricorso possa esonerare il ricorrente da un’indicazione degli estremi della domanda necessari affinché risulti sostanzialmente delineato il thema decidendum e la controparte possa, già dalla lettura del ricorso, essere messa in grado di valutare, nelle loro linee fondamentali, i termini della domanda e le proprie esigenze di difesa. Viceversa, rappresenterebbe un formalismo eccessivo (omissis), richiedere che inderogabilmente nel ricorso siano precisati tutti i dettagli del petitum e della causa petendi. Non è possibile precisarsi in astratto quale possa essere la linea di demarcazione tra quanto deve desumersi inderogabilmente dal ricorso e quanto può trovare integrazione nella documentazione. Si tratta di valutazioni che devono essere compiute, in maniera ragionevole, con concreto riferimento alle varie situazioni, assicurando in ogni caso che siano adeguatamente tutelati il diritto alla difesa del convenuto e la funzionalità del giudizio” In altre parole, la Suprema Corte, ritiene inammissibile un rinvio sic et simpliciter a documenti allegati. Secondo la Cassazione il petitum e la causa petendi devono essere precisati nell’atto in modo sufficiente da garantire il diritto di difesa del convenuto, potendo i documenti 19

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materia processuale al diritto sostanziale, si perviene a conclusioni analoghe. Con riferimento ai contratti a forma solenne, la dottrina prevalente collega il problema della forma ad substantiam a quello del contenuto cd. “minimo” del contratto, ritenendo che il rinvio per relationem non sia ammissibile per la determinazione degli elementi essenziali dello stesso, quali ad esempio la causa e l’oggetto, ma solo per quelli cd. accidentali 21. In modo conforme si è espressa recente giurisprudenza di merito secondo la quale: “l’art. 1346 c.c. che stabilisce che l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile, va intesa non in senso assoluto, ma nel senso che l’oggetto è da ritenersi sufficientemente identificato quando sia indicato nei suoi elementi essenziali, mentre non è richiesta una precisa indicazione di tutti i particolari. Va comunque rammentato che nei contratti per cui è prescritta la forma scritta ad substantiam la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma per tutti gli elementi essenziali, con la conseguenza che l’oggetto di esso deve risultare per iscritto o essere almeno determinabile in base agli elementi risultanti dall’atto stesso e non aliunde” 22. Alla luce di quanto sopra, possiamo dunque ricavare un principio generale e cioè che qualora la legge prescriva per un determinato atto o contratto un specifica forma a pena di nullità, i requisiti essenziali dello stesso non sono ricavabili mediante rinvio ad atti o documenti diversi. Considerato che l’avviso d’addebito è un atto a forma solenne vincolata, si ritiene che la causale dello stesso non possa ritenersi sufficientemente specificata mediante un semplice rinvio a documenti precedentemente notificati al presunto debitore quali note di rettifica, verbali di accertamento ecc. 3.B2 La cd. motivazione per relationem nei procedimenti sommari Ulteriore conferma delle conclusioni sopra raggiunte si trae analizzando le disposizioni in materia di ricorso per decreto ingiuntivo, procedimento che, come noto, per alcuni aspetti, ha caratteristiche molto simili all’ordinanza ingiunzione, all’iscrizione ai ruoli esattoriali e, dunque, anche all’avviso di addebito. In tutti questi casi, infatti, il presunto debitore può opporre il titolo esecutivo solo entro un certo tempo, a pena altrimenti del giudicato o di una preclusione similare 23 e l’opposizione si instaura promuovendo un normale processo di cognizione che nell’accertare o meno la sussistenza del debito – credito, verifica anche la fondatezza della domanda proposta con i procedimenti citati. Inoltre, si tratta di

avere esclusivamente una funzione integrativa e cioè di mera precisazione dei profili di dettaglio. La Corte ha inoltre precisato che va in ogni caso esclusa l’ammissibilità di un rinvio per relationem a documenti non allegati al ricorso. 21 Nicolò, La relatio nei negozi formali, in Riv. dir. civ., 1972, I, 124; Mirabelli, Dei contratti in generale, in Commentario al codice civile, Torino, 1980, 197; Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2000, 862. Si veda anche in giurisprudenza: Trib Torino 3 dicembre 2010, inedita. 22 Trib. Genova, 21 gennaio 2011, inedita e Trib Torino 3 dicembre 2010, cit. 23 Ronco, Struttura e disciplina del rito monitorio. Biblioteca di diritto processuale, 16, Collana diretta da Chiarloni, Consolo, Costantino, Luiso e Sassani, Torino, 2000, 571

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procedimenti che possono venire tutti utilizzati, con una procedura privilegiata, dagli Enti previdenziali24. Ai sensi dell’art. 638 c.p.c. il ricorso per decreto ingiuntivo deve contenere i requisiti previsti in via generale per ogni atto giudiziario dall’art. 125 c.p.c., ossia l’indicazione del Giudice adito, delle parti, della causa petendi, del petitum, la formulazione delle conclusioni, la sottoscrizione e l’eventuale procura alle liti. È noto che per i crediti di previdenza, gli Istituti previdenziali hanno una procedura privilegiata per ottenere l’ingiunzione di pagamento. Infatti, gli Istituti, possono ottenere decreti ingiuntivi sulla base della dichiarazione (che costituisce prova idonea ex art. 635, comma 2, c.p.c.) resa da un funzionario dell’Ente sulla base degli accertamenti effettuati, cui può validamente sostituirsi come superiore gerarchico anche il direttore di sede25. Non ha rilevanza ai fini esterni se i funzionari siano stati ritualmente autorizzati, né rileva l’eventuale contraddittorietà fra atti interni26. Anzi, ai sensi dell’art. 635, comma 2, c.p.c. costituiscono prove scritte idonee per l’emissione del decreto ingiuntivo per i crediti derivanti da omesso versamento agli enti di previdenza e di assistenza, dei contributi assicurativi, perfino gli accertamenti eseguiti dall’Ispettorato del lavoro e dai funzionari degli enti stessi, anche se gli stessi non siano all’uopo autorizzati, non essendo tale autorizzazione richiesta dalla predetta disposizione27. I verbali di accertamento degli ispettori costituiscono prova idonea ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo e possono fornire utili elementi di giudizio, pur non essendo muniti di efficacia probatoria assoluta, nella successiva fase del procedimento cognitivo conseguente ad opposizione28. Com’è stato autorevolmente osservato29, questa procedura di autoreferenzialità sostituisce però solo e soltanto la prova scritta derivante dal debitore che in generale è necessaria per il ricorso d’ingiunzione: l’autocertificazione sostituisce la prova scritta derivante dal debitore, ma non esime dalla necessità di indicare, anche con una parola sola, nella sintesi più estrema, quali sono gli elementi di fatto e le ragioni di diritto a fondamento della domanda. Il privilegio dell’autocertificazione, concesso agli Istituti previdenziali, non esclude che la Miscione, L’opposizione a decreto ingiuntivo e ad altre pretese già avanzate, in Lav. giur., 2001, 5, 405 a cui si rinvia per un ampio approfondimento sul tema. 25 Miscione, L’opposizione a decreto ingiuntivo, cit., 406, il quale sottolinea che “con riguardo all’ammontare dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro, costituisce prova idonea per l’ingiunzione di pagamento ai sensi dell’art. 635, comma 2, c.p.c., l’attestato scritto del direttore di una sede provinciale dell’Inps, anche in sostituzione del funzionario incaricato, in base ai poteri di superiore gerarchico”: Cass. 14 gennaio 1985, n. 57, in Mass. Giust. civ., 1985, 1; Pret. Como 24 settembre 1985, in Inf. prev., 1985, 1324; Pret. Salerno, 31 maggio 1986, ivi, 1987, 593; Pret. Genova 1 giugno 1992, ivi, 1993, 935. 26 Sul punto Cass. 27 luglio 1995, n. 8211, in Mass. Giust. civ., 1995, 1438 che sottolinea come non rilevi l’eventuale contraddittorietà tra diversi accertamenti compiuti dai medesimi funzionari, data la loro natura non di atti amministrativi di natura provvedimentale, ma di operazioni rivolte alla ricognizione di dati, non richiedenti motivazione. 27 Cass. 22 gennaio 1980, n. 535, in Mass. Giust civ., 1980, 1. 28 Cass. 14 gennaio 1992, n. 392, in Inf. prev., 1992, 578; Trib. Brindisi 27 febbraio 1995, ivi, 1995, 399. 29 Miscione, L’opposizione a decreto ingiuntivo, cit., 406. 24

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domanda debba avere comunque i requisiti prescritti dall’art. 638 c.p.c. e cioè l’oggetto, le ragioni dell’istanza e l’indicazione delle prove che si producono. A tali conclusioni è pervenuta la stessa giurisprudenza che ha precisato come “lo speciale e sommario procedimento per la richiesta del decreto ingiuntivo non impone che la domanda relativa abbia particolari requisiti, oltre a quelli prescritti dall’art. 338 c.p.c. e cioè, l’oggetto, le ragioni dell’istanza e l’indicazione delle prove che si producono; pertanto il ricorso può essere indicato anche modo sommario purché accompagnato da uno dei documenti previsti dagli artt. 634, 635 e 636 c.p.c.30”. Dunque, secondo la Suprema Corte, il ricorso, pur nella sommarietà, deve comunque contenere l’indicazione dei fatti e degli elementi di diritto posti a fondamento della pretesa dell’Ente. Da ciò discende un’ulteriore conseguenza. I fatti e gli elementi di diritto che l’Ente previdenziale pone a fondamento del proprio credito non possono essere desunti da documenti quali le dichiarazioni dei funzionari o gli accertamenti (rectius verbali di accertamento) dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari degli Enti prodotti in allegato al ricorso, ma devono essere specificati seppur, in estrema sintesi, nel contesto del ricorso introduttivo. Ciò perché, se è vero che ai sensi dell’art. 635 c.p.c. costituisce prova dell’esistenza del credito l’attestazione dell’Ente Previdenziale, è anche vero che, ai fini della specificità dell’intimazione, deve sussistere un riferimento preciso che metta in condizioni il debitore di conoscere la causa del credito31. In altre parole, nel ricorso per decreto ingiuntivo per crediti previdenziali, la causale del credito non può essere indicata mediante rinvio per relationem ad atti o documenti diversi e tale principio non può che trovare applicazione per gli avvisi d’addebito, trattandosi di due procedimenti con caratteristiche molto similari32. Alla luce di tutto quanto sopra, può concludersi che a differenza delle cartelle esattoriali, in cui la causale (rectius per le cartelle la motivazione) poteva ritenersi sufficientemente specificata anche mediante rinvio ad un atto precedentemente notificato, con indicazione degli estremi e della relativa data di notifica, per l’avviso di addebito ciò non basta. L’Istituto anche nell’ipotesi in cui faccia rinvio ad esempio, ad un verbale ispettivo precedentemente notificato o ad atti diversi

Cass. 28 luglio 2009, n. 17494, in Mass. Giur. It., 2009; Cass. 25 marzo 2000, n. 3591, in Mass. Giur. It., 2000, Cass. 22 gennaio 1980, n. 535, inedita. 31 Miscione, L’opposizione a decreto ingiuntivo, cit., 407. 32 Si noti peraltro che per l’avviso d’addebito è prevista espressamente la sanzione della nullità per mancanza di uno dei requisiti minimi dell’atto. Per il decreto ingiuntivo, l’art. 125 c.p.c. a cui l’art. 638 c.p.c. fa rinvio, non commina alcuna espressa sanzione di nullità nell’ipotesi di inosservanza delle forme prescritte. Tuttavia la dottrina maggioritaria ritiene che la mancanza di un elemento indicato nell’art. 125 c.p.c. determini la nullità dell’atto alla luce dell’espressa sanzione di cui all’art. 156, comma 1, c.p.c. ed in virtù del principio dell’inidoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo sancito nel comma 2 del medesimo articolo. Si veda tra tutti, Mandrioli, Diritto processuale civile, Giappichelli, Torino, 2012, 385. 30

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dovrà comunque aggiungere nell’atto, seppur in estrema sintesi, gli elementi che consentano al presunto debitore di identificare la pretesa sostanziale dell’Ente33. 4. Termini per la notifica dell’avviso di addebito: i termini di decadenza di cui all’art. 25 d.lgs. 46/1999 si applicano anche all’avviso di addebito? L’art. 25, d.lgs. n. 46/1999 sulla riscossione mediante ruolo dei contributi o premi dovuti agli Enti pubblici previdenziali, stabilisce che l’Ente previdenziale deve, a pena di decadenza, iscrivere a ruolo il credito: - per i contributi o premi non versati dal debitore, entro il 31 dicembre dell'anno successivo al termine fissato per il versamento; in caso di denuncia o comunicazione tardiva o di riconoscimento del debito, tale termine decorre dalla data di conoscenza, da parte dell'Ente; - per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero, per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui il provvedimento é divenuto definitivo. Dunque, l’Inps, sino all’entrata in vigore delle norme sull’avviso di addebito, doveva iscrivere a ruolo i propri crediti entro i termini di cui sopra, a pena di decadenza. Equitalia, successivamente, formava la cartella di pagamento che notificava al contribuente. Ai sensi dell’art. 50, D.P.R. n. 602/1973 la cartella di pagamento mantiene la propria efficacia e consente ad Equitalia di iniziare l’esecuzione forzata entro un anno dalla notifica della cartella. Si tratta allora di verificare se, dopo la soppressione del ruolo (per l’Inps) i termini previsti dall’art. 25, d.lgs. n. 46/1999 possano intendersi estesi alla notifica dell’avviso di addebito. In sostanza, se l’Inps debba notificare l’avviso d’addebito al contribuente nei termini sino ad oggi fissati per l’iscrizione a ruolo. C’è chi ritiene che per l’avviso d’addebito resterebbe esclusa l’applicazione del regime sulle decadenze previste dal citato art. 25, atteso che il nuovo sistema non prevede più l’iscrizione a ruolo del credito34. Se così fosse, e magari queste erano le intenzioni del Legislatore, la novità sarebbe importante, restando l’Istituto libero di notificare l’avviso d’addebito entro i termini ampi della prescrizione del credito. Io credo, però, che i termini di cui all’art. 25 citato si applichino ancora e che debbano intendersi riferiti alla notifica dell’avviso di addebito, facendo deporre in tal senso il comma 14 dell’art. 30, d.l. n. 78/2010 ai sensi del quale «ai fini di cui al presente articolo, tutti i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati ai fini del recupero delle somme dovute a qualunque titolo all’Inps al titolo esecutivo emesso dallo stesso Istituto, costituito dall’avviso di addebito contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento delle medesime somme affidate per il recupero agli agenti della riscossione». La norma citata Si pensi all’ipotesi in cui l’avviso d addebito si riferisca solo a parte del credito risultante da verbale ispettivo. Sui riflessi processuali della mancata/insufficiente specificazione della causale si rinvia al paragrafo 8. 34 Benassi, I giudizi di opposizione a cartella e ruolo esattoriale, cit. 33

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estende all’avviso di addebito tutti i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo. Atteso che l’art. 25, d.lgs. n. 46/1999 è norma vigente e considerato che anche per l’avviso di addebito, come per il ruolo, il dies a quo a partire dal quale far decorrere il termine di decadenza non potrebbe che essere quello stabilito nel citato art. 2535, si ritiene che i termini di decadenza fissati dall’art. 25 trovino applicazione anche per l’avviso di addebito36. Resta, dunque, ancor oggi centrale, il problema, già molto discusso per le cartelle esattoriali, circa la natura sostanziale o processuale della decadenza di cui all’art. 25 citato, e cioè se la mancata notifica dell’avviso d’addebito entro i citati termini comporti per l’Istituto la perdita del credito o soltanto la perdita della possibilità di utilizzare lo specifico strumento, restando libero l’Istituto di agire per il recupero del credito con i normali strumenti processuali (decreto ingiuntivo o processo ordinario), entro i termini di prescrizione del credito. L’incertezza nasce dal fatto che il dettato normativo non specifica le conseguenze del mancato rispetto di tale termine decadenziale. Nella giurisprudenza di merito e in dottrina si registrano entrambe le posizioni, supportate da ricche argomentazioni37. La Suprema Corte, sino al 2013, si è pronunciata sul tema solo “incidentalmente” e peraltro con pronunce di segno opposto. Secondo Cass. 781/2006: “se non sembra possa essere inibita, in particolare agli enti previdenziali, la possibilità di ottenere un titolo giudiziale, come il decreto ingiuntivo, per la riscossione dei crediti contributivi, è vero però che il d.lgs. 46/1999 comporta la regola della cd. generalizzazione della riscossione coattiva mediante ruolo di tutte le entrate pubbliche ivi specificate (così si legge nei lavori preparatori e in particolare nella relazione esplicativa del governo che accompagna il decreto di riforma …)”38. Cioè il termine fissato per il versamento; ovvero, in caso di accertamento ispettivo, la data di notifica del provvedimento, o la data in cui il provvedimento giudiziale é divenuto definitivo, nell’ipotesi in cui il contribuente abbia proposto ricorso giudiziale (art. 25, d.lgs. n. 46/1999). 36 Ci sia permesso rinviare sul punto anche a Piovesana, L’avviso d’addebito dopo le cartelle esattoriali, cit. 1093. 37 Propendono per la natura processuale della decadenza, Cucchi, La nuova disciplina, cit.; Capurso, Per uno studio sulle opposizioni cit., 197; Capurso, Le nuove controversie, cit., 1558; Fonzo, Cessione dei crediti contributivi, cit. 1554; Nicolini, Problemi del contenzioso, 469; Guadagnino, Problemi del contenzioso, cit. 64; Miscione, Contenziosi Inps, tra pignoramenti e sanatoria per cartolarizzazione, in Lav. giur., 2010, 10, 970; Miscione La procedura di opposizione, cit. 301; De Luca, . La riscossione coattiva dei contributi previdenziali, cit.; Benassi, I giudizi di opposizione a cartella, cit.; Gentile, Della decadenza nelle controversie previdenziali e assistenziali, in Foro It., 2011, V, 224; De Santis, Profili delle opposizioni a cartella esattoriale, con particolare riferimento alle opposizioni a cartella previdenziale, in Inf. prev., 2005, 908. Si veda anche Trib. Como 10 maggio 2005, in Riv. rel. ind., 2006, 478; Trib. Napoli, 6 giugno 2002, in Giur. merito, 2002, 6, 255. Propendono invece per la natura sostanziale di detto termine, Perina, Questioni processuali, cit., 1493; Perina, Cessione, cartolarizzazione e riscossione, cit., 636; Volpe, Netta la riduzione dei termini di decadenza, in La riforma della riscossione, dossier, Guida al dir., 1999, 3; Piovesana, Sulla natura del termine di decadenza, cit., 456; App. Catania, 6 novembre 2010, n. 857, in Riv. it. dir. lav., 2011, II, 461 con nota di Miranda, La riscossione a mezzo ruoli cit. ed in Foro It., 2011, 12, I, 3381, con nota di Carbone e Gentile, La riscossione dei contributi e degli altri crediti previdenziali: azioni e opposizioni; Trib. Modena 15 settembre 2005, in Arg. dir. lav., 2006, 1320; Trib. Genova, 29 maggio 2002, n. 1905 in Boll. ligure giur. lav., 2002, 3, 9. 38 Cass. 17 gennaio 2006, n. 781, Lav. Giur., 2006, 7, 703. 35

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In senso contrario le Sezioni Unite della Suprema Corte che in una pronuncia del 2011, nel giudicare l’ammissibilità o meno di un’azione ordinaria per il recupero di prestazioni indebite dell’Inps, propende per la soluzione positiva motivando la propria posizione non già, con una generale libertà di scelta da parte dell’Istituto circa le modalità di recupero dei propri crediti, ma con l’oggetto della pretesa dell’Inps, nella specie un indebito previdenziale non ascrivibile alla nozione di “contributi” o “premi” di cui al d.lgs. 46/9939. Indirettamente, se ne è dedotto che per i contributi e premi l’unico mezzo di riscossione sarebbe il ruolo (oggi, l’avviso d’addebito). Nel 2013, la Suprema Corte, affronta più direttamente il tema della decadenza ex art. 25, propendendo per assegnare alla stessa natura meramente processuale. Argomenta come segue: “In breve, quella di cui al d.lgs. n. 46 del 1999, art. 25 cit., è una decadenza processuale e non sostanziale. Ciò è altresì confermato a) dal tenore testuale della norma, che parla di decadenza dall'iscrizione a ruolo del credito e non di decadenza dal diritto di credito o dalla possibilità di azionarlo nelle forme ordinarie; b) dall'impossibilità di estendere in via analogica una decadenza dal piano processuale anche a quello sostanziale (per principio generale le norme in tema di decadenza sono di stretta interpretazione: cfr., ad esempio, Cass. 25.5.12 n. 8350); c) dalla non conformità all'art. 24 Cost., di un'opzione interpretativa che negasse all'istituto la possibilità di agire in giudizio nelle forme ordinarie; d) dalla rado, evincibile anche dai lavori preparatori, dell'introduzione del meccanismo di riscossione coattiva dei crediti previdenziali a mezzo iscrizione a ruolo, intesa a fornire all'ente un più agile strumento di realizzazione dei crediti (il che la Corte Cost. ha ritenuto costituzionalmente legittimo: v. ordinanza n. 111/07), non già a renderne più difficoltosa l'esazione imponendo brevi termini di decadenza; e) dal rilievo che la scissione fra titolarità del credito previdenziale e titolarità della relativa azione esecutiva (quest'ultima in capo all'agente della riscossione) mal si concilierebbe con un'ipotesi di decadenza sostanziale”.40 Seguendo quest’impostazione - che diversi giudici di merito avevano abbracciato anche prima dell’intervento della Suprema Corte41 - qualora nel corso del giudizio di opposizione instaurato dal presunto debitore che eccepisce l’intervenuta decadenza, l’Ente impositore si difenda anche nel merito, il Giudice, pur accertando l’invalidità della cartella/avviso, dovrà comunque esaminare il merito della pretesa, sicché il credito potrà essere dichiarato sussistente a definizione del giudizio, con pronuncia di condanna al relativo pagamento. A mio avviso, anche a voler assegnare alla citata decadenza valore meramente processuale, nel caso in cui l’opponente eccepisca il decorso di termine di cui all’art. 25, il Giudice, non dovrebbe entrare ad esaminare il merito della pretesa, ma dovrebbe limitarsi, ad accogliere l’opposizione. Ciò perché l’Inps, quando notifica l’avviso di addebito, compie la precisa scelta di Cass. Sez. Unite, 10 marzo 2011, n. 5380, in Foro It., 2011, 12, I, 3381. Cass. 26 novembre 2013, n. 26395, in www.leggiditalia.it ripresa poi, ancora più recentemente, da Cass. 14 agosto 2014, n. 18007, www.leggiditalia.it 41 Si veda per tutte, anche per l’ampiezza di argomentazioni, Corte App. Venezia, 18 gennaio 2012, n. 781, in www.leggiditalia.it. 39 40

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utilizzare quello specifico e privilegiato strumento, che comporta alcuni vincoli, come il rispetto di un termine di decadenza. Se nell’agire, l’Istituto sbaglia, l’opposizione va accolta, fermo restando che poi l’Inps potrà utilizzare, per il recupero di quel credito, gli strumenti processuali ordinari (decreto ingiuntivo, processo di cognizione ordinario)42. Le pronunce di merito che, dopo aver rilevato l’illegittimità della cartella per intervenuta decadenza, hanno comunque – nel medesimo giudizio – esaminato anche il merito della pretesa, fanno leva, per lo più sul principio elaborato dalla Suprema Corte, secondo cui “In tema di riscossione di contributi previdenziali, l'opposizione avverso la cartella esattoriale di pagamento (omissis), dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio e, segnatamente, al rapporto contributivo, con la conseguenza che l'eventuale rigetto di censure di tipo formale relative all'iscrizione a ruolo non pregiudica l'accertamento di tale rapporto secondo le ordinarie regole relative alla ripartizione dell'onere della prova, (omissis)"43. Si evidenzia che il principio di cui sopra, richiamato da numerose pronunce più recenti44, è stato affermato in relazione ad opposizioni a cartella di pagamento secondo la l. 389/1989, la quale non prevedeva un termine di decadenza per l’iscrizione a ruolo. Pertanto, tale principio – se può ritenersi applicabile, nell’ipotesi di cartella/avviso che presenti vizi formali (quali ad es. un vizio di notifica), non sembra invece estensibile all‘ipotesi di intervenuta decadenza ex art. 25 d.lgs. 24/1999. 5. Modalità di notifica dell’avviso di addebito Qualche breve cenno sulle modalità di notifica dell’avviso d’addebito, ora disciplinate dall’art. 30, comma 4, d.l. 78/2010, che elenca: la posta elettronica certificata, la notifica mediante messi comunali o agenti della polizia municipale, previa convenzione con l’Inps, la spedizione mediante raccomandata a.r. Quanto alla posta elettronica certificata, si noti che il d.l. n. 78/2010 ha introdotto modifiche anche all’art. 26, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, rubricato “notificazione della cartella di pagamento”, inserendovi un ulteriore comma che statuisce «la notifica della cartella può essere eseguita con le modalità di cui al D.P.R. n. 68/2005, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili anche per via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’art. 149 bis c.p.c.». Dunque, sia l’avviso di addebito (art. 30 comma 4), che le cartelle esattoriali (per gli Enti diversi dall’Inps, art. 26, D.P.R. n. 602/1973) potranno essere notificati al Proprio il timore dell’Istituto di perdere i propri presunti crediti ha spinto spesso l’Istituto ad agire nel termine di decadenza di cui all’art. 25, senza effettuare alcun controllo/valutazione a monte sul merito della pretesa. Proprio perché l’Inps, spesso nel merito non riesce a provare la propria pretesa, la percentuale di accoglimento delle opposizioni è molto alta. Così, invece di diminuire il contenzioso è esploso. 43 Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 tutte in www.leggiditalia.it 44 A titolo di esempio: Cass. 30 dicembre 2009, n. 27824; Trib. Milano, 22 gennaio 2010; Trib. Milano, 29 febbraio 2012; Trib. Napoli 6 febbraio 2012; tutte in www.leggiditalia.it 42

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contribuente mediante posta elettronica certificata. Le due disposizioni citate, apparentemente, sono formulate in modo simile, ma nell’art. 30, comma 4, non risulta specificato il riferimento al D.P.R. n. 68/2005 sulle modalità di notifica e manca, altresì, la precisazione relativa alla inapplicabilità dell’art. 149 bis c.p.c.45. L’assenza di tali precisazioni, crea dubbi interpretativi. Infatti il D.P.R. n. 68/2005 detta disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’art. 27, l. 16 gennaio 2003, n. 3, mentre l’art. 149 bis c.p.c., introdotto dall’art. 4, comma 8, lett. d), d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, in l. 22 febbraio 2010, n. 24, disciplina la notificazione a mezzo posta elettronica effettuata dagli ufficiali giudiziari. Quel che è certo è che per cartelle esattoriali si applica non il 149 bis c.p.c., ma il D.P.R. n. 68/2005. Ma per gli avvisi di addebito? L’assenza nell’art. 30, comma 4, delle precisazioni accuratamente effettuate nell’art. 38, comma 4, lett. b), della stessa legge (che modifica l’art. 26, D.P.R. n. 602/1973) lascia pensare che per l’Inps valga il contrario (applicazione dell’art. 149 bis e non applicabilità del D.P.R. n. 68/2005). In tal modo però si creerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra Enti, per cui per l’Inps varrebbero formalità diverse rispetto agli altri46. Peraltro, trattandosi di una disposizione creata per le notifiche effettuate dall’ufficiale giudiziario, le prescrizioni dovrebbero comunque essere adattate alla specifica realtà concreta47. Ad oggi, per quanto consta alla scrivente, la notifica via pec non sembra essere ancora stata utilizzata dall’ Inps, nonostante, il legislatore avesse inteso privilegiare tale modalità di notifica rispetto alle altre. Certo è che se tale sistema di notificazione entrasse in uso, il contribuente sarebbe onerato ad un controllo quotidiano della pec. Infatti, l’art. 149 bis, comma 3, L’art. 149 bis c.p.c. statuisce che «1. Se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo. 2. Se procede ai sensi del primo comma, l'ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell'atto sottoscritta con firma digitale all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi. 3. La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. 4. L'ufficiale giudiziario redige la relazione di cui all'articolo 148, primo comma, su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. La relazione contiene le informazioni di cui all'articolo 148, secondo comma, sostituito il luogo della consegna con l'indirizzo di posta elettronica presso il quale l'atto è stato inviato. 5. Al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate, con le modalità previste dal quarto comma, le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica. 6. Eseguita la notificazione, l'ufficiale giudiziario restituisce all'istante o al richiedente, anche per via telematica, l'atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati previsti dal quinto comma». 46 Ad esempio il comma 4 dell’art. 149 bis c.p.c. secondo cui «l'ufficiale giudiziario redige la relazione di cui all'articolo 148, primo comma, su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. La relazione contiene le informazioni di cui all'articolo 148, secondo comma, sostituito il luogo della consegna con l'indirizzo di posta elettronica presso il quale l'atto è stato inviato». Il comma 5 «Al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate, con le modalità previste dal quarto comma, le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica». 47 Ad esempio è evidentemente inapplicabile all’Inps il comma 6 dell’art. 149 bis c.p.c. «eseguita la notificazione, l'ufficiale giudiziario restituisce all'istante o al richiedente, anche per via telematica, l'atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati previsti dal quinto comma». 45

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stabilisce che «la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario». L’art. 4, D.P.R. n. 68/2005 precisa che la validità della trasmissione e ricezione del messaggio di posta elettronica certificata è attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna, di cui all'art. 6. Ai sensi di quest’ultima disposizione, la ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione (omissis). La ricevuta di avvenuta consegna è rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall'avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario. In sostanza, alla luce delle disposizioni di cui sopra, la notifica si intende effettuata quando il messaggio è consegnato nell’indirizzo di posta del destinatario, cioè quando il mittente riceve la ricevuta di consegna. Il che, però, prescinde dall’avvenuta lettura del messaggio. Il contribuente, quindi, dovrà prestare particolare attenzione e leggere quotidianamente la pec per non rischiare di non potersi più difendere perché i termini sono già decorsi. Come già accennato, attualmente il sistema di notifica via pec degli avvisi di addebito non è decollato per cui di regola, la notifica dell’avviso di addebito continua ad avvenire di regola tramite raccomandata a.r.. È stato osservato48 che il legislatore ha omesso di richiamare per le modalità e i termini di notifica la l. 20 novembre 1982, n. 890 che disciplina le notificazioni di atti a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari, né sono precisati i termini per la notifica, con grave pregiudizio sia alle esigenze di certezza, sia al diritto di azione/difesa del destinatario. Va altresì evidenziato che l’art. 26, D.P.R. n. 602/197349 rubricato “notificazione della cartella di pagamento”, contiene dettagliate indicazioni circa le modalità e i termini di notifica della cartella esattoriale, ma tale disposizione sembrerebbe non applicarsi all’avviso d’addebito, nonostante il comma 14 dell’art. 30 disponga che tutti i riferimenti contenuti in norme vigenti sul ruolo e sulla cartella devono intendersi effettuati all’avviso d’addebito. Quest’ultima disposizione, infatti, può valere solo nell’ipotesi in cui la materia non sia regolata da una norma ad hoc, qual è, invece, l’art. 30, comma 4, per l’avviso d’addebito. Si potrebbe pensare che la l. 20 novembre 1982, n. 890 sia comunque applicabile al caso di specie, atteso che l’art. 14 della citata legge sancisce l’applicabilità della stessa alla notificazione «degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere Buoncristiani, L’avviso d’addebito, cit., 85. 49 Sulla notifica della cartella di pagamento Perina, Cessione, cartolarizzazione e riscossione a mezzo ruoli dei crediti contributivi, in questa Rivista, 2003, 627; Buoncristiani, Il recupero coattivo del credito previdenziale, cit., 603. 48

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notificati al contribuente». La seconda parte dell’art. 14 menziona però “uffici finanziari” e “l’Amministrazione finanziaria” cosicché la norma sembra essere stata pensata per il Fisco e non per gli Enti previdenziali. Un esplicito richiamo all’applicabilità di tale legge sarebbe stato dunque essenziale al fine di chiarire l’applicabilità o meno della citata normativa all’avviso d’addebito. Si tratta di un aspetto di fondamentale importanza perché il momento in cui si perfeziona la notifica dell’avviso segna il dies a quo da cui decorrono i termini per il contribuente per proporre il ricorso giudiziale avverso l’avviso. Utilizzando i principi generali, si ritiene che la notifica si perfeziona per l’Inps alla data di spedizione e per il destinatario quella di ricezione, cioè quella in cui viene sottoscritto l’avviso di ricevimento50. Maggiormente problematica l’ipotesi in cui ad es. il destinatario non sia reperibile e l’atto venga depositato presso l’ufficio postale. In tal caso l’art. 8, l. n. 890/1982 prevede che l’agente postale dà notizia al destinatario dell’avvenuto deposito con raccomandata a.r. Il piego depositato presso l’ufficio postale vi rimane in giacenza per sei mesi prima di essere restituito al mittente, ma la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata a.r. che dà notizia del deposito, o da quella di ritiro del piego se anteriore. Per le raccomandate a.r. “ordinarie”, invece, non c’è raccomandata di avviso, il piego resta in giacenza presso l’ufficio postale per trenta giorni e la legge non precisa quando il piego si considera notificato51. Il profilo relativo alla disciplina applicabile nel caso di notifica a mezzo del servizio postale avrebbe meritato un intervento chiarificatore da parte del legislatore, atteso che, in difetto, restano grandi incertezze, con diminuzione della tutela del contribuente. 6. Motivi di doglianza e strumenti di tutela. Il contribuente che riceve la notifica di un avviso d’addebito per contributi Inps, e voglia contestare la pretesa dell’Ente ha a disposizione i medesimi “rimedi giudiziali” di cui disponeva per contestare il ruolo e la cartella esattoriale, atteso che il d.l. 78/2010 non è intervenuto sul punto. Restano, quindi, inalterati per l’avviso di addebito e sempre attuali, tutte le problematiche e le incertezze interpretative sorte, in passato, con riferimento alla fase giudiziale (eventuale) di opposizione al ruolo e alla cartella, problematiche che, nel seguito, si illustreranno, cercando di fornire una “lettura” delle stesse alla luce della più recente giurisprudenza di merito e di legittimità. Come noto per contestare la cartella esattoriale/avviso di addebito, ci sono due strade: a) nell’ipotesi in cui contesti vizi formali della cartella (ad es., il difetto di indicazione del responsabile del procedimento così come del numero delle rate in 50 51

Così anche Buoncristiani, L’avviso di addebito, cit., 85. Di prassi si ritiene che la notifica sia perfezionata con la compiuta giacenza (30 giorni).

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cui poter pagare, o ancora un errore nella notifica della cartella) il contribuente deve instaurare un giudizio di opposizione agli atti esecutivi, da proporre entro il termine di venti giorni dalla notifica della cartella52, come imposto dall'art. 617 c.p.c.; b) nell’ipotesi invece in cui contesti il diritto di credito azionato in via esecutiva, cioè il merito della pretesa, il contribuente deve promuovere un giudizio di opposizione, entro 40 giorni dalla notifica della cartella ai sensi dell’art. 24, d.lgs. n. 46/1999. Giudice competente per l’opposizione agli atti esecutivi e per l’opposizione nel merito è il Giudice del lavoro territorialmente competente, (art. 618 bis c.p.c. ed art. 24, comma 6, d.lgs. n. 46/1999)53, competenza che invece viene meno quando l’esecuzione è già iniziata, spettando, in tal caso, al Giudice dell’esecuzione. Sono cambiati, invece, rispetto al passato, i soggetti a cui va notificato il ricorso, atteso che l’avviso di addebito viene formato e notificato direttamente dall’Inps. Dunque, nell’ipotesi di opposizione nel merito, conformemente alle prescrizioni contenute nell’art. 24, commi 5, 6 e 7, d.lgs. n. 46/1999, il ricorso deve essere notificato all’Inps e ad SCCI S.p.A. Qualora poi il ricorrente ottenga dal Giudice la sospensione dell’esecuzione, notificherà il provvedimento a Equitalia S.p.A. Nel caso in cui, invece, il ricorrente proponga opposizione agli atti esecutivi, ora, rispetto al passato, il contradditore non è più, l’Agente di riscossione Equitalia S.p.A., ma l’Inps perché l’avviso è direttamente emesso da quest’ultimo Ente. Dunque il ricorso sarà notificato all’Inps e il ricorrente, se ottiene la sospensione dell’esecuzione, notificherà il provvedimento a Equitalia S.p.A. 7. L’opposizione agli atti esecutivi. Come già detto, nell’ipotesi in cui il presunto debitore intenda contestare vizi formali della cartella/avviso di addebito e/o della sua notificazione deve promuovere un’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. entro il termine perentorio di 20 giorni dalla notifica. La giurisprudenza in proposito ha precisato che: “nel caso di opposizione agli atti esecutivi, il Giudice del merito è tenuto a verificare se l’opposizione sia ammissibile, in quanto proposta nel termine perentorio di cinque giorni (ora 20 gg54), stabilito a pena di decadenza e la cui violazione è rilevabile d’ufficio”55. Inoltre, secondo la Suprema Corte, qualora, a seguito della notificazione di una cartella di pagamento, l’intimato abbia proposto domande qualificabili sia come opposizioni di merito ex art. 24 d. lgs. n. 46 del 1999, sia come opposizioni all’esecuzione (in relazione alla presa incidenza di fatti estintivi posteriori alla formazione del titolo esecutivo); sia come opposizione agli atti esecutivi (in Sul termine per l’opposizione agli atti esecutivi, Cass. 24 ottobre 2008, n. 25757, Cass. 8 luglio 2008, n. 18691, Cass. 12 novembre 2008, n. 27019, tutte in Mass. Giur. it., 2008; recentemente, Trib. Milano, 18 marzo 2014; Trib. Milano 20 marzo 2014, in www.leggiditalia.it. 52

Sulla competenza per territorio cfr. Cass. sez. un., 18 gennaio 2005, n. 841, in Lav. giur., 2005, 691. Ora, appunto, il termine per l’opposizione di cui all’art. 617, secondo comma, c.p.c. è stato fissato in giorni 20 dall’art. 2 del d.l. n. 35 del 2005, conv. in legge n. 80 del 2005, a fare tempo dall’11 settembre 2005. 55 Cass. 28 novembre 2003, n. 18207, in Mass. Giur. it., 2003 53 54

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relazione a irregolarità formali della cartelle e della sua notificazione) e, con una sola sentenza, siano state definite tutte le domande, tale sentenza è impugnabile con l’appello relativamente alla opposizione di merito ex art. 24 d. legs. n. 46 del 1999 e alla opposizione alla esecuzione (56) e con il ricorso per cassazione quanto all’opposizione agli atti esecutivi ex art. 618 terzo comma c.p.c. (57). 7A Il vizio di motivazione dell’avviso d’addebito integra un vizio formale o sostanziale? Come già accennato, l’art. 30 d.l. 78/2010, prevede tra i requisiti minimi dell’avviso d’addebito, previsti a pena di nullità, la cd. causale del credito. Già in passato, con riferimento alla cartella esattoriale si è molto discusso se la mancanza o l’insufficiente motivazione della stessa integrasse un vizio dell’atto esecutivo, da far valere con l’opposizione agli atti esecutivi, nel termine di 20 giorni dalla notifica della stessa, ovvero sia un vizio che afferisca il merito, eccepibile nel termine di 40 giorni dalla notifica ex art 24 d.lgs. 46/199958. Il problema resta di attualità con riferimento all’avviso di addebito. La Suprema Corte, negli ultimi anni, ha più volte ribadito che il vizio di motivazione, integra un vizio formale che va fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 29, comma 2 d.lgs. 46/199959. Tuttavia molto recentemente la Cassazione60 ha rimeditato il principio sopra enunciato, distinguendo l’ipotesi dell’assoluta indeterminatezza della cartella che preclude – per mancanza dei dati necessari – di approntare qualsiasi difesa di L’impugnabilità con l’appello delle sentenze rese in materia di opposizione all’esecuzione, soppressa con l’art. 99 del d. lgs 19 febbraio 1998, n. 51 è stata reintrodotta con l’art. 17, sesto comma, l. 24 febbraio 2006, n. 52. 57 V. Cass. S.U. 10 agosto 2000, n. 562, in Mass. Giur. it., 2000, che ha affermato il seguente principio di diritto: qualora, a seguito della notificazione di una cartella esattoriale avente ad oggetto sanzioni amministrative pecuniarie, l'intimato proponga domande qualificabili sia quali opposizioni all'atto sanzionatorio ai sensi della legge n. 689 del 1981 (in difetto della notifica del medesimo), sia opposizioni all'esecuzione (in relazione alla pretesa incidenza di fatti estintivi posteriori alla formazione del titolo esecutivo), sia opposizioni agli atti esecutivi (in relazione a irregolarità formali della cartella esattoriale), e con una sola sentenza si sia provveduto in ordine a tutte le domande, tale sentenza è impugnabile con il ricorso per cassazione quanto all'opposizione a norma della legge n. 689 del 1981 (art. 23) e all'opposizione agli atti esecutivi (art. 618 cod. proc. civ. e 111 Cost.) e con l'appello quanto all'opposizione all'esecuzione. 58 Ritengono che il vizio di motivazione sia di natura formale Cass. 18 novembre 2004, n. 21863 e Cass. 30 dicembre 2009, n. 2784, in Riv. it. dir. lav., 2010, II, 668; Cass. 8 luglio 2008, n. 18691, in Mass. giust. civ., 2008, 7-8, 1110, Trib. Monza, 8 aprile 2014, in www.leggiditalia.it. Contra considera il vizio come attinente al merito Trib. Bologna, 29 novembre 2005, in Mass. giur. lav., 2006, 684. 59 Cass. 18 novembre 2004, n. 21863 e Cass. 30 dicembre 2009, n. 2784, cit. Secondo il Supremo Collegio, quando l’opposizione per vizi formali e quella di merito vengono esperite con un unico atto, l’ammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi è condizionata dalla tempestività del deposito del ricorso introduttivo nel termine di venti giorni dalla notificazione della cartella; pertanto se l’atto risulta depositato entro il termine di quaranta giorni ma oltre quello di venti, non possono essere esaminate le eccezioni formali, cioè quelle attinenti alla regolarità della cartella di pagamento e della notificazione. Così ad esempio, Cass. 18 novembre 2004, n. 21863, in Mass. giur. lav., 2005, 98; Trib. Perugia, 1 settembre 2005, in Lav. Giur. 2006, I, 84. 60 Cass. 6 settembre 2012, n. 14962, in Lav. Giur. 2013, 6, 601, con nota di Capurso, Dall’iscrizione a ruolo all’avviso di addebito contributivo: il rapporto tra vizi della formazione del titolo e giudizio di merito. 56

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merito, dall’ipotesi in cui il vizio di forma e – nello specifico – il difetto di motivazione, consente comunque al contribuente di formulare una difesa nel merito. Secondo la Corte, solo nel primo caso il vizio deve essere fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi nel termine di 20 giorni dalla notifica, mentre nella seconda ipotesi, l’eccezione può essere sollevata nell’ambito del giudizio di merito, nel termine di 40 giorni sopra citato. 7 B Vizi relativi alla notifica dell’avviso d’addebito. Il contribuente spesso eccepisce l’inesistenza/nullità della notifica per mancanza della relata di notifica. Sul punto la Suprema Corte si è pronunciata (in tema di cartelle esattoriali) statuendo che: “in tema di notifica a mezzo posta della cartella esattoriale emessa per la riscossione di sanzioni amministrative, ... trova applicazione il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 per il quale la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell'esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si ha per avvenuta alla data indicata nell'avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente e dal consegnatario, senza necessità di redigere un'apposita relata di notifica, come risulta confermato per implicito dal penultimo comma del citato art. 26, secondo il quale l'esattore è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta 61. Dunque, secondo la giurisprudenza, nell’ipotesi di notifica della cartella esattoriale a mezzo raccomandata a.r. la notificazione sia ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente, senza necessità di compilare un’apposita relata. Il principio, anche per quanto già detto in precedenza, è pienamente applicabile anche all’avviso di addebito62.

Cass. 19 giugno 2009, n. 14327, in Mass. giur. it, 2009; recentemente Trib. Genova, 2 aprile 2013, in www.leggiditalia.it. La Cassazione a più riprese ha precisato che in tema di notifica delle cartelle esattoriali di pagamento, il D.P.R. 29 settembre 2003, n. 602, art. 25, comma 2 - inserito dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, comma 27, - prevede che la cartella sia redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, precisando che essa deve contenere l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. In attuazione del disposto di tale norma, con decreto 28 giugno 1999 del direttore generale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze è stato approvato detto modello, il quale contempla la relata di notifica come parte della cartella da separare all'atto della consegna della stessa al destinatario: al contribuente viene consegnato in busta chiusa l'originale della cartella e non una copia della stessa. Pertanto, la relata di notifica, posta all'esterno della busta, viene compilata, dalla "finestra" in cui è contenuta, a ricalco sull'originale da consegnare e poi staccata per la consegna all'agente per la riscossione. In tale matrice deve ravvisarsi, nelle ipotesi in esame, la prova della notifica" (Cass., 12 ottobre 2012, n. 17467; Cass., 19 settembre 2012, n. 15746; Cass., 17 gennaio 2013, n. 1091; Cass., 16 novembre 2011, n. 24047 Cass., 31 gennaio 2011, n. 2288; Cass., 27 maggio 2011, n. 11708; Cass., 19 giugno 2009, n. 14327; Cass. 29 gennaio 2008, n. 1906, tutte in www.leggiditalia.it); 62 In tal senso recentemente, Trib. Milano 26 marzo 2014, in www.leggiditalia.it 61

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La relata di notifica costituisce prova essenziale dell’avvenuta notifica solo nell’ipotesi in cui quest’ultima sia stata eseguita dagli ufficiali della riscossione o dagli altri soggetti abilitati. Diverso il caso in cui ad esempio, l’opponente eccepisca la nullità della cartella/avviso d’addebito per omessa notifica della stessa. L’occasione per proporre tale eccezione è generalmente fornita dalla notificazione o comunicazione di un qualsivoglia atto successivo della procedura che presuppone l’avvenuta notifica della cartella, ovvero dalla conoscenza del debito contributivo che l’opponente deduce aver acquisito in altro modo. In tali casi è necessario verificare quali siano i vizi fatti valere con il ricorso per individuare il regime giuridico applicabile al ricorso. Sul punto va richiamata una sentenza delle Sezione Unite63 in materia tributaria, i cui principi sono stati64 ritenuti applicabili anche in materia contributiva. “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l'omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell'atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall'art. 19, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di impugnare solo l'atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall'omessa notifica dell'atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell'ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest'ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al Giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell'atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l'esistenza, o no, di tale pretesa”. Peraltro, secondo un’autorevole opinione, in caso di mancata notifica della cartella esattoriale, il momento di garanzia nei confronti del contribuente deve essere recuperato consentendo l’impugnazione del primo atto idoneo a porre il soggetto in grado di esercitare validamente il suo diritto di difesa65. Questa posizione, è stata anche recentemente confermata dalla Suprema Corte pronunciatasi in un caso di nullità della notifica della cartella esattoriale, conseguente a mancata spedizione della raccomandata prevista dall'art. 139 c.p.c., dopo che la cartella era stata consegnata a persona diversa dalla destinataria non convivente. Cass. sez. un., 4 marzo 2008, n. 5791, in Mass. Giur. it., 2008. De Luca, La riscossione coattiva, cit., 23 65 Amendola, Questioni processuali nei giudizi di opposizione alla riscossione coattiva per contributi previdenziali, Corso decentrato CSM, 27 ottobre 2009. 63 64

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La Corte, dopo aver ribadito che l'omessa spedizione della raccomandata prevista dall'art. 139 c.p.c., comma 4 non costituisce una mera irregolarità, ma un vizio dell'attività dell'ufficiale giudiziario che determina, fatti salvi gli effetti della consegna dell'atto dal notificante all'ufficiale giudiziario medesimo, la nullità della notificazione nei riguardi del destinatario (cfr. Cass. n. 7667/09; Cass. n. 17915/08), ha precisato che nell’ipotesi di mancata spedizione della raccomandata prevista dall'art. 139 c.p.c., comma 4, non si può individuare l'esatto dies a quo per il decorso del termine perentorio di cui al d.lgs. n. 46 del 1999, art. 24. Ne consegue che l’eccezione di tardività dell'opposizione coltivata dall'INPS è stata rettamente disattesa dai giudici d'appello66. 7C Mancata indicazione nella cartella/avviso degli elementi quali il termine e le modalità per l'eventuale proposizione del ricorso, nonché l'autorità a cui ricorrere. Si richiama sul punto il pacifico orientamento della Corte di Cassazione secondo cui, la mancata o erronea indicazione nell'atto impugnabile dell'organo giurisdizionale competente, delle forme o del termine per proporre ricorso, non inficia la validità dell'atto, ma comporta, sul piano processuale, il riconoscimento della scusabilità dell'errore in cui sia eventualmente incorso il ricorrente, con conseguente riammissione in termini per l'impugnativa, ove questa sia stata tardivamente proposta67. 8 L’opposizione nel merito ex art. 24 d.lgs. 46/1999: natura giuridica del procedimento, posizione delle parti, rapporti tra vizi formali e merito della pretesa. I commi 5 e 6 dell’art. 24 del d. lgs. n. 46 del 1999, stabiliscono che contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al Giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore (comma 5); e che il giudizio di opposizione contro il ruolo per motivi inerenti il merito della pretesa contributiva è regolato dagli articoli 442 e seguenti del codice di procedura civile. Nel corso del giudizio di primo grado il Giudice del lavoro può sospendere l'esecuzione del ruolo per gravi motivi (comma 6). La natura giuridica di questo particolare procedimento contenzioso è stata oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale e dottrinale68, rilevante soprattutto per le implicazioni relative alla posizione processuale delle parti ed ai rispettivi poteri ed oneri probatori. Cass. 21 agosto 2013, n. 19366, in CED Cassazione, 2013. Cass., 21 gennaio 2013, n. 1372; Cass., ord. 27 settembre 2011, n. 19675; Cass., 30 luglio 2008, n. 20634, Cass., sez. un., 11 marzo 2004, n. 5040, tutte in www.leggiditalia.it 68 Il dibattito è stato efficacemente sintetizzato da F. Roccato, L’inversione delle posizioni processuali nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale”, nota a Tribunale Bari 7 novembre 2006, in Lav. giur., 2008, 1, 78 e ss.. Più recentemente Rocco M. Cama, Opposizione a ruolo per crediti degli enti previdenziali ed opposizione a decreto ingiuntivo, nota a Cass. 12 luglio 2013, n. 17272, in Lav. giur., 2013, 12, 1089. Sulla natura dell’opposizione ex art. 24 d.lgs. 46/1999, tra molte: Cass. 6 novembre 2009, n. 23600; Trib. Milano, 22 gennaio 2010; Cass. 30 dicembre 2009, n. 27824; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 tutte in www.leggiditalia.it. 66 67

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Secondo la tesi dottrinale giurisprudenziale maggioritaria69, il procedimento di opposizione a cartella esattoriale, similmente al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, si configura come un giudizio di reazione a pretesa già avanzata, munita di titolo esecutivo. Il procedimento nasce già per effetto della notifica della cartella di pagamento richiesta dall’Ente previdenziale e l’opposizione costituisce, semplicemente, lo sviluppo processuale a contradditorio pieno, della fase iniziale nella quale l’Inps emette unilateralmente il titolo esecutivo. Seguendo questa impostazione. L’Ente previdenziale, nel giudizio di opposizione, riveste sostanzialmente la qualità di attore, benché formalmente sia il convenuto e la memoria con cui lo stesso si costituisce in giudizio deve contenere i requisiti dell’art. 414 c.p.c. Il presunto debitore, invece, formalmente attore, è, sostanzialmente, il convenuto70. In tema di prova, poi, ai sensi dell’art. 2697 c.c. spetta all’Ente l’onere di provare la l’esistenza del diritto azionato con le limitazioni proprie della qualità di attore71 (improponibilità di domande riconvenzionali o domande nuove, che implichino una modifica dell’originaria causa petendi). Secondo una diversa posizione, peraltro del tutto minoritaria72, l’opposizione a cartella va considerata come domanda autonoma, che introduce un giudizio nuovo e distinto da quello instaurato su iniziativa dell’Ente, con la conseguenza che, essendo i due momenti processuali del tutto scissi l’uno dell’altro, il soggetto che instaura il giudizio di opposizione sarebbe attore a tutti gli effetti. Seguendo questa impostazione, e cioè, considerando l’opponente come attore in senso sostanziale, grava sullo stesso l’onere di provare l’insistenza del credito vantato dall’ente di previdenza. La Suprema Corte, nelle pronunce più recenti73, ribadisce la prima tesi, individuando, nell’opposizione a ruolo un giudizio sul rapporto sotteso alla pretesa contributiva formalizzata con l’emissione del ruolo, nel quale l’ente previdenziale, convenuto in senso formale, ma attore in senso sostanziale, deve affermare e dimostrare i fatti costitutivi della propria pretesa74, mentre, l’opponente, deve allegare e provare i fatti impeditivi modificativi ed estintivi. Conseguentemente, secondo la Suprema Corte, nel giudizio di opposizione a cartella, similmente all’opposizione a decreto ingiuntivo, l’eventuale insussistenza delle condizioni legittimanti l’emanazione del titolo, come l’esistenza di vizi Cass. 12 luglio 2013, n. 17272, cit.; Cass. 26 novembre 2013, n. 26395; Cass. 6 agosto 2012, n. 14149; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600, Cass. 20 aprile 2002, n. 5763 tutte in www.leggiditalia.it. 70 Cfr. tra molte Cass. 18 maggio 2007, n. 11631, in Guida al dir., 2007, 25,43; Trib. Milano 29 febbraio 2012 e Trib. Napoli 6 febbraio 2012, in www.leggiditalia.it 71 Cfr. nota 70. 72 Trib. Bari, 7 novembre 2006, in Lav. giur., 2008, 78. 73 Cass. 12 luglio 2013, n. 17272, cit.; Cass. 26 novembre 2013, n. 26395, cit. 74 Sul valore probatorio delle dichiarazioni rilasciate da terzi contenute nei verbali ispettivi la giurisprudenza non è univoca. Secondo la giurisprudenza più recente il verbale è attendibile sino a prova contraria quando esprime gli elementi da cui trae origine (in particolare mediante allegazione delle dichiarazioni rese dai terzi) restando comunque liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi acquisiti al processo. Così recentemente, Cass. 6 settembre 2012, n. 14965, in Pluris. 69

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formali e di procedura75, non incide sulla decisione del merito76. In altre parole, a seguito dell’opposizione, i vizi del titolo vengono assorbiti nelle domande del processo ordinario di cognizione. Il giudizio di opposizione si atteggia come un procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e validità della cartella stessa, ma si estende all’accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione77. Dunque, quando il presunto debitore con un unico atto contesti sia vizi formali che il merito della pretesa, il vizio formale, oggi, peraltro, espressamente sanzionato con la nullità, resta di fatto superato, perché il Giudice dopo aver dichiarato la nullità dell’avviso, procederà comunque ad esaminare il merito della pretesa. In sostanza, il vizio formale comporta solo il venir meno dell’esecutorietà dell’avviso, che sarà poi sostituito dalla sentenza giudiziale di merito78. La nullità dovrebbe poi riflettersi anche sul pagamento delle spese processuali all’esito del giudizio di merito, che dovrebbero restare a carico dell’Istituto anche se nel processo venga accertata la sussistenza del debito - credito. Come già detto, tra i vizi formali, va annoverata anche la mancata/insufficiente motivazione dell’avviso di addebito. In quest’ipotesi, ferma restando la nullità del titolo, considerato che il Giudice, nonostante il vizio formale, passa ad esaminare il merito della pretesa, è indispensabile che il contribuente non sia pregiudicato nella sua possibilità di difesa. In proposito, si concorda con l’opinione di chi79 ritiene legittima l’opposizione nella quale l’intimato si limiti a contestare quanto possa essere desumibile dalla cartella esattoriale, riservandosi di dedurre più compiutamente allorquando l’Inps abbia precisato i fatti costitutivi lacunosamente indicati in cartella. Ne consegue che l’Inps dovrà necessariamente integrare tali carenze con la memoria di costituzione, indicando compiutamente i fatti contestati e i mezzi di prova. All’udienza di comparizione delle parti, il Giudice dovrà rimettere in termine l’opponente per poter svolgere tutte le sue difese e proporre eventuali ulteriori mezzi di prova 8A Termini per l’opposizione nel merito e competenza territoriale.

Sull’eccezione di decadenza ex art. 25 d,lgs. 46/1999 si rinvia al paragrafo 4. Per un esame sul punto ci si permette di rinviare anche a Piovesana, Sulla natura del termine di decadenza per l’iscrizione a ruolo dei crediti di previdenza, cit., 456. 76 Ritiene che in presenza di vizi formali il Giudice non possa passare ad esaminare il merito, Buoncristiani, Il recupero coattivo del credito previdenziale, cit., 593. 77 Miscione, L’opposizione a decreto ingiuntivo, cit., 408. Per un riepilogo delle posizioni: Ronco, Struttura e disciplina del rito monitorio, cit., 340; Di Rosa, Il procedimento di ingiunzione (procedimento monitorio, decreto ingiuntivo, giudizio di opposizione), Ipsoa, Milano, 2000, 189. 78 Cfr. nota 69. 79 Perina, Questioni processuali inerenti il ruolo, in Inf. Prev., 2002, 1493; De Luca, La riscossione coattiva, cit., 52; Capurso, Dall’iscrizione a ruolo, cit., 601; Buoncristiani, Disciplina del vizio di motivazione, cit., 678. 75

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Com’è noto la querelle sulla natura, ordinatoria o perentoria, del termine per proporre l’opposizione prevista dall’art. 24 del d. lgs. n. 46 del 1999, è stata composta dalla Corte di Cassazione a partire dalla sentenza n. 4506 del 2007. Con orientamento ormai costante la Suprema Corte ha affermato che: “in tema di iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, il termine previsto dal quinto comma dell'art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 per proporre opposizione nel merito, onde accertare la fondatezza della pretesa dell'ente, deve ritenersi perentorio, pur in assenza di un'espressa indicazione in tal senso, perché diretto a rendere incontrovertibile il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire una rapida riscossione del credito iscritto a ruolo. Tale disciplina non fa sorgere dubbi di legittimità costituzionale per contrasto con l'art. 24 Cost., poiché rientra nelle facoltà discrezionali del legislatore la previsione dei termini di esercizio del diritto di impugnazione (v. Corte Cost., ord. n. 111 del 2007), né per contrasto con gli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., rientrando nell'ambito della delega, avente ad oggetto il riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, la previsione di un sistema di impugnazione del ruolo stesso”80. Dato che il termine di quaranta giorni è perentorio, la proposizione tempestiva del ricorso costituisce presupposto processuale dell’azione. Il Giudice, pertanto, è tenuto a verificare anche d’ufficio la tempestività del ricorso81 e, qualora rilevi che lo stesso è stato proposto oltre il detto termine perentorio, deve dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione. L’accertamento della tempestività o meno dell’opposizione va effettuato seguendo i generali principi in materia di onere della prova e cioè, in linea di principio, Sulla perentorietà del termine di cui all’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46/1999, tra molte Cass. 15 ottobre 2010, n. 21365; Cass. 5 febbraio 2009, n. 2835; Trib. Milano, 16 ottobre 2008, in Lav. Giur., 2009, 308; Cass. 1° luglio 2008, n. 17978, ivi, 2008, 1261 e in Orient. giur. lav., 2008, I, 457; Cass. 25 luglio 2007, n. 14692; Cass. 16 maggio 2007, n. 11274; Cass. 27 febbraio 2007, n. 4506, in Riv. it. dir. lav., 2007, II, e in Lav. giur., 2007, 921, con nota di Ferraù, Crediti contributivi: il termine di opposizione al ruolo è perentorio; Trib. Bologna 26 settembre 2002, in Lav. Giur., 2003, 6, 563, con nota di Nodari, Opposizione contro l’iscrizione a ruolo nella riscossione dei crediti previdenziali. Contra, nel senso che il termine non è perentorio, App. Bologna 4 ottobre 2007; App. Bologna 7 settembre 2007; App. Bologna 2 agosto 2003, in questa Rivista, 2004, 480; Trib. Udine 29 luglio 2005, in questa Rivista, 2006, 57, con nota di Rossi, La natura del termine di opposizione a cartella esattoriale. Sul termine per l’opposizione agli atti esecutivi, Cass. 24 ottobre 2008, n. 25757, Cass. 8 luglio 2008, n. 18691, Cass. 12 novembre 2008, n. 27019. 81 V. Cass. 16 maggio 2007, n. 11274, cit. secondo cui, in tema di opposizione a cartella esattoriale, emessa dall'istituto concessionario della gestione del servizio di riscossione, per il mancato pagamento di contributi pretesi dall'I.N.P.S., l'accertamento della tempestività del ricorso proposto dall'ingiunto, con riguardo all'osservanza del termine prescritto dall'art. 24, quinto comma, del d. lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, in quanto involge la verifica di un presupposto processuale quale la proponibilità della domanda (e, perciò, una ipotesi di decadenza prevista "ex lege", avente natura pubblicistica), è un compito che il Giudice deve assolvere a prescindere dalla sollecitazione delle parti, disponendo l'acquisizione degli elementi utili anche "aliunde", in applicazione degli artt. 421 e 437 cod. proc. civ., con la conseguenza che il mancato rilievo officioso dell'eventuale carenza di detto presupposto comporta la nullità della sentenza, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in ragione del difetto di "potestas judicandi" derivante dalla preclusione dell'azione giudiziale. Cfr. altresì Cass. 15 ottobre 2010, n. 21365, in Mass. Giust. civ., 2010, 10, 1337; Cass. 5 febbraio 2009, n. 2835, in Mass. Giust. civ., 2009, 2, 183; Cass. 12 marzo 2008, n. 6674, in Mass. Giust. civ., 2008, n. 6674. 80

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spetta all’opposto provare la tardività dell’opposizione82. Il mancato rilievo, da parte del Giudice, dell’eventuale carenza di tale presupposto processuale comporta la nullità della sentenza rilevabile in ogni stato e grado del giudizio. Quanto alla individuazione del Giudice territorialmente competente a conoscere delle opposizioni a cartelle esattoriali/avvisi di addebito riguardanti il mancato pagamento dei contributi previdenziali e delle relative sanzioni, la Suprema Corte è pacifica nell’affermare che, ai sensi dell'art. 444, terzo comma, cod. proc. civ., Giudice del lavoro territorialmente competente a conoscere della opposizione a cartella esattoriale riguardante il mancato pagamento dei contributi previdenziali e le relative sanzioni, disciplinate dall'art. 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, è il Giudice del luogo ove ha sede l'ufficio dell'ente preposto ad esaminare la posizione assicurativa e previdenziale dei lavoratori; ne consegue che, ove nei confronti di uno stesso datore di lavoro siano state emesse più cartelle di pagamento, da parte di diversi istituti, nella specie INAIL e INPS, le relative opposizioni devono essere proposte e coltivate separatamente dinanzi ai diversi giudici territorialmente competenti, trattandosi di competenza per materia funzionale e inderogabile83. Diverso il caso in cui l’opponente sia un lavoratore autonomo, un professionista, artigiano commerciante, coltivatore diretto. In quest’ipotesi la Corte di Cassazione, già in epoca risalente, ha precisato che la competenza per territorio va individuata, ex art. 444 c.p.c., comma 1, nel luogo di residenza dell’attore, atteso che il disposto di cui al comma 3 della stessa norma, che prevede la competenza territoriale del Tribunale ove ha sede l’Ente creditore per le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro, non è suscettibile di applicazione in via analogica all’infuori dei casi espressamente contemplati, trattandosi di un’eccezione al comma 184 Infine, si consideri l’ipotesi85 nella quale il concessionario di più enti notifichi al debitore un’unica cartella esattoriale/avviso di addebito, con la quale proceda alla riscossione di crediti previdenziali unitamente a crediti di altro genere (tributi, violazioni del codice della strada ed altro). In tal caso, deve ritenersi che la competenza del Giudice previdenziale sussista limitatamente alla imposizione contributiva, per cui, qualora l’opponente solleciti la cognizione sull’intero contenuto della cartella/avviso impugnata/o, la sentenza dovrebbe operare una distinzione fra i vari titoli dell’esecuzione esattoriale, decidendo il merito solo delle questioni previdenziali e declinando la giurisdizione o la competenza per le altre domande. Coerentemente, il potere di sospendere l’esecuzione per gravi motivi, può essere esercitato dal Giudice solo per l’ammontare dei contributi e delle sanzioni dei quali sia stato richiesto il pagamento. 8B La mancata opposizione all’avviso d’addebito.

De Luca, La riscossione coattiva, cit., 52. cfr. Cass. 28 aprile 2003, n. 6619, in Lav. giur., 2003, 971, Cass. 19 agosto 2005, n. 17038, n. Cass. 18 settembre 2006, n. 20079; Cass. 14 dicembre 2006, n. 26745, tutte in www.leggiditalia.com 84 Cass. 9 novembre 2004, n. 21317, in Lav. giur., 2005, 381. 85 V. Gentile, Il processo previdenziale, cit., 248-249. 82 83

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Con orientamento ormai costante la Suprema Corte afferma che una volta decorso il termine indicato dall’art. 24, comma 5 d.lgs. 46/1999, il credito dell’Istituto previdenziale diventa incontrovertibile, cioè non più contestabile da parte del creditore che perde la possibilità di far valere sia i vizi formali, che il merito della pretesa86. Secondo la Cassazione, l’incontrovertibilità della pretesa comporta che un titolo stragiudiziale, qual è l’avviso di addebito, diviene definitivo con “effetti analoghi al giudicato”87. Sostiene a tal proposito la Corte che “non solamente i titoli esecutivi giudiziali sono passibili di diventare definitivi, cioè incontrovertibili con effetti analoghi al giudicato, in caso di mancata opposizione o di opposizione proposta fuori termine, poiché, tenuto conto delle leggi speciali che sono state emanate in diverse materie e con le quali il legislatore ha consentito agli organi della pubblica amministrazione di ordinare ai privati, mediante ingiunzioni, il pagamento di somme di danaro, la giurisprudenza di legittimità aveva già avuto modo di individuare i c.d. titoli paragiudiziali (cfr. ex plurimis, per l'utilizzo di tale terminologia, Cass. nn. 9944/1991; 10269/1991; entrambe in motivazione), per i quali, al pari di quelli giudiziali, è previsto un termine perentorio per la relativa opposizione davanti al Giudice ordinario; con la conseguenza che tali titoli diventano definitivi in caso di omessa opposizione ovvero di opposizione tardiva, in quanto proposta dopo la scadenza del termine e tale dichiarata dal Giudice a conclusione del relativo giudizio”88. L’espressione “effetti analoghi al giudicato” ha destato in dottrina e giurisprudenza notevoli dubbi interpretati. Una parte degli interpreti esclude radicalmente che la cartella di pagamento/avviso d’addebito non opposta/o acquisti efficacia di giudicato facendo stato tra le parti. Pertanto, secondo quest’opinione, qualora nel corso di un procedimento civile, l’Ente previdenziale produca una cartella di pagamento non opposta dal debitore, il Giudice non è tenuto a considerare come irretrattabilmente accertati i fatti ed i rapporti inerenti al credito previdenziale portato nella cartella, ma può liberamente apprezzarne il contenuto anche ai sensi dell’art. 116 c.p.c.89 Un’altra posizione, ritiene che l’espressione “effetti analoghi al giudicato” significa non “i medesimi effetti”, ma “effetti simili” 90e, quindi, non del tutto equiparabili al giudicato di formazione giudiziale. Secondo quest’impostazione, la mancata opposizione nel termine di 40 giorni, rende definitivo e non più contestabile il credito dell'ente previdenziale, similmente ad un giudicato, ma non comporta ad esempio, gli effetti di natura processuale riservati ai provvedimenti giurisdizionali91. Cass. 23 ottobre 2012, n. 18145; Cass. 7 aprile 2011, n. 7959; Cass. 15 ottobre 2010, n. 21365; Cass. 1 luglio 2008, n. 17978; Cass. 27 febbraio 2007, n. 4506, tutte in www.leggiditalia.it. 87 Cass. 1 luglio 2008, n. 17978, cit.; Trib. Palermo, 15 gennaio 2010, in www.leggiditalia.it. 88 Cass. 1 luglio 2008, n. 17978, cit. 89 Benassi, I giudizi di opposizione, cit. 90 De Luca, La riscossione coattiva, cit, 61. 91 Trib. Lecce, 11 marzo 2009; Trib. Udine, 9 luglio 2010; Trib. Catania, 13 febbraio 2013; Trib. Catania, 4 dicembre 2013; Trib. Catania, 29 marzo 2012, tutte in www.leggiditalia.it., contra, Trib. 86

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Seguendo quest’ultima impostazione, parte della giurisprudenza di merito ha sostenuto che la cartella di pagamento non opposta, non potrebbe determinare una modificazione nel regime della prescrizione dei crediti previdenziali, che, a seguito dalla riforma introdotta con l’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335/95, è, di regola, quinquennale. In altri termini, la prescrizione breve, quinquennale, non si trasforma, come nell’actio iudicati di cui al citato articolo 2953 c.c., in decennale quale effetto della mancata opposizione della cartella di pagamento92. Su quest’ultima problematica è intervenuta – anche recentemente - la Suprema Corte la quale ha, invece, statuito che in caso di mancata opposizione alla cartella/avviso di addebito il credito diventa definitivo e la prescrizione passa da quinquennale a decennale. La Corte però, anticipata da una parte della giurisprudenza di merito93, è giunta a tali conclusioni applicando non l’art. 2953 c.c. relativo all’actio giudicati, ma bensì il diverso principio per cui “una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi; riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio iudicati ai sensi dell'art. 2953 c.c.), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'art. 2946 c.c.”94. In tal modo, la Corte giunge ad affermare la trasformazione della prescrizione da quinquennale a decennale, facendo leva sui principi diversi da quelli contenuti nell’art. 2953 c.c., ma recuperando, al contempo, la “similitudine” tra effetti di una cartella esattoriale non opposta e giudicato di formazione giudiziale. È stato poi condivisibilmente osservato95 che se si sostenesse la perfetta identità di effetti tra cartella esattoriale/avviso di addebito non opposta/o e giudicato, ciò condurrebbe ad effetti perversi di una soluzione impossibile. È il caso delle cartelle esattoriali per contributi prescritti. Se le cartelle divenissero definitive, nel senso di produrre effetti identici al giudicato sostanziale, l’Inps sarebbe obbligato da un lato, a ricevere questi contributi, ma dall’altro, non potrebbe riceverli, atteso il principio sancito dall’art. 3 l. 335/1995 che vieta agli Enti previdenziali di ricevere i contributi prescritti. Il principio dell’irricevibilità dei contributi prescritti, è di ordine pubblico e non può essere superato da un’interpretazione giurisprudenziale sulla perentorietà del termine previsto dall’art. 24 d.lgs. 46/1999. Va, infine, ricordato che una volta decorso il termine previsto dall’art. 24 d.lgs. 46/1999, il debitore non può più contestare nel merito la pretesa dell’Ente, ma ha Pistoia, 27 gennaio 2011 in www.leggiditalia.it che sostiene l’equiparabilità degli effetti della mancata opposizione al giudicato. 92 Trib. Catania, 13 febbraio 2013; Trib. Catania, 4 dicembre 2013; Trib. Catania, 29 marzo 2012, cit. 93 Trib. Milano, 11 febbraio 2014; Trib. Napoli, 5 luglio 2012, in www.leggiditalia.it. 94 Cass. 24 febbraio 2014, n. 4338, e successivamente in adesione Trib. Milano, 20 marzo 2014, tutte in www.leggiditalia.it. 95 Miscione, Lavoro, dottrina, diritto, cit., 308

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ancora rimedio dell’opposizione all’esecuzione di cui agli articoli 615 e 616 c.p.c., qualora intenda far valere – nei confronti del concessionario e dell’ente impositore – fatti estintivi, modificativi o impeditivi verificatisi successivamente alla notificazione della cartella di pagamento (ad esempio, il pagamento del credito successivamente intervenuto, o la prescrizione maturata successivamente alla notificazione della cartella o dell’ultimo atto di esecuzione) (96). Nel caso di opposizione all’esecuzione, il potere di sospensione è disciplinato dall’art. 29, terzo comma, del d. lgs. n. 46 del 1999, secondo cui “ad esecuzione iniziata il Giudice può sospendere la riscossione solo in presenza dei presupposti di cui all'art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 , come sostituito dall'articolo 16 del presente decreto”, e, cioè, nell’ipotesi in cui ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno. 9. Poteri del Giudice: la sospensione della procedura esecutiva L’art. 25, comma 2, d.lgs. 46/1999 stabiliva che in pendenza di gravame amministrativo, proposto dopo l’iscrizione a ruolo, gli Enti previdenziali avevano la facoltà di sospendere l’attività di recupero dell’Agente della riscossione. Tale norma è stata abrogata per effetto dell’art. 30, comma 10, d.l. 78/2010 per cui, dopo la notifica dell’avviso d’addebito (per l’Inps), ovvero, dopo l’iscrizione a ruolo (per gli altri enti diversi dall’Inps), la sospensione dell’attività di recupero del credito non può più essere disposta per via amministrativa97. Rimane, dunque, solo la possibilità di sospendere l’avviso d’addebito per via giudiziale. In forza dell’art. 24, comma 6, d.lgs. 46/1999 “nel corso del giudizio di primo grado il Giudice del lavoro può sospendere l’esecuzione del ruolo per gravi motivi (ora l’esecuzione dell’avviso d’addebito). In caso di sospensione, il ricorrente deve notificare il provvedimento al concessionario”. È stato osservato98 che il numero eccezionale di errori formali dell’Inps, dovrebbe imporre ai Giudici di sospendere sempre l’esecuzione. Le prassi, però, sono le più varie nei Tribunali italiani. Alcuni giudici sospendono più o meno automaticamente, inaudita altera parte; altri esaminano, magari anche nel merito la sussistenza dei gravi motivi (di solito identificati nella somma richiesta) e, se sussistenti, dispongono comunque la sospensiva inaudita altera Benassi, I giudizi di opposizione, cit. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito il principio che la compensazione, quale fatto estintivo dell'obbligazione, può essere dedotta come motivo di opposizione all'esecuzione forzata, fondata su titolo esecutivo giudiziale coperto dalla cosa giudicata, qualora il credito fatto valere in compensazione, rispetto a quello per cui si procede, sia sorto successivamente alla formazione di quel titolo, mentre in caso contrario resta preclusa dalla cosa giudicata, che impedisce la proposizione di fatti estintivi od impeditivi ad essa contrari; né ha alcun rilievo il fatto che anche il credito del debitore esecutato sia assistito da titolo esecutivo giudiziale, quest'ultimo non privando di efficacia esecutiva il titolo del creditore esecutante in quanto non vale a estinguerne il credito (Cass. 24 aprile 2007, n. 9947, anche, Cass. 30 novembre 2005, n. 26089, Cass. 21 luglio 2004 n. 13568, tutte in www.leggiditalia.it). 97 Per un esame sul punto si rinvia a Piovesana, L’avviso di addebito dopo le cartelle esattoriali, cit., 1089. 98 Miscione, Lavoro, dottrina, diritto, cit. 304. 96

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parte; altri ritengono necessario il contradditorio tra le parti e fissano un’udienza ad hoc, prima dell’udienza nel merito. Di rado, esaminano la richiesta di sospensiva nella prima udienza di merito. In caso di reiezione della richiesta di sospensiva si è ritenuto esperibile il reclamo ex art. 699 terdecies c.p.c. previsto per i provvedimenti d’urgenza99. È stato osservato100 che per le società di capitali, l’esistenza di un avviso d’addebito comporta la necessità di mettere a bilancio nel passivo l’ammontare del richiesto, e ciò può comportare gravi danni nel caso, ad esempio, di richiesta di finanziamento agli Istituti bancari, o nell’ipotesi di società quotate in borsa. La sospensiva potrebbe evitare l’iscrizione. Si tratta di un provvedimento ha natura stabile e non precaria, per cui è necessario che l’opponente in caso di esito positivo del giudizio, ne chieda la revoca, o comunque che il Giudice la disponga. 10. Rapporto tra impugnazione giudiziale del verbale di accertamento “cd. giudizio di accertamento in prevenzione” ed impugnazione dell’avviso di addebito Com’è noto, il contribuente, prima che gli venga notificata la cartella ovvero l’avviso di addebito, può impugnare in prevenzione, cioè con un’azione di accertamento negativo, la pretesa vantata dall’Ente previdenziale nel verbale ispettivo101. L’art, 24, comma 3, d.lgs. 46/1999 stabilisce che se l'accertamento effettuato dall'ufficio è impugnato davanti all'autorità giudiziaria, l'iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del Giudice. Dunque, in pendenza di giudizio di accertamento negativo in prevenzione, l’Istituto previdenziale non può iscrivere a ruolo (ora notificare avviso d’addebito). La norma citata comporta una vera e propria paralisi del procedimento di recupero del credito. Ciò posto, si possono profilare i seguenti casi: - accertamento effettuato solo dall’Inps e opposto solo nei sui confronti. L’Inail in pendenza del giudizio può iscrivere a ruolo? Trib. Rimini, 4 settembre 2005, inedita. Miscione, Lavoro, dottrina, diritto, cit. 304. 101 Secondo l’indirizzo giurisprudenziale tradizionale, l’onere della prova nelle azioni di accertamento negativo grava sul soggetto che agisce in giudizio, cfr. Cass. 2 aprile 2004, n. 6487, Cass. 30 gennaio 2006 n. 2032; Cass. 15 febbraio 2007, n. 3374, vedile in www.leggiditalia.it. Più recentemente la Corte propende per ritenere che anche nelle azioni di accertamento negativo l’oggetto del giudizio è dato dall’esistenza della pretesa vantata stragiudizialmente dal creditore su cui incombe l’onere della prova. Cass. 10 novembre 2010, n. 22862; Cass. 6 settembre 2012, n. 14965, entrambe in Puris; Cass. 17 luglio 2008, n. 19762, in Mass. giur. lav. 2009, 365, con nota di Borghetich, L’onere della prova nelle azioni di accertamento negativo. In dottrina si veda, Romano, In tema di onere della prova nelle azioni di accertamento negativo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 6, 1555; Vallebona, Oneri probatori e prove nelle azioni di accertamento negativo su verbale ispettivo, in Mass. giur. lav. 2011, 98. 99

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verbale ispettivo redatto dalla DTL che abbia dato luogo a sanzioni amministrative, avverso il quale il datore di lavoro propone ricorso di accertamento negativo. L’Inps o l’Inail possono iscrivere a ruolo/notificare l’avviso di addebito? Sul punto si registra una difformità di orientamenti. C’è chi ritiene – con opinione a mio avviso condivisibile - che in forza del principio di unitarietà dell’attività ispettiva, sia nel primo che nel secondo esempio sopra citato, l’iscrizione a ruolo/ notifica di avviso di addebito sia preclusa102. Ma c’è anche chi propende per l’opinione opposta sulla scorta dell’osservazione per cui il processo ha efficacia limitata tra le parti103. Si è detto che dopo la proposizione dell’azione di accertamento negativo, l’iscrizione a ruolo/notifica di avviso di addebito, è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del Giudice. Si impone, dunque, di capire quale significato si debba attribuire all’espressione provvedimento esecutivo. Indubbiamente sono provvedimenti esecutivi le ordinanze 423 o 186 quater c.p.c. Il problema si pone per le sentenze conclusive del giudizio di accertamento negativo. Se l’Ente previdenziale non propone domanda riconvenzionale104, o comunque domanda di condanna, la sentenza resa dal Giudice è di mero accertamento e dunque, non esecutiva. C’è chi tenta di risolvere il problema sostenendo che l’art. 282 c.p.c. stabilisce che la sentenza di primo grado è sempre provvisoriamente esecutiva tra le parti e ciò consentirebbe di qualificare, ai fini del comma 3 dell’art. 24, come provvedimento esecutivo, anche la decisione assunta dal Giudice di primo grado di rigetto, totale o parziale, dell’azione di accertamento negativo dell’obbligo contributivo105. In dottrina si è poi anche sostenuto che i crediti di previdenza sono determinati per legge e, pertanto, la sentenza di mero accertamento è ugualmente esecutiva106. L’opinione che però resta prevalente, è quella per cui è possibile procedere con l’iscrizione a ruolo/notifica dell’avviso d’addebito solo in presenza di una sentenza di accertamento passata in giudicato107. Si impone, poi, di stabilire quali siano i criteri di determinazione della prevenzione. La laconicità della previsione contenuta nell’art. 24 citato, ha dato luogo, in passato, a divergenze interpretative sul punto. All’opinione secondo cui l’effetto paralizzatorio si verificherebbe solo nell’ipotesi di ricorso in prevenzione depositato prima dell’iscrizione a ruolo del credito108, si

De Luca, La riscossione coattiva, cit., 66 Miscione, Lavoro, dottrina, diritto, cit., 308. 104 Miscione, Lavoro, dottrina, diritto, cit., 308, ma anche Benassi, I giudizi di opposizione, cit. . 105 Benassi, I giudizi di opposizione, cit. 106 Miscione, Lavoro, dottrina, diritto, cit., 308. 107 De Santis, Profili delle opposizioni a cartella esattoriale, con particolare riferimento alle opposizioni a cartella previdenziale, in Inf. prev., 2005, 901 102 103

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oppone quella secondo cui detto effetto si realizzerebbe anche quando il contribuente abbia depositato il ricorso in prevenzione dopo l’iscrizione a ruolo del credito, ma prima della notifica della cartella109. La prima tesi faceva leva sul dato letterale della norma, la seconda, sulla necessità di contemperare l’esigenza di tenuta del sistema di riscossione coattiva con quella di rilevanza costituzionale della garanzia del diritto di difesa del creditore. Questa divergenza di posizioni, oggi, non ha più ragion d’essere quanto meno per i crediti Inps. Per l’Inps il ruolo non c’è più e l’avviso d’addebito, una volta formato, viene direttamente notificato dall’Istituto al contribuente. Per i nuovi avvisi d’addebito dunque, l’effetto paralizzatorio si verifica quando il ricorso in prevenzione viene depositato prima della notifica dell’avviso d’addebito. Nell’ipotesi in cui l’Istituto notifichi avviso d’addebito dopo che il contribuente ha già proposto ricorso in prevenzione, la Cassazione, in una pronuncia del 2008, ha affermato che non è neppure necessaria l’opposizione da parte del presunto debitore, perché con l’istaurazione del primo procedimento, ha nella sostanza, anticipato il giudizio di opposizione110. Di regola però, se non altro per prudenza, il presunto debitore oppone anche la cartella. In questo caso, c’è chi sostiene che il Giudice debba sospendere, anche inaudita altera parte, l’efficacia esecutiva dell’avviso di addebito, procedendo alla riunione dei giudizi, al fine di neutralizzare ogni efficacia del titolo fino alla sentenza111. A mio parere, invece l’opposizione del contribuente va subito accolta, con condanna dell’Ente al pagamento delle spese legali, perché in tal caso, manca, a monte, il potere dell’Ente di formare e notificare l’avviso di addebito. Va, infine, segnalata una recente pronuncia della Corte che secondo la quale “in tema di riscossione di contributi e premi assicurativi, il Giudice dell’opposizione alla cartella esattoriale che ritenga illegittima l’iscrizione a ruolo (nella specie ai sensi dell’art, 24, comma 3, d.lgs. 46/1999 per difetto di un provvedimento giudiziale esecutivo sull’impugnazione dell’accertamento) non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo”112. In sostanza, secondo tale pronuncia il Giudice dovrebbe esaminare il merito della pretesa anche nell’ipotesi in cui accerti l’esistenza di un giudizio in prevenzione promosso dal contribuente e non ancora definito nel momento in cui l’Inps ha notificato l’avviso d’addebito. Benassi, I giudizi di opposizione, cit.; Capurso, Le nuove controversie previdenziali sugli obblighi contributivi, in Inf. prev., 2002, 6, 1553; Cuccurru, Definizione del giudizio di opposizione a cartella esattoriale in materia previdenziale, in Inf. prev., 2003, 687 109 Parise, Le opposizioni a cartella esattoriale nella giurisprudenza. Relazione al Convegno “Nuovi temi e questioni controverse in materia di previdenza e contribuzione obbligatori”, promossa dal CSM, Roma, 5-7 dicembre 2005, in Riv. dir. sic. soc. 2006. 110 Cass. 16 giugno 2008, n. 16203, in www.leggiditalia.it 111 Capurso, Dall’iscrizione a ruolo, cit. 610 112 Cass. 6 settembre 2012, n. 14963 108

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La sentenza è criticabile, per due ordini di motivi: in primo luogo, perché se il giudizio prosegue, si creerebbe la situazione per cui davanti allo stesso o a diversi giudici penderebbero due giudizi sulla medesima pretesa, con violazione del principio del ne bis in idem e possibile contrasto di giudicati. In secondo luogo, perché la sentenza citata aggira un espresso divieto di legge, utilizzando in modo distorto, il principio giurisprudenziale secondo cui l’opposizione a cartella, come il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, apre un ordinario giudizio di cognizione per cui il Giudice, anche quando sussistono vizi formali del titolo, è investito del dovere di pronunciare sulla domanda e sulle eccezioni ex adverso proposte. Detto principio, infatti, si applica nel caso di vizi formali del titolo, ma può certo valere nell’ipotesi di vizi diversi. 11. Rapporto tra accertamento svolto dall’Agenzia delle Entrate, opposto davanti alla Commissione tributaria, e impugnazione dell’avviso d’addebito. Accade abbastanza di frequente che a seguito di accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate, che riscontra un “maggior reddito” prodotto dal contribuente, l’Inps richieda i contributi sull’eccedenza riscontrata. Se il contribuente presenta ricorso avverso l’accertamento avanti la Commissione Tributaria, l’Inps può in pendenza di quest’ultimo giudizio, notificare al contribuente avviso d’addebito per la maggior contribuzione? L’esigua giurisprudenza e gli isolati autori che hanno affrontato la problematica hanno ritenuto che l’ipotesi sopra descritta sia estranea alla previsione del comma 3 dell’art. 24, configurando l’ipotesi piuttosto quel rapporto di pregiudizialità – dipendenza che produce – ex art. 295 c.p.c. – la sospensione necessaria del processo previdenziale, in attesa della definizione di quello tributario113. Sul punto però, in modo del tutto innovativo sono intervenute due recentissime pronunce della Corte di Cassazione114, la quale ha statuito che “in materia d'iscrizioni a ruolo dei crediti degli enti previdenziali il d.lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3, il quale prevede la non iscrivibilità a ruolo del credito previdenziale sino a quando non vi sia provvedimento esecutivo del Giudice qualora l'accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all'autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che l'accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dall'ente previdenziale, ma anche quello operato da altro ufficio pubblico come l'Agenzia delle entrate, né è necessario, ai fini di detta non iscrivibilità a ruolo, che, in quest'ultima ipotesi, l'INPS sia messo a conoscenza dell'impugnazione dell'accertamento davanti all'autorità giudiziaria anche quando detto accertamento è impugnato davanti al Giudice tributario". Secondo queste recenti pronunce, in pendenza di impugnazione della pretesa avanti il Giudice Tributario, scatta per l’Inps la preclusione all’iscrizione a ruolo di cui all’art. 24 comma 3, d.lgs. 46/1999, con le conseguenze sopra descritte, di accoglimento dell’opposizione e condanna dell’Inps al pagamento delle spese.

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De Luca, La riscossione coattiva, cit., 70 Cass. 9 aprile 2014, n. 8379 e Cass. 10 aprile 2014, n. 8379, entrambe in www.leggiditalia.it

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La Corte supporta le proprie conclusioni facendo leva sul principio per cui il citato articolo 24 “non distingue tra accertamento eseguito dall'Istituto previdenziale e accertamento operato da altro ufficio, né esclude l'inibizione all'emissione del ruolo nell'ipotesi in cui l'accertamento, su cui il credito dell'ente previdenziale si radica, sia impugnato davanti al Giudice tributario. Neppure subordina, la norma, la non iscrivibilità a ruolo alla conoscenza che l'ente previdenziale abbia dell'impugnazione dell'accertamento davanti alla autorità giudiziaria. La lettera della legge, infatti, è tale da non consentire alcuna interpretazione che subordini, nell'ipotesi di cui trattasi, la detta non iscrivibilità a ruolo alla sussistenza di condizioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle normativamente previste. Diversamente si opererebbe una integrazione della volontà legislativa che, non essendo avallabile in via interpretativa, non è consentita nel nostro ordinamento giuridico”. Il ragionamento che sorregge le conclusioni della Corte è, a mio avviso, condivisibile perché valorizzando il dato letterale della norma, garantisce al presunto debitore la paralisi delle azioni degli Istituti previdenziali, in assenza di una sentenza definitiva che accerti la sussistenza della pretesa fiscale, presupposto dell’obbligo contributivo. Del resto, lo stesso Inps ha tutto l’interesse ad attendere, prima di agire, la definizione del procedimento tributario, atteso che prima di tale momento, l’Istituto, su cui incombe l’onere della prova nel giudizio di opposizione, normalmente, non è in grado di provare la correttezza dell’accertamento fiscale condotto dall’Agenzia delle Entrate e dunque il presupposto dell’obbligo contributivo115. 12. Statuizioni definitive ed effetti. Il procedimento di opposizione si può chiudere con tre tipi di sentenza: di accoglimento dell’opposizione, di rigetto della stessa o di accoglimento solo parziale.

Si segnala una recente pronuncia del Trib. Arezzo 20 marzo 2014, in www.iusexplorer.it cui è stato sottoposto in caso di un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate opposto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Arezzo. La posizione fiscale veniva definita con una conciliazione, con il pagamento, ex art. 39, comma 12, d.l. 98/2011, di una somma in misura ridotta. L’Inps chiedeva la contribuzione sull’intero accertato. Il Tribunale di Arezzo ha ritenuto che con la definizione della lite tributaria per effetto dell’art. 39 citato, il ricorrente, ha aderito almeno in parte all’accertamento tributario, che pertanto, con l’avvenuto pagamento del 30% delle imposte sul maggior reddito accertato, almeno per quella misura, è stato avvallato e può ritenersi provato nel giudizio sulla pretesa contributiva. In sostanza, se il contribuente accetta di definire il contenzioso fiscale non potrà poi sostenere di non dover nulla all’Inps per quei contributi previdenziali che sono diretta conseguenza del diverso reddito “concordato” con l’Agenzia. Il medesimo ragionamento potrebbe applicarsi anche nell’ipotesi in cui il contribuente non propone ricorso avverso l’accertamento fiscale, ma sceglie di utilizzare l’istituto deflattivo dell’ “adesione” chiudendo la posizione con il pagamento di una somma ridotta. L’Istituto potrebbe, quindi, richiedere la contribuzione sul minor somma versata. Ma le conclusioni potrebbero essere anche opposte laddove si ritenesse che l’adesione all’accertamento non comporta ammissione. In tal caso, l’adesione non avrebbe alcun valore probatorio nel giudizio di opposizione alla pretesa contributiva, che se non provata dall’Inps, dovrebbe essere rigettata. 115

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I primi due tipi di decisione, non destano particolari problematicità. Infatti, se il Giudice ritiene l’opposizione proposta tardivamente o infondata nel merito, dichiara nel dispositivo l’inammissibilità dell’opposizione o, se del caso, la rigetta. Se, al contrario, l’opposizione risulta fondata, il Giudice, dichiara l’insussistenza del diritto dell’ente fatto valere con l’iscrizione a ruolo. Più complessa è la terza ipotesi, di fondatezza solo parziale dell’ opposizione, che ha dato luogo ad un amplissimo dibattito giurisprudenziale e dottrinale. C’è chi ritiene che il Giudice, nell’accogliere parzialmente l’opposizione, debba pronunciare sentenza di condanna a minor somma, cosicché la sentenza si sostituisce al titolo stragiudiziale116. I sostenitori di questa tesi giungono alle citate conclusioni applicando in via analogica l’art. 653 c.p.c. in materia di opposizioni a decreto ingiuntivo. Tal norma dispone che in caso di accoglimento parziale del ricorso, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza di condanna al pagamento di minor importo. A questa posizione, si contrappone quella di chi ritiene che il titolo rimanga la cartella esattoriale/avviso di addebito117. Secondo quest’ultima tesi, in caso di accertamento di parziale debenza dei contributi, il Giudice dovrebbe limitarsi a dichiarare l’illegittimità parziale dell’iscrizione a ruolo (ora dell’avviso di addebito), rideterminando il credito, ma non pronunciando condanna. In tal modo la cartella/avviso resta il titolo esecutivo che l’Inps dovrebbe provvedere a sgravare parzialmente. I sostenitori di tale posizione ritengono che il Giudice non possa incidere sull’attività dell’Ente e che nell’ipotesi in cui il Giudice emetta una sentenza di condanna parziale, si creerebbe un’ingiustificata duplicazione di titoli. La Suprema Corte, dopo alcune decisioni in cui ha accolto questa seconda posizione118, nelle pronunce più recenti119 ha abbracciato il primo orientamento, sostenendo – sulla scorta dall’assimilazione con il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo –che se all’esito del giudizio di opposizione il credito contributivo è accertato in misura minore a quella azionata dall’Istituto, il Giudice deve non già accogliere sic et simpliciter l’opposizione, ma deve condannare l’opponente al pagamento della minor somma. Aggiunge, poi, la Suprema Corte che il parziale accoglimento dell’opposizione comporta la rideterminazione del credito residuo, senza che occorra domanda riconvenzionale dell’Istituto. Negli ultimi anni, l’orientamento sopra descritto sembra univoco e non si registrano pronunce di segno contrario, ma le incertezze interpretative restano, come le possibili obiezioni, in assenza di disposizioni legislative sul punto. Solo a titolo di esempio, si ricorda che l’opposizione a cartella esattoriale seppur simile all’opposizione a decreto ingiuntivo, presenta, comunque, un’ineliminabile Parise, Le opposizioni a cartelle esattoriali, in Inf. prev., 2005, 925; Guadagnino, Il processo previdenziale, cit., 296; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600, cit.; Cass. 20 aprile 2002, n. 5763, cit. 117 Perina, Questioni processuali inerenti inerenti il ruolo, in Inf. prev., 2002, 1513; Benassi, I giudizi di opposizione, cit. 118 Cfr. Cass. 10 settembre 2009, n. 19502 in www.iusexplorer.it 119 Cass. 26 maggio 2014, n. 11717; Cass. 12 luglio 2013, n. 17272; Cass. 6 agosto 2012, n. 14149, tutte in www.leggiditalia.it 116

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differenza Quest’ultima è preceduta da una vera e propria fase giudiziale, anche se sommaria, mentre l’opposizione a cartella esattoriale o avviso d’addebito è preceduta solo da un titolo “amministrativo” formato unilateralmente dall’Inps. Solo nella prima ipotesi, quindi, si può dire che davvero esiste una domanda del creditore (cioè quella proposta con il ricorso per d.i.) e quindi, il Giudice, nella fase di opposizione può sicuramente emettere una sentenza di condanna ad una minor somma anche senza ripetizione della domanda di condanna da parte dell’opposto120. Nel caso di opposizione a cartella, a monte, non c’è una domanda di condanna vera e propria, per cui una richiesta di condanna, a mio avviso, andrebbe esplicitamente formulata nelle conclusioni della memoria di costituzione dell’Istituto previdenziale, accanto alla richiesta di rigetto dell’opposizione. Poi la richiesta del più comprenderà quella di minor somma. 13 Un nuovo strumento, vecchi problemi. Come già detto, l’art. 30 d.l. 78/2010 ha introdotto per l’Inps un nuovo sistema di riscossione dei contributi previdenziali, finalizzato a ridurre i tempi di recupero dei crediti dell’Istituto previdenziale. La novità di maggior rilievo consiste nell’abrogazione del ruolo e nell’introduzione dell’avviso di addebito che ora è formato e notificato direttamente dall’Inps. Le norme sull’avviso d’addebito non “brillano” per chiarezza. Tante le incertezze, a volte piccole, ad esempio, quelle evidenziate in tema di “modalità di notifica”, in altri casi, di maggior rilievo. Si pensi alle conseguenze dell’eliminazione del ruolo. Si potrebbe pensare che detta eliminazione comporti anche l’abolizione per l’Inps del termine di decadenza di cui all’art. 25 d.lgs. 46/1999. Se così fosse, la novità avrebbe un certo rilievo, consentendo all’Inps di agire per il recupero dei propri crediti nel rispetto del solo termine di prescrizione degli stessi. Ma la mancanza di un’espressa previsione normativa in tal senso e l’applicabilità, sancita dall’art. 30, all’avviso di addebito delle norme sul ruolo, induce a ritenere che il termine rimanga ancor oggi applicabile anche per l’Inps. Si tratta, comunque, una decadenza di “poco rilievo”, perché, secondo la Suprema Corte, ha valenza non sostanziale, ma solo processuale, impedendo all’Ente, che ha notificato l’avviso d’addebito fuori termine, solo di portare in esecuzione il credito con quello strumento, imponendogli di attendere la sentenza di merito. Inoltre, per gli avvisi d’addebito, ora, si prevedono requisiti minimi espressamente a pena di nullità. Il legislatore, però, non dice se sul piano sostanziale e processuale cambi qualche cosa rispetto al passato. Fino ad oggi, per le cartelle esattoriali dove una norma espressa non c’era, il vizio formale è stato ritenuto dai Giudici non preclusivo dell’esame del merito, sicché in mancanza di un’espressa previsione normativa di segno contrario, si ritiene che tutto resti invariato. La nuova normativa sugli avvisi d’addebito non interviene, poi, minimamente sugli strumenti di opposizione che restano quelli previsti per il ruolo e le cartelle. Per un approfondimento sul punto si rinvia a Cama, Opposizione a ruolo per crediti degli enti previdenziali, cit., 1089. 120

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Rimangono, dunque, inalterati e sempre attuali tutti i problemi e le incertezze interpretative sorte in passato con riferimento al sistema del ruolo e delle cartelle. Con l’introduzione dell’avviso d’addebito il Legislatore voleva introdurre un sistema più rapido di riscossione, ma ha sicuramente perso un’occasione per chiarire i tanti problemi che già esistevano per le cartelle. Di fatto, le norme sugli avvisi “stratificano”121 la “legislazione sul ruolo e sulle cartelle” che a sua volta era il frutto di stratificazioni successive di difficile comprensione. Com’è stato autorevolmente osservato per le cartelle122, ma il rilievo resta attuale, la legislazione palesemente rinvia ai Giudici perché, attraverso l’interpretazione, perfezionino e completino un sistema normativo lacunoso. Permangono, così, incertezze inevitabili che l’intervento della Suprema Corte può solo attenuare, ma non eliminare del tutto.

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Miscione, La procedura di opposizione, cit., 302 Miscione, La procedura di opposizione, cit., 302

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