Istituto Comprensivo ”Gino Rossi Vairo” Agropoli - SA A

Saggio finale sul femminicidio come quello di Bronfenbrenner, che permette di analizzare i differenti livelli dell’ambiente coinvolti nella trasmissio...

63 downloads 262 Views 990KB Size
Saggio finale sul femminicidio Istituto Comprensivo ”Gino Rossi Vairo” Agropoli - SA A cura di Alfonso Graziano- classe 3C Il Femminicidio

Origine, significato e diffusione del termine In lingua inglese il termine veniva usato già nel 1801 in Inghilterra per indicare "l'uccisione di una donna". Il termine femicide (femminicidio) è stato utilizzato per la prima volta dalla criminologa Diana Russell nel 1992, nel libro scritto insieme a Jill Radford Femicide: The Politics of woman killing. La Russell identificò nel femminicidio una categoria criminologica vera e propria: una violenza estrema da parte dell’ uomo contro la donna «perché donna», in cui cioè la violenza è l'esito di pratiche misogine. Un anno dopo, nel 1993, l'antropologa messicana Marcela Lagarde utilizza il termine femminicidio per comprendere «La forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine - maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia». È proprio dall' analisi dei crimini di massa compiuti contro le donne che la Lagarde propone la sua definizione. La violenza sulle donne perpetrata all’ interno di una relazione intima (intimate partner violence) è un fenomeno sociale presente in tutti i Paesi e diffuso trasversalmente all’ interno di tutte le classi sociali. Nella maggioranza dei casi i maltrattamenti vengono agiti da parte dell’ uomo nei confronti della partner e ciò rende la violenza domestica una questione di genere che palesa lo squilibrio di potere tra uomini e donne, mantenuto nella relazione di coppia attraverso gli abusi di

natura

fisica,

psicologica,

sessuale

ed

economica.

La comprensione della complessità della intimate partner violence può essere favorita dall’ analisi dell’ interazione dei diversi fattori socio-culturali, relazionali ed individuali che contribuiscono alla creazione del contesto in cui avvengono le violenze. Si rivela quindi particolarmente utile l’ utilizzo di un modello ecologico,

Saggio finale sul femminicidio come quello di Bronfenbrenner, che permette di analizzare i differenti livelli dell’ambiente coinvolti nella trasmissione dei valori, delle norme, dei ruoli e delle aspettative caratterizzanti il comportamento maschile violento nei confronti della partner. L’adesione rigida al modello maschile tradizionale della cultura patriarcale condiziona lo sviluppo dell’ identità del genere maschile e le sue modalità di relazionarsi a quello femminile. La violenza domestica sulle donne è perciò una violenza di genere, espressione del dominio e del controllo esercitato dagli uomini sulle

donne.

Al fine di rendere conto delle differenze individuali nella popolazione maschile, gli effetti del genere vanno considerati unitamente alle esperienze relazionali precoci che condizionano le modalità adulte di vivere l’ intimità nella relazione di coppia. La intimate partner violence è dunque un problema maschile sul quale è necessario intervenire, non solo tutelando ed offrendo sostegno alle vittime, ma soprattutto promuovendo delle iniziative d’intervento specifiche per i maltrattatori, come quelle già presenti negli Stati Uniti, in Canada, in America latina, in Spagna, nei Paesi Scandinavi e nel Regno Unito. Si tratta per lo più di programmi rieducativoterapeutici di stampo pro-femminista che attribuiscono totalmente la responsabilità delle violenze agli uomini ed utilizzano tecniche cognitivo-comportamentali finalizzate ad interrompere l’uso della violenza sulla partner. La partecipazione può essere volontaria o su ordine del tribunale e, metodologicamente, il trattamento di gruppo è preferibile alle terapie individuali in quanto conferisce maggior supporto ai partecipanti durante il processo di cambiamento e facilita l’assunzione di responsabilità per le proprie condotte violente. L’efficacia dei programmi merita tuttavia maggior attenzione e necessita di valutazioni più precise nonostante sia stata riscontrata una buona percentuale di successo dei programmi attualmente presenti. In Italia attualmente i programmi diretti al cambiamento dei partners violenti sono assenti e dovrebbero essere inclusi nei progetti futuri d’ intervento insieme ad una formazione specifica ed alla promozione di un lavoro di rete coerente tra tutte le agenzie sociali (Forze dell’Ordine, servizi socio-sanitari, sistema giudiziario, Case delle Donne e Centri Antiviolenza) che si occupano di casi di violenza domestica sulla donna; un intervento adeguato dovrebbe inoltre comprendere dei percorsi educativi nelle scuole sulle relazioni tra i generi ed un maggior impegno maschile

Saggio finale sul femminicidio nel mettersi in discussione come genere e nel favorire forme di mascolinità meno rigide e stereotipate. La violenza nega alle donne i più fondamentali diritti: la vita, la libertà, l’integrità corporea, la libertà di movimento e la dignità della persona. La violenza sulle donne non è un’emergenza, ma un fenomeno strutturale in una società che pone uomini e donne in una relazione di disparità, di subalternità, di dominio. Le statistiche, in Italia, sono diverse da come sono state presentate ma il problema resta allarmante. Ogni tre giorni viene uccisa una donna ma il massacro può essere fermato.

Il 25 novembre 2012 è stata la giornata mondiale dedicata alla lotta contro i crimini sulle donne, per tale importante ricorrenza si è parlato moltissimo del femminicidio, sono stati riportati molti dati statistici agghiaccianti, si è creato un passaparola allarmante, al punto che in alcuni articoli e blog si è parlato della violenza domestica come seconda o addirittura prima causa di morte in Italia per le donne tra i 16 e i 44 anni. Ma perché è stato utilizzato proprio il 25 novembre? Tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne ed ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG ad organizzare attività volte a sensibilizzare l' opinione pubblica in quel giorno. L'Assemblea Generale dell' ONU ha ufficializzato una data che fu scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell' Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà (Colombia) nel 1981. Questa data fu scelta in ricordo del brutale assassinio del 1960 delle tre sorelle Mirabal, considerate esempio di donne rivoluzionarie per l'impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell' arretratezza e nel caos per oltre 30 anni.

Una notizia shock riguardante il femminicidio è stata quella per cui si è stimato che tale fenomeno in Italia sia tra le prime cause di morte nella fascia d’età che va tra i 16 e i 44 anni. La stessa notizia è stata data in riferimento alla popolazione mondiale. Ovviamente balza all’ occhio, destando sospetti, che l’Italia e il resto del

Saggio finale sul femminicidio mondo (di cui fanno parte popoli estremamente misogini) abbiano lo stesso tipo di classifica. Ma se si vanno a controllare le statistiche con intelligenza si scopre che in Italia il femminicidio è tra le prime cause di morte (esattamente al terzo posto), soltanto in riferimento alle persone, uomini e donne, che muoiono di morte violenta o dovuta a cause esterne, ovvero dagli omicidi agli incidenti passando per i suicidi, ma solo per questa categoria. Il femminicidio quindi non è tra le prime cause di morte per le donne tra i 16 e i 44 anni, e anzi le donne vittime di omicidio, in relazione alla popolazione femminile deceduta complessiva sono solo 1,49 % A livello generale il femminicidio, come riportato dai dati Istat, è fortunatamente molto basso come causa di morte. Inoltre anche per quanto riguarda il resto del mondo va comunque data importanza alla fascia d’età presa in considerazione, che esclude le donne anziane e l’altissima mortalità infantile dei paesi poveri (più di un bambino su 3 muore per malattie e malnutrizione) dove, peraltro, c’è anche il più alto numero di femminicidi. “Il femminicidio è un’ ermergenza enorme nel nostro paese”, spiega Titti Carrano, presidente di D.i.R.e. Donne in Rete contro la violenza. La causa? “E’ la cultura patriarcale improntata sul possesso a far morire le donne solo perché sono donne. Ecco perché gli interventi, oltre che di tipo pratico, devono essere di tipo culturale e abbattere stereotipi di questo tipo”. Ma non solo. Ancora una volta, di fronte a casi del genere, si torna a parlare di silenzi. Alla fine della sua visita in Italia Rashida Manjoo ha dichiarato:“Gran parte delle manifestazioni di violenza non viene denunciata in un contesto caratterizzato da una società patriarcale e incentrato sulla famiglia; la violenza domestica, inoltre, non sempre viene percepita come reato (…). Per di più, un quadro giuridico frammentario e l’inadeguatezza delle indagini, delle sanzioni e del risarcimento alle donne vittime di violenza sono fattori che contribuiscono al muro di silenzio e di invisibilità che circonda questo tema”.

Omicidi in Italia: dove, quando, come si uccide Nel 2002, si legge nel rapporto Eures, gli omicidi maturati all'interno dei 'rapporti di prossimità' hanno superato quelli legati alla malavita e alla criminalità organizzata: il 51,5% del totale (325 in tutto) e' infatti avvenuto all'interno della famiglia (223 vittime), tra amici e conoscenti (68), nell'ambito vicinato (22) o del lavoro (12). Seguono poi le 100 vittime della criminalità comune e le 77 del crimine organizzato.

Saggio finale sul femminicidio Restano sconosciuti gli ambiti di ben 120 delitti. Rispetto al 2000, nel 2002 sono lievemente diminuiti gli omicidi in famiglia e in modo consistente quelli da criminalità organizzata. In fortissimo aumento invece quelli tra vicini di casa (+69,2%), tra conoscenti (+58%) e quelli sui luoghi di lavoro (+35,7%).

- Dove si uccide: A detenere il triste record, con 304 omicidi è ancora il Mezzogiorno, che supera i 221 del Nord e i 109 del Centro, con un' incidenza su ogni 100.000 abitanti dello 0,9 al Nord, 1,0 al Centro, 1,5 al Sud. Al Nord prevalgono gli omicidi in famiglia (50,9%), che in Italia vedono la Lombardia al primo posto, seguita dal Piemonte, Emilia Romagna e Lazio. Forti aumenti al Nord anche per gli omicidi nel vicinato (+175%) e sul lavoro (+133%). Al Centro prevalgono gli omicidi in famiglia e quelli legati alla criminalità comune, mentre crescono del 150% gli omicidi tra vicini. I delitti in famiglia e quelli legati alla criminalità organizzata sono ai primi posti al Sud, dove si registra un deciso aumento dei delitti tra conoscenti

(+163,6%)

e

della

criminalità

comune

(+35,7%).

- Quando si uccide: La fascia oraria più a rischio è quella 18-24 (38,1% dei casi), poi quelle 24-6, 12-18 e 6-12. Durante la settimana il picco è al lunedì col 20,3%, mentre

il

venerdì

è

il

giorno

più

tranquillo

(10,3%).

- Come si uccide: Il 46,2% dei killer ha usato un' arma da fuoco, il 19,2% un' arma da taglio, e poi corpi contundenti, percosse, soffocamento, strangolamento, uso di armi improprie, precipitazione, speronamento. Il 23,5% degli autori dei 293 omicidi compiuti con armi da fuoco aveva il porto d'armi e a sparare sono di solito gli uomini, mentre le donne ricorrono al soffocamento e alla precipitazione, specie negli infanticidi.

- Omicidio d’ autore: La premeditazione (il 59,9% dei casi) prevale sui delitti non premeditati (40,1%). A compiere gli omicidi sono soprattutto autori singoli (43,5%), seguiti

dai

delitti

in

associazione

e

in

concorso.

- Profilo della vittima: Vengono uccisi più uomini (444 nel 2002, il 70%), che donne (190). In forte calo gli omicidi dei criminali 'per professione' (dal 15 al 4,6%) e delle prostitute (dal 4,3 all'1,3%), mentre sono aumentate le vittime disoccupate.

Saggio finale sul femminicidio Gli italiani rappresentano l'82,5% delle vittime. Tra gli stranieri prevalgono gli albanesi e i romeni. Il valore più alto tra le vittime donne straniere si registra tra le cittadine dell'Est Europa (39,6%) e del continente americano (44,4%). Il 10% delle vittime appartiene alla fascia del disagio (droga, handicap, alcol, problemi psichici, povertà).

- Profilo dei killer: Nella stragrande maggioranza dei casi il killer è un uomo italiano tra i 25 e i 34 anni, e gli autori over 65 si incontrano soprattutto negli omicidi in famiglia, sul lavoro e nel vicinato. Nel 20% dei casi il killer e' agricoltore, bracciante o operaio, nel 15,8% un commerciante, imprenditore o libero professionista. Dimezzati gli omicidi attribuiti a criminali per professione e a uomini delle

Forze

Armate

e

di

Polizia.

-I moventi: Nei delitti in famiglia prevale il movente passionale col 27,4% dei casi che al Sud salgono al 34,7%. Ma al Nord liti e dissapori si trasformano in tragedia in misura nettamente superiore. A uccidere per motivi passionali sono soprattutto gli uomini, mentre le donne killer sono spesso compromesse da problemi psichici. Nei delitti tra conoscenti prevale invece il movente dei dissapori, seguito dai futili motivi o interessi economici. Negli omicidi di vicinato, le questioni legate ai confini di proprietà e rivalità per un posto letto, anche di fortuna. Nell' ambiente di lavoro la vittima e' sempre un uomo tra i 35 e i 54 anni, la fascia di età più significativa della vita

professionale.

- L’omicidio in famiglia - Nei 223 omicidi tra le mura domestiche del 2002 prevalgono le vittime donne (63,2%), più numerose al Nord (68,8%) e al Centro (61,5%), mentre al Sud le differenze si riducono. Le vittime in famiglia hanno un' età compresa tra i 25 e i 34 anni (ma la gran parte delle donne hanno, ma le vittime con più di 64 anni sono più numerose di quelle tra i 55 e i 64. Alto (13,5%) il numero, influenzato anche dagli infanticidi, delle vittime fino ai 18 anni. Nella fascia di età oltre i 64 anni si contano numerosi omicidi-suicidi tra coniugi anziani e delitti compiuti da figli, nipoti, generi e nuore. Le donne uccidono prevalentemente i figli, poi i coniugi e i genitori. Nella gran parte dei delitti in famiglia la vittima convive con l'assassino, mentre negli omicidi passionali o per interesse avviene il contrario.

Saggio finale sul femminicidio

Contro il femminicidio: iniziative, prospettive, speranze per il 2013 A metà dicembre l’Italia ha approvato un decreto legge di ratifica della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa per la prevenzione e il contrasto alla violenza domestica e sulle donne. Il provvedimento ora deve passare al vaglio di Camera e Senato. Un’urgenza dopo che la proposta di legge sul femminicidio (che prevede l’aggravante dell’ergastolo) è slittata alla prossima legislatura. Sul fronte della mobilitazione sociale, l’ultima iniziativa per dire no al femminicidio, è quella promossa, a gennaio di quest’anno, dalla Rete degli Studenti Medi e dall’Unione degli Universitari. «Chiediamo – fanno sapere dalla Rete – e vogliamo vivere in una società che tuteli i diritti di tutti e non permetta più di ledere la dignità altrui. Ribadiamo ancora una volta il nostro appoggio alle donne di "Se non ora Quando?"». Numerose le adesioni all’iniziativa: da don Luigi Ciotti a don Andrea Gallo, da Claudio Bisio a Marco Rossi Doria, sottosegretario al Ministero dell’Istruzione. La pagina Facebook dell’iniziativa si chiama “femminicidio: mettici la faccia” e c’è anche un hashtag per Twitter (#iocimettolafaccia). Basta postare una propria foto, far vedere il proprio volto, e accompagnare lo scatto con lo slogan “Stop femminicidio: io ci metto la faccia”». E per capire la gravità del fenomeno, basta guardare il quadro dei dati fornito dalla Casa delle donne di Bologna - Ami (Associazione avvocati matrimonialisti italiani). Nel 2012 le donne uccise sono state 120; esattamente come nel 2011. Il picco si ha avuto nel 2010 quando le vittime sono state 127. Secondo i dati, dalle 84 vittime del 2005, l’aumento è stato notevole, arrivando dunque all’ ultimo di riferimento con un circa di più 40 vittime nell’arco di sette anni. Questi dati, con quelli analizzati precedentemente, non possono essere sottovalutati o bollati come “casi”, in particolare in un paese come l’Italia, in cui sussiste un retaggio derivato dal “delitto d’onore”, la cui abolizione è relativamente recente. Sul femminicidio il dibattito è stato ulteriormente acceso da recenti e discusse affermazioni comparse su diverse testate. Secondo gli autori di tali dichiarazioni, la causa del femminicidio è da attribuirsi ai comportamenti e all’abbigliamento femminili. Un atteggiamento che si pone in linea con l’idea che i delitti commessi da un compagno siano “passionali”.

Saggio finale sul femminicidio In un omicidio non ci può essere passione, ma solo sopraffazione, e l’atto estremo di chi considera la donna (ex, amante o compagna che sia) un possesso o un oggetto. Concezioni queste, che con l’amore non hanno nulla a che vedere. Le affermazioni sono state fortemente avversate o completamente condannate dal popolo di Facebook e non solo, mentre le mobilitazioni popolari, per dire “no” sono il sintomo di un cambiamento che si vorrebbe attuare. Guardando anche ai recenti eventi che hanno colpito l’India, ci si aspetta che la mobilitazione possa dare frutti maturi, a tutela delle donne, sempre più incoraggiate a denunciare i propri persecutori.

Flashmob contro il femminicidio Nel giorno di San Valentino, le donne di tutto il mondo hanno lasciato perdere fiori e cioccolatini e in tante sono scese in piazza al grido unanime di “One billion rising”, per dire basta al femminicidio. “Basta scuse, basta abusi. Noi siamo madri, noi siamo maestre. Noi siamo bellissime, bellissime creature”. Sulle note della canzone Brake the chain, scritta per l’occasione da Tena Clark e Tim Heintzpet, migliaia di donne dagli Stati Uniti all’Afghanistan, dal Corno d’Africa all’India, hanno dato vita a flash mob, marce e sit in per dire basta alle violenze di genere. Quella del femminicidio è una ferita aperta per il nostro Paese, ultima, estrema e brutale manifestazione della violenza maschile su mogli, compagne, amanti e figlie, che oggi ci viene sbattuta neanche sulla prima, ma sulla quarta o quinta pagina dei quotidiani, sotto forma di cifre. Il silenzio, la vergogna, l’imbarazzo sono i migliori alleati di questi criminali che il più delle volte agiscono tra le mura domestiche, trasformando la casa da luogo dell’amore e dell’intimità a teatro di terrore e sfinimento. Lo scorso anno Rashida Manjoo, Special Rapporteur dell’Onu, dopo il suo viaggio in Italia ha pubblicato per le Nazioni Unite un rapporto formale nel quale ha definito il femminicidio italiano crimine di Stato, dichiarando insufficienti e inadeguate le misure di prevenzione e protezione messe in atto dalle istituzioni italiane per porre fine al problema. Nell’ambito del G8 si è segnato un passo fondamentale nella lotta alla violenza sulle donne nelle zone più disagiate. La violenza sulle donne nelle zone di conflitto sarà

Saggio finale sul femminicidio punita come crimine di guerra: lo hanno deciso i ministri degli Esteri riuniti al G8. La firma è stata definita storica, un segnale importantissimo per tutte le donne che si sentono abbandonate a se stesse, soprattutto nei paesi devastati dalla guerra. Grazie a questo accordo è stato sbloccato un pacchetto di fondi pari a 27,5 milioni di euro che saranno utilizzati per prevenire quella che il capo del Forein Office, William Hague ha definito una ”grave violazione della Convenzione di Ginevra al pari dei crimini di guerra”. ”Abbiamo adottato una dichiarazione – dice Hague – che indica che lo stupro e la violenza sessuale nelle zone di conflitto sono gravi violazioni della Convenzione di Ginevra, così come i crimini di guerra”. Verrà inoltre istituito ”un protocollo internazionale per le indagini di stupro e di violenza sessuale nelle zone di conflitto”. Il 14 febbraio l’ acclamatissima Luciana Litizzetto, che in prima serata su Rai1 in occasione del Festival di Sanremo, ha portato avanti un acceso monologo, ha preso di petto il tema del femminicidio dando voce alle migliaia di donne che in Italia e nel mondo hanno ballato insieme per le strade delle loro città per dire no agli stupri, agli abusi e alla morte. Questa giornata ha una provenienza ben precisa che a dire il vero ha anche un titolo ben preciso: “I monologhi della vagina”. Un’opera teatrale scritta dall’originale drammaturga inglese Eve Ensler, inizialmente per celebrare la femminilità in tutte le sue forme, ma che poi alla fine ha portato alla nascita di un vero e proprio movimento contro la violenza sulle donne. Infatti l’opera si presenta come insieme di monologhi, letti da diverse signore e signorine, ognuno collegato alla vagina, dalla nascita al sesso, dall’amore allo stupro, dall’orgasmo alla mutilazione. I monologhi hanno rappresentato la base di partenza per la nascita del movimento V-Day, che nel giorno di San Valentino ha dato vita a una serie di manifestazioni molto partecipate volte alla denuncia della violenza di genere. La V in V-Day può avere tante accezioni e riferirsi a diverse parole: Valentino, Vagina, Volontà. Ma forse quello che calza di più rispetto al successo della giornata del 14 febbraio è senz’altro Vittoria.

Femminicidio, da Bongiorno e Carfagna proposta di legge per l’ergastolo Le parlamentari di Fli e Pdl propongono di modificare le aggravanti dell'omicidio quando la violenza nasce da un atteggiamento discriminatorio". Puppato: "Le esponenti democratiche aderiscano" di Redazione Il Fatto Quotidiano | 22 novembre 2012

Saggio finale sul femminicidio Sono già più di cento, dall’inizio dell’anno, le donne uccise in Italia per mano di un uomo che quasi sempre è il partner o un ex o un parente. Quasi una ogni due giorni. Lo chiamano femminicidio, la parola non è bella ma rende l’idea: uccidere una donna proprio perché donna, e in quanto tale considerata di proprietà dell’uomo che ha diritto di scelta su come e quanto deve vivere la compagna, la figlia, la sorella, la cui unica colpa è di aver voluto sottrarsi a questa tirannia. Per questo reato Giulia Bongiorno e Mara Carfagna chiedono, in una proposta di legge, la pena dell’ergastolo. L’argomento è di grande attualità, non solo per i continui episodi di cronaca ma anche perché domenica si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Anche il ministro Elsa Fornero, che ha la delega alle Pari opportunità, ieri ha ammesso che essere donna in Italia è un ostacolo oggettivo e che verso le donne “c’è un accanimento particolare” e ha auspicato che il Parlamento ratifichi al più presto la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. “Non chiamateli raptus di follia – ha pregato la Bongiorno, presidente della Commissione giustizia della Camera, sua l’iniziativa della proposta di legge – mi rendo conto che se li consideriamo gesti folli siamo tutti più tranquilli, ma non è così. Questa violenza nasce da un atteggiamento discriminatorio degli uomini verso le donne: c’è un diffuso maschilismo, gli uomini pensano di aver diritto a decidere della vita delle donne”. Dunque, alla base di tutta questa violenza nei confronti delle donne c’è una questione culturale e solo un profondo cambiamento potrebbe combattere il fenomeno in modo efficace e duraturo, ma i continui episodi riportati dalla cronaca impongono misure normative. Ecco dunque la proposta elaborata dalla parlamentare finiana, che ha incontrato subito l’adesione della collega del Pdl Carfagna, seconda firmataria. Si propone innanzitutto di introdurre una specifica aggravante nell’articolo 576 del Codice penale (cioè le aggravanti previste per l’omicidio), per punire con il carcere a vita chiunque uccida “in reazione a un’offesa all’onore proprio o della famiglia di appartenenza o a causa della supposta violazione, da parte della vittima, di norme o costumi culturali, religiosi o sociali ovvero di tradizioni proprie della comunità d’origine”. Vengono subito alla mente il caso di Hina, ragazza pakistana uccisa in Italia dai parenti come punizione per non volersi adeguare agli usi tradizionali della cultura d’origine o di Sanaa, sgozzata dal padre in quanto colpevole di avere un fidanzato italiano.

Saggio finale sul femminicidio Altra aggravante per quale è previsto l’ergastolo è quando l’omicidio è preceduto da anni di maltrattamenti. La proposta vuole poi estendere queste aggravanti alle convivenze more uxorio e prevede una pena da 24 a 30 anni per chi commette il reato nei confronti di un minore di anni 10 o in sua presenza. Infine, viene introdotta una nuova figura di reato, il “matrimonio forzato“, punendo con il carcere da uno a cinque anni chi costringe o induce con la violenza o minaccia a contrarre matrimonio contro la sua volontà. Stessa pena per chi attira con l’inganno una persona residente in un altro Stato allo scopo di costringerla a sposarsi. In ogni caso, il matrimonio così contratto verrebbe considerato nullo ai sensi della legge italiana. Le promotrici si rendono conto che ormai la legislatura è agli sgoccioli e il tempo è poco, ma non disperano: “Ho visto a volte miracoli, in poche settimane legge prendere forma e diventare priorità, altre leggi invece scomparire. Siccome la violenza sulle donne è un’emergenza nazionale, se ci sarà il supporto dei parlamentari io non escludo anche di poter riuscire a vedere approvata questa legge” ha detto Bongiorno. E già arrivano i primi sostegni: da Barbara Saltamartini, vice presidente del gruppo Pdl alla Camera e da Laura Puppato, unica donna candidata alle primarie del centrosinistra, che non può sottoscrivere perché non è parlamentare ma invita le parlamentari democratiche a farlo. Alla Puppato risponde però la senatrice del Pd Anna Serafini: “Siamo in attesa di questo testo, come di altri che potranno essere presentati da altri gruppi, per poterci confrontare a partire dalla nostra proposta di legge, depositata come parlamentari del Pd, già il 4 luglio scorso – spiega - Il nostro testo, in questi mesi ha viaggiato anche per ricevere i contributi di tante donne e uomini e ha incontrato in molti eventi pubblici le maggiori associazioni che si battono contro il femminicidio. Durante questo percorso non è mancato mai l’incoraggiamento del segretario del Pd Pierluigi Bersani per procedere con determinazione in questa battaglia per la libertà delle donne”.

PD al Senato presenta ddl contro femminicidio E' la ratifica della Convenzione di Istanbul. Lo sottoscrivono il presidente del gruppo Luigi Zanda e, tra gli altri, Valeria Fedeli pubblicato il 25 marzo 2013

Saggio finale sul femminicidio La senatrice del Pd Anna Finocchiaro ha ripresentato il disegno di legge per la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Oltre che dal presidente del gruppo Pd Luigi Zanda, il disegno di legge è stato sottoscritto finora dalla metà dei senatori democratici, tra i quali Valeria Fedeli, Silvana Amati, Maria Teresa Bertuzzi, Rita Ghedini, Manuela Granaiola,

Leana

Pignedoli,

Roberta

Pinotti,

Filippo

Bubbico,

Rosaria

Capacchione, Felice Casson, Rosa Maria Di Giorgi, Miguel Gotor, Luigi Manconi, Andrea Marcucci, Riccardo Nencini, Francersca Puglisi, Laura Puppato, Angelica Saggese e Magda Zanoni ed è ancora in corso la raccolta delle firme.

"Il 27 settembre 2012 - spiega Anna Finocchiaro - il ministro Fornero ha sottoscritto a Strasburgo, per l'Italia, la Convenzione del Consiglio d'Europa contro il cosiddetto femminicidio e la violenza di genere. Si è trattato di un atto importante che è venuto con il mandato del Parlamento, visto che era stata approvata una nostra mozione di impegno specifico al governo. Ora è necessario dare corso alla ratifica, bloccata a causa del termine della legislatura. La Convenzione è, infatti, fondamentale per la prevenzione e il contrasto perché definisce e punisce la violenza contro le donne basata sul genere, enfatizzando il carattere discriminatorio di ogni violenza che sia 'diretta contro una donna in quanto tale' e istituisce un Gruppo internazionale di esperti indipendenti con l'incarico di monitorare l'attuazione del trattato da parte degli Stati aderenti. Il contrasto al femminicidio e alle violenze contro le donne, come è noto, riguarda anche il nostro Paese. Basti pensare che il 76 per cento delle violenze avviene in Italia ad opera di ex partner, mariti, compagni o persone conosciute. Non a caso il Rapporto sulla violenza contro le donne redatto per il Consiglio dei diritti umani dell'Onu da Rashida Manjoo afferma che 'in Italia sono stati fatto sforzi da parte del Governo, attraverso l'adozione di leggi e politiche. Questi atti non hanno però portato a una diminuzione dei femicidi e non sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine'. Crediamo dunque - conclude Anna Finocchiaro - che sia fondamentale introdurre nell'ordinamento italiano questo importante strumento di prevenzione e lotta a un fenomeno di natura soprattutto culturale".

Saggio finale sul femminicidio

Proposta di legge inserita nel forum di Beppe Grillo Femminicidio. Proposta di legge per tutelare le donne. postato da ROBERTO DEMURO Le recenti cronache hanno evidenziato i numerosi omicidi consumati a danno delle donne. In questo senso, necessita una normativa che salvaguardi in modo pregnante le vittime Si propone la seguente "Modifica dell'articolo 576 del codice penale, in materia di circostanze aggravanti per l'omicidio. Articolo 576, numero 5 ter, del codice penale Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto preveduto dall'articolo precedente (nota: art. 575 tipizza l'omicidio) è commesso: da chiunque abbia cagionato la morte di donna, minore o altro soggetto debole, anche se in assenza di precedenti atti persecutori di cui all'articolo 612 bis.

Saggio finale sul femminicidio

STATISTICHE I dati riportati riguardano i morti per omicidio nei paesi dell’Unione Europea tra il 1982 e il 2002. È un periodo sufficientemente lungo per consentire delle considerazioni Con

questi

generali. numeri

ho

prodotto

due

grafici.

IlI primo riguarda il numero di donne uccise o, più precisamente, il tasso di donne uccise

ogni

centomila

abitanti.

Tra tutti i paesi disponibili, ho limitato il confronto a Italia, Francia, Germania, Svezia e Finlandia. Francia e Germania in quanto tra i maggiori paesi europei. Svezia e Finlandia perché noti per le loro politiche particolarmente attente riguardo alle istanze femminili e femministe.

Il secondo grafico confronta il tasso di omicidi diviso per i generi delle vittime: quanti uomini muoiono in più rispetto alle donne nei varî paesi?

Siamo di fronte ad un’esplosione del fenomeno (femminicidio)? Le rilevazioni statistiche effettuate finora tendono ad escludere questa ipotesi. E’ un fenomeno che in Italia ha evidenziato una certa costanza nel tempo, senza variazioni particolarmente significative, in controtendenza però con la progressiva

Saggio finale sul femminicidio diminuzione del numero complessivo degli omicidi. Mentre gli omicidi sono in generale diminuiti, i femminicidi non sono in proporzione diminuiti, o sono rimasti stabili, se non in lieve aumento.

Il 2006 è

stato

l’anno

peggiore

dell’ultimo

decennio

(per

l’

Italia),

con 147 femminicidi di cui 70 nel nord (47,6%), 44 al centro (29,9%) e, infine, 33 al sud (22,4%). Se però rapportiamo i femminicidi alla popolazione femminile nello stesso periodo, suddivisa per area geografica emergono delle differenze significative. A questo puto si può dire che non si debbano avere dei pregiudizi in nessun campo.

Grafici vari non esaminati al dettaglio

Saggio finale sul femminicidio

Saggio finale sul femminicidio

Saggio finale sul femminicidio

Saggio finale sul femminicidio

INTERVISTA DI RICCARDO IACONA 5 MILIONI DI DONNE SONO STATE VIOLENTATE IL 93% NON DENUNCIA STA SUCCEDENTO CHE IL FATTO CHE "LA DONNA NON CONTA MAI NIENTE" IN TUTTI I CAMPI È IL RISULTATO DI UN GRANDE PREGIUDIO CASE PRIGIONI ABITUALMENTE VIOLENTATE E SOTTOMESSE AUMENTO DAL 2006 IN POI LA MAGGIOR PARTE DELLE DONNE MORTE SONO AL NORD MA NON AL SUD L' UCCISIONE È UNA REAZIONE DA PARTE DELL' UOMO A QUESTA VOGLIA DELLE DONNE AD ESSERE AUTONOME IL FEMMINICIDIO NON RIENTRA NELL' AGENDA POLITICA. SE CI FOSSERO

DELLE

CASE

ANTIVIOLENZA

I

FEMMINICIDI

RIDURREBERO ANCHE PIÙ DEL CINQUANTA PER CENTO

SI