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Carta del restauro Italiana pag 39 La carte di Amsterdam (1975) pag 45 ... BRANDI, Processo all'architettura moderna, in: L'architettura cronache e st...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DEI BENI CULTURALI

Dispense del corso di RESTAURO ARCHITETTONICO ICAR 19 (6) - 36 ORE

Anno accademico: 2009-2010 Anno di corso: secondo Semestre: secondo

docente: Prof. Arch. Gianni Perbellini

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INDICE:

Premessa pag. 5 La conservazione e la tutela del patrimonio storico artistico ed architettonico pag.6 La conservazione ed il restauro nel passato pag 8 Dal Monumento patrimonio privato al pubblico interesse per i Beni Culturali pag. 9 Tav. 1 evoluzione della conservazione pag 10 L'école des Beaux-Arts di Parigi e la sua influenza pag. 10 La conservazione ed il restauro secondo Viollet-Le-Duc e John Ruskin pag. 11 Teorie e teorici del restauro in Italia pag. 15 Tav 2 Teorie ed azioni conservative di restauro pag 17 Tav 3A Conservazione passiva pag 21 Restauro e riuso pag. 22 Tav 3B Conservazione attiva pag 23 Oltre il restauro pag. 24 La valorizzazione del patrimonio storico-architettonico pag. 25 L'impatto del turismo pag. 26 Tav 4 Piani e progetti di restauro e salvaguardia pag 27 Tav 5 Interventi di restauro pag 28 Percorso operativo per gli interventi di restauro architettonico pag. 28 Tav 6 Schema operativo per gli interventi di restauro pag 29 Urbanistica e patrimonio culturale (Il Centro Storico) pag. 30 La conservazione pag 33 Tav 7 Managemant della conservazione territoriale pag 35 Documenti Carte e Convenzioni internazionali del restauro: La carta del restauro di Atene pag 36 La carta di restauro di Venezia pag 38 Carta del restauro Italiana pag 39 La carte di Amsterdam (1975) pag 45 Dichiarazione di Amsterdam pag 47 Carta di Macchu Picchu (1978) pag 54 Carta di Firenze - carta dei giardini storici (1981) pag 57 Convenzione di Granada (1985) pag 59 Carta di Noto (1986) pag 62 La dichiarazione di Washington (1987) pag 64 Carta C.N.R. (1987) pag 67 Carta di Cracovia (2000) pag 77

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PREMESSA Gli ultimi cinquant'anni, se da un lato hanno comportato una trasformazione profonda, talora selvaggia, del territorio, dall'altro hanno anche contribuito all'evoluzione della sua conoscenza. In particolare nel caso del paesaggio, dilatandone, fino a comprendervi l'ambiente, il relativo concetto, ancora prevalentemente legato all'estetica romantica dei letterati e dei geografi ottocenteschi. Conseguentemente anche la filosofia dello spazio, che un tempo era limitata ai suoi prevalenti aspetti geometrici o matematici e fisici, ha assunto quei confini e valutazioni ben più ampi che hanno costretto gli studi sull'architettura, ivi compresa quella militare, a dilatare ad altri temi le ricerche tipologiche o funzionali in cui erano stati limitati fino a qualche decennio fa. Innovativamente infatti, si è evidenziato come lo spazio costituisca uno dei primordiali principi che regolano la vita, in quanto coinvolge l'adattamento degli esseri umani al mondo per porvisi in relazione1 . Pertanto la sua conoscenza risulta indispensabile alla formazione della coscienza umana per il rispetto e la solidarietà concepibili nei confronti di tutte le forme viventi. Nella sua accezione più comune lo spazio ha comunque significato geografico, nel momento in cui definisce la capacità personale di dislocarsi in esso. In tal senso le sue più fondamentali categorie, sotto il profilo logico ma anche genetico, sono topografiche. Cosa che ha comportato la sua ripartizione nelle nozioni di aperto e chiuso, di confine, di centro e di continuità. Ciononostante il concetto di paesaggio, in quanto segmento di spazio, è antropogenico, nel senso che il suo valore è definito da parte di chi ne è limitato, lo usa, vi vive e lo modifica. La struttura e le funzioni del paesaggio, interrelate dalla loro dipendenza da una serie di fattori fisici, quali la forma delle montagne, delle valli e dei fiumi, delle coste e delle pianure, sono però anche determinate dalle costruzioni degli insediamenti umani, dalla loro forma e dai materiali usati per realizzarla. Pertanto se la comprensione di una determinata area richiede la conoscenza dei molteplici aspetti di vita del complesso sistema a cui la stessa appartiene ed a cui si riferisce anche la cultura dei suoi abitanti, questa è assai spesso il risultato dell'adattamento della gente al sito, chiaramente riflesso nelle società più antiche, tanto dalle forme architettoniche adottate, quanto dall'associazione con il mito degli eventi fondamentali. La percezione del paesaggio e delle architetture ivi costruite non è costituita quindi soltanto dalla semplice relazione tra popolo ed ambiente, ma dalla complessa iterazione di questi fattori con la contingente dinamica storica2 . Lo spazio, geograficamente inteso, fondamentale nella vita comunitaria, risulta inoltre indispensabile per l'esercizio del potere di cui i fabbricati di interesse, tanto locale quanto territoriale, ne costituiscono la struttura portante e, soprattutto oggi che lo spazio percepito è quello della visione, quello psicologico e quello del benessere, uno degli esempi più emblematici. Proprio da questa consapevolezza nasce l'esigenza di ancorare questi segni della storia alla loro trasmissibilità alle generazioni future3. Tre sono le tappe della nascita del Bene Culturale: - la sua naturale realizzazione nel momento in cui questo assolve un bisogno nella forma più soddisfacente da parte della società; - la presa di coscienza esercitata nei confronti dello stesso quando questo perde la sua utilità strumentale; - la conquista di quell'identità storica che ne giustifica la conservazione. È quindi sulle ultime due fasi che s'incardina il concetto di Bene Culturale (Patrimoine, o Heritage)4, 1. G. PERBELLINI, Some references to the Italian experiences…- Foreward, in: EN Bulletin 56-57 (32003). Europa Nostra, Den Haag. 2. G. PERBELLINI, Presentazione in: AA.VV., Guida ai castelli del Molise. Carsa Ediz.. Pescara 2003. 3. Paradossalmente le generazioni passate per sopravvivere hanno bisogno di essere ricordate da quelle presenti, così come quest'ultime con quelle future necessitano della memoria stessa del passato per definire la

loro identità. Ma essendo l'identità un processo e non uno stato a sua volta abbisogna di solidi simboli per evolversi i Beni Culturali: archivistici, librari, artistici, archeologici ed architettonici ne costituiscono la struttura portante. 4. M. COLARDELLE, Les acteurs de la costitution du patrimione, in: Actes des Entretiens du Patrimione, Patrimione et passions identitaires (a cura di J.Le Goff), Fayard Parigi 1998, pag 125

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nel corso dei secoli, da quella meramente utilitaristica, alla trasformazione ed al riciclaggio dei secoli precedenti, fino all'amore antiquario, del gusto neoclassico e di quello romantico per le rovine. G. Dorfles5, citando G. Anders a tal proposito scrive: contrariamente a quanto generalmente si crede - non è stato il Romanticismo a svegliare per primo il culto per "la bellezza delle rovine". Avrebbe avuto luogo invece la seguente "inversione": il Rinascimento (in particolare la prima generazione) avrebbe onorato il torso antico "non perché, ma malgrado fosse un torso". Era stata scoperta la bellezza "purtroppo" solo come rovina. La seconda generazione, però invertì "la rovina del bello" nella "bellezza della rovina". E da qui fino ad arrivare alla "produzione industriale delle rovine" c'era una sola via. Adesso siamo arrivati a disporre le rovine in un paesaggio, come fossero nani da giardino "per abbellirlo"! Ove per rovine noi oggi possiamo intendere i Monumenti del passato. LA CONSERVAZIONE E LA TUTELA DEL PATRIMONIO STORICO ARTISTICO ED ARCHITETTONICO Da quando, oltre un secolo fa, le nazioni di più antica civiltà cominciarono a dotarsi di una legislazione contro l'escavazione e l'esportazione dei reperti archeologici e di un servizio pubblico per la loro conservazione, più tardi estesa all'intero patrimonio storico mobiliare ed immobiliare, molto cammino è stato fatto, anche perché contemporaneamente è cominciato il dibattito ed il confronto tra le dottrine conservative. L'interesse e conseguentemente il quadro normativo e di monitoraggio dall'oggetto è stato esteso al monumento, al sito ed al contesto, dilatando il campo fino a comprendervi: l'ambiente e più in generale la cultura, posta sotto la tutela dell'UNESCO. Nel secondo dopoguerra si è creduto così, sotto il vessillo dell'ONU, di rafforzare la pace con argomenti solidi, come i Beni Culturali, ma gli stessi non essendo stati sviluppati di pari passo con una filosofia della convivenza, dopo aver svolto la loro influenza nella difesa, dai colonialismi dalle più varie matrici, di modelli culturali locali (in Asia, in Europa, in Africa od in America Latina), a partire dalla seconda metà del secolo scorso, si sono troppo frequentemente trasformati in strumenti di una politica regionalista o nazionalista di cui sono diventati il vessillo o le vittime, sconfinando dagli stessi principi della conservazione che li avevano generati6. Infatti in ogni recente conflitto, anche europeo, la supremazia di una cultura su di un'altra passa attraverso la distruzione e l'annientamento degli stessi segni fisici, già meticolosamente catalogati e dichiarati monumenti dell'umanità, che ne costituivano il patrimonio dei valori trasmissibili7 . Viene così da chiedersi se la conservazione rappresenti effettivamente il momento conclusivo nella definizione dei valori propri di ogni modello culturale, o non costituisca invece, partendo dal presupposto che la vita è di per se stessa creazione, attraverso l'imbalsamazione, la loro negazione. In altre parole ci chiediamo se sia possibile limitare il linguaggio al passato, o se questo non significhi piuttosto la fine del pensiero stesso? Dato che la storia del processo dell'inventiva umana ci induce a sostenere: non la vita come creatività, ma la creatività come vita, essendo il fondamento della cultura e dell'uomo, non il passato, ma il futuro8 . All'interno della complessa tematica del restauro, a tutt'oggi si sono invece privilegiate le componenti storiche, tanto che su di esse è costruita, persino sul piano legislativo, l'estetica dello stesso restauro artistico ed in particolare di quello architettonico. Per quello che ci riguarda, al di fuori quindi da ogni considerazione psicologica, filosofica o teologica, quello da salvaguardare resta il punto di arrivo dell'invenzione umana, quale momento di con-

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5. G. DORFLES, Il Kisch. Milano 1969. 6. Il complesso dei BB.CC. élément fédérateur géneralemént consensuel peut aussi constutuer une cible en cas de conflit et de crises politiques ou encore de prérexte à des débordement régionaliste et nationaliste (MINISTÉRE DE LA CULTURE, Lettre d'information n.421- 18 décembre 1996, Parigi 1996). Cfr. anche: J.M. LENIAUD L'État, les sociétés savantes et la

défense du patrimoine: l'exception française, in Actes des Entretiens du patrimoine cit. pag 138). 7. G. PERBELLINI, The safeguarding of the Architectural Heritage and its evaluation, in: Europa Nostra Bulletin 55, Europa Nostra, Den Haag 2001. 8. E. MARCONI, Spazio e linguaggio, Milano 1990. 9. R. LEMAIRE, Humanistic Architecture, in: Restaurationd and beyond (a cura di M. Mastropietro),

vergenza della creatività9 . La conservazione ed il restauro devono quindi tornare ad essere considerati come atto creativo, se vogliamo ritrovare la ragione, soprattutto, etica e quindi la memoria del nostro operare! A differenza del mondo Occidentale quello Orientale, non ponendosi nei confronti del recupero del patrimonio storico, il problema dell'autenticità dei monumenti, utilizza la ricostruzione come mezzo di conservazione, mentre quello islamico, più integralista, tende all'esclusiva conservazione dei monumenti della propria fede, condannando alla distruzione quelli che ne sono estranei. Nell'Europa cristiana, la massima evangelica non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te stesso coltiva la speranza ecumenica di una società senza barriere religiose o razziali, conservando il patrimonio storico nella sua globalità10 . In Occidente tre sono le scuole di pensiero: la prima persegue il recupero dei modelli originali (comunque da ricostruire nelle forme originali) secondo le teorie di Viollet-Le-Duc, o di Bodo Ebhardt, mitigando la dimensione storica con quella estetica; la seconda, attraverso le esperienze del Boito, del Beltrami, di Giovannoni11, riattualizzate dal Brandi12 e soprattutto dal Gazzola13, porta al restauro critico con la conseguente considerazione che ogni intervento fa scuola a sé stesso; la terza, partendo dalle teorizzazioni di Schegel e Schinkel14, rafforzate autonomamente dal Ruskin, considera come inevitabile la fine del ciclo vitale anche per i monumenti storici. La Carta di Atene prima e quella di Venezia poi, derivando da queste teorie, in qualche modo ne permette l'applicazione indifferenziata; per cui oggi possiamo parlare nei confronti del restauro di una scuola latina (Italia e Penisola Iberica) e, sia pur con diverse sfumature, di una scuola nord-europea (Francia, Inghilterra, e Paesi nordici). Il recupero delle strutture del passato alla vita odierna, quale modo per trasmetterle alle generazioni future, è però azione motivata anche dalla necessità di contenere il consumo del territorio come risorsa non rinnovabile. All'interno delle organizzazioni governative e non, tale intervento deve essere attuato, pur nel rispetto delle istanze estetiche, vietando l'occultamento del dato storico e comunque nella consapevolezza che arrestare l'evoluzione del ciclo vitale di monumenti, o paesaggi, con un linguaggio lontano dal nostro tempo, significherebbe la loro perdita definitiva. Operazioni che comunque non possono e non hanno l'obbligo ignorare quelle scoperte del nostro tempo, che hanno evidenziato un modo radicalmente diverso di comporre i ritmi trans-storici della realtà con cui costruire quel futuro, di cui il pluralismo, piuttosto che la contrapposizione delle tendenze, debbono far parte, congiuntamente con il rimedio ai problemi del nuovo secolo quali: - il consumo energetico - l'inquinamento, l'obsolescenza dei miti urbani - i processi degenerativi della qualità ambientale - la necessità di riequilibrare il rapporto tra sfruttatori e sfruttati a livello mondiale. Avendo presente che l'architettura costituisce una parte cospicua della memoria solida dell'umanità, il recupero dell'esistente patrimonio architettonico, oltre che per la trasmissione dei valori da una generazione all'altra, diventa centrale proprio nei processi di rigenerazione e riqualificazione del tessuto urbano, oltre che porsi quale mezzo con cui economizzare quella risorsa, sempre più rara: il territorio aperto agricolo, o naturalistico15, che fino ad oggi ha pagato lo scotto dell'inadeguatezza di Lybra, Milano 1996. 10. G. PERBELLINI, The ralationship between conservation and creativity, in: The power of exemple (a cura di M. de Jong e M. van Jole). Europa Nostra, Den Haag 1999. 11. C. PEROGALLI, Monumenti e metodi di valorizzazione,Tamburini. Milano 1954. 12. C. BRANDI, Processo all'architettura moderna, in: L'architettura cronache e storia n. 11.

13. P. GAZZOLA, The past in the future. ICSCCP, Roma 1969. 14. D. WATKIN, Karl Friederich Scinkel, royal patronage and pituresque, in: Architectural Design vol. 49 n. 8-9, 1979. 15. A. NAESSE, Ethics of evironment and development, in: Sustainable development and deep ecology (a cura di R. Engel e J. Gibb Engel). Belhaven press. Londra 1990.

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una pianificazione, in cui il paesaggio descritto da Göthe16, o dai geografi del XVIII e XIX secolo, non ha mai trovato posto. Mentre, lasciati perdere quelli che erano i parametri dello sviluppo sostenibile, la pianificazione ha perseguito quello economico, con il risultato di aver violato il territorio di cui si proponeva il godimento, a favore di pochi, producendo, attraverso un'urbanistica di rapina, che se pur molti di noi hanno cercato di razionalizzare e limitare, ulteriore dissesto e degrado. Una nuova scienza della conservazione è quindi da fondare, in estensione di quella del restauro, quella del recupero (riuso e valorizzazione). Scienza che dovrà mutuare alcuni principi dalle dottrine dal primo, ma anche altri, forse non meno importanti, dall'urbanistica ed infine dalla sociologia soprattutto negli interventi sulle delle strutture urbane, in cui dovrebbe prevedersi una maggior compartecipazione dell'utenza. Nelle organizzazioni volontaristiche di tutela questo obiettivo si raggiunge attraverso la diffusione della coscienza della conservazione e la conoscenza dei relativi temi, conducendo per mano la gente all'interno del paesaggio e degli edifici, e con la divulgazione degli esempi meglio riusciti, tanto di operazioni conservative, quanto innovative. Questo presuppone, dietro a queste azioni, una rigorosa ricerca scientifica, che eviti la mistificazione dei valori e la mummificazione dei relativi segni fisici, nella convinzione, come dice Paulo Cohelo: che anche un orologio fermo due volte al giorno indichi l'ora esatta! Non dimentichiamo comunque che oggi la nostra società ha maturato una più diffusa coscienza ecologica ed una maggior capacità di reagire al più generale disinteresse per quell'ambiente e quel paesaggio, assai spesso visti dall'occhio del tecnocrate come sede di autostrade, di metanodotti, o luogo in cui collocare i tralicci dell'alta tensione, o i servizi più disparati. Anche perché nell'ultimo mezzo secolo sono state proprio le realizzazioni, che dovevano garantirne lo sviluppo, a mettere a più grave rischio la sopravvivenza delle specie viventi: esseri umani, fauna e flora17 . LA CONSERVAZIONE ED IL RESTAURO NEL PASSATO18 Pur iniziando nel Rinascimento lo studio dell'antichità classica (prevalentemente romana), la conservazione dei relativi monumenti non procede con altrettanto fervore. Ciononostante non mancano, a partire al XV secolo, interventi mirati alla conservazione della memoria, piuttosto che al restauro nel senso odierno del termine, attraverso l'integrazione ed al completamento di importanti edifici preesistenti, come ad esempio: - il tempio malatestiano a Rimini e Santa Maria Novella a Firenze (L.B. Alberti) - la cattedrale di Orvieto (M. Sanmicheli) - Palazzo Ducale a Venezia (A. Da Ponte) - la basilica a Vicenza (A. Palladio) - il Pantheon a Roma (Bernini)

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16. J.W. GOETHE, Viaggio in Italia (traduzione di E. De Battisti). Poligrafo, 18312-32. 17. G. PERBELLINI, Un piano di valorizzazione ambientale… , in: I progetti di valorizzazione ambientale (a cura di F.M. Cailotto). Amministrazione Provinciale di Verona, Verona 1998. 18. L. GRASSI, Storia e Cultura dei monumenti. Tamburini, Milano 1959; Momenti e problemi della storia del restauro, in: AA.VV. Il restauro Architettonico. Tamburini, Milano 1961. 19. Tra cui importante era la Société français d'archéologie fondata nel 1838 da A.de Caumont. 20. A partire dalla monarchia luglio lo Stato era infatti preoccupato che il variegato mondo dell'associazionismo locale finisse per mettere in crisi una politica culturale unitaria, riaprendo rivendicazioni ormai sopite, accentua la sorveglianza sulle sociétés savantes, rive-

dendo nel 1834, con gli articoli 290 e 291 del C.P. del 1810 le severe norme del periodo post-rivoluzionario, che già l'Abbé Grégoire col suo scritto scientifico, utilizzato per fini distruttivi, il Rapport sur la nécessité et les myens d'anéantir le patois et d'universaliser la langue française indirizzato alla Convenzione aveva sollecitato sulle questioni linguistiche. (cfr.: B. DELOCHE, J.M LENIAUD, La culture des sans-culottes, Edition Paris-Presses du Languedoc, Parigi 1986) 21. AA.VV., The architecture of the Ecole des BeauxArts (a cura di A. Drexler). MOMA, New York 1977. 22. G. DORFLES, Nuovi riti nuovi miti. Einaudi, Torino 1965. 23. L. RÉAU, Histoire du vandalisme, les monuments détruits de l'art française, 2° ed. Parigi 1994.

Soltanto a partire dal XVIII secolo si può cominciare a parlare di un interesse culturale per le vestigia dell'antichità; interesse determinato tanto dal carattere razionalista di quello che è stato definito il secolo dei lumi, con la ricerca sistematica e la divulgazione scientifica, come rappresentata dall'Enciclopedia di Diderot e D'Alambert, da cui è stato derivato anche il concetto di museo come luogo di conservazione del sapere, in sostituzione di quello spirito antiquario caratteristico del collezionismo culturale delle classi dominanti.Si deve invece alla Rivoluzione Francese la nascita dell'idea che i beni artistici, storici etc. sono patrimonio comune e non famigliare e quindi perché non vadano dispersi sottoposti alla cura dello Stato in quanto di interesse nazionale. Mentre la spedizione napoleonica in Egitto e gli scavi archeologici a Roma (Camporese, Stern, Valadier), in Toscana e nel Regno di Napoli (Winkelman), attivavano quel rinnovato interesse per l'arte classica greca e romana, che portavano dal rilievo e restauro dei monumenti antichi (studi dell'Algarotti, del Milizia e del Winkelman) all'architettura neoclassica, ma anche alle prime leggi conservative degli stati pre-unitari italiani. La restaurazione pre e post-napoleonica, dopo aver imbavagliato les Sociétés Savantes19, attraverso la fondazione di istituzioni centrali20, perfezionate poi sotto il secondo impero come l'Ecole des Beaux Arts a Parigi21 , apriva tanto la strada all'eclettismo nelle arti e nell'architettura, quanto all'istituzione del Systéme des Monuments Historiques (Rapport du Roi del 21 ottobre 1830), con cui inaugurava quel servizio di tutela del patrimonio artistico, che pur con alcune diversità sarebbe andato diffondendosi, tanto da sussistere ancor oggi in diverse nazioni europee. Nella storia dell'architettura le insurrezioni risorgimentali (Italia, Grecia, Balcani, Polonia, Ungheria etc.) e la contemporanea rivoluzione industriale (Francia, Germania, Inghilterra) con la nascita e diffusione delle prime teorie e dei primi movimenti socialisti, scavalcando per reazione le precedenti tendenze stilistiche portavano invece all'apprezzamento ed allo studio del medioevo (Gothic revival) idealizzato, tanto da farne il fondamentale punto di partenza per Viollet-Le-Duc in Francia, Ruskin in Inghilterra, ma anche Gaudi in Spagna. DAL MONUMENTO, PATRIMONIO PRIVATO, AL PUBBLICO INTERESSE PER I BENI CULTURALI Il riferimento moderno all'architettura monumentale (aggettivo ambiguo che nelle altre lingue europee non esprime il significato di quella italiana, che oggi lo ha sostituito dalla dizione Bene Culturale Architettonico) è legato a quello di patrimonio, Oltralpe ed Oltremanica chiamato Patrimoine o Heritage. Questo è, nella storia, collegato al culto dei morti, all'albero genealogico della famiglia, dai Vangeli fino alla borsa di cuoio con le ossa degli antenati degli indiani d'America22. Il patrimonio storico così concepito è uno degli elementi fondamentali che lega la comunità al territorio, il passato al presente, garantendo a quest'ultimo il futuro. Il secolo dei lumi e la rivoluzione francese interrompono la sequenza e le regole della trasmissione tra le generazioni e tale patrimonio, ai fini della sua conservazione, in quanto testimone dell'evoluzione, del progresso e della dinamica sociale, emblema dei valori culturali della nazione, passa sotto l'esclusiva cura dello Stato. Per evitare la dilapidazione dei Beni Culturali materiali, a seguito delle turbolenze rivoluzionarie in Francia, un paese le cui condizione finanziarie avevano imposto la vendita dei beni nazionali ed il vandalismo ne aveva fatto tabula rasa23, la tutela del patrimonio storico, diventa oggetto politico, anche se agli inizi risulta in gran parte disancorato da ogni criterio per la verifica critica dei relativi valori. All'Enciclopedia risaliva però, come abbiamo visto, anche il concetto fondatore del moderno museo come luogo di istruzione pubblica e di raccolta del sapere e delle arti dell'uomo, indipendentemente da ogni altro legame di discendenza, religioso, geografico etc. Ideologicamente il patrimonio culturale ed artistico viene assunto, senza eccezioni, dello Stato, che lo può espropriare alle famiglie od alle collettività che lo detengono, con un'azione che si conferma come permanente, tanto che neppure la restaurazione del 1820 riuscirà a ricucire lo strappo con il passato nobiliare, dinastico o geografico. In nome della cultura poi le grandi potenze, tra il 1800 e la prima metà del secolo successivo, saccheggiano a piene mani le antichità greche, etrusche,

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romane, ma anche egiziane o mesopotamiche, quale continuazione dell'azione delle Armate Rivoluzionarie Francesi in Italia ed in Egitto. Peraltro l'Abbé Gregoire aveva, in anticipo retoricamente giustificato, presso la Convenzione, tale comportamento col chiedersi se fosse giusto che i capolavori delle passate Repubbliche Greche continuassero a decorare paesi in hiavitù? L'ECOLE DES BEAUX-ARTS DI PARIGI E LA SUA INFLUENZA24

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Quello che in biologia è il cammino percorso tra G. Saint Hilaire e Darwin (1859), nei confronti dell'architettura moderna corrisponde al periodo della formazione della tradizione della Scuola delle Belle Arti parigina, tra il 1819 e la metà del secolo. Questa è alimentata da Les traitatés d'architecture di L. Reinaud, fratello del filosofo, sansimoniano ed amico dello stesso Saint Hilaire, ma anche degli architetti romantici A. Vaudoyer, F. Debret, F. Duban e Coquart, oltre a trovare riscontro

nell'Encyclopédie nouvelle (1834-1843). L'idea di Reinaud di un'architettura in cui l'esterno debba conformarsi all'interno, nasce come contestazione di quella neoclassica, fondata sull'eterno vocabolario di frontoni e colonne, buone per tutti i siti e tutte le epoche. Questa presa di posizione razionalista all'interno del movimento romantico implica che l'espressione architettonica sia indipendente dal vocabolario decorativo, ma che sia legata tanto al paesaggio cittadino quanto alle nuove espressioni caratterizzanti. P. Ledoux (radicale, sansimoniano) nel 1847 afferma che il futuro risiede nell'organizzazione del lavoro, nella glorificazione dell'uguaglianza, ed in un impianto razionalmente sistematico dell'industria, in modo che ogni fabbrica possa generare attorno a sé, a propria immagine, le attività complementari, il municipio, il teatro, la chiesa, la biblioteca, gli spazi per il tempo libero e gli alloggi per operai e funzionari di ogni livello, uomini, donne, bambini ed anziani. A. Lenoir25 nel 1790 aveva avuto l'incarico di conservare gli oggetti d'arte ed allo scopo era stato destinato il convento dei Piccoli Agostiniani, divenuto così quel museo, che chiuso e smantellato sotto Luigi XVIII, diventa nel 1816 sede dell'Accademia Reale (quella d'architettura, soppressa nel 1793, era stata fondata da Colbert nel 1671). F. Debret vi progetta secondo le regole del tempo un grande edificio nel 1820, completato da F. Duban nel 1840 e concluso, dopo l'annessione dell'hotel de Chimay, da parte di Coquart nel 1863. Oltre che luogo d'insegnamento la scuola inventata da Duban era il museo, dei modelli architettonici al vero (come il grande arco del castello di Gaillon qui rimontato), su cui la stessa fondava la sua azione didattica piuttosto che conservativa; materiali e forme dell'architettura usciti dal chiuso campo della storia, erano liberamente allestiti, offrendo lo spettacolo di un'architettura mai esistita. Non il modello storico, ma piuttosto una formidabile libertà soprintendeva all'estrema diversità degli esempi costituiti dai vari reperti, ma anche dalle repliche, gli stili del rinascimento francese, per il loro carattere libero, la loro inventiva, leggerezza e fantasia erano i preferiti. LA CONSERVAZIONE DE IL RESTAURO SECONDO VIOLLET-LE-DUC26 E JOHN RUSKIN Nella seconda metà dell'800 le classi popolari sono coinvolte dallo straordinario slancio del macchinismo e dall'appassionata aspirazione a partecipare a tutti i beni materiali ed intellettuali della civiltà27. Nasce una filosofia estetica della macchina: Saint-Simon, Proudhon e Marx ne tentano la definizione assieme a Laborde e Ruskin che ne traggono, come conseguenza in campo architettonico, l'anonimia tra la macchina ed i valori pratici, propria del movimento Arts and Crafts di W. Morris, che molto più tardi Edoardo Persico28, in riferimento alla situazione italiana del suo tempo, così denunciava: lo spirito borghese si è legato irrimediabilmente a vecchie ideologie, quella di Morris per esempio, ed aspira nella sua vanità sociale a riprodurre i modi di una impossibile aristocrazia. Mentre all'opposto l'intima relazione tra arti ed industria era fatta propria dell'Unione Centrale delle Arti Decorative (Gallé in Francia e la Scuola di Düsseldorf in Germania). L'illuminismo, nel secolo precedente, aveva già evidenziato la decadenza del dogmatismo accademico e la crisi dei precetti vitruviani, che risultavano sempre più estranei alla società in forma-zione. Sempre Persico29 evidenziava: L'errore… risale perlomeno ai tentativi di restaurazione classica che, fra il Sette e l'Ottocento, proponevano un'idea dell'antichità come implicita negazione dello spirito libero… il ritorno su questa posizione è un aspetto dell'eredità dell'Ottocento, alla quale nessuno può sottrarsi senza il pericolo di restare povero di motivi ideali. 24. AA.VV., The Beaux-Arts, saggi a tale tema dedicati dalla rivista: Architectural Design vol. 48, n. 11-12, 1978; ed ancora AA.VV., Beaux Arts, nella rivista: L'architecture d'aujord'hui n. 310, Aprile 1997. 25. D. POULOT, Alexandre Lenoir et les musées des monuments français, in: Les lieux de mémoire (a cura di P. Nora) vol III, Parigi 1986. 26. AA.VV. Viollet-le Duc 1814-1879, saggi a tale

autore dedicati dalla rivista Architectural Design n 3-4, 1980. 27. P. FRANCASTEL, Art et tecnique. Parigi 1956. 28. E. PERSICO sulla Rivista Italia Letteraria del 02.06.1933. 29. E. PERSICO, Ibidem.30. M.A. LONGIER, Essai sur l'architecture. Paris 1753; 30. DE CORDEMOY, Nouveu treaté de toute l'architecture. Paris 1907.

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Il funzionalismo nasceva quindi dal rigetto dell'artificiosità barocca30. Nulla sia in rappresentazione che non sia anche in funzione affermava Lodoli, mentre definivano i caratteri dell'architettura illuministica: C.A. Jaubert, per gli aspetti distributivi degli edifici; J.F. Blondel, per quelli utilitaristici e C.N. Ledoux, per quelli sociali. Contestualmente Viollet Le-Duc31 formulava una teoria che, nell'ambito dello storicismo, si basava sull'universalità dei principi d'ordine costruttivo e funzionale, dedotti dalla conoscenze pratica attraverso i restauri e l'indagine archeologica della storia, quale attitudine formativa di una coscienza architettonica, peraltro orientata verso un preciso periodo ed un solo stile. Teoria che si innestava sulle riflessioni che avevano condotto il suo predecessore Prosper Mérimée32 a suggerire al ministro degli interni François Guizot la creazione di un'autorità capace di orientare e dirigere la conservazione del patrimonio monumentale nazionale33. Più tardi Mérimée succeduto a Vitet come ispettore generale ai monumenti suggeriva Viollet le Duc quale restauratore per l'abbazia di Vèzelay e della cattedrale di Nôtre Dame a Parigi. Sotto il profilo razionale, questi ha interpretato il passato secondo le esigenze del suo tempo e rivalutato, restaurandolo, il patrimonio architettonico nazionale francese come fatto morale ed educativo, sia perseguendo fideisticamente una logica ancora cartesiana e positivista, sia combattendo l'eclettismo dominate della Società Civile34 e la classe professionale troppo legata all'Ecole des Beaux Arts. Negli scritti di Viollet-le-Duc si distingue il pensiero dell'architetto restauratore da quello del critico e quest'ultimo, a sua volta, dalle idee generali a quelle rivolte ad influire sulla produzione architettonica35. La sintesi ha comunque carattere didattico, contemporaneamente identificando l'arte con il pensiero e con i bisogni talora spirituali e talora materiali, in una concezione ancora cartesiana raziocinante, indenne da ogni concessione localistica o sentimentale, configurandosi però anche

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31. Eugène Viollet-Le-Duc, Architetto, ingegnere, scrittore (Parigi 1814- Losanna 1879). Dedicò la sua vita al restauro interpretativo, la sua attività di teorico si basò su di una rilettura dello stile gotico alla luce di un'analisi scientifica degli stili architettonici. In Inghilterra ed in Francia si stava vivendo da alcuni anni una fase del gothic revival, tuttavia le ipotesi e le teorie di Viollet-Le-Duc, espresse in piena polemica con l'Académie des Beux Arts, avevano una matrice ed un inquadramento diversi, influenzati piuttosto dall'opera di Henry Labrouste. Viollet-Le-Duc contrappose a quello dell'Académie che propugnava l'universalità del linguaggio classico, il gotico, in quanto stile nazionale, parallelamente incoraggiando la necessaria indagine logica e razionale verso il processo di formazione degli stili. Il suo metodo scientifico costituiva nel comprendere ed analizzare in ogni singola opera i comuni e generali elementi che, generati da una specifica esigenza, arrivano a costituire la base teorica dello stile. Da questo percorso, che prevedeva l'esclusione deglistessi particolari, si formava il modello logico che caratterizzante un determinato stile architettonico doveva portare alla sua concezione generale. Tale modello aprì però la porta ad astrazioni successive che, coincidendo con la volontà artistica del restauratore e con la sua personale interpretazione del gotico, sfociarono sino agli anni delle moderne teorie sul restauro, nella parziale distruzione di complessi artistici e monumentali. Nella formazione di Vilollet-Le-Duc, che si era addestrto fuori dall'Académie des Beaux Arts presso l'atelier degli architetti Huvé e Leclère, ebbe un ruolo fondamentale Prosper Mérimé (vedi note 32 e 33) con il

quale ebbe modo di dedicarsi alla stesura di un inventario sullo stato dei monumenti francesi e di intraprendere la sua carriera di restauratore nel 1840 a partire dalla cantiere della chiesa di Vezelay e collaborando a quello dell Ste. Chapelle e di Notre Dame con Lassus a cui succederà nel 1857. Fu successivamente incaricato di diversi lavori nei complessi monumentali di Narbonne, Amiens, Chartres, Reims, Toulouse, Clermont, Sens. Nel 1848 divenne Ispettore Generale dei monumenti diocesani e nel 1853 iniziò il restauro della cittadella medioevale di Carcassonne. Gli appoggi politici e la presenza al suo fianco di Merimé, dopo aver portato avanti la sua polemica con l'Académie ed essere riuscito ad ottenere una riforma, lo portarono alla cattedra di Storia dell'Arte. L'atteggiamento ostile di studenti e docenti verso gli aspetti politici e burocratici della riforma, lo costrinsero però a dimettersi ed ad impegnersi un breve periodo nella fondazione di un atelier di insegnamento privato senza però raggiungere gli esiti sperati. Nel 1863 restaurò per la famiglia imperiale il Castello di Pierrefonds. Membro della Commissione "des Arts et Édifices religieux" e del Comité des inspecterus généraux pour les bâtiments diocésain" non raggiunse mai il ruolo di Ispettore Genrale ai Monumenti storici. Merimée che lo aveva supportato come suo discepolo intorno al 1860 diceva di lui: J'ai beucoup apprécié le savoir de Viollet et je l'ai amené au pinacle. Mais il abuse du droit d'être ingrat, et même de celui de faire du faux gothique. (P. PELLISIER, Prosper Mérimée, Tallender Parigi 2009 pag 397). Dopo il sostegno dato alla Comune di Parigi fu costretto a ritirarsi a Losanna ove si dedicò principalmente alla

come quel contributo, a livello metodologico, che sembra anticipare i moderni studi di linguistica, secondo i quali è possibile ricostruire un sistema partendo da uno qualsiasi i dei suoi elementi e dai modi con cui questo entra nella composizione e si definisce nel rapporto con le altre unità36. La storia dell’architettura da cui Viollet-le-Duc ha ricavato i principi generali è quella definita dall'illuminismo ed elevata al rango internazionale dagli storici dell'arte francesi, come realizzata in quel gotico attraverso cui egli ha considerato, in riferimento alle precedenti epoche, come significativi: - l'architettura greca per il suo carattere modulare e per la sua logica costruttiva - l'architettura romana per l'adozione della volta - il medioevo per lo spirito sociale e l'affrancamento delle maestranze e degli artigiani delle servitù feudali. Secondo il nostro autore infatti il medioevo, fondendo i due sistemi costruttivi precedenti (il trilite con la volta), ha codificato il principio innovativo dell'equilibrio attivo, secondo cui la struttura comanda la forma. Visione anticipatrice del movimento razionalista nell'architettura del XX secolo. A differenza della riforma dell'architettura sul piano tecnico, pioneristico e su quello della critica razionalista, come proposta da Viollet-Le-Duc, John Ruskin in Inghilterra ha tentato di risolvere le contraddizioni tra arte ed industria a livello critico, ideologicamente, attraverso il radicale cambiamento del sistema socio-economico del tempo, precorrendo invece la strada della critica sociologica. Al suo misticismo naturalistico, nutrito dai suoi numerosi viaggi in Europa, ed alle sue riflessioni sociologiche è debitrice la conseguente attività di William Morris in architettura e del movimento preraffaelita in pittura. Tanto John Ruskin come Eugene Viollet-Le-Duc sono stati fautori del neogotico, ma mentre per il primo esso ha rappresentato la fase conclusiva di una tradizione nazionale durata dalla metà del '700 a quella dell'800, per il secondo, l'avvio, nutrito dalla personale divulgazione delle sue teorie. Tra la produzione di quegli anni ricordiamo: Il Dictionnaire raisonné de l'architecture française du XIe au XVe siècle (18541868), in cui attraverso l'analisi dell'arte medioevale affronta i principi logico-deduttivi dell'architettura in genere; Il Dictionnaire raisonné du mobilier français de l'époque Carolingienne à la Renaissance (1858-1870) in cui si affrontano aspetti diversi delle arti figurative e della vita ai tempi del medioevo; Entretiens sur l'architecture (1858-72, in 2 volumi), riassunto del corpus di lezioni che intendeva fare all'Académie, integrato con diversi articoli riferiti alla polemica sulla riforma degli studi; Histoire de l'habitation humaine, depuis les temps préhistoriques jusqu'à nos jours (1875) che insieme a Histoire d'une maison (1871) e Histoire d'une forteresse (1872) rappresentano la sua produzione nel campo dell'etnologia nell'ambito delle antiche civiltà e dell'educazione per i giovani. (Cfr: Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, diretto da P. Portoghesi. Roma 1969, vol. VI pagg. 427-430). 32. Prosper Mérimée (1803-1870) è stato nella sua vita: librettista d'opere liriche, geniale polemista e scrittore, Ispettore Generale per la protezione dei Monumenti di Francia, prigioniero alla Conciergerie, Accademico di Francia, ben noto seduttore e senatore a soli 50 anni. Come conservatore dei monumenti in un periodo di grande instabilità, che all’epoca della Comune aveva sofferto le distruzioni delle Tuilleries e de l’Hotel de Ville, aveva contribuito a fare dei Monuments Historiques un’Istituzione permanente. Cresciuto tra i due imperi napoleonici la sua fortuna e

la sua vita si concludevano nel 1870 parallelamente al destino di Luigi Napoleone. (Cfr: P. PELLISIER, Prosper Mérimée, cit.). 33. La direttiva di base per tale azione era: Parcourir successivement tous les départements de la France, s'assurer sur les lieux de 1'importance historique ou du merite d'art des monuments, recueillir tous les renseigneements qui se rapportent à la dispersion des titres ou des objets accessoires qui peuvent éclairer sur l'origine, les progrès ou la destruction de chaque édifice, en constater l'existence dans tous les dépôts, archives, musées, bibliothèques ou collections particulieres, se mettre en rapports directs avec les autorites et les personnes qui s' occupent de recherches relatives à l'histoire de chaque localité, éclairer les proprietaires et les détenteurs sur l'intérêt des édifices dont la conservation dépend de leurs soins, et stimuler, enfin, en le dirigeants, le zèle de tous les conseils de département et de municipalité, de maniere a ce qu'aucun monument d'un mérite incontestable ne périsse pour cause d'ignorance et de précipitation, et sans que les autorités compétentes aient tenté tous les efforts convenables pour assurer sa préservaation, et de manière aussi à ce que la bonne volonté des autoorités ou des particuliers ne s'épuise pas sur des objets indignes de leurs soins (direttiva pubblicata da: P. M. AUZAS, Notes du voyages de Mérimée, Hachette Paris 1971). 34. J.M. LENIAUD, Viollet-le-Duc ou les délires du systéme, Menges, Parigi 1994. 35.R. DE FUSCO, L'idea di architettura. Comunità, Milano 1964. 36. H. DAMISH, Introduction à: Viollet-le-Duc, L'Architecture Raisonné. Paris, 1964.

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esperienza di restauratore, di quelle tendenze razionalistiche che avrebbero visto in Le Corbusier (J.P. Janneret) nel XX secolo uno degli l'ultimi epigoni a livello internazionale. L'aperto contrasto di Ruskin37 con il razionalismo e con il positivismo ha condizionato, ma era anche stato condizionato dalla cultura della società vittoriana inglese, che preferiva cercare in un ordine superiore, sovrapersonale e sovrannaturale quella stabilità non soggetta dall'anarchia della società liberale e individualistica38. La sua lotta, talora velleitaria, per la negazione della tecnica moderna, conteneva l'errore di averne confuso i valori con il ritmo produttivo stressante, che le condizioni socioeconomiche dell'epoca imponevano e forse ancor oggi richiedono. Per Ruskin la natura è stata la fonte della bellezza e l'arte ha avuto come obiettivi: - di rafforzare il sentimento religioso, - di perfezionare il senso morale, - di rendere un servizio. L'architettura è l'arte di disporre e di adornare gli edifici. Mentre l'architettura pagana e quella della rinascenza fanno il maggior assegnamento sull'ordine, la chiarezza e la simmetria geometrica, il carattere gotico è di sostituire all'obbedienza di avide leggi matematiche l'abnegazione delle forme organiche della bellezza vivente. L'architetto che non è né pittore né scultore non è altro che un corniciaio. Dal suo romanticismo estetico Ruskin in sede sociale, nella Lampada della Memoria, ha derivato le conclusioni in ordine alla conservazione del patrimonio storico, nei cui confronti ha evidenziato: due

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37. John Ruskin (Londra 1819 - Brantwood, Lake District, 1900) è considerato uno dei più importanti critici ed osservatori sociali dell'epoca vittoriana,. Il suo pensiero ha ispirato il Movimento Arts and Crafts, la fondazione del National Trust e quella della Society for the Protection of Ancient Buildings. Ancor oggi le sue idee continuano ad influenzare l'economia, e l'architettura nel più generale interesse internazionale per la vita e le opere di Ruskin legate alla seconda fase del revival gotico ed al socialismo utopistico di cui nel campo delle arti sostenne la Prerafaelite Brotherhood e condivise la scena con W. Morris. Figlio di un ricchssimo importatore di sherry Ruskin ebbe modo di pubblicare in giovane età componimenti poetici e testi di geologia, oltre che di studiare profondamente la Bibbia. Attraversi i suoi viaggi, il primo a sei anni, estesi all'intero Continente ebbe modo di raccogliere il materiale per opere letterarie come The Poetry of Architecture, The Seven Lamps of Archiecture, The Stones of Venice, Morning in Florence, The Bibble of Amiens. A quattordici visitata la Renania, la Svizzera e le Fiandre pubblicava sul Magazine of Natural History un suo saggio su vari argomenti (1834). Fondamentale per la formazione di Ruskin fu la sua ammirazione per l'opera di J.M.W. Turner e il viaggio del 1840 in Francia e Italia. Nel 1845 quello a Pisa e Lucca lo portò alla scoperta del Romanico e del Gotico toscano. Il suo interesse si spostava quindi dal paesaggio all'arte figurativa con la sua opera magna in 5 volumi Modern Painters (1846). Di cui dei primi quattro volumi T. Eliot nel 1856 scriveva:… I venerate him as one of great Teacher of the day…. All'autunno-inverno 1852 risale il saggio magistrale sull'architettura The Stones of Venice. Per quanto riguarda la nostra città nel corso degli anni visitò Verona per ben 11 volte e nel 1870 presentava presso l'Oxford Royal Instutut il suo saggio Verona and its Rivers, ancor oggi modello di analisi geografica del ter-

ritorio. Una svolta decisiva per Ruskin fu la morte del padre e la fortuna ereditata (1864) che decise di impegnare per la realizzazione di quelle riforme sociali, che riteneva necessarie a modificare il sistema capitalistico. Ruskin costenitore attivo dei diritti sociali e polemista tra il 1871e il 1884 lavorava infatti a Fors Clavigera , una serie mensile di lettere agli operai e lavoratori della Gran Bretagna e promuoveva istituzioni solidali fondando la Guild's of St George's Museun a Sheffield e la Ruskin Drawing Scool a Oxford. Nel suo ruolo di Slade Prosessor of Fine Arts a Oxford (1869) metteva in pratica la sua innovativa didattica sull'arte e per interessare il popolo al disegno pubblicava The elements of Drawing e The elements of Perspective. Mentre nel frattempo si dedicava anche a testi di di natura socio-economica e scientifici come: Unto this Last e Munera Pulveris, The Crown of Wild Olive e Sesame and Lilies, the Queen of Air e The Storm-Cloud of the Nineteenth Century, oltre a Praeterita , una serie di scritti autobiografici che rivelano in tormento della sua mente. Nel 1872 costruisce a Brantwood a Coniston Water la sua villa dove rimase fino alla morte (1900). Purtroppo gli ultimi anni della sua vita vennero funestati dalla sua malattia di mente che fornì anche l'occasione per la campagna denigratoria che lo costrinse nel 1874 alle dimissioni quale professore ad Oxoford. (M WHEELER, Itroduction to the Works of John Ruskin in CD Rom, The Ruskin Foundation, Cambridge 1996. Cfr anche: GIUSEPPE MIANO, John Ruskin, in: Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, diretto da P. Portoghesi. Roma 1969, vol. V pagg. 360-361). 38. A. HAUSER, Storia sociale dell'arte, vol. IV. Enaudi, Torino 1965. 39. C. PEROGALLI, Monumenti e metodi di valoriz zazione, Tamburini, Milano 1954; La progettazione del restauro monumentale. Tamburini, Milano 1955. Vedasi anche: G. Giovannoni alla nota 43

essenziali doveri … quello di rendere storica l'architettura odierna … e quello di conservare l'architettura del passato come la più preziosa eredità, nei cui confronti però il restauro rappresenta la peggior disgrazia. Mentre in riferimento agli edifici del passato: non abbiamo alcun diritto di toccarli, non sono nostri, essi appartengono in parte a tutte le generazioni che li hanno costruiti, in parte a tutte quelle che ci seguiranno, affermazione completata dall'idea che l'architettura è patrimonio collettivo38. TEORIE E TEORICI DEL RESTAURO IN ITALIA39 In Italia, dove non erano mancati illustri esempi anticipatori del neogotico (Pedrocchino a Padova, Giuseppe Jappelli; il municipio di Feltre, Giuseppe Segusini) con Pietro Selvatico e la sua: Storia estetica e critica delle arti del disegno, il restauro dei monumenti prende l'avvio sulle orme di ViolletLe-Duc. Si tratta in realtà, piuttosto che di restauri, di una lunga serie di completamenti stilistici: a Firenze da parte di G. Baccani (il campanile di Santa Croce, Santa Maria del Fiore e San Lorenzo), N. Matas e di E. De Fabris (Santa Maria del Fiore); ad Arezzo ad opera di E. Alvino (facciata del Duomo), a Roma con gli interventi di V. Vespignani (San Lorenzo fuori le mura, San Lorenzo in Damaso, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano), di F. Von Schmidt e G. Landriani (Sant'Ambrogio), A. Colla (San Calimero, Santa Maria alla Porta, Abbazia di Chiaravalle), C. Macciachini (San Simpliciano, San Marco, Santa Maria del Carmine) ed il concorso (non realizzato) per la facciata del Duomo vinto da G. Brentano tutti a Milano; di A. Rubbiani (San Francesco ed altri edifici a Bologna), di A. D'Andrade (Borgo del Valentino a Torino e castello di Fenis), di F. Azzurri (palazzo municipale di San Marino). Interventi tutti realizzati nella convinzione di agire quali continuatori con gli stessi mezzi espressivi, ancora nel clima culturale originario. Diverso è il caso di Camillo Boito (1836-1914), fratello di Arrigo, musicista e librettista di Verdi, che, allievo del Selvatico (1803-1880) cui succede all'Accademia di Venezia, passando poi ad insegnare al Brera ed al Politecnico di Milano, pur nei limiti che egli riconosce agli italiani: Noi siamo poliglotti, anzi farlingotti: una lingua nostra nativa e viva noi non la sappiamo parlare, si guadagnerà il ruolo di grande teorico, padre storico della conservazione e del restauro romantico. Bisogna fare l'impossibile, bisogna fare miracoli per conservare al monumento il suo vecchio aspetto artistico e pittoresco… bisogna che i compimenti, se sono indispensabili, e le aggiunte, se non si possono scansare, mostrino, non d'essere opere antiche ma di essere opere d'oggi, chiaramente in polemica con il restauro stilistico all'epoca trionfante. Il Boito è forse il primo ad individuare in Italia un percorso metodologico ed alcune regole per il restauro architettonico: 1 - I monumenti architettonici, quando sia dimostrata incontrastabilmente la necessità di porvi mano, devono piuttosto venire "consolidati" che "riparati", piuttosto "riparati" che "restaurati", evitando in essi con ogni studio le aggiunte e le rinnovazioni. 2 - Nel caso che le dette aggiunte o rinnovazioni tornino assolutamente indispensabili per la solidità o per altre cause invincibili, e nel caso che riguardino parti non mai esistite o non più esistenti e per le quali manchi la conoscenza sicura della forma primitiva, le aggiunte o rinnovazioni si devono compiere con carattere diverso da quello del monumento, avvertendo che possibilmente nella apparenza prospettica le nuove forme non urtino troppo con il suo aspetto artistico. 3 - Quando si tratti invece di compiere cose distrutte o non ultimate in origine per fortuite cagioni, oppure di rifare parti tanto deperite da non poter più durare in opera, e quando non di meno rimanga il tipo vecchio da riprodurre con precisione, allora converrà in ogni modo che i pezzi aggiunti o rinnovati, pur assumendo la forma primitiva, siano di materia evidentemente diversa o portino un segno inciso o meglio la data del restauro, sicché neanche su ciò possa l'attento osservatore venire tratto in inganno. Nei monumenti dell'antichità, o in altri dove sia notevole l'importanza propriamente archeologica, le parti di compimento indispensabili alla solidità ed alla conservazione deb-

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bono essere lasciate coi soli piani semplici o colle sole riquadrature geometriche dell'abbozzo, anche quando non appariscono altro che la continuazione od il sicuro riscontro di altre parti antiche sagomate ed ornate. 4 - Nei monumenti che traggono la bellezza, la singolarità, la poesia del loro aspetto dalla varietà dei marmi, dei mosaici, dei dipinti, ovvero dal colore della loro vecchiezza, o dalle circostanze pittoriche in cui si trovano, o perfino, dallo stato rovinoso in cui giacciono, le opere di consolidamento, ridotte allo strettissimo indispensabile, non dovranno scemare possibilmente in nulla coteste ragioni intrinseche ed estrinseche di allettamento artistico. 5 - Saranno considerate per monumenti e trattate come tali quelle aggiunte o modificazioni che in diversi tempi fossero state introdotte nell'edificio primitivo, salvo il caso in cui avendo un'importanza artistica e storia manifestamente minore dell'edificio stesso e nel medesimo tempo svisando o mascherando alcune parti notevoli di esso, sia da sconsigliare la rimozione o la distruzione. In tutti i casi nei quali riesca possibile o ne valga la spesa, le opere di cui si parla verranno serbate o nel loro insieme o in alcune parti essenziali, possibilmente accanto al monumento da cui furono rimosse. 6 - Dovranno eseguirsi, innanzi di por mano ad una opera anche piccola di riparazione o di restauro, le fotografie del monumento, poi di mano in mano le fotografie dei principali periodi del lavoro, e finalmente le fotografie del lavoro compiuto. Questa serie di fotografie sarà trasmessa al Ministero della Pubblica Istruzione, insieme coi disegni delle piante, degli alzati e dei dettagli, ed occorrendo con gli acquerelli colorati, ove figurino con evidente chiarezza tutte le opere conservate, consolidate, rifatte, rinnovate, modificate, rimosse o distrutte. Un resoconto preciso e metodico delle ragioni e del procedimento delle opere e delle variazioni di ogni specie accompagnerà i disegni e le fotografie. Una copia di tutti i documenti ora indicati dovrà rimanere depositata presso le fabbricerie delle chiese restaurate o presso l'ufficio cui spetta la custodia del monumento. 7 - Una lapide da infiggersi nell'edificio ricorderà le date e le opere principali del restauro40 . Uno degli architetti più vicini al Boito è Alfredo d'Andrade41, Regio Delegato per la conservazione dei Monumenti del Piemonte e della Liguria, definito dal padre storico della conservazione in Italia per la sua realizzazione del Borgo del Valentino come uno degli innovatori su cui impostare il rinnovamento storico dell'architettura nazionale. Uno dei suoi lavori più importanti fu il restauro di Palazzo Madama (1883-85) di cui il non finito edificio juvarriano (limitato al solo atrio e scalone monumentale 1718-1721) incorporava la romana porta Decumana, come evolutasi nella casaforte di Guglielmo del Monferrato (XIII sec.), nel Castello di Ludovico d'Acaja (1402) con la porta urbica Fibellona, per passare infine ai Savoia (1427-55) quando fu completato il corpo di fabbrica che lo collegava al Palazzo del Vescovo. In questo restauro il d'Andrade riuscì a porre in evidenza i diversi momenti storici che ne avevano caratterizzato l'esistenza, ivi comprese le più tarde demolizioni napoleoniche (1799-1814). Nella realizzazione del Borgo del Valentino preparato per l'Esposizione Generale di Torino del 1884, il D'Andrade concepì un vero e proprio saggio intorno alla vita civile e militare del Piemonte del XV sec42, dal punto di vista metodologico come una raccolta di docu-

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40. C. BOITO, Relazione al congresso degli Ingegneri ed Architetti italiani. Roma 1883. 41. Alfredo D’Andrade (Lisbona 1843- Genova 1915), architetto, pittore e archeologo di origine portoghese, Pur di indirizzo eclettico,era noto soprattutto come abilissimo restauratore. Allievo dell'Accademia di Belle Arti e Genova; conservatore dei monumenti storici della Liguria e del Piemonte. I suoi restauri principali sono stati: a Torino il Palazzo Madama e la Porta palatina (salvò inoltre il teatro romano dalla completa demolizione); in Val di Susa la Sagra di San Michele; in Val d’Aosta il castello d'Issogne (in collab. Con V. Avondo) e il castello di Fenis; nel Canavese il castello

di Pavone; a Genova il palazzo di S. Giorgio e porta Soprana; a Perugia il Palazzo dei Priori (in collaborazione). In occasione dell'Esposizione Generale di Torino del 1884 fu progettista del borgo medievale del Valentino per la cui realizzazione realizzò la prima scedatura dei monumenti medievali piementesi. (Cfr.: Dizionario Enciclopedico di Architettura ed Urbanistica, diretto da Paolo Portoghesi, Vol. 1, Istituto Editoriale Romano, 1968). 42. G. Giacosa, Introduzione, in Esposizione Generale Italiana Torino 1884. Catalogo ufficiale della sezione Storia dell'Arte, (a cura di G. Giacosa, A. D'Andrade, P. Vayra), V. Bona, Torino, 1884, p.20.

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menti originali, vestigia materiali, murate e non cartacee. Con Luca Beltrami (1854-1933), quasi contemporaneo del Boito e suo collega di insegnamento al Brera ed al Politecnico di Milano, oltre che organizzatore degli Uffici Regionali delle Belle Arti della Lombardia, emerge la figura del restauratore storico-ricercatore al posto di quello artista-creatore, come si evince anche dalle molte polemiche e dalla sua pubblicazione Questioni pratiche di belle Arti (1883). Rilevante risulta per la chiarezza delle operazioni e per la gran mole della documentazione storico archivistica il restauro di Luca Betrami della Rocca Viscontea di Soncino, anche se il suo intervento più importante resta il restauro del Castello Sforzesco di Milano (1893-1911), ove ricostruisce la torre del Filarete. A Gaetano Moretti (1860-1938), continuatore del Beltrami nell'Ufficio Regionale di Belle Arti, si deve la decisione di ricostruire dove era e come era il campanile di San Marco crollato nel 1902, entrando così nel tema della ricostruzione di edifici andati completamente perduti, soggetto che diventerà di basilare importanza successivamente dopo le due guerre mondiali, i più recenti terremoti e nel caso della realizzazione di quei bacini idrici che hanno modificato il territorio. Nella storia dei teorici italiano del restauro a cavallo tra la fine dell'Ottocento ed i primi del Novecento, meritano ancora di essere citati Gustavo Giovannoni (1873-1948)43 ed Ambrogio Annoni (1882-1954), che si trovarono ad operare in pieno ventennio fascista. Il primo, distingue tra monumenti morti (quelli aventi carattere archeologico e quelli che non possono essere utilizzati come i castelli e le fortificazioni medievali) ed i monumenti vivi (quelli che ancora possono essere recuperati per lo stesso uso per il quale sono stati edificati). Le norme da lui stilate e nel 1938 fatte proprie dal Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti, distingueranno anche tra monumenti maggiori e monumenti minori. Individua poi cinque categorie di restauro architettonico: - il restauro di consolidamento, esclusivamente tecnico per cui prescrive un'accurata diagnosi - l'anastilosi o restauro di ricomposizione - il restauro di liberazione, in cui prevede che il monumento senza distinzione di stile venga depurato dalle aggiunte prive di valore artistico - il restauro di completamento, limitato però alle parti accessorie - il restauro di innovazione, con cui, per ragioni di necessità, giustifica quelle parti essenziali di nuova concezione, che in realtà non dovrebbero far parte della prassi restaurativa. Circa l'ambiente urbano il suo saggio Vecchie città ed edilizia moderna appare piuttosto pessimista nei confronti dell'architettura moderna, tanto da far scrivere, più tardi, a Bruno Zevi, su Metron16 (1947): dell'architettura moderna Giovannoni non comprese nulla. La rifiutò in tutti i suoi aspetti. All'opposto Ambrogio Annoni, da una lunga personale esperienza di lavoro44, ricava la negazione di un metodo generale di restauro, ed afferma invece la regola del caso per caso. A livello di inquadramento generale anch'egli divide gli edifici da restaurare in: - morti ( i monumenti di archeologia) - vivi (quelli che si possono ancora usare) - pericolanti (quelli con chiari problemi statici). Per essi prevede, nell'ordine, la conservazione, la sistemazione ed il consolidamento. Evidenzia ancora come preliminari ed ineludibili alle operazioni di restauro debbano essere: l'esame tecnico, quello artistico ed il rilievo. Sottolinea infine l'importanza dell'ambiente ed in esso anche di quegli edifici che, pur privi di valore artistico, rappresentano la fisionomia di un periodo, di un quartiere, o di una città. La fine della seconda guerra mondiale poneva comunque termine all'epoca del restauro romantico ed alle speculazioni teoretiche circa il concetto di restauro architettonico, come ben stigmatizza l'indirizzo generale che Guglielmo de Angelis D'Ossat (Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti) pronuncia nel 1948 al V Convegno di Storia dell'Architettura45 : … appariva difatti chiaro e legittimo, davanti alle distruzioni subite ed ai quesiti architettonici, ambientali ed urbanistici, come potessero prospettarsi soluzioni disparatissime fra loro, procedenti da differenti concezioni e tendenti altresì a risultati contrastanti. In tale documento egli raggruppa poi in tre categorie i monumenti colpiti dalla guerra: - gli edifici che hanno sofferto solo danni limitati (che in pratica non costituiscono un problema);

- i monumenti con danni di maggiore entità (nei cui confronti individua due soluzioni: il ripristino nelle forme precedenti od un restando tendente a non ripetere l'aspetto primitivo); - gli edifici tanto danneggiati da potersi considerare come praticamente distrutti, nei cui confronti qualunque rifacimento non potrebbe riuscire che una smorta copia dell'originale. Mentre di quest'ultimo caso gli esempi europei più rilevanti, in quanto hanno investito l'intera area urbana storica, diventando quindi un vero e proprio caso di restauro urbanistico, sono quelli in Europa di Dresda e di Varsavia, mentre in Italia le ricostruzioni, dei quartieri presso il Ponte Vecchio a Firenze, all'interno moderni ed all'esterno quasi antichi, e dell'abbazia di Montecassino, ricostruita com'era e dov'era persino negli arredi, appaiono esempi del tutto contraddittori. Per quanto riguarda le ricostruzioni postbelliche a Verona esse sono praticamente esemplificate dai due ponti di Castelvecchio e della Pietra, ricostruiti da Piero Gazzola come erano e dove erano, con le stesse tecnologie e gli stessi materiali di quelli originali (nel caso dell'ultimo parzialmente per anastilosi con i conci recuperati sul greto del fiume) e la ricostruzione della zona centrale, tra piazza Nogara, via Stella e via Zambelli, planimetricamente e volumetricamente innovata in forme dimensionalmente, ma non altrettanto architettonicamente, rapportate all'esistente, ad esclusione dell'edificio della banca popolare di Carlo Scarpa, unico a coniugare la sua modernità con il carat43. G. GIOVANNONI, Il restauro dei monumenti, Roma 1946 ( rivolto soprattutto al mondo romano e rinascimentale); Vecchie città ed edilizia moderna, Torino, 1931. 44. A. ANNONI, Scienza ed Arte del Restauro Architettonico. Milano 1946. 45. G. DE ANGELIS D'OSSAT, Danni di guerra e restauro dei monumenti, in Atti del V congresso nazionale di storia dell'Architettura. Roma 1952.46. 46. R. PANE, Città antiche, edilizia nuova (Atti del convegno INU di Torino 1956). ESI, Napoli 1959. 47. Piero Gazzola (1908-1979) , piacentino di nascita, e stato uno dei protagonisti assoluti delle politiche e degli interventi per la salvaguardia dei beni monumentali in Italia negli anni tra il 1935 .....e il 1979, anno della scomparsa. Con la ripresa delle assise internazionali all'indomani della guerra, il suo ruolo assunse una rilevanza davvero universale, prima fu uno dei membri più attivi dell'lnternationales Burgen Institut (IBI, attualmente unito a Europa Nostra) e fondatore nel 1964 dell'Istituto Italiano dei Castelli, diede vita all'ICCROM (International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property), fu consulente e infine capo missione dell'Unesco nel mondo. In questa veste fu responsabile di importanti interventi in Polonia, Iraq, Cipro, Lussemburgo, Afganistan, Peru, Messico, Egitto e Sudan. Se oggi molti siti "patrimonio universale dell'umanita" continuano a farsi ammirare, parte del merito va proprio a Piero Gazzola. Anche in Afganistan, dove si trovavano i due celebri Budda oggi distrutti dai talebani, Gazzola aveva promosso un progetto di protezione. Gazzola ha svolto infatti un ruolo importante come esperto del Consiglio d'Europa e dell'UNESCO in materia di Monumenti Archeologia e Ambiente. E stato ......membro del Direttivo del World Monuments Fund di New York, ideatore e tra i fondatori dell'lnternational Council on Monuments and Sites (ICOMOS), braccio operativo dell'UNESCO nel campo del restauro. ..... tra il 1952 e il 1955, fu promotore e organizzatore della Conferenza dell'Aja sulla protezione dei beni culturali

in caso di guerra.....con Roberto Pane, fu I'ispiratore della "Carta di Venezia" ....La sua attivita porta alla creazione in una decina di paesi (dalla Spagna, alla Cambogia, al Messico) di scuole di specializzazione per iI restauro, ..... Molti i "principi" da lui fissati, che connotarono non poco gli interventi di restauro in Italia dopo i danni della guerra. A cominciare dal principio della fedeltà assoluta al manufatto da ricostruire, ottenuta ripercorrendo artigianalmente l'antico processo costruttivo. Per la replica dei due ponti veronesi, ad esempio, si recuperano i materiali storici ricorrendo anche alla tecnologia originaria e a trattamenti di superficie che restituissero ai ponti la patina del tempo. Ogni intervento era preceduto da un accurato lavoro propedeutico di catalogazione, recupero e reimpiego delle sopravvivenze rimaste dal crollo. Ma difficilmente si poteva parlare, come nel caso dei monumenti lapidei antichi, di semplice rimontaggio di elementi, ovvero di anastilosi. L'atto creativo (cioè la fase progettuale), quid irriproducibile nell'opera d'arte pena la sua contraffazione, rimane così intatto. Allo studioso dobbiamo anche per buona parte una ridefinizione sociale del concetto di "monumento". Temi costanti della sua riflessione teorica rimangono infatti la responsabilità civile nella tutela del patrimonio storico-artistico, la funzione collettiva e didattica del monumento, la trasmissione dell'eredità del passato alle nuove generazioni. .... Peculiarità del lungimirante pensiero di Gazzola e anche iI radicale ripensamento in chiave urbanistica dell'intera azione di tutela delle soprintendenze, sin dai primi anni Sessanta, quando comincia ad affermarsi il problema della salvaguardia dei centri storici. Su incarico del Consiglio d'Europa Gazzola e fra i primi a gettare le basi per l'Inventario di protezione del Patrimonio Culturale Europeo (IPCE), prima catalogo unificato, già di fatto concepito per I'informatizzazione, volto a classificare i beni archeologici, storici, artistici, etnologici, naturalistici. (da: Comitato Regionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Piero Gazzola, Verona 2009 atti in corso di pubblicazione).

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tere storico del quartiere . Passata l'emergenza, che comunque li aveva visti coinvolti, Roberto Pane46 e Piero Gazzola47 si fanno carico dello stato dell'arte, e nel clima del primo Convegno Internazionale (esteso dall'Alpi agli Urali, fino Oltreatlantico), propongono la moderna Carta del Restauro che prenderà il nome di Carta di Venezia (1964). Del tutto innovative prendono forma l'estensione del concetto di monumento storico all'ambiente umano o paesistico e l'idea che conservazione equivale alla continuità d'uso. La tutela va intesa quindi come cura della vitalità dell'edificio… tutto ciò che non vive nel modo più efficace è destinato a scomparire… utilizzazioni molto diverse possono risultare assai più rispettose dell'integrità dell'opera che non il ripetersi della destinazione iniziale48 . A Gazzola (Sovrintendente ed Ispettore Centrale ai Monumenti, delegato Italiano all'UNESCO), si devono anche le campagne ed i progetti (UNESCO) per la Salvaguardia dei Monumenti della Nubia, in occasione dell'erezione della grande diga di Asswan, e quella per il censimento e la catalogazione dei centri storici e dei monumenti. L’idea del trasporto totale, o parziale, dei monumenti ha offerto non pochi appigli teorici al tema delle ricostruzioni postbelliche ed anche ai più recenti progetti di risanamento urbano. Trasporto che il Giovannoni definisce, in quello dell'anastilosi, come sottocapitolo dei restauri di ricomposizione, spostamento di ubicazione, giustificando tali interventi con quelle ragioni di assoluta necessità che possono condurre a sconvolgere l'autenticità topografica del monumento e del complesso ambientale49 . Stato di necessità, in precedenza già invocato da Ruskin, Boito, Riegle, che sempre Giovannoni codifica, tra le buone ragioni, con cui si giustificano anche le aggiunte che si dimostrassero necessarie, facendo anche presente, analogamente a C. Sitte, che le condizioni di un ambiente sono elemento estrinseco di importanza predominante per l'opera d'arte. In Italia gli interventi di trasferimento o rimontaggio, affrontati a cavallo del secolo, sono stati molteplici, tra i più significativi: - la chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa, smontata e ricostruita in sito più elevato nel 1871 - palazzo Cuomo a Napoli, smontato e ricomposto in sito arretrato nel 1881 - il palazzo Arcivescovile di Firenze, spostato per allargare la piazza nel 1895 - il battistero di Santa Maria Magg.a Bergamo, ricomposto presso la cappella Colleoni nel 1898 - il palazzetto Venezia a Roma, smontato e ricostruito per liberare la prospettiva del monumento a Vittorio Emanuele II nel 1911 - il palazzetto di Pirro Ligorio sempre a Roma, trasferito da Via Flamina al Campidoglio nel 1927 - le casette quattrocentesche Le Cancelle dell'Aquila che da Piazza del Duomo vengono smontate e ricomposte in una via laterale nel 1920 - la chiesa romanico-gotica di San Pietro a Zuri (NU) che dovendo andare sommersa dalle acque bacino idroelettrico del Tirso, viene smontata e ricostruita in sito più elevato nel 1923 - la cappella di San Sebastiano a Pianezze (TO) messa sui rulli ed arretrata di 140 metri per allargare la strada, nel 1923 - la facciata del palazzo della Zecca a Bologna, riposizionata contro l'edificio Graziani nel 1925 - San Giovanni in Conca a Milano, vari spostamenti fino a diventare aiuola spartitraffico nella sistemazione stradale dell'ultimo cinquantennio. Anche se non facenti parte della stessa serie ricordiamo: - l'arco dei Gavi a Verona, smontato in epoca napoleonica e ricostruito quasi un secolo più tardi nella piazzetta a lato di Castelvecchio - la facciata della chiesa di San Sebastiano a Verona, demolita nel corso dell'ultima guerra e trasferita, nel 1950 da Gazzola a completare quella ancora incompiuta della chiesa di San Niccolò, nel piano di ricostruzione delle aree centrali bombardate nel 1943-44. Importante capitolo internazionale, per la qualità e la quantità dei monumenti interessati appare quello dei templi Nubiani, affrontato intorno agli anni 1960, sempre dall'italiano Pietro Gazzola, per conto dell'UNESCO. Già con la realizzazione della prima diga di Aswan, tutta una serie di complessi dell'antica civiltà egizia, venivano periodicamente investiti dalle piene del Nilo, dopo la realizzazione di quella nuova più grande, gli stessi sarebbero andati totalmente sommersi. In questo caso

la soluzione scelta del trasporto in posizione più elevata rispetto all'originale è risultata vincente sulla proposta francese di realizzare, attorno agli stessi templi, una contro-diga, che separandoli dal corso del Nilo, che li aveva generati, ne avrebbe modificato irreparabilmente, tanto la dimensione sacrale, quanto la stessa estetica. I due esempi più rilevanti50 sono costituiti: - dal sollevamento alla quota utile per superare il pelo dell'acqua, del grande complesso modellato direttamente nella roccia di Abu-Simbel, che progettato come innalzamento integrale delle grandi statue dei faraoni con le stesse massa dei templi ipogei a mezzo di martinetti idraulici (300.000 ton. di peso per il tempio più grande), è stato invece realizzato, per contingenti ragioni economiche, facendo a fette statue, montagna e templi, ricomposti infine per anastilosi - dal trasferimento del complesso dei templi sull'isola di File nella poco lontana Agilkia i cui suoli superavano già il livello dell'acqua. Anche in questo caso il trasferimento è avvenuto per anastilosi, attraverso lo smontaggio ed il rimontaggio, concio per concio, dei vari edifici. Complessivamente comunque l'operazione ha permesso anche di rinvenire alcuni resti di edifici pre-tolemaici, in precedenza sconosciuti. Più recentemente nel 1998 a New York nel corso del risanamento e ristrutturazione urbana dell'area attorno Times square il massiccio cubo dell'Empire Theater, risalente al 1912, è stato traslato di ben 48. P. GAZZOLA, Problemi di restauro palladiano, in: Bollettino. CISAV, Vicenza 1972; Necessité d'integrer…, in: Confrontation D, Conseil d'Europe, Strasbourg 1967; The past in the future, International Centre for the Study of Conservation of Cultural Property, Roma 1969

49. G. GIOVANNONI, Il Restauro dei Monumenti. Roma 1946. 50. Cfr.: V. SANSONE, Pietre da salvare. SEI, Torino 1978.

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50 metri parallelamente alla 42° strada per essere convertito, dopo una spregiudicata operazione di re-shaping, nel grande atrio monumentale dell'ACM Theater. RESTAURO E RIUSO

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Dal riuso sarebbe dovuta partire la pratica della conservazione, se nel frattempo non si fosse sempre più allargata la forbice tra un'attività passiva finalizzata al mero recupero fisico delle architetture ed il loro reinserimento nella vita attuale, con il risultato da un lato di congelare ogni energia creativa e dall'altro di portare a credere i contenitori storici (come vengono chiamati quelli che fino a ieri erano detti monumenti) scarsamente inidonei ad ogni possibile ruolo attivo nella società attuale. Ora se in Europa in qualche misura il recupero del patrimonio abitativo, per la maggior parte in mano privata, comincia ad essere attivato, molto meno viene fatto per l'immenso patrimonio pubblico costituito dalle grandi strutture urbane, o nel territorio aperto, tanto civili, quanto militari. Risultato questo, di un distaccato atteggiamento degli addetti ai lavori, che hanno fatto si che ogni azione, anche legislativa, sfumasse nel burocratismo, stanti le difficoltà di districare pianificazione urbanistica e programmazione economica dalle relative contrastanti ingerenze. Siamo comunque convinti che, fintantoché all'Europa della cultura si contrappone quella degli affari, ogni azione conservativa del patrimonio naturale od edificato non potrà essere che perdente. Infatti, mentre il patrimonio storico subisce il danno crescente di una salvaguardia passiva, con la conseguente espulsione dal corpo vivo della città o del territorio, il suo utilizzo oscilla ancora tra l'acritica imbalsamazione e l'aggressione così spregiudicata da mettere in dubbio l'uso degli edifici in buone condizioni di conservazione, persino per la stessa funzione per cui erano nati51. La cultura della conservazione isolata dagli stessi utenti cui era destinata, viene così nutrita, da un lato da una sorta di romantica novellistica52, e dall'altro frustrata dai messaggi criptici, ambigui ed in contrasto tra loro (terminologicamente e tipologicamente presi a prestito dai geologi, dai medici, dagli economisti, dai politologi, etc.), seguendo prassi metodologiche, malamente adattate alla realtà, che molti operatori del settore diffondono, assai spesso, senza rendersi conto di parlare solo a sé stessi, nascondendo con tale sfoggio di erudizione, tanto la contrapposizione delle tendenze, quanto il più esasperato individualismo e l'acritico culto della tecnologia continua a celare l'indifferenza verso i grandi problemi del secolo. Mentre l'azione sul campo è assai spesso costretta tra una analisi storica esclusivamente documentaria ed astratta, ed una ricerca archeologica più attenta al reperto, che al destino dei ruderi architettonici. Dato che questi una volta depauperati del relativo corredo, tanto di oggetti quanto di informazioni, vengono spesso abbandonati, secondo una prassi in cui il restauro archeologico ha finora trovato posto soltanto per i grandi siti internazionali come Ercolano e Pompei in Italia, o Knosso a Creta, tanto per fare alcuni esempi. In una società come la nostra, in cui il mezzo è il messaggio (Mc Luhan)53, nutrita solo dei simboli che i comunicatori di massa sfornano quotidianamente, l'architettura è stata così ridotta a pochi landmarks del passato, od a quei monumenti spettacolari, che le top star della professione vendono a caro prezzo. Il simbolo mediato dall'immagine, disancorato da contenuti culturali, è diventato il fondamento di ogni forma espressiva. Il ne s'agit pas ici de beauté: il s'agit de distinctivité, et ceci est une function sociologique. Dans ce sens, tout les objects se classent, selon leur disponibilité statistique…Les valeurs symbolique de création, la relation d'interiorité en sont absentes: elle (la logica del consumismo) est toute exteriorité54. Un tempo si usava chiamare genius loci il complesso dei fattori culturali e naturali, che nella creazione artistica ed architettonica rappresentavano la semantizzazione del mondo esterno, non come dato di fatto ma come dato situazionale55. Nell'odierna società dei consumi, tale termine ormai desueto, significa l'evocazione di una storia ed una cultura già trasformate dalle ragioni di mercato, in un passato estinto di cui diventano la parodia. Se è vero che Le pouvoir de l'imagination est l'unité réunissant la nature, oevre de Dieu, à la créativité répétant l'acte divin (S. Polony), l'opera architettonica tanto innovata che conservata, non può e non deve ignorare le scoperte concettuali e le ansie del nostro tempo, come l'azzeramento della

dimensione spazio temporale (mai esistito prima), evitando quindi di confondere il passato con il presente e quest'ultimo con il futuro. Infatti ricordando come anche le architetture abbiano un loro ciclo vitale, che il tempo sottopone a continue trasformazioni, sarebbe del tutto equivoco tentare di arrestare questo processo attraverso operazioni ricostruttive, secondo un linguaggio ormai lontano dal nostro tempo. Il senso della storia in architettura è evidente nelle sue stratificazioni successive, ognuna delle quali è autentica in quanto concorre all'immagine complessiva, donde ne deriva che ogni operazione di censura ed occultamento del dato storico è vietata. Il ruolo dell'addetto ai lavori non è quindi quello di manipolare la storia a sua discrezione, ma di parteciparvi con una cultura ed un linguaggio adeguato, agendo nel presente per realizzare quel recupero delle strutture del passato, che, permettendone l'utilizzazione da parte dell'odierna società, costituisce l'unico modo per trasmetterle alle generazioni future. Sul piano dei criteri conservativi ed innovativi nella conservazione e nel restauro architettonico, nell'arco di un ventennio, proprio attraverso le molte contraddizioni in ordine alle scelte ed all'evoluzione, si può costruire una seria di testimonianze di quella metodologia dei casi (R. Di 51. G. PERBELLINI, El Patrimonio Arquitectonico y las asociaciones para la defensa del Patrimonio, in Vivir las Ciudades Historicas. U.Ex-La Caixa, Caceres 1998. 52. La memoria del passato anche quando colloca spazialmente e temporalmente gli avvenimenti non tiene esattamente in conto dei fatti ed il risultato assurdamente corrisponde solo alla necessità di verità, ma non alla realtà storica stessa. La scelta spesso più

facile e veloce risulta pertanto quella della falsificazione. (Cfr.:P. MARIOT, Identités et musées de sociétè, in: Actes des Entretiens du Patrimoine cit.) 53. E. MARCONI, Spazio e linguaggio, cit. 54. J. BAUDRILLARD, La société de consommation. Denöel, Saint-Amand 1996. 55. G. DORFLES, Le oscillazioni del gusto. Lerici, Milano 1958

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Stefano) di cui molto si parla, ma di cui si fatica a percorrere la strada. Mentre invece dalla verifica e dal controllo scientifico degli interventi possono derivare quei parametri di giudizio capaci, sia pur per legge statistica, di fornire qualche certezza, soprattutto nei confronti dei sistemi tanto scala territoriale quanto di valenza urbana. Anche perché il futuro dei nostri insediamenti, tanto storici, quanto attuali, sarà infatti il risultato dell'integrazione dell'infinita serie di azioni individuali in cui si traducono le aspirazioni di coloro che vi sono implicati ed in quanto utenti ne godono dei benefici, o ne pagano i rischi. Come diceva Gazzola: En réalité, pour une collectivité et pour chaque membre de cette collectivité, la forme efficace de savoir vivre est celle de savoir s'insère dans l'espace architectural et de savoir partecipar à la creation d'un nouvel environnement… OLTRE IL RESTAURO 56

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L'esigenza di fruizione, l'adeguamento normativo, l'abbattimento delle barriere architettoniche, la sicurezza attiva e passiva sono i vincoli, talora anche pesanti, di cui tanto le nuove edificazioni come la conservazione ed il restauro di quelli storici devono tenere conto; relativamente a questo molto si è dissertato, tanto proponendo semplicemente di ridurne il peso, quanto cercando la formulazione di regole di compatibilità tra destinazioni d'uso e tipologie senza però addivenire a risultati conclusivi. Viene così da chiedersi se la conservazione rappresenti effettivamente il momento finale nella definizione dei valori propri di ogni modello culturale, o non costituisca invece, partendo dal presupposto che la vita è di per se stessa creazione, attraverso l'imbalsamazione, la loro negazione. Pertanto che la domanda di fondo è un'altra e può essere così proposta: quale rapporto esiste tra conservazione e creatività? In altre parole dobbiamo chiederci se sia possibile limitare il linguaggio al passato, o questo non significhi piuttosto la fine del pensiero stesso? Dato che la storia del processo dell'inventiva umana ci induce a sostenere: non la vita come creatività, ma la creatività come vita, essendo fondamento della cultura e della specie umana il passato, ma suo obiettivo il futuro!57 Per quello che ci riguarda, al di fuori quindi da ogni considerazione psicologica, filosofica o teologica, il momento di convergenza della creatività, o meglio quello dell'inclusione e della razionalizzazione dei ritmi della realtà, è l'armonia (rifacendosi a Pitagora), considerata quale punto di arrivo dell'invenzione umana. La conservazione ed il restauro devono quindi tornare ad essere considerati come atto creativo, se vogliamo ritrovare la ragione, soprattutto, etica del nostro operare! Operare perciò che non può e non deve ignorare le scoperte concettuali del nostro tempo. Scoperte che hanno evidenziato, rispetto al passato, un modo radicalmente diverso di comporre quei ritmi della realtà con cui costruire il futuro. La questione che quindi si pone è quanto sia giusto garantire l'acceso di tale nostro passato ad un futuro tecnologicamente così avanzato da distanziare le nostre generazioni da quelle dei nostri padri di almeno quanto esse distavano dalla civiltà romana. La riposta a tale quesito va ben oltre la salvaguardia del nostro patrimonio storico e consiste nella sua considerazione quale mezzo essenziale per la promozione qualitativa della creazione architettonica dei giorni nostri. Quello della qualità dell'architettura attuale nel suo complesso è uno dei punti più controversi del nostro sviluppo. La fragilità del patrimonio di nostra produzione, brutalmente sottomesso alle turbolenze speculative del mercato, ha oramai tolto alla creazione architettonica la speranza di una lunga sopravvivenza, relegandola nello spazio del provvisorio e come tale svincolato pertanto dalla responsabilità di essere termine di paragone per le generazioni future. Non bastano infatti le certificazioni di qualità (direttive CEE 92/50 sugli appalti di servizi) a restituire alla progettazione architettonica il suo ruolo culturale, occorre una strategia che preveda dei meccanismi di intervento basati sulla dinamica continuità del pensiero creativo, piuttosto che sulla sua rottura, misurando la qualità degli interventi sul generale miglioramento dell'ambiente, piuttosto che della singola area, attraverso una lettura della storia come strumento di solidarietà, piuttosto che

di partizione etnico-sociale. Tutto questo comporta rigore di studi ed approfondite conoscenze. Ogni edificio storico od attuale è un tassello nella città, ma anche nel grande mosaico della storica dell'architettura. Architettura che si è evoluta grazie alla trasmissione delle idee, delle tecnologie e talvolta anche delle maestranze (non solo i progettisti ma anche gli esecutori materiali migravano di paese in paese). Da qui la grande importanza di assemblare gli schemi di questo processo evolutivo. Ma come era già successo per le varie Carte del Restauro anche in questo caso si deve constatare come ogni edificio sia un caso a sé stante. Nel processo di restauro come nella progettazione urbana, l'aggiungere od il sottrarre devono essere obiettivati ad una corretta lettura degli spazi, ma anche delle parti, con la consapevolezza che non si possono cancellare pagine importanti di quella storia che stiamo contribuendo a perpetuare, nei cui confronti non sono ammesse comunque omissioni o tanto meno ignoranze, la cultura odierna ci ha fornito metodi e mezzi per indagare storiografia e materiali meglio che in passato. Non è pertanto questione che pochi esperti (architetti, storici, sociologi etc.) possano risolvere da soli, ma un vero e proprio processo di valorizzazione delle risorse urbane ed ambientali cui tutti indistintamente siamo impegnati. Il futuro dei nostri insediamenti tanto storici quanto moderni sarà il risultato dell'integrazione dell'infinita serie di azioni individuali in cui si traducono le aspirazioni di coloro che comunque vi sono implicati ed in quanto utenti ne godono dei benefici, o ne pagano i rischi. Pertanto la salvaguardia del patrimonio storico non consiste attualmente, come può essere sembrato mezzo secolo fa, solamente nella conservazione di castelli, ville, parchi, giardini, etc., concepiti come isolati, ma risulta strettamente legata al modo di vivere e di operare, al destino di decine di migliaia di persone, tanto che la sola conservazione non è più sufficiente se non collegata con le scienze del territorio, secondo quegli obiettivi e quel disegno, che la cultura e la stessa utopia hanno nutrito, dal secolo dei lumi fino alla prima metà del nostro, restituendo così al computo del tornaconto economico il valore meramente strumentale che gli compete. LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO STORICO-ARCHITETTONICO La rianimazione degli edifici antichi costituisce il tema centrale della difesa e della salvaguardia dei complessi storici, come nel caso particolare del rapporto tra l'uso di abitazioni insalubri, od inadatte e la vita del giorno d'oggi, nei cui confronti la conservazione dipende esclusivamente dalla soluzione che si adotta. In ogni caso soltanto l'uso di un edificio garantisce la sua manutenzione e quindi la sua vita e la trasmissibilità alle generazioni future58. Si tratta di materia piuttosto complessa, di cui comunque vale la pena definire i limiti entro cui le scelte ed i mezzi tecnici per il recupero si debbono mantenere59. Tra i fattori che determinano questi limiti possiamo riconoscere: - il valore degli edifici storici, che le operazioni di rivitalizzazione non devono diminuire, semmai aumentare; - il rapporto di importanza capitale che il tempo e gli uomini hanno stabilito tra l'edificio storico ed il suo intorno; rapporto e di cui purtroppo non ci si rende conto, se non dopo che esso è stato manomesso o atrofizzato; - i fattori di ordine sociale, da cui deriva la necessità che le nuove o le vecchie funzioni facciano parte delle esigenze connesse con la vita individuale e collettiva;

56. AA.VV. Oltre il restauro, Restoration and beyond, architetture tra conservazione e riuso, progetti e realizzazioni di A. Bruno 1960-1995 (a cura di M. Mastropietro). Libra. Milano 199657. 57. G. PERBELLINI, What conservation of our historical and environmental heritage for the new millennium - Quale conservazione del patrimonio storico ed ambi-

entale per il nuovo millennio in: Cultucadses, proceedings of the meeting on fortifications - Pirano 2000 / Venice 2001. 58. CARTA DEL RESTAURO DI VENEZIA (1964), Art. 4: La conservazione dei monumenti impone innanzi tutto una manutenzione sistematica.

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- la capacità dell'edificio storico e del sito a rispondere a quanto richiesto senza perdere il loro valore storico, estetico, urbanistico o semplicemente pittoresco; - la capacità dell'edificio storico e del sito a rispondere a quanto richiesto senza perdere il loro valore storico, estetico, urbanistico o semplicemente pittoresco, come dal confronto con la situazione reale deve emergere; - la rianimazione e la rivitalizzazione non debbano necessariamente essere commisurate al solo profitto, cui sovente viene sottomesso il carattere del monumento stesso, attraverso la concentrazione di una molteplicità di funzioni, non sempre le più adatte. Trovare per un monumento od un sito urbano antichi l'uso più conveniente è operazione delicata che dovrebbe derivare, oltre che dalla serie delle analisi tecniche, anche da quella del ciclo dei bisogni reali della nostra società. L'uso diffuso a museo o centro culturale, come troppo spesso proposto, è soluzione facile (nonostante tutto, talora anche sconvolgente) che però sposta il problema senza risolverlo. Riutilizzare non significa però ancora salvaguardare se non si fa appello alle tecniche di conservazione e di mantenimento dell'edificio, o del complesso, giacché richiede sempre tutte quelle modifiche legate all'adattamento al nuovo uso che se ne viene proposto. La scelta della soluzione architettonica e dei mezzi tecnici adeguati può non essere tuttavia sufficiente ad assicurare la continuità della vita dell'edificio, che resta anche legata alla creatività, alla sensibilità ed all'intelligenza di chi l'ha costruito, cui si aggiungono, arricchendolo, le stratificazioni successive, la cui conservazione è certamente uno dei limiti più difficili da osservare in ogni lavoro di recupero60. Troppo spesso, in nome di un guadagno immediato, si sono sperperati, come beni di consumo, irripetibili Beni Architettonici, o Paesaggistici, compromettendo la loro stessa produttività in quanto capaci di costituire attrattiva per tipicità e bellezza. L'IMPATTO DEL TURISMO

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I viaggi ed il turismo sono oggi una sicura fonte di ricchezza, generando vere e proprie migrazioni temporanee in particolare verso regioni del sud come l'Italia, la Spagna, la Grecia e la Turchia. Tanto che i paesaggi ed i monumenti sono stati letteralmente fagocitati da questa stessa attività che per prima avrebbe dovuto avere a cuore la loro protezione, evitando la conseguente dequalificazione, dello stesso mercato turistico, inflazionato da utenza, poco esigente nei confronti di valori quali la naturalità e l'autenticità dei siti e dei complessi architettonici. Così che mentre oggi si spendono fiumi di inchiostro per codificare il turismo culturale, a dispetto di quest'ultimo, si sta diffondendo in ogni sito anche remoto, proprio quel turismo di massa che omogenea ogni luogo alla congestione delle nostre peggiori periferie. Il turista insediato al centro delle città, o del paesaggio, si comporta secondo quel cinico rituale stagionale della moda, che, lasciandolo insoddisfatto, lo porterà successivamente ad appropriarsi di un nuovo sito in un turbinoso girovagare dall'Europa all'Africa, Asia, America… violentando ovunque quello che pensava di godere. Così anche nelle città storiche quelli che erano i segni (landmarks) della passata grandezza vengono da un lato aggrediti dalla pubblicità, che indistintamente trasforma campanili, chiese, palazzi, piazze, fontane etc., quale supporto strutturale per spaghetti, pizza etc… mentre dall'altro gli edifici storici od artistici (in Italia chiamati contenitori) sono riadattati agli usi più disparati, che concepiti però come temporanei comportano incongrue bardature scenografiche di tubi, tendoni, legno e plastica, peraltro di stagione in stagione rimosse e rinnovate arbitrariamente ed ineccepibilmente alla moda! La frénésie du changement, l'activisme menagérial et commucationel sont symptomatiques de cette modernisation qui "tourne à vide": il s'agit de meubler ce vide par une intesification du présent qui joue comme une drogue61. Nella società dei consumi si verifica così, attraverso la restaurazione e la contemporanea negazione della storia e con la resurrezione a schema fisso dei suoi modelli, quel processo che J. Baudrillard chiama l'evocazione grottesca e caricaturale dell'avvenimento storico62. Il consumo culturale massmediatico viene così strutturato nell'esaltazione di segni (landmarks), che diventano quell'oggettiva negazione della realtà, che tanto nell'urbano, quanto nel territorio aperto ha significato anche l'ap-

propriazione dei beni del patrimonio immobiliare culturale storico attraverso la loro occupazione fisica e pertanto la conseguente manipolazione, o distruzione, per realizzare residenze, attività commerciali, villaggi turistici, alberghi, etc. Ma, nonostante il suo lamentato carattere anacronistico, il turismo nella società dei consumi rappresenta un importante risorsa nel bilancio di molti paesi industrializzati, od in via di sviluppo. Tant'è che l'Unione e la Comunità Europea statutariamente sono impegnate a favorire lo sviluppo, 60.P. GAZZOLA, Restaurare?, in Castellum 20, 1979. 61. J. P. LE GOFF, La Dèmocratie post-totalitaire. La Decouverte, Parigi 2003..

62. J. BAUDRILLARD, La société de consommation, Denöel, Saint-Amand 1996.

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nella diversità nazionale, o regionale, della cultura degli Stati Membri ed azioni politiche, in tale senso, sono state messe in atto. La comunità internazionale guarda però con maggiore attenzione al turismo culturale, piuttosto che a quello balneare, per le sue intrinseche capacità di produrre benefici economici a favore di quell'occupazione intellettuale di cui maggiormente c'è bisogno in una civiltà matura coma la nostra. La promozione culturale, è una delle voci fondamentali del turismo, ma se non vogliamo ripetere gli errori sin qui fatti, dobbiamo evitare tanto la tendenza all'uso spettacolare (patrimoine -spectacle) del patrimonio culturale, quanto l'alibi della difficile reversibilità degli interventi restaurativi, o di rifunzionalizzazione, per giustificare pigrizie ed incapacità professionali, o creative63. Nell'industria turistica il patrimonio i Beni Culturali dovrebbe diventare parte integrante dell'offerta, senza però contemporaneamente patire degrado per mancato, o errato utilizzo, per usura, vandalismi etc.. Sarà pertanto necessario approntare regole per l'utente e progetti scientifici per i relativi percorsi conoscitivi, di visita, etc. sia che si tratti di edifici storici, aree archeologiche, parchi e giardini o paesaggi naturali, oltre che preparare quegli operatori cui spetterà il compito di far comprendere a tutti i livelli il significato del nostro patrimonio storico, tanto edificato quanto naturale. PERCORSO OPERATIVO PER GLI INTERVENTI DI RESTAURO ARCHITETTONICO64 Premesso che ancora a partire dal Decreto Ministeriale del 1882 era prescritto che preliminarmente ad ogni intervento fosse eseguito l'esame storico ed artistico del monumento in modo da definire quanto conservare, gli stessi concetti vengono ripresi nella Carta del Restauro del Ministero della Pubblica Istruzione nel 1972, reiterati in quella della Conservazione e del Restauro degli Oggetto d'Arte e di Cultura del Consiglio Nazionale delle Ricerche nel 1987. Tale percorso operativo, come abbiamo visto obbligatoriamente preliminare al progetto di restauro, comprende le seguenti indagini: 1) Analisi storico critica È lo studio che permette di intendere le caratteristiche evolutive del Bene Culturale nel tempo e le sue stratificazioni al fine di definirne il valore. Questa indagine si basa sullo studio delle fonti bibliografiche, quello delle fonti manoscritte ed a stampa (resoconti, relazioni,

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cronache, estimi), delle fonti iconografiche (disegni, prospettive e panorami tanto facenti parte di opere grafiche o pittoriche, quanto di rilievi scultorei). Le informazioni ottenute dalla ricerca storica vanno verificate direttamente sul sito e sui manufatti sia attraverso i rilievi stratigrafici come a mezzo di approfondita analisi fotografica (serie di foto, fotopiano, fotogrammetria tanto aerea quanto dei vicini). 2) Rilievo dei manufatti65 Al fine di definire le caratteristiche e la collocazione nel contesto urbano o ambientale dei manufatti è necessario ne vengano definiti i parametri dimensionali in modo da poter fornire il necessario supporto tanto alle successive analisi specialistiche quanto alla progettazione del restauro stesso. Il rilievo parte dalla collocazione nello spazio dei manufatti attraverso la georeferenziazione del sito, il suo rilievo planoaltimetrico e topografico. Successivamente gli elaborati devono essere finalizzati alla specifica conoscenza dei manufatti per cui di volta in volta va scelta la scala più adeguata. Importante in questa fase il rilievo fotografico con riprese generali e di dettaglio, seguendo per quanto possibile le direttive della fotogrammetria dei vicini, anche se non inquadrate in tale programma in quanto oggi essendo il raddrizzamento delle immagini ormai di facile acquisizione, questo può essere utilizzato a corredo del supporto geometrico ricavato con i sistemi manuali tradizionali. 3) Analisi tecnica dei materiali e delle tecnologie impiegate nell'esecuzione dei manufatti Riguardano tanto l'impianto architettonico nel suo complesso da esaminarsi in pianta, sezione e prospetti, quanto gli elementi funzionali come pavimenti, serramenti etc. oltre ai corredi decorativi (decorazioni murali, graffiti, affreschi, modellati architettonici). Al fine di ridurre il più possibile il rischio di imprevisti, queste indagini, mirate alla conoscenza dei materiali e delle tecnologie, oltre al visibile dovrebbero essere integrate da saggi stratigrafici, prove specialistiche (georadar, termografia etc.), carotaggi ed endoscopie, saggi e scavi archeologici66. 4) Analisi del comportamento strutturale, dei dissesti e del degrado.È costituita dallo studio e dall'esame delle caratteristiche prestazionali dei materiali e delle strutture tanto verticali quanto orizzontali. Tale indagine deve essere integrata con l'analisi dei dissesti (cioè danni rilevanti, localizzati ed evidenti) e dei degradi (cioè danni di ridotta entità ma di elevata estensione percepibili particolarmente nel loro insieme). L'analisi del comportamento prevede che si valutino anche gli interventi successivi alla costruzione originaria e se ne considerino gli effetti. Per quanto riguarda i dissesti, premesso che essi sono legati a molteplici cause che vanno dalla consistenza dei suoli fino alla forma dei manufatti stessi (strutture snelle, strutture massicce etc.), i metodi ed i test di analisi sono quelli derivanti dalle norme di comportamento statico, dal relativo calcolo (stati tensionali, deformabilità, modulo di elasticità e della resistenza delle murature, effetti torsionali), oltreché da cause dinamiche (sismi, vibrazioni indotte dal traffico etc.). Strettamente legata a questa fase è la diagnostica, tanto sul campo quanto estesa al territorio nei confronti del quale è infatti indispensabile la sua conoscenza geologica e le indagini geognostiche legate soprattutto alla sismicità dell'area e del sito. Importanti sono ancora la conoscenza delle caratteristiche meccaniche dei materiali ivi compresa l'analisi mineralogica o petrografica per quelli lapidei. Nel loro complesso, le analisi predette dovrebbero consentire la valutazione delle caratteristiche statiche e dinamiche, nei casi più complessi da verificarsi attraverso modelli tridimensionali di comportamento. Ovviamente gli studi suddetti in taluni casi debbono essere estesi ad altri campi necessitando di consulenze specifiche per quanto riguarda la botanica (orti e giardini storici), entomologia e chimica soprattutto in riferimen63. G. PERBELLINI, L'Architecture militaire en Europe: en patrimoine en péril, in Le pouvoir de l'exemple (a cura di M. Van Jole). Europa Nostra, Den Haag 2003 64. GIOVANNI CARBONARA, Analisi degli edifici antichi in Trattato di Restauro Architettonico, Vol.II, Utet, 1996; AA.VV, Restauro Architettonico, (a cura di

Luigi Marino), Alinea, 1996 65. LUIGI MARINO, Il rilievo per il Restauro, Hoepli, 1990. 66. AA.VV, Dizionario di Restauro Archeologico, (a cura di Luigi Marino), Alinea, 2003 cui si rimanda per l'estensiva bibliografia sul tema de restauro architettonico e archeologico.

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to al degrado. L'apporto del botanico o del naturalista è comunque indispensabile in presenza di parchi, giardini od anche solo di vegetazione ruderale in riferimento ai parchi archeologici. La quantità e la qualità delle indagini da intraprendersi è ovviamente strettamente connessa al tema ed al soggetto del restauro; esse vanno coordinate da un punto di vista scientifico da un unico soggetto possibilmente l'architetto progettista del restauro al cui giudizio dovrebbe appartenere la scelta delle indagini effettivamente necessarie in modo da evitare che indagini troppo onerose finiscano per limitare il progetto di restauro alla sola fase conoscitiva perdendo di vista il consolidamento dei manufatti, il loro restauro e la rivitalizzazione finale del monumento, quale obiettivo dell'intervento67 . TAVOLA 6 SCHEMA OPERATIVO PER LE INDAGINI PRELIMINARI AGLI INTERVENTI DI RESTAURO ARCHITETTONICO 1 - Rilevazione · Rilievo topografico speditivo · Operazioni di inquadramento, tracciamento di una rete poligonale di base su vertici I.G.M., tracciamenti di dettaglio e triangolazioni, livellazioni · Eventuale rilevamento fotogrammetrico a bassa quota · Rilievo ortometrico e/o fotogrammetrico dei vicini · Restituzione digitale e/o ortofotopiano con riproduzione in scala delle rappresentazioni a colori, od in bianco e nero. La restituzione viene concepita come elaborazione tematica specialistica e non come operazione mirata soltanto al grafico architettonico, quest'ultimo deve poter essere disponibile come supporto: ° per la mappatura delle varie operazioni conoscitive ° degli studi specialistici ° del progetto di restauro ° per le simulazioni, etc. · Studi specialistici: ° indagini geognostiche ° indagini ecometriche ° analisi geoelettrica ° analisi termografica e U.V. ° monitoraggio delle subsidenze.

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2 - Analisi architettonica Per quanto concerne l'architettura, le analisi e le ricerche sono piuttosto ampie e diversificate, esse saranno comunque sempre riferite e/o riferibili all'edificio ed al suo contesto attraverso la mappatura digitale delle superfici del supporto grafico di rilievo (vettoriale o raster): · indagini storiche: ° archivi ° biblioteche · indagini archeologiche: ° stratigrafie ° cronologie ° scavi e saggiature · indagini architettoniche, utilizzando come base la rappresentazione architettonica rilevata in pianta, sezione, alzati e volumetrici in prospettiva, e/o assonometria: ° tipologiche

° stilistiche · valutazioni statiche · indagini del degrado: ° chimico ° fisico ° biologico · dei dissesti: ° fisiologici ° indotti ° cedimenti · indagini circa la tecnologia dei sistemi costruttivi e dei materiali · indagini circa le destinazioni d'uso: ° storiche ° compatibili ° vocate. 3 - Sintesi informatica · Predisposizione di una griglia informativa di base, legende e simbologia anche grafica relative alle varie tematiche in relazione alle informazioni assunte con le indagini ed alle schedature · digitalizzazione delle informazioni · elaborazioni tematiche: ° predisposizione di un programma o cartella clinica con una serie di schemi operativi in ordine alla compatibilità dei tipi di intervento e dell'uso dei manufatti, completata o completabile con costi parametrici e dettagliati ° elaborazione di una serie di schede parametriche relative alle tematiche (conservazione, restauro, riuso, costi etc.) ° predisposizione di programmi · banca dati. 4 - Modalità operative · Piani e programmi, progetto di restauro: ° consolidamento statico ° ripristino del corredo decorativo, serramenti etc. ° riuso, rivitalizzazione ° nuova impiantistica ° accessibilità o visitabilità per disabili ° sicurezza antincendio ° programmazione operativa ° schemi cronologici ° programmi manutentivi.

L’URBANISTICA ED IL PATRIMONIO CULTURALE - IL CENTRO STORICO Come abbiamo visto la più grossa conquista nel dibattito post-bellico sulla tutela è costituita dall'estensione del concetto di monumento a quello di ambiente monumentale e quindi nell'individuazione del sito come area da salvaguardare subordinatamente ai principi del restauro68. Sotto il profilo della legislazione la prima codificazione, di quanto culturalmente si andava connotando, dopo le leggi di tutela del 1939 è dovuta per l'urbanistica alla L. 765/67 ed in particolare al D.M. 1444/68 che con l'art. 17 definisce come centro storico: (z.t.o. A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi. La tutela viene così affidata alla pianificazione urbanistica, cioè a strumenti che hanno per prassi il confronto diretto non solo con la realtà ma anche con la popolazione residente superando così ogni verticistica astrazione. Anche se proprio l'art. 17 della stessa legge veniva utilizzato per considerare il sito centro storico come intoccabile, tanto da essere enucleato dagli strumenti urbanistici generali, rimandando ogni decisione in merito ai successivi piani particolareggiati attuativi. Si attuava così, in modo del tutto anomalo, perché riferito ad aree che si ritenevano altamente qualificate sotto il profilo storico-artistico, quella trasformazione della disciplina urbanistica da architettura degli spazi urbani a pianificazione del territorio. Gli effetti di questo rimando del problema da un lato introduceva, attraverso un uso non sempre appropriato dei criteri di restauro, ristrutturazione o consolidamento, profonde trasformazioni degli organismi edilizi con il contemporaneo innovarsi di destinazioni d'uso incontrollate, mentre d'altro lato la comunità, prescindendo da una realistica valutazione delle potenzialità e delle vocazioni, emarginava il centro storico da ogni processo di rivitalizzazione dilatando sempre più le periferie, senza alcun coordinamento per quanto riguarda le funzioni urbane con i siti centrali. Dopo un lungo periodo di incertezze con la delega alle regioni cominciavano però a prendere forma le prime direttive ed indicazioni sui centri storici, conseguenza anche di una più agile legislazione centrale69 e con essa la possibilità di una pianificazione integrale dell'edificato urbano qualificato così come un pezzo di città, il cui sviluppo doveva essere organizzato contestualmente al restante territorio. Operazione allora come oggi assai meno facile in quanto le aree esterne sono state ormai saturate ed, anche se in contraddizione con i termini del problema data la loro insufficiente qualificazione architettonica, non possono mancare di quei completamenti, attrezzature, servizi ed altro, indispensabili, data la loro generalmente scarsa dotazione70. Mentre la salvaguardia della città e dei suoi quartieri storici deve essere integrata con una politica coerente di sviluppo economico, sociale e culturale e costituire uno degli elementi del piano urbanistico territoriale, è necessario però tenere 67. SCIENTIFIC COUNCIL OF EUROPA NOSTRA, Final Resolution of the Symposyum Fortification and Archeology Prague 10/14.09.2000, in Europa Nostra Den Haag, 2001 68. Sotto il profilo culturale introdotti dalla carta di Venezia nel 1964 questi criteri hanno trovato contributi fondamentali nei congressi internazionali di Barcellona (1965), di Vienna (1965), di Bath (1966), dell'Aja (1967), di Avignone (1968), per arrivare a quelli elaborati nell'anno europeo del patrimonio architettonico (1975) ed infine a quelli di Amsterdam(1975), di Varsavia e di Nairobi (1976) e nella convenzione di Granada, (1985). 69. Infatti la L. 457/78 con l'art. 31 a,b,c,d,e introduceva nei centri storici la classificazione delle categorie di intervento: restauro, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica e quindi la smobilitazione della

sovrastruttura dei piani particolareggiati sostituiti da più agili strumenti attuativi. 70. La stessa carta dei centri storici approvata dall'ICOMOS a Washington nel 1987 (vedi allegato) nel suo preambolo esprime preoccupazione riguardo a questi aspetti dell'urbanizzazione che congiuntamente al degrado delle strutture architettoniche ed urbane portano alla disintegrazione del tessuto sociale. Prendendo poi posizione contro le demolizioni abusive, le costruzioni brutali e gli effetti nefasti della turbolenta circolazione nell'ambiente storico, considera questo fenomeno come una. grave minaccia contro il patrimonio, l'identità culturale, l'armonia e l'integrità delle stesse città e dei loro quartieri storici, il cui contributo appare indispensabile al miglioramento della qualità della vita nella città di oggi.

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presente come la salvaguardia del patrimonio culturale si attui rispondendo ai bisogni ed alle aspirazioni degli abitanti. La conservazione dei valori architettonici deve soddisfare anche alle esigenze della vita contemporanea mentre la partecipazione degli abitanti, se assicurata fin dall'inizio degli studi, diventa indispensabile al successo di ogni azione coordinata ed integrata di salvaguardia. Per quanto riguarda il destino delle città storiche il dibattito culturale tra gli anni sessanta ed ottanta71 ha evidenziato e contribuito a porre in luce principi e soluzioni che privilegiassero il legame tra il centro, gli altri quartieri della città ed il territorio circostante, definendo chiaramente per ciascuno di essi le funzioni compatibili, ma anche l'integrazione visuale. In dettaglio essi sono: - un uso principale residenziale, eludendo comunque destinazioni degli spazi e dei volumi estranei alla vocazione della città stessa, contemporaneamente evitando ogni museificazione a fini turistici e rispettando quei diritti e quelle aspirazioni della popolazione e delle sue attività economiche sociali e culturali da cui sono dipese e dipende la stessa struttura fisica dei siti72. - l'indissociabilità del paesaggio urbano dai materiali delle sue costruzioni, dai colori, dalle forme, la tessitura dei tetti, delle aree scoperte e ovviamente da tutti gli elementi decorativi esterni, quali recinzioni, statue, pavimenti e arredo urbano in generale, dai parchi e dai giardini, dai viali e dalle vie e dagli specchi d'acqua73, contemporaneamente a tutti quei poli tradizionali attorno cui si concretizza la vita culturale e sociale, come i teatri, i musei, le scuole, gli edifici religiosi, le passeggiate ed i mercati pubblici, le strade commerciali ed in complesso le attività artigianali e commerciali caratteristiche della città o del quartiere storico e necessarie alla loro vita. - la pianificazione della salvaguardia della città e dei quartieri storici quale risultato di uno sforzo pluridisciplinare cui siano associati tutti gli specialisti (archeologi e storici dell'arte, architetti, urbanisti, paesaggisti, restauratori, topografi, ingegneri della circolazione, delle strutture e degli impianti, geologi e sociologi), deve risultare parte integrante del processo di riordino e di sviluppo dell'insediamento stesso oltre che inquadrata in un piano territoriale più vasto. In una città storica mentre il piano regolatore ne definisce chiaramente i principali orientamenti, il piano di salvaguardia deve essere concepito in modo da tener conto dell'evoluzione dei modi di vita ed essere oggetto di verifiche e revisioni periodiche, la rianimazione e il recupero implicano il miglioramento dell'habitat e quello della rete degli indispensabili servizi collettivi, oltre che incoraggiare le attività esistenti e promuoverne di nuove purché compatibili con la vocazione della città stessa e nel pieno rispetto della sua evoluzione storica e dei valori da preservare74 . - la necessità di misure preventive per proteggere la città dagli eventi naturali come i sismi e inondazioni, oltre che dai rumori, dalla polluzione, dalle scosse, vibrazioni etc. Inoltre, finalità della carta Europea, come quella dell'art. 10: Il patrimonio architettonico è un bene comune del nostro continente (recepita dalla Convenzione di Parigi del 1972 e trasformata nella legge 184 dallo Stato Italiano nel 1977), non possono risultare da astratte imposizioni legislative, ma devono coniugarsi con il diritto di ogni individuo di definire le proprie credenze, la propria morale, gli orientamenti della propria ricerca intellettuale ed i propri valori estetici; il che responsabilmente significa farsi carico di quell'identità patrimoniale storica che, in quanto passato, dovrà

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71. Vedansi: Atti del convegno nazionale sull'edilizia residenziale, Roma 1964; Bologna centro storico, catalogo della mostra a palazzo Accursio , Alfa. Bologna 1970 e le riviste: Edilizia Popolare vol.1 n°110, Roma gen.- febb. 1973; vol II n° 111, Roma marzo-apr. 1974; vol III n.113, Roma lugl.-ago. 1973. 72 I valori fisici e socio-culturali da salvaguardare in una città sono la sua morfologia, ovvero l'ordine spaziale dei suoi edifici, la loro altezza, i loro volumi, il loro aspetto generale, così come il carattere d'insieme delle strade delle piazze, il loro tracciato, l'equilibrio tra gli spazi e l'organizzazione degli isolati e dei sistemi di comunicazione, ovvero il tessuto urbano e la sua relazione con le prospettive che si possono godere al

suo interno, dato che il rapporto tra la città e il suo intorno ne determina il paesaggio stesso. 73. I caratteri specifici della città o del quartiere storico sono inoltre espressi dai monumenti, o dalle opere architettoniche ed artistiche a qualsiasi cultura esse appartengano, importantissime quindi le fortificazioni, le mura, i bastioni e le porte, come tutti quegli elementi che hanno assunto significato e valore simbolico, tra cui le relazioni tra i monumenti storici isolati esterni e la città stessa. 74. In una città storica le demolizioni dovrebbero essere il più possibile evitate e le eventuali nuove costruzioni adattarsi come scala dimensioni, materiali etc. alle preesistenze, rispettando nel contempo anche

nutrire il nostro presente, ma anche costituire il futuro delle prossime generazioni. La rivitalizzazione di una città o di un quartiere storico, eredità del passato deve soddisfare alle aspirazioni del presente assolvendo in maniera adeguata ai bisogni attuali e servire l'avvenire, conservando un tessuto sociale stratificato, ove necessario, pragmaticamente integrando anche le altre culture nella nostra civiltà in modo da evitare quei conflitti che altrove hanno visto proprio per il suo valore simbolico, il patrimonio storico azzerato. A questo effetto devono essere presi dei provvedimenti anche a livello economico in modo che una pluralità di abitanti possano vivere ed animare le aree storiche. Anche nel caso del recupero urbano e dei centri storici, come già era accaduto per il restauro monumentale la dottrina risulta a livello europeo, ma anche nazionale, assai spesso in bilico tra una scelta naturalistica e conservativa ad oltranza ed un'antropizzazione spinta, secondo modalità ancora riferibili al pensiero di Ruskin oppure a quello opposto di Viollet-le-Duc. Mentre a chiare lettere negata dalla cultura del settore l'ipotesi dell'ambientamento stilistico, questa riaffiora invece assai spesso tra le norme, risultando la strada più facile per camuffare malafede, incompetenza e speculazione. In tal senso l'azione di Zevi75 per la legittimazione dell'architettura moderna nei centri storici rimane ancor oggi attuale. Se per i centri maggiori le azioni risultano consolidate, nei confronti dell'architettura popolare o dei centri minori, proprio per la loro maggior labilità, difficili restano le scelte anche se in tal caso maggiormente mirata deve risultare la definizione del contesto ambientale, oltre al controllo delle trasformazioni ammesse al contorno. In quest'ultimo caso va comunque precisato che se è generalizzabile a tutti i centri storici l'obiettivo di un appropriato riutilizzo delle potenziali vocazioni funzionali, nel rispetto, anzi nella massima esaltazione, dei valori storico-artistici ed ambientali, pressoché impossibile risulta il codificare norme polivalenti ed universalmente valide, data la difformità e la complessità delle situazioni. LA CONSERVAZIONE Al giorno d'oggi la conservazione dei beni materiali (territorio, paesaggio, città, edifici, etc.) ed immateriali (storia, letteratura, lingua, tradizioni, etc.) considerati di valore si strumenta e si promuove sostanzialmente attraverso la sostenibilità ecologica e la disponibilità di concrete risorse non solo economiche. Pertanto essa dovrebbe comportare: - programmi educativi ed informativi, - il monitoraggio ed il controllo degli interventi, - il sostegno tecnico ed economico agli enti pubblici ed ai privati che vi sono implicati. Inoltre in un territorio densamente antropizzato come quello europeo risultano indispensabili regole chiare e precise, criteri di sviluppo controllo e incentivo o disincentivo per le are agricole aperte, per i siti urbani, i centri storici ma anche per le aree di connessione tra questi due tipi di territorio76 Vale la pena di ricordare che per quanto riguarda i piani ed i programmi in Italia, la materia è stata delegata alle Amministrazioni regionali, cui è stato affidato il compito di redigere i piani paesistici,

l'organizzazione spaziale la cui valorizzazione resta sempre l'obiettivo finale. qualora l'armonizzazione e l'integrazione tra i quartieri storici e quelli nuovi dovesse risultare difficile e laddove la nuova edificazione fosse nociva all'omogeneità ed all'estetica dei quartieri esistenti diventa necessario intercalare zone di transizione costituite da ampi spazi verdi, mentre la rete delle grandi strade di traffico dovrebbe risparmiare le città ed i quartieri storici pur facilitandone l'accesso, mitigando però il conflitto tra la circolazione veicolare e rispetto dei valori della città stessa; l'imperativo della salvaguardia deve prevalere, favorendo lo sviluppo di zone pedonali e sviluppando i trasporti pubblici, le aree di parcheggio anche sotterranee o in sede propria e le

zone di interscambio periferiche agli agglomerati storici. 75. B. ZEVI, Visione prospettica e spazio temporalità nell'architettura moderna, in: L'Architettura, cronache e storia n. 216 1973. 76. Nel quadro internazionale alcuni importanti documenti di riferimento per quanto riguarda il paesaggio storico ed i siti urbani sono: - Charte International sur la conservation et la restauration des monuments (Charte de Venise, 1964); - Chartes des jardines Historiques (Charte de Florence, 1981); - La charte International pour la sauvegarde des villes historiques (Charte de Washington 1987);

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Tavola 7 Management della conservazione territoriale

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mentre per gli interventi nelle aree protette il Ministero per i Beni Culturali si è riservato il diritto di veto77. La serie dei provvedimenti conservativi dovrebbe però essere completata con una generale e diffusa pianificazione riguardante la sicurezza (Geologica, cave e miniere, frane, sismi, incendi, eventi dolosi, fiumi e laghi, alluvioni, etc), attualmente legati ad una legislazione tutt'altro che omogenea e gestita da una serie di enti dai livelli e dalle competentenze territoriali le più disparate. Fortunatamente alcune amministrazioni regionali come quella Veneta perseguono attraverso i Piani Territoriali Regionali il coordinamento e l'omogenizzazione del quadro generale, su cui comunque insistono ancora troppe voci autonome, spesso dissonanti tra loro. In realtà finora la conservazione è stata concepita per capitoli separati cui è mancata la collegialità degli autori delle tante discipline interessate e quindi sicurezza e prevenzione sono state considerate come un corollario secondario oltre che una limitazione dell'autonomia dei progettisti e dei politici nella stesura dei piani urbanistici di ogni livello. Il che ha comportato che la conservazione non sia mai stata concepita e pianificata come uno strumento urbanistico territoriale integrato con quelli

tradizionali. Sono quindi mancati soprattutto per i territori e le aree storiche, che sono le più delicate, un rigoroso programma conservativo globale e gli strumenti per il controllo della sua attuazione ed il monitoraggio nel tempo dei risultati. Infatti per quanto riguarda la conservazione dei Beni Culturali si evidenzia ai vari livelli proprio la discontinuità o in molti casi proprio la carenza di una pianificazione, che unifichi gli obiettivi e promuova la necessaria continuità degli interventi. Sembra quindi opportuno evidenziare come la conservazione debba essere sostanziata oltre che da una manutenzione costante anche dall'aggiornamento delle ricerche (storia, archeologia, scienze della terra, architettura, tecnologia, etc) in modo da poter dare il necessario sostegno teorico alle decisioni degli operatori nel campo siano essi pubblici o privati. La tragicità degli eventi che si susseguono con ritmo quasi quotidiano sono un segnale non trascurabile dell'urgenza di una politica dei Beni Culturali (Heritage) globale; oltre che la dimostrazione dell'aleatorietà delle scelte settoriali fin qui operate, troppo spesso condizionate da una lettura delle realtà territoriali così particolaristica da aver fatto dimenticare il quadro generale e le sue molteplici variabili. Quasi che la conservazione fosse destinata alla personale gratificazione degli operatori e non all'imperativo di trasmettere il patrimonio culturale materiale ed immateriale alle generazioni future. A tal fine la partecipazione attiva della comunità costituisce una delle chiavi che possono dare rilievo agli sforzi tecnici volti alla sostenibilità dei progetti conservativi, coinvolgendo in forma diretta la popolazione, sia attraverso la diffusione di obiettivi ed una costante azione educativa (anche ludica), come in forma indiretta attraverso gli organi rappresentativi (collegi professionali, imprenditoriali, associazioni non governative etc.). Per realizzare tali obiettivi risultano comunque indispensabili organismi multisettoriali che coordinino gli sforzi e le azioni attuative stimolandone la continuità, monitorandone successivamente la conservazione e l'efficienza delle realizzazioni, attraverso rigorosi programmi alla cui attuazione l'intera comunità deve essere partecipe.

77. Nel primo caso in realtà si tratta di un incarico senza le opportune direttive ed un efficace coordinamento a livello nazionale e nel secondo di una dupli-

cazione dei pareri che finisce per deresponsabilizzare i protagonisti.

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DOCUMENTI Le Carte e le Convenzioni nazionali ed unternazionali del Restauro: LA CARTA DEL RESTAURO DI ATENE(Conferenza Internazionale di Atene, 1931)

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I La conferenza, convinta che la conservazione del patrimonio artistico ed archeologico dell'umanità interessi tutti gli Stati tutori della civiltà, augura che gli Stati si prestino reciprocamente una collaborazione sempre più estesa e concreta per favorire la conservazione dei monumenti d'arte e di storia; ritiene altamente desiderabile che le istituzioni e i gruppi qualificati, senza menomamente intaccare il diritto pubblico internazionale, possano manifestare il loro interessamento per la salvaguardia dei capolavori in cui la civiltà ha trovato la sua alta espressione e che appaiono minacciati; emette il voto che le richieste a questo effetto, siano sottomesse alla organizzazione della cooperazione intellettuale, dopo inchieste fatte dall'Ufficio Internazionale dei Musei e benevola attenzione dei singoli Stati. Apparterrà alla Commissione Internazionale della Cooperazione Intellettuale, dopo aver raccolto dai suoi organi locali le informazioni utili, di pronunciarsi sulla opportunità di passi da compiere e sulla procedura da seguire in ogni caso particolare. II La Conferenza ha inteso la esposizione dei principi generali e delle dottrine concernenti la protezione dei monumenti. Essa constata che, pur nella diversità dei casi speciali a cui possono rispondere particolari soluzioni, predomina nei vari Stati rappresentati una tendenza generale ad abbandonare le restituzioni integrali e ad evitarne i rischi mediante la istituzione di manutenzioni regolari e permanenti atte ad assicurare la conservazione degli edifici. Nel caso in cui un restauro appaia indispensabile in seguito a degradazioni o distruzioni, raccomanda di rispettare l'opera storica ed artistica del passato, senza proscrivere lo stile di alcuna epoca. La Conferenza raccomanda di mantenere quando sia possibile, l'occupazione dei monumenti che ne assicura la continuità vitale, purché tuttavia la moderna destinazione sia tale da rispettarne il carattere storico ed artistico. III La Conferenza ha inteso la esposizione delle legislazioni aventi per scopo nelle differenti nazioni la protezione dei monumenti d'interesse storico, artistico o scientifico; ed ha unanimemente approvato la tendenza generale che consacra in questa materia un diritto della collettività contro l'interesse privato. Essa ha constatato come la differenza tra queste legislazioni provenga dalla difficoltà di conciliare il diritto pubblico col diritto dei particolari; ed, in conseguenza, pur approvandone la tendenza generale, stima che debbano essere appropriate alle circostanze locali ed allo stato dell'opinione pubblica, in modo da incontrare le minori opposizioni possibili e di tenere conto dei sacrifici che i proprietari subiscono nell'interesse generale. Essa emette il voto che in ogni stato la pubblica autorità sia investita del potere di prendere misure conservative nei casi d'urgenza. Essa augura infine che l'Ufficio Internazionale dei Musei Pubblici tenga a giorno una raccolta ed un elenco comparato delle legislazioni vigenti nei differenti Stati su questo soggetto. IV La Conferenza constata con soddisfazione che i principi e le tecniche esposte nelle differenti comunicazioni particolari si ispirano ad una comune tendenza, cioè: quando si tratta di rovine, una conservazione scrupolosa s'impone e, quando le condizioni lo permettono, è opera felice il rimettere in posto gli elementi originali ritrovati (anastilosi); ed i materiali nuovi necessari a questo scopo dovranno sempre essere riconoscibili. Quando invece la conservazione di rovine messe in luce in uno scavo fosse riconosciuta impossibile, sarà consigliabile, piuttosto che votarle alla distruzione, di seppellirle nuovamente, dopo, beninteso, averne preso precisi rilievi. È ben evidente che la tecnica dello scavo e la conservazione dei resti impongano la stretta collaborazione tra l'archeologo e l'architetto. Quanto agli altri monumenti, gli esperti, riconoscendo che ogni caso si presenta con carattere speciale, si sono trovati d'accordo nel consigliare, prima di ogni opera di consolidamento o di parziale restauro, una indagine scrupolosa delle materie a cui occorre portare rimedio.

V Gli esperti hanno inteso varie comunicazioni relative all'impiego di materiali moderni per il consolidamento degli antichi edifici; ed approvano l'impiego giudizioso di tutte le risorse della tecnica moderna, e più specialmente del cemento armato. Essi esprimono il parere che ordinariamente questi mezzi di rinforzo debbano essere dissimulati per non alterare l'aspetto ed il carattere dell'edificio da restaurare; e ne raccomandano l'impiego specialmente nei casi in cui essi permettono di conservare gli elementi in situ evitando i rischi della disfattura e della ricostruzione. VI La Conferenza constata che nelle condizioni della vita moderna i monumenti del mondo intero si trovano sempre più minacciati dagli agenti esterni; e, pur non potendo formulare regole generali che si adattino alla complessità dei casi, raccomanda: 1) la collaborazione in ogni Paese dei conservatori dei monumenti e degli architetti con i rappresentanti delle scienze fisiche, chimiche, naturali per raggiungere risultati sicuri di sempre maggiori applicazioni; 2) la diffusione, da parte dell'Ufficio internazionale dei musei, di tali risultati, mediante notizie sui lavori intrapresi nei vari paesi e le regolari pubblicazioni. 3) la Conferenza, nei riguardi della conservazione della scultura monumentale, considera che l'asportazione delle opere dal quadro per il quale furono create è come principio da ritenersi inopportuna. Essa raccomanda a titolo di precauzione, la conservazione dei modelli originali quando ancora esistono, e l'esecuzione di calchi quando essi mancano. VII La Conferenza raccomanda di rispettare nella costruzione degli edifici il carattere e la fisionomia della città, specialmente nelle prossimità di monumenti antichi, per i quali l'ambiente deve essere oggetto di cure particolari. Uguale rispetto deve aversi per talune prospettive particolarmente pittoresche. Oggetto di studio possono anche essere le piantagioni e le ornamentazioni vegetali adatte a certi monumenti o gruppi di monumenti per conservare l'antico carattere. Essa raccomanda soprattutto la soppressione di ogni pubblicità, di ogni sovrapposizione abusiva di pali e fili telegrafici, di ogni industria rumorosa ed invadente, in prossimità dei monumenti d'arte e di storia. VIII La Conferenza emette il voto: 1) che i vari Stati ovvero le istituzioni in essi create o riconosciute competenti a questo fine, pubblichino un inventario dei monumenti storici nazionali accompagnato da fotografie e da notizie; 2) che ogni Stato crei un archivio, ove siano conservati i documenti relativi ai propri monumenti storici; 3) che l'Ufficio Internazionale dei Musei dedichi nelle sue pubblicazioni alcuni articoli ai procedimenti ed ai metodi di conservazione dei monumenti storici; 4) che l'Ufficio stesso studi la migliore diffusione ed utilizzazione delle indicazioni e dei dati architettonici, storici e tecnici così centralizzati. 5) I membri della Conferenza, dopo aver visitato, nel corso dei loro lavori e della crociera di studio eseguita, alcuni dei principali campi di scavo e dei monumenti antichi della Grecia, sono stati unanimi nel rendere omaggio al Governo ellenico, che da lunghi anni, mentre ha assicurato esso stesso l'attuazione di lavori considerevoli, ha accettato la collaborazione degli archeologici e degli specialisti di tutti i Paesi. Essi hanno in ciò veduto un esempio che non può che contribuire alla realizzazione degli scopi di cooperazione intellettuale, di cui è apparsa così viva la necessità nel corso dei loro lavori. 6) La Conferenza, profondamente convinta che la migliore garanzia di conservazione dei monumenti e delle opere d'arte venga dall'affetto e dal rispetto del popolo, e considerando che questi sentimenti possono essere stati favoriti da una azione appropriata dei pubblici poteri, emette il voto che gli educatori volgano ogni cura ad abituare l'infanzia e la giovinezza ad astenersi da ogni atto che possa degradare i monumenti e le inducano ad intenderne il significato e ad interessarsi più in generale, alla protezione delle testimonianze d'ogni civiltà.

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LA CARTA DEL RESTAURO DI VENEZIA (Congresso Internazionale degli Architetti e Tecnici dei Monumenti, 31 Maggio 1964) Le opere monumentali dei popoli, recanti un messaggio spirituale del passato, rappresentano, nella vita attuale, la viva testimonianza delle loro tradizioni secolari. L'umanità, che ogni giorno prende atto dei valori umani, le considera patrimonio comune, riconoscendosi responsabile della loro salvaguardia di fronte alle generazioni future. Essa si sente in dovere di trasmetterle nella loro completa autenticità. È essenziale che i principi che presiedono alla conservazione ed al restauro dei monumenti vengano prestabiliti e formulati a livello internazionale, lasciando tuttavia che ogni Paese gli applichi, tenendo conto della propria cultura e delle proprie tradizioni. Definendo per la prima volta questi principi fondamentali, la Carta di Atene del 1931 ha contribuito allo sviluppo di un vasto movimento internazionale, nell'attività dell'ICOM e dell'UNESCO, e nella creazione, ad opera dell'UNESCO stessa, del Centro Internazionale di Studio per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali. Sensibilità e spirito critico si sono rivolti su problemi sempre più complessi e variati; è arrivato quindi il momento di riesaminare i principi della Carta, al fine di approfondirli e di ampliarne l'operatività in un documento nuovo.

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DEFINIZIONI: Art. 1 - La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica isolata quanto l'ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di un'evoluzione significativa o di un avvenimento storico. Questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale. Art. 2 - La conservazione ed il restauro dei monumenti costituiscono una disciplina che si vale di tutte le scienze e di tutte le tecniche che possano contribuire allo studio ed alla salvaguardia del patrimonio monumentale. SCOPO: Art. 3 - La conservazione ed il restauro dei monumenti mirano a salvaguardare tanto l'opera d'arte che la testimonianza storica. CONSERVAZIONE: Art. 4 - La conservazione dei monumenti impone innanzi tutto una manutenzione sistematica. Art. 5 - La conservazione dei monumenti è sempre favorita dalla loro utilizzazione in funzioni utili alla società: una tale destinazione è augurabile ma non deve alterare la distribuzione e l'aspetto dell'edificio. Gli adattamenti pretesi dall'evoluzione degli usi e dei costumi devono dunque essere contenuti entro questi limiti. Art. 6 - La conservazione di un monumento implica quella delle sue condizioni ambientali. Quando sussista un ambiente tradizionale, questo sarà conservato; verrà inoltre messa al bando qualsiasi nuova costruzione, distruzione e utilizzazione che possa alterare i rapporti di volumi e colori. Art. 7 - Il monumento non può essere separato dalla storia della quale è testimone, ne dall'ambiente dove esso si trova. Lo spostamento di una parte o di tutto il monumento non può quindi essere tollerato che quando la salvaguardia di un monumento lo esiga o quando ciò sia giustificato da cause di notevole interesse nazionali o internazionale. Art. 8 - Gli elementi di scultura, di pittura o di decorazione che sono parte integrante del monumento non possono essere separati da esso che quando questo sia l'unico modo atto ad assicurare la loro conservazione. RESTAURO: Art. 9 - Il restauro è un processo che deve mantenere un carattere eccezionale. Il suo scopo è di conservare e di rivelare i valori formali e storici del monumento e si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche. Il restauro deve fermarsi dove ha inizio l'ipotesi: qualsiasi lavoro di completamento, riconosciuto indispensabile per ragioni estetiche e teoriche, deve dis-

tinguersi dalla progettazione architettonica e dovrà recare il segno della nostra epoca. Il restauro sarà sempre preceduto e accompagnato da uno studio archeologico e storico del monumento. Art. 10 - Quando le tecniche tradizionali si rivelino inadeguate, il consolidamento di un monumento può essere assicurato, mediante l'ausilio di tutti i più moderni mezzi di struttura e di conservazione, la cui efficienza sia stata dimostrata da dati scientifici e sia garantita dall'esperienza.

CARTA ITALIANA DEL RESTAURO (1972) Il Ministero della Pubblica Istruzione nell'intento di pervenire a criteri uniformi nella specifica attività dell'Amministrazione delle Antichità e Belle Arti nel campo della conservazione del patrimonio artistico, ha rielaborato, sentito il parere del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti, le norme sul restauro. Tali norme precedute da una breve relazione e seguite da quattro distinte relazioni contenenti istruzioni per: 1) La salvaguardia ed il restauro delle antichità; 2) La condotta dei restauri architettonici; 3) L'esecuzione dei restauri pittorici e scultorei; 4) La tutela dei centri storici . Le relazioni sono da ritenersi documenti integranti la Carta stessa. Relazione alla Carta del Restauro La coscienza che le opere d'arte, intese nell'accezione più vasta che va dall'ambiente urbano ai monumenti architettonici a quelli di pittura e scultura, e dal reperto paleolitico alle espressioni figurative delle culture popolari, debbano essere tutelate in modo organico e paritetico, porta necessariamente alla elaborazione di norme tecnico-giuridiche che sanciscono i limiti entro i quali va intesa la conservazione, sia come salvaguardia e prevenzione, sia come intervento di restauro propriamente detto. In tal senso costituisce titolo d'onore della cultura italiana che, a conclusione di una prassi di restauro che via via si era emendata dagli arbitri del restauro di ripristino, venisse elaborato già nel 1931 un documento che fu chiamato Carta del Restauro, dove, sebbene l'oggetto fosse ristretto ai monumenti architettonici, facilmente potevano attingersi ed estendersi le norme generali per ogni restauro anche di opere d'arte pittoriche e scultoree. Disgraziatamente tale Carta del Restauro non ebbe mai forza di legge, e quando, successivamente, per la sempre maggiore coscienza che si veniva a prendere dei pericoli ai quali esponeva le opere d'arte un restauro condotto senza precisi criteri tecnici, si intese, nel 1938, sovvenire a questa necessità, sia creando l'Istituto Centrale del Restauro per le Opere d'Arte, sia incaricando una Commissione Ministeriale di elaborare delle norme unificate che a partire dall'archeologia abbracciassero tutti i rami delle arti figurative; tali norme, da definirsi senz'altro auree, rimasero anch'esse senza forza di legge, quali istruzioni interne dell'Amministrazione, né la teoria o la prassi che in seguito vennero elaborate dall'Istituto Centrale del Restauro furono estese a tutti i restauri di opere d'arte della Nazione. Il mancato perfezionamento giuridico di tale regolamentazione di restauro non tardò a rivelarsi come deleterio, sia per lo stato di impotenza in cui lasciava davanti agli arbitrii del passato anche in campo di restauro (e soprattutto di sventramenti e alterazioni di antichi ambienti), sia in seguito alle distruzioni belliche, quando un comprensibile ma non meno biasimevole sentimentalismo, di fronte ai monumenti danneggiati o distrutti, venne a forzare la mano e a ricondurre a ripristini e a ricostruzioni senza quelle cautele e remore che erano state vanto dell'azione italiana di restauro. Né minori guasti i dovevano prospettarsi per le richieste di una malintesa modernità e di una grossolana urbanistica, che, nell'accrescimento delle città e col movente del traffico, portava proprio a non rispettare quel concetto di ambiente, che, oltrepassando il criterio ristretto del monumento singolo, aveva rappresentato una conquista notevole della Carta del Restauro e delle successive istruzioni. Riguardo al più dominabile campo delle opere d'arte, pittoriche e scultoree, sebbene,

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anche in mancanza di norme giuridiche, una maggiore cautela del restauro abbia evitato danni gravi quali le conseguenze delle esiziali puliture integrali, come purtroppo è avvenuto all'Estero, tuttavia l'esigenza dell'unificazione di metodi si è rivelata imprescindibile, anche per intervenire validamente sulle opere di proprietà privata, ovviamente non meno importanti, per il patrimonio artistico nazionale, di quelle di proprietà statale o comunque pubblica.

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Art. 1 - Tutte le opere d'arte di ogni epoca, nell'accezione più vasta che va dai monumenti architettonici a quelli di pittura e scultura, anche se in frammenti, e dal reperto paleolitico alle espressioni figurative delle culture popolari e dell'arte contemporanea a qualsiasi persona o ente appartengano, ai fini della loro salvaguardia e restauro, sono oggetto delle presenti istruzioni che prendono il nome di Carta del Restauro 1972. Art. 2 - Oltre alle opere indicate nell'articolo precedente vengono a queste assimilate, per assicurarne la salvaguardia e il restauro, i complessi di edifici d'interesse monumentale, storico o ambientale, particolarmente i centri storici; le collezioni artistiche e gli arredamenti conservati nella loro disposizione tradizionale; i giardini e i parchi che vengono considerati di particolare importanza. Art. 3 - Rientrano nella disciplina delle presenti istruzioni, oltre alle opere definite agli artt. 1 e 2, anche le operazioni volte ad assicurare la salvaguardia e il restauro dei resti antichi in rapporto alle ricerche terrestri e subacque. Art. 4 - S'intende per salvaguardia qualsiasi provvedimento conservativo che non implichi l'intervento diretto sull'opera: s'intende per restauro qualsiasi intervento volto a mantenere in efficienza, a facilitare la lettura e a trasmettere integralmente al futuro le opere e gli oggetti definiti agli articoli precedenti. Art. 5 - Ogni Soprintendenza ed Istituto responsabile in materia di conservazione del patrimonio storico-artistico e culturale compilerà un programma annuale e specifico dei lavori di salvaguardia e di restauro nonché delle ricerche nel sottosuolo e sott'acqua, da compiersi per conto sia dello Stato sia di altri Enti o persone, che sarà approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione su conforme parere del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti. Nell'ambito di tale programma, anche successivamente alla presentazione dello stesso, qualsiasi intervento sulle opere di cui all'Art. 1 dovrà essere illustrato e giustificato da una relazione tecnica dalla quale risulteranno oltre alle vicissitudini conservative dell'opera lo stato attuale della medesima, la natura degli interventi ritenuti necessari e la spesa occorrente per farvi fronte. Detta relazione sarà parimenti approvata dal Ministero della Pubblica Istruzione, previo, per i casi emergenti o dubbi e per quelli previsti alla legge, parere del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti. Art. 6 - In relazione ai fini ai quali per l'art. 4 devono corrispondere le operazioni di salvaguardia e restauro, sono proibiti indistintamente, per tutte le opere d'arte di cui agli artt. 1, 2 e 3: 1) Completamenti in stile o analogici, anche in forme semplificate e pur se vi siano documenti grafici o plastici che possano indicare quale fosse o dovesse apparire l'aspetto dell'opera finita; 2) Remozioni o demolizioni che cancellino il passaggio dell'opera attraverso il tempo, a meno che non si tratti di limitate alterazioni deturpanti o incongrue rispetto ai valori storici dell'opera o di completamenti in stile che falsifichino l'opera; 3) Remozione, ricosturzione o ricollocamento in luoghi diversi da quelli originari; a meno che ciò non sia determinato da superiori ragioni di conservazione; 4) Alterazione delle condizioni accessorie o ambientali sulle quali è arrivata sino al nostro tempo l'opera d'arte, il complesso monumentale o ambientale, il complesso d'arredamento, il giardino, il parco, etc.; 5) Alterazione o remozione delle patine. Art. 7 - In relazione ai medesimi fini di cui all'art. 6 e per tutte indistintamente le opere di cui agli artt. 1, 2, 3 sono ammesse le seguenti operazioni o reintegrazioni: 1) Aggiunte di parti accessorie in funzione statica o reintegrazione di piccole parti storicamente accertate attuate secondo i casi o determinando in modo chiaro la periferia delle integrazioni oppure

adottando materiale differenziato seppure accordato, chiaramente distinguibile a occhio nudo in particolare nei punti di raccordo con le parti antiche, inoltre siglate e datate ove possibile; 2) Puliture che, per le pitture e le sculture policrome, non devono giungere mai allo smalto del colore, rispettando patina ed eventuali vernici antiche; per tutte le altre specie di opere non dovranno arrivare alla nuda superficie della materia di cui constano le opere stesse; 3) Anastilosi sicuramente documentate, ricomposizione di opere andate in frammenti, sistemazione di opere lacunose, ricostituendo gli interstizi di lieve entità con tecnica chiaramente differenziabile a occhio nudo o con zone neutre accordate al livello diverso dalle parti originarie, o lasciando in vista il supporto originario, comunque mai integrando ex novo zone figurate e inserendo elementi determinanti per la figuratività dell'opera; 4) Modificazione e nuove inserzioni a scopo statico e conservativo della struttura interna o nel sostrato o supporto, purché all'aspetto, dopo compiuta l'operazione, non risulti alterazione né cromatica né per la materia in quanto osservabile in superficie; 5) Nuovo ambientamento o sistemazione dell'opera, quando non esistano più o siano l'ambientamento o la sistemazione tradizionale, o quando le condizioni di conservazione esigano la remozione. Art. 8 - Ogni intervento sull'opera o anche in contiguità dell'opera ai fini di cui all'art. 4 deve essere eseguito in modo tale e con tali tecniche e materie da potere dare affidamento che nel futuro non renderà impossibile un nuovo eventuale intervento di salvaguardia o di restauro. Inoltre ogni intervento deve essere preventivamente studiato e motivato per iscritto (art. 5) e del suo corso dovrà essere tenuto un giornale, al quale farà seguito una relazione finale, con la documentazione fotografica di prima, durante e dopo l'intervento. Verranno inoltre documentate tutte le ricerche e analisi eventualmente compiute col sussidio della fisica, la chimica, la microbiologia ed altre scienze. Di tutte queste documentazioni sarà tenuta copia nell'archivio della Soprintendenza competente, un'altra copia inviata all'Istituto Centrale del Restauro. Nel caso di puliture, in un luogo possibilmente marginale della zona operata, dovrà essere conservato un campione dello stadio anteriore all'intervento, mentre nel caso di aggiunte, le parti rimosse dovranno possibilmente essere conservate documentate in uno speciale archivio-deposito delle Soprintendenze competenti. Art. 9 - L'uso di nuovi procedimenti di restauro e di nuove materie, rispetto ai procedimenti e alle materie il cui uso è vigente o comunque ammesso, dovrà essere autorizzato dal Ministero della P.I. su conforme e motivato parere dell'Istituto Centrale del Restauro, a cui spetterà anche di promuovere azione presso il Ministero stesso per sconsigliare materie e metodi antiquati, nocivi e comunque non collaudati, suggerire nuovi metodi e l'uso di nuove materie, definire le ricerche alle quali si dovesse provvedere con un'attrezzatura e con specialisti al di fuori dell'attrezzatura e dell'organico a sua disposizione. Art. 10 - I provvedimenti intesi a conservare dalle azioni inquinanti e dalle variazioni atmosferiche, termiche e igrometriche, le opere di cui agli artt. 1, 2, 3, non dovranno essere tali da alterare sensibilmente l'aspetto della materia e il colore delle superfici, o da esigere modifiche sostanziali e permanenti dell'ambiente in cui le opere storicamente sono state trasmesse. Qualora tuttavia modifiche del genere fossero indispensabili per il superiore fine della conservazione, tali modifiche dovranno essere fatte in modo da evitare qualsiasi dubbio sull'epoca in cui sono state eseguite e con le modalità più discrete. Art. 11 - I metodi specifici di cui avvalersi come procedura di restauro singolarmente per i monumenti architettonici, pittorici, scultorei, per i centri storici nel loro complesso, nonché per l'esecuzione degli scavi, sono specificati agli allegati a, b, c, d, alle presenti istruzioni. Art. 12 - Nei casi in cui sia dubbia l'attribuzione delle competenze tecniche o sorgano conflitti in materia, deciderà il Ministro, sulla scorta delle relazioni dei Soprintendenti o capi dell'Istituto interessati, sentito il Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti. (… Omissis … ) Istruzioni per la condotta dei restauri architettonici Premesso che le opere di manutenzione tempestivamente eseguite assicurano lunga vita ai monu-

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menti, evitando l'aggravarsi dei danni, si raccomanda la maggiore cura possibile nella continua sorveglianza degli immobili per i provvedimenti di carattere preventivo, anche al fine di evitare interventi di maggiore ampiezza. Si ricorda inoltre la necessità di considerare tutte le operazioni di restauro sotto il sostanziale profilo conservativo, rispettando gli elementi aggiunti ed evitando comunque interventi innovativi o di ripristino. Sempre allo scopo di assicurare la sopravvivenza dei monumenti, va inoltre attentamente vagliata la possibilità di nuove utilizzazioni degli antichi edifici monumentali, quando queste non risultino incompatibili con gli interessi storico-artistici. I lavori di adattamento dovranno essere limitati al minimo, conservando scrupolosamente le forme esterne ed evitando sensibili alterazioni all'individualità tipologica, all'organismo costruttivo ed alla sequenza dei percorsi interni. La redazione del progetto per il restauro di un'opera architettonica deve essere preceduta da un attento studio sul monumento condotto da diversi punti di vista (che prendano in esame la sua posizione nel contesto territoriale o nel tessuto urbano, gli aspetti tipologici, le emergenze e qualità formali, i sistemi e i caratteri struttivi, ecc.), relativamente all'opera originaria, come anche alle eventuali aggiunte o modifiche. Parte integrante di questo studio saranno ricerche bibliografiche, iconografiche ed archivistiche, ecc. per acquisire ogni possibile dato storico. Il progetto si baserà su un completo rilievo grafico e fotografico da interpretare anche sotto il profilo metrologico, dei tracciati regolari, e dei sistemi proporzionali e comprenderà un accurato specifico studio per la verifica delle condizioni di stabilità. L'esecuzione dei lavori pertinenti al restauro dei monumenti, consistendo in operazioni spesso delicatissime e sempre di grande responsabilità, dovrà essere affidata ad imprese specializzate e possibilmente condotta in economia, invece che contabilizzata a misura o a cottimo. I restauri debbono essere continuamente vigilati o diretti per assicurarsi della buona esecuzione e per poter subito intervenire qualora si manifestino fatti nuovi, difficoltà o dissesti murari; per evitare infine, specie quando operano il piccone e il martello, che scompaiano elementi prima ignorati od eventualmente sfuggiti all'indagine preventiva, ma certamente utili alla conoscenza dell'edificio ed alla condotta del restauro. In particolare il direttore dei lavori, prima di raschiare tinteggiature o eventualmente rimuovere intonaci deve accertare l'esistenza o meno di qualsiasi traccia di decorazioni, quali fossero le originarie grane e coloriture delle pareti e delle volte. Esigenza fondamentale del restauro è quella di rispettare e salvaguardare l'autenticità degli elementi costitutivi. Questo principio deve sempre guidare e condizionare le scelte operative. Per esempio, nel caso di murature fuori piombo, anche se perentorie necessità ne suggeriscano la demolizione e la ricostruzione, va preliminarmente esaminata e tentata la possibilità di raddrizzamento senza sostituire le murature originarie. Così la sostituzione delle pietre corrose potrà avvenire soltanto per comprovate gravissime esigenze. Le sostituzioni e le eventuali integrazioni di paramenti murari, ove necessario e sempre nei limiti più stretti, dovranno essere sempre distinguibili dagli elementi originari, differenziando i materiali o le superfici di nuovo impiego; ma in genere appare preferibile operare lungo la periferia dell'integrazione con un chiaro e persistente segno continuo a testimonianza dei limiti dell'intervento. Ciò potrà ottenersi con laminetta di metallo idoneo, con una continua serie di sottili frammenti di laterizi o con solchi visibilmente più larghi e profondi, secondo i diversi casi. Il consolidamento delle pietre o di altri materiali dovrà essere sperimentalmente tentato quando i metodi lungamente provati dall'Istituto Centrale del Restauro diano effettive garanzie. Ogni precauzione dovrà essere adottata per evitare l'aggravarsi delle situazioni; così pure ogni intervento dovrà essere messo in opera per eliminare le cause dei danni. Per esempio, appena si notano pietre spaccate da grappe o perni di ferro che con l'umidità si gonfiano, conviene smontare la parte offesa e sostituire il ferro col bronzo o con il rame; o meglio, con acciaio inossidabile, che presenta il vantaggio di non macchiare le pietre. Le sculture in pietra poste all'esterno degli edifici o nelle piazze, debbono essere vigilate, intervenendo quando sia possibile adottare, attraverso la prassi sopraindicata, n metodo collaudato di con-

solidamento o di protezione anche stagionale. Qalora ciò risulti impossibile, converrà trasferire la scultura in un locale interno. Per la buona conservazione delle fontane di pietra o di bronzo, occorre decalcificare l'acqua, eliminando le incrostazioni calcaree e le periodiche dannose ripuliture. La patina delle pietre deve essere conservata per evidenti ragioni storiche. estetiche ed anche tecniche, in quanto essa disimpegna in genere funzioni protettive, come è attestato dalle corrosioni che prendono inizio dalle lacune della patina. Si possono asportare le materie accumulate sopra le pietre - detriti polverosi, fuliggine, guano di colombi, ecc. - usando solo spazzole vegetali o getti d'aria a pressione moderata. Dovranno perciò essere evitate le spazzole metalliche, i raschietti, come pure sono, in generale. da escludere getti a forte pressione di sabbia naturale, di acqua e di vapore e perfino sconsigliabili i lavaggi di qualsiasi natura. (… Omissis…) Istruzioni per la tutela dei Centri Storici Ai fini dell'individuazione dei Centri Storici, vanno presi in considerazione, non solo i vecchi centri urbani tradizionalmente intesi, ma - più in generale - tutti gli insediamenti umani le cui strutture, unitarie o frammentarie, anche se parzialmente trasformate nel tempo, siano state costituite nel passato o, tra quelle successive, quelle eventuali aventi particolare valore di testimonianza storica o spiccate qualità urbanistiche o architettoniche. Il carattere storico va riferito all'interesse che detti insediamenti presentano quali testimonianze di civiltà del passato e quali documenti di cultura urbana, anche indipendentemente dall'intrinseco pregio artistico o formale o dal loro particolare aspetto ambientale, che ne possono arricchire o esaltare ulteriormente il valore in quanto non solo l'architettura, ma anche la struttura urbanistica possiede, di per se stessa, significato e valore. Gli interventi di restauro nei Centri Storici hanno il fine di garantire - con mezzi e strumenti ordinari e straordinari - il permanere nel tempo dei valori che caratterizzano questi complessi. Il restauro non va, pertanto, limitato ad operazioni intese a conservare solo i caratteri formali di singole architetture o di singoli ambienti che concorrono a definire dette caratteristiche. Perché l'organismo urbanistico in parola possa essere adeguatamente salvaguardato anche nella sua continuità nel tempo e nello svolgimento in esso di una vita civile e moderna, occorre anzitutto che i Centri Storici siano riorganizzati nel loro più ampio contesto urbano e territoriale e nei loro rapporti e connessioni con sviluppi futuri: ciò anche al fine di coordinare le azioni urbanistiche in modo da ottenere la salvaguardia e il recupero del centro storico a partire dall'esterno della città, attraverso una programmazione adeguata degli interventi territoriali. Si potrà configurare così, attraverso tali interventi (da attuarsi mediante gli strumenti urbanistici), un nuovo organismo urbano nel quale siano sottratte al centro storico le funzioni che non sono congeniali ad un suo recupero in termini di risanamento conservativo. Il coordinamento va considerato anche in rapporto alla esigenza di salvaguardia del più generale contesto ambientale territoriale, soprattutto quando questo abbia assunto valori di particolare significato strettamente connessi alle strutture storiche così come sono pervenute a noi (come, ad esempio, la corona collinare intorno a Firenze, la laguna veneta, le centuriazioni romane della Valpadana, la zona dei trulli pugliesi ecc.). Per quanto riguarda i singoli elementi attraverso i quali si attua la salvaguardia dell'organismo nel suo insieme, sono da prendere in considerazione, tanto gli elementi edilizi, quanto gli altri elementi costituenti gli spazi esterni (strade, piazze ecc.) ed interni (cortili, giardini, spazi liberi ecc.), ad altre strutture significanti (mura, porte, rocce ecc. ), nonché eventuali elementi naturali che accompagnano l'insieme caratterizzandolo più o meno accentuatamente (contorni naturali, corsi d'acqua, singolarità fitomorfologiche ecc.). Gli elementi edilizi che ne fanno parte vanno conservati non solo nei loro aspetti formali che ne qualificano l'espressione architettonica o ambientale, ma altresì nei loro caratteri tipologici in quanto espressione di funzioni che hanno caratterizzato nel tempo l'uso degli elementi stessi. Ogni intervento di restauro va preceduto, ai fini dell'accertamento di tutti i valori urbanistici, architettonici, ambientali, tipologici, costruttivi, ecc., da un'attenta operazione di lettura

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storico-critica: i risultati della quale non sono volti tanto a determinare una differenziazione operativa - poiché su tutto il complesso definito come centro storico si dovrà operare con criteri omogenei - quanto piuttosto alla individuazione dei diversi vari gradi di intervento, a livello urbanistico e a livello edilizio, qualificandone il necessario risanamento conservativo". A questo proposito occorre precisare che per risanamento conservativo devesi intendere anzitutto, il mantenimento delle strutture viano-edilizie in generale (mantenimento tracciato, conservazione maglia viaria, perimetro isolati etc.); e inoltre il mantenimento del caratteri generali delll'ambiente che comportino la conservazione integrale delle emergenze monumentali ed ambientali più significative e l'adattamento degli altri elementi o singoli organismi edilizi alle esigenze di vita moderna, considerando solo eccezionali le sostituzioni, anche parziali, degli elementi stessi e solo nella misura in cui ciò sia compatibile con la conservazione del carattere generale delle strutture del centro storico. I principali tipi di intervento a livello urbanistico sono: a) ristrutturazione urbanistica: è intesa a verificarne, ed eventualmente a correggerne laddove carenti, i rapporti con la struttura territoriale o urbana con cui esso forma unità. Di particolare importanza è l'analisi del ruolo territoriale e funzionale che il centro storico svolge nel tempo ed al presente. Attenzione speciale in questo senso va posta alla analisi ed alla ristrutturazione dei rapporti esistenti fra centro storico e sviluppi urbanistici ed edilizi contemporanei, soprattutto dal punto di vista funzionale, con particolare riguardo alla compatibilità di funzioni direzionali. L'intervento di ristrutturazione urbanistica dovrà attendere a liberare i centri storici da quelle destinazioni funzionali, tecnologiche o, in generale, d'uso, che provocano un effetto caotico e degradante degli stessi; b) riassetto viario: va riferito all'analisi ed alla revisione dei collegamenti viari e dei flussi di traffici che ne investono la struttura, col fine prevalente di ridurne gli aspetti patologici e ricondurre l'uso del centro storico a funzioni compatibili con le strutture di un tempo. Da considerare la possibilità di immissione delle attrezzature e dei servizi pubblici strettamente connessi alle esigenze di vita del cento; c) revisione dell'arredo urbano: esso concerne le vie, le piazze e tutti gli spazi liberi esistenti (cortili, spazi interni, giardini ecc.), ai fini di una omogenea connessione tra edifici e spazi esterni. I principali tipi di intervento a livello edilizio sono: 1) risanamento statico ed igienico degli edifici, tendente al mantenimento della loro struttura e ad uso equilibrato della stessa; tale intervento va attuato secondo le tecniche, le modalità e le avvertenze di cui le istruzioni per la condotta dei restauri architettonici. In questo tipo di intervento è di particolare importanza il rispetto delle qualità tipologiche, costruttive e funzionali dell'organismo, evitando quelle trasformazioni che ne alterino i caratteri. 2) rinnovamento funzionale degli organismi interni, da permettere soltanto là dove si presenti indispensabile ai fini del mantenimento in uso dell'edificio. In questo tipo di intervento è d'importanza fondamentale il rispetto delle qualità tipologiche costruttive degli edifici, proibendo tutti quegli interventi che ne alterino i caratteri, così come gli svuotamenti della struttura edilizia o l'introduzione di funzioni che deformano eccessivamente l'equilibrio tipologico-costruttivo dell'organismo. Strumenti operativi dei tipi di intervento sopra elencati sono essenzialmente: - piani regolatori generali, ristrutturanti i rapporti tra centro storico e territorio, tra centro storico e città nel suo insieme; - piani particolareggiati relativi alla ristrutturazione del centro storico; - piani esecutivi di comparto, estesi ad un isolato o ad un insieme di elementi organicamente raggruppabili.

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LA CARTA DI AMSTERDAM -1975- (Carta della conservazione integrata) Carta europea del patrimonio architettonico Il Comitato dei Ministri, considerando che scopo del Consiglio d'Europa è di realizzare un'unione più stretta tra i suoi membri, particolarmente al fine di salvaguardare e promuovere gli ideali ed i principi che sono loro patrimonio comune; considerando che gli Stati membri del Consiglio d'Europa, che hanno partecipato alla Convenzione culturale europea del 19 Dicembre 1954, si sono impegnati, in virtù dell'art. 1 di tale Convenzione, a prendere le misure adatte a salvaguardare la parte di loro competenza del patrimonio culturale comune dell'Europa e ad incoraggiarne lo sviluppo; riconoscendo che il patrimonio architettonico, espressione insostituibile della ricchezza e della diversità della cultura europea, è eredità comune di tutti i popoli e che la sua conservazione necessita, per conseguenza, dell'effettiva solidarietà degli Stati europei; considerando che la conservazione del patrimonio architettonico dipende largamente dalla sua integrazione nel quadro della vita dei cittadini e dal suo ruolo nella pianificazione urbanistica e territoriale; vista la Raccomandazione della Conferenza dei Ministri europei responsabili del patrimonio architettonico, svoltasi a Bruxelles nel 1959, e la Raccomandazione 589 (1970) dell'Assemblea Consultiva del Consiglio d'Europa, relative alla elaborazione di una Carta del patrimonio architettonico; riafferma la sua volontà di promuovere una politica europea comune ed un'azione concertata per la protezione del patrimonio architettonico, basandosi sui principi della conservazione integrata; raccomanda ai governi degli Stati membri di adottare le misure d'ordine legislativo, amministrativo, finanziario ed educativo necessarie all'avvio d'una politica di conservazione integrata del patrimonio architettonico e di sviluppare l'interesse del pubblico verso una tale politica, tenendo conto dei risultati raggiunti dalla campagna per l'Anno Europeo del Patrimonio Architettonico, organizzata per il 1975 sotto gli auspici del Consiglio d'Europa. Adotta e proclama i principi della presente Carta preparata dal Comitato dei Monumenti e dei Siti del Consiglio d'Europa, qui appresso riportata: 1) Il patrimonio architettonico europeo non è formato solo dai monumenti più importanti, ma anche dagli insiemi che costituiscono le nostre antiche città e i nostri tradizionali villaggi nel loro ambiente naturale o costruito. Per molto tempo abbiamo protetto e restaurato solo i monumenti più insigni senza tener conto del loro ambiente. Ora, essi possono perdere gran parte del loro carattere se questo ambiente viene alterato. Inoltre, gli insiemi, anche in assenza di edifici eccezionali, possono offrire una qualità ambientale che ne fa un'opera d'arte diversa ed articolata; sono questi insiemi che devono essere conservati come tali. Il patrimonio architettonico testimonia della presenza della storia e della sua importanza nella nostra vita. 2) L'incarnazione del passato nel patrimonio architettonico costituisce un ambiente che è indispensabile all'equilibrio ed alla completezza dell'uomo. Gli uomini del nostro tempo, in presenza d'una civiltà che cambia volto ed i cui pericoli sono palesi quanto gli esiti, sentono d'istinto il valore di questo patrimonio. Essa è una parte essenziale della memoria degli uomini contemporanei e deve essere trasmessa alle generazioni future nella sua autentica ricchezza e nella sua diversità; operando al contrario, l'umanità sarebbe privata d'una parte della sua coscienza, della sua storia. 3) Il patrimonio architettonico è un capitale spirituale, culturale, economico e sociale di insostituibile valore. Ciascuna generazione fornisce una differente interpretazione del passato e ne trae nuove idee. Ogni diminuzione di questo capitale è tanto più un impoverimento in quanto la perdita di valore accumulata non può essere sostituita ugualmente neanche con creazioni di alta qualità. Inoltre, la necessità di risparmiare le risorse s'impone alla nostra società. Lontano dall'essere un lusso per la collettività, l'utilizzazione di questo patrimonio è una risorsa economica. 4) Le strutture degli insiemi storici favoriscono l'equilibrio armonioso della società.

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Questi insiemi costituiscono, in effetti, l'ambiente peculiare per lo sviluppo di un largo arco di attività. Nel passato, essi hanno evitato, generalmente, la segregazione delle classi sociali. Essi possono di nuovo facilitare una buona distribuzione delle funzioni e la più larga integrazione della popolazione. 5) Il patrimonio architettonico ha un valore educativo determinante. Esso offre materia privilegiata di spiegazione e di comparazione del senso delle forme, e una miniera di esempi di loro utilizzazioni. Ora, l'immagine e il contatto diretto assumono nuovamente un'importanza decisiva nella formazione degli uomini. Interessa, dunque, conservare vive le testimonianze di tutte le epoche e di tutte le esperienze. La sopravvivenza di queste testimonianze è assicurata solo se la necessità della loro protezione è compresa dal più grande numero di persone e specialmente dalle giovani generazioni che ne avranno domani la responsabilità. 6) Questo patrimonio è in pericolo. Esso è minacciato dall'ignoranza, dalla vetustà, dalla degradazione sotto tutte le sue forme, dall'abbandono. Un certo modo di fare urbanistica è distruttivo quando le autorità sono troppo sensibili alle pressioni economiche ed alle esigenze della circolazione. La tecnologia contemporanea, mal applicata, guasta le strutture antiche. I restauri abusivi sono nefasti. Infine e soprattutto, la speculazione fondiaria ed immobiliare sottrae parti del tutto ed annienta i migliori piani. 7) La conservazione integrata elimina queste minacce. La conservazione integrata è il risultato dell'azione congiunta delle tecniche del restauro e della ricerca delle funzioni appropriate. L'evoluzione storica ha condotto i centri degradati delle città e, all'occasione, dei villaggi abbandonati, a divenire riserve di abitazioni a basso costo. Il loro restauro deve essere condotto in uno spirito di giustizia sociale e non deve comportare l'esodo di tutti gli abitanti di modeste condizioni. La conservazione integrata deve essere, per questo verso, uno dei momenti preliminari della pianificazione urbana e regionale. È necessario notare che questa conservazione integrata non esclude affatto tutta l'architettura moderna dagli insiemi antichi, ma essa dovrà tenere in gran conto il contesto ambientale esistente, rispettare le proporzioni, la forma e la disposizione dei volumi, nonché i materiali tradizionali. 8) La conservazione integrata richiede la messa a punto di mezzi giuridici, amministrativi, finanziari e tecnici. Mezzi giuridici: la conservazione integrata deve utilizzare tutte le leggi ed i regolamenti esistenti che possano concorrere alla salvaguardia ed alla protezione del patrimonio, qualunque sia la loro origine. Quando queste disposizioni non permettono di ottenere il risultato voluto, è necessario aggiornare e creare gli strumenti giuridici indispensabili, al livello appropriato: nazionale, regionale, locale. Mezzi amministrativi: l'applicazione d'una tale politica richiede la messa in opera di strutture amministrative adeguate e sufficientemente ricche. Mezzi finanziari: la manutenzione ed il restauro degli elementi del patrimonio architettonico devono poter beneficiare, nei casi occorrenti. di tutti gli aiuti e gli incoraggiamenti finanziari necessari, compresi i mezzi fiscali. È essenziale che i mezzi finanziari concessi dal potere pubblico per il restauro dei quartieri antichi siano almeno uguali a quelli riservati alle nuove costruzioni. Mezzi tecnici: gli architetti, i tecnici d'ogni tipo, le imprese specializzate, gli artigiani qualificati capaci di condurre a buon fine i restauri sono in numero insufficiente. È importante sviluppare la formazione e l'impiego della mano d'opera, di invitare l'industria delle costruzioni ad adattarsi a questi bisogni e di favorire lo sviluppo d'un artigianato minacciato di scomparire. 9) La collaborazione di tutti è necessaria alla riuscita della conservazione integrata. Benché il patrimonio architettonico sia proprietà collettiva, ogni sua parte è alla merce del singolo. Ogni generazione del resto non dispone del patrimonio che a titolo vitalizio ed è responsabile della sua trasmissione alle generazioni future. L'informazione del pubblico deve essere tanto più sviluppata in quanto i cittadini hanno il diritto di partecipare alle decisioni che riguardano l'ambiente della loro vita.

10) Il patrimonio architettonico è un bene comune del nostro continente. Tutti i problemi della conservazione sono comuni a tutta l'Europa e devono essere trattati in modo coordinato. Al Consiglio d'Europa spetta d'assicurare la coerenza della politica dei suoi Stati Membri e di promuovere la loro solidarietà. DICHIARAZIONE DI AMSTERDAM -1975Il Congresso di Amsterdam, coronamento dell'Anno Europeo del Patrimonio Architettonico 1975, che ha riunito i delegati venuti da tutti le parti d'Europa, accoglie calorosamente la Carta europea del patrimonio architettonico promulgata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa che riconosce che l'architettura unica dell'Europa è patrimonio comune di tutti i suoi popoli e afferma l'intenzione degli Stati membri di cooperare tra loro e con gli altri Stati europei per proteggerlo. Ugualmente il Congresso afferma che il patrimonio architettonico d'Europa è parte integrante del patrimonio culturale del mondo intero e nota con soddisfazione il mutuo impegno di favorire la cooperazione e gli scambi culturali contenuto nell'Atto finale della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, adottato ad Helsinki nel luglio di quest'anno. Ciò stante il Congresso pone l'accento sulle essenziali considerazioni seguenti: a) Oltre al suo inestimabile valore culturale, il patrimonio architettonico dell'Europa aiuta tutti gli Europei a prendere coscienza di una comunanza di storia e di destino. La sua conservazione riveste, dunque, un'importanza vitale. b) Questo patrimonio comprende non solo edifici isolati di valore eccezionale e l'ambiente che li circonda, ma anche insiemi, quartieri di città e villaggi che presentano interesse storico o culturale. c) Poiché queste ricchezze sono il bene comune di tutti i popoli europei, questi hanno il dovere comune di proteggerli dai crescenti pericoli che li minacciano: abbandono e rovina, demolizioni deliberate, nuove costruzioni non armoniose e circolazione eccessiva. d) La conservazione del patrimonio architettonico deve essere considerata non come un problema marginale, ma come il principale obiettivo della pianificazione urbana e territoriale. e) I poteri locali, sui quali incombe la maggior parte delle decisioni importanti in materia di pianificazione, sono tutti particolarmente responsabili della protezione del patrimonio architettonico e devono aiutarsi attraverso lo scambio delle idee e delle informazioni. f) La riqualificazione dei quartieri antichi deve essere concepita e realizzata, quando è possibile, senza sostanziali modificazioni della composizione sociale dei residenti ed in maniera tale che tutti gli strati della società possano beneficiare d'una operazione finanziaria con fondi pubblici. g) Le misure legislative e amministrative necessarie devono essere potenziate e rese più efficaci in tutti i Paesi. h) Per fare fronte ai costi di restauro, di sistemazione e di manutenzione degli edifici e dei siti d'interesse architettonico o storico, un adeguato aiuto finanziario deve essere messo a disposizione dei poteri locali e dei privati proprietari: inoltre, per questi ultimi, dovranno essere previste agevolazioni fiscali. i) Il patrimonio architettonico sopravviverà solo se sarà apprezzato dal pubblico ed in particolar modo dalle nuove generazioni. I programmi scolastici, a tutti i livelli, dovranno, dunque preoccuparsi di privilegiare questa materia. j) Si devono incoraggiare le organizzazioni private - internazionali, nazionali e locali - che contribuiscono a risvegliare l'interesse del pubblico. k) Poiché l'architettura d'oggi sarà il patrimonio di domani, occorre fare di tutto per assicurare un'architettura contemporanea di alta qualità. Avendo il Comitato dei Ministri, nella Carta Europea del Patrimonio Architettonico, riconosciuto che compete al Consiglio d'Europa assicurare la coerenza della politica dei suoi Stati membri e di promuovere la loro solidarietà, è essenziale che siano stabiliti rapporti periodici per discutere sullo stato d'avanzamento dei lavori di conservazione dell'architettura nei Paesi europei, in modo da con-

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sentire scambi di esperienze. Il Congresso fa appello ai Governi, ai Parlamenti, alle istituzioni spirituali e culturali, agli istituti professionali, alle imprese commerciali ed industriali, alle associazioni private ed a tutti i cittadini perché essi garantiscano il loro pieno appoggio agli obiettivi di questa Dichiarazione e facciano di tutto per assicurarne l'applicazione. Solamente così si conserverà il patrimonio architettonico europeo, insostituibile per l'arricchimento della vita di tutti i suoi popoli, nel presente e in avvenire. Alla fine di questi dibattiti, il Congresso approva le conclusioni e le raccomandazioni seguenti: la nostra società dovrà rinunciare a breve scadenza al patrimonio architettonico e ai siti che formano il suo quadro tradizionale di vita, se non sarà attuata, d'urgenza, una nuova politica di protezione e di conservazione integrata di questo patrimonio. Ciò che oggi importa proteggere sono le città storiche, i quartieri urbani antichi, i villaggi tradizionali, ivi compresi i parchi ed i giardini storici. La protezione di questi insiemi architettonici non può essere concepita che in una prospettiva globale, tenendo conto di tutti gli edifici che hanno valore di cultura, dai più prestigiosi ai più modesti, senza dimenticare quelli d'epoca moderna, così come dell'ambiente nel quale s'inseriscono. Questa protezione globale completerà la protezione puntuale dei monumenti e dei siti isolati. Ora, si comprende meglio il significato del patrimonio architettonico e la legittimità della sua conservazione. È noto che la salvaguardia della continuità storica nell'ambiente è essenziale per il mantenimento o la creazione di un quadro di vita che permetta all'uomo di trovare la sua identità e di provare un sentimento di sicurezza di fronte ai brutali cambiamenti della società: una nuova urbanistica cerca di ritrovare gli spazi chiusi, la scala umana, l'interpretazione delle funzioni e la diversità socioculturale che caratterizzano i tessuti urbani antichi. Ma abbiamo anche scoperto che la conservazione degli edifici esistenti contribuisce all'economia delle risorse ed alla lotta contro lo spreco, una delle grandi preoccupazioni della società contemporanea. È stato dimostrato che gli edifici antichi possono essere adibiti a nuovi usi che rispondano ai bisogni della vita contemporanea. A ciò si aggiunge che la conservazione fa appello ad artisti ed artigiani altamente qualificati il cui talento, e la cui esperienza, devono essere custoditi e trasmessi. Infine, la riqualificazione dell'habitat esistente contribuisce a ridurre gli sconfinamenti sui terreni agricoli e consente di evitare o ridurre sensibilmente lo spostamento della popolazione, il che costituisce un beneficio sociale molto importante della politica di conservazione. Sebbene, per tutte queste ragioni, la legittimità della conservazione del patrimonio architettonico appaia oggi come una nuova forza, è necessario fondarla solidamente e definitivamente: essa, dunque, deve dare luogo a ricerche di carattere fondamentale ed essere inserita in tutti i programmi di educazione e sviluppo culturale. La conservazione del patrimonio architettonico deve essere uno degli obiettivi principali della pianificazione urbana e territoriale La pianificazione urbana e territoriale deve integrare le esigenze della conservazione del patrimonio architettonico e non trattarla più in maniera frazionata o come un elemento secondario, come è spesso accaduto nel passato recente. È divenuto ormai indispensabile un dialogo permanente tra esperti di conservazione e pianificatori. Gli urbanisti devono riconoscere che gli spazi non sono equivalenti ed è importante che siano trattati secondo le specificità che sono a loro peculiari. La considerazione dei valori estetici e culturali del patrimonio architettonico deve portare a stabilire, per gli insiemi antichi, degli obiettivi e delle regole di pianificazione particolari. Non ci si deve limitare a sovrapporre, senza coordinarle, le regole ordinarie della pianificazione e le regole speciali della protezione degli edifici storici. Al fine di rendere possibile questa integrazione, è necessario predisporre un inventario degli edifici, degli insiemi architettonici e dei siti individuando la delimitazione delle zone periferiche di protezione. Sarà auspicabile che questi inventari siano largamente diffusi soprattutto a livello di autorità regionali e locali oltre che di responsabili della pianificazione urbana e territoriale, al fine di richiamare la loro attenzione sugli edifici e le zone degne di essere protette. Un tale inventario

fornirà una base realistica per la conservazione oltre che un elemento qualitativo fondamentale per la gestione dello spazio. La politica di pianificazione regionale deve integrare le esigenze della conservazione del patrimonio architettonico e contribuirvi. Essa, in particolare, può sollecitare l'insediamento di attività nuove in zone in declino economico, al fine di ostacolare lo spopolamento e, quindi, di impedire il degrado degli edifici antichi. D'altra parte, le decisioni relative allo sviluppo della periferia degli agglomerati devono essere orientate in maniera tale da attenuare le pressioni che si esercitano sui quartieri antichi. In relazione a ciò, le politiche concernenti i trasporti, l'occupazione ed una migliore distribuzione dei poli d'attività urbana possono avere un'incidenza notevole sulla conservazione del patrimonio architettonico. La piena attuazione d'una costante politica di conservazione esige una larga decentralizzazione e una precisa considerazione delle culture locali. Ciò presuppone l'esistenza di responsabili della conservazione a tutti i livelli (centrale, regionale, locale) ove sono prese le decisioni in materia di pianificazione. Però la conservazione del patrimonio architettonico non deve essere esclusivo compito degli esperti. È essenziale l'appoggio dell'opinione pubblica. La popolazione, su una base di informazione obiettiva e completa, deve partecipare realmente, dopo la compilazione degli inventari, alla formulazione delle decisioni. Infine, la conservazione del patrimonio s'inserisce in una nuova prospettiva generale, che, preso atto di nuovi criteri di qualità e di valutazione, deve permettere di invertire ormai le scelte e gli obiettivi, troppo spesso determinati, per i tempi brevi, da una visione limitata della tecnica e, in ultima analisi, da una concezione superata. La conservazione integrata impegna la responsabilità dei poteri locali e fa appello alla partecipazione dei cittadini I poteri locali devono avere competenze precise ed estese in materia di protezione del patrimonio architettonico. Applicando i principi della conservazione integrata, essi devono tener conto della continuità delle realtà sociali e fisiche esistenti nelle comunità rurali ed urbane. L'avvenire non può ne deve essere costruito a spese del passato. Per attuare una tale politica, rispettando con intelligenza, sensibilità ed economia l'ambiente costruito dall'uomo, i poteri locali devono: - fondarsi su un'analisi dei tessuti degli insiemi urbani e rurali, ovviamente delle loro strutture e funzioni complesse così come delle caratteristiche architettoniche e volumetriche dei loro spazi costruiti e aperti; - attribuire agli edifici funzioni che, rispondendo alle condizioni della vita attuale ne rispettino il carattere e ne garantiscano la sopravvivenza; - essere attenti al fatto che gli studi, in prospettiva, sull'evoluzione dei servizi pubblici (educativi, amministrativi, medici) dimostrano che il gigantismo è sfavorevole alla loro qualità ed efficacia; - stanziare una parte appropriata del loro bilancio a questa politica. In tale contesto essi devono sollecitare ai Governi la creazione di fondi specifici. Le sovvenzioni ed i prestiti concessi dai poteri locali ai privati o a gruppi diversi devono stimolarne l'impegno morale e finanziario; - designare delegati responsabili per tutti gli affari concernenti il patrimonio architettonico ed i siti; - instaurare organismi d'utilità pubblica creando un legame diretto tra i potenziali utilizzatori degli edifici antichi ed i loro proprietari; - facilitare la formazione ed il funzionamento efficace di associazioni volontarie, di restauro e riqualificazione. I poteri locali devono perfezionare i loro sistemi di consultazione per conoscere il parere dei gruppi interessati sui piani di conservazione e tenerne conto fin dall'elaborazione dei loro progetti. Nel quadro della politica dell'informazione del pubblico, essi devono prendere le loro decisioni, rese note a tutti, usando un linguaggio chiaro ed accessibile a tutti, affinché la popolazione possa conoscere,

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discutere ed apprezzare tutti i motivi della decisione. Dovranno, inoltre, essere previsti luoghi per gli incontri e la discussione pubblica. In questo senso il ricorso alle riunioni pubbliche, alle esposizioni, ai sondaggi d'opinione, ai mass media ed a tutti gli altri mezzi appropriati, dovrebbe divenire pratica corrente. L'educazione dei giovani alla tutela dell'ambiente e la loro collaborazione a tutti i compiti di salvaguardia è uno degli imperativi maggiori dell'azione comunale. Le proposte complementari o alternative, presentate da gruppi o da privati, dovranno essere considerate come un contributo apprezzabile per la pianificazione. Infine, i poteri locali hanno tutto l'interesse a comunicarsi reciprocamente ogni loro esperienza. Di conseguenza, essi dovrebbero istituire uno scambio costante di informazioni e di idee, con tutti i mezzi possibili. La consapevolezza dei fattori sociali condiziona la riuscita di tutta la politica della conservazione integrata Una politica di conservazione implica anche l'integrazione del patrimonio architettonico nella vita sociale. Lo sforzo della conservazione deve essere misurato non solo sul valore culturale degli edifici, ma anche sul valore d'uso. I problemi sociali della conservazione integrata non possono essere risolti che con un riferimento combinato a queste due scale di valore. La riqualificazione d'un ambiente, facente parte del patrimonio architettonico, non è un'operazione necessariamente più onerosa di una costruzione nuova su una infrastruttura esistente, e perfino, della costruzione d'un insieme su di un sito non urbanizzato. Conviene, dunque, nel comparare i costi di questi tre procedimenti, le cui conseguenze sociali sono differenti, di non omettere il costo sociale. A questi sono interessati non solo i proprietari ed i locatari, ma anche gli artigiani, i commercianti e gli imprenditori residenti nella zona e che assicurano la vita e la manutenzione del quartiere. Per evitare che le leggi del mercato vadano ad applicarsi con tutto il loro rigore nei quartieri restaurati - il che comporterebbe l'allontanamento degli abitanti incapaci di pagare fitti maggiorati occorre che i poteri pubblici intervengano per moderare i meccanismi economici, così come fanno sempre quando si tratta di alloggi a carattere sociale. Gli interventi finanziari possono inserirsi entro tali meccanismi per mezzo dell'affidamento ai proprietari dei lavori di restauro, a condizione di fissare limiti per i canoni di fitto e attraverso l'assegnazione di indennità di alloggio ai locatari, onde diminuire lo scarto tra i vecchi e i nuovi canoni di fitto. Al fine di permettere alla popolazione di partecipare all'elaborazione dei programmi è necessario fornire degli elementi per comprenderne la situazione, da una parte, spiegando il valore storico ed architettonico degli edifici da conservare, e, d'altra parte, fornendo tutte le indicazioni sulla ridistribuzione degli alloggi, in forma definitiva e temporanea. Questa partecipazione è tanto più importante in quanto non si tratta più, solamente, di restaurare qualche edificio privilegiato, ma della riqualificazione di interi quartieri. Questa pratica sensibilizzazione alla cultura sarà un beneficio sociale considerevole. La conservazione integrata esige un adattamento delle misure legislative ed amministrative. La nozione di patrimonio architettonico è stata progressivamente allargata dal monumento storico isolato sia agli insiemi architettonici urbani e rurali, sia all'apporto delle epoche architettoniche più prossime a noi; una riforma profonda della legislazione, accompagnata dal rafforzamento dei mezzi amministrativi, costituisce, ora, la condizione preliminare ad una azione efficace. Questa riforma deve essere guidata dalla necessità di coordinare la legislazione, relativa, da una parte, alla pianificazione territoriale, ed alla protezione del patrimonio architettonico, dall'altra. Quest'ultima deve dare una nuova definizione del patrimonio architettonico e degli obiettivi della conservazione integrata. Inoltre, essa deve prevedere, chiaramente, procedure speciali per ciò che riguarda: - la designazione e la delimitazione degli insiemi architettonici; - la delimitazione delle zone periferiche di protezione e le servitù di utilità pubblica da prevedere;

- l'elaborazione dei programmi di conservazione integrata e l'inserimento delle disposizioni di questi programmi nel piano di sistemazione generale; - l'approvazione dei progetti e l'autorizzazione ad eseguire i lavori. - Peraltro, il legislatore dovrà prendere le disposizioni necessarie al fine; - di distribuire in maniera equilibrata il credito di bilancio riservato alla urbanistica e destinato, rispettivamente, alla riqualificazione ed alla costruzione; - di accordare ai cittadini, che decidano di riqualificare un edificio antico, vantaggi finanziari o mezzi equivalenti a quelli di cui si beneficia per nuove costruzioni; - di rivedere, in funzione della nuova politica della conservazione integrata, il regime degli aiuti finanziari dello Stato e degli altri poteri pubblici. Nella misura del possibile, sarà necessario agevolare l'applicazione dei regolamenti e delle disposizioni, afferenti alle costruzioni, in maniera da soddisfare alle esigenze della conservazione integrata. In attesa di accrescere la capacità operativa dei poteri pubblici, è necessario rivedere la struttura dell'amministrazione in maniera tale che i servizi responsabili del patrimonio architettonico siano organizzati ai livelli appropriati, e dotati sia di personale qualificato e sufficiente, sia dei mezzi scientifici, tecnici e finanziari, indispensabili. Questi servizi dovranno aiutare le autorità locali a cooperare per la pianificazione territoriale e ad intrattenere relazioni coordinate con gli organismi pubblici e privati. La conservazione integrata ha bisogno di mezzi finanziari appropriati È difficile definire una politica finanziaria applicabile a tutti i Paesi e valutare le conseguenze delle differenti misure che intervengono nel processo della pianificazione, in ragione delle loro ripercussioni reciproche. Questo processo, inoltre, è esso stesso sottomesso a fattori esterni risultanti dall'attuale struttura della società. È dovere, dunque, di ciascuno Stato, mettere a punto i propri metodi e strumenti di finanziamento. Tuttavia, si può stabilire, con certezza, che non esiste alcun Paese in Europa in cui i mezzi finanziari adibiti alla conservazione siano sufficienti. Appare, inoltre, che nessun Paese europeo ha ancora meccanismi amministrativi perfettamente a punto per rispondere alle esigenze economiche di una politica di conservazione integrata. Per arrivare a risolvere i problemi economici della conservazione integrata, c'è bisogno - ed è questo un fattore determinante - che sia elaborata una legislazione che sottometta le nuove costruzioni a determinate restrizioni per ciò che concerne il volume (altezza, coefficiente d'utilizzazione dei suoli) e ne favorisca un inserimento armonioso. I regolamenti della pianificazione dovranno scoraggiare l'aumento di densità e promuovere la riqualificazione, piuttosto che il rinnovamento previa demolizione. Si devono studiare metodi che permettano di valutare i maggiori costi imposti dalle costrizioni derivanti dai programmi della conservazione. Nella misura del possibile converrà predisporre mezzi finanziari sufficienti, per aiutare i proprietari aventi diritto ad effettuare i lavori di restauro, a sopportare gli oneri addizionali che saranno stati loro imposti, ne più ne meno. Se un tale criterio di sovracosto è accettato si dovrà, naturalmente, controllare che il vantaggio non venga ridotto dalle imposte. Si deve applicare questo stesso principio al profitto della riqualificazione degli insiemi degradati di interesse storico-architettonico che permetterà di ristabilire l'equilibrio sociale. I vantaggi finanziari e fiscali attualmente previsti per le nuove costruzioni dovranno essere accordati, nelle stesse proporzioni, per la manutenzione e la conservazione degli edifici antichi, detratte le maggiorazioni di costo eventualmente versate. I poteri pubblici dovranno creare o incoraggiare l'attivazione di fondi di rotazione per fornire la liquidità necessaria alle collettività locali ed alle associazioni senza scopo lucrativo. Tutto ciò rivolto, particolarmente, a quelle zone dove il finanziamento di un tale programma, sia a breve che a lungo termine, potrà essere assicurato, in modo autonomo, in ragione del plus valore risultante dalla forte domanda che deriverà alle proprietà aventi una tale attrattiva.

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È importante, tuttavia, incoraggiare tutte le fonti di finanziamento privato, particolarmente quelle di origine industriale. Numerose iniziative private hanno in effetti dimostrato il ruolo positivo che queste possono avere in collaborazione con i poteri pubblici, tanto a livello nazionale, che locale. La conservazione integrata richiede una promozione dei metodi, delle tecniche e delle competenze professionali legate al restauro ed alla riqualificazione. I metodi e le tecniche di restauro e riqualificazione degli edifici e degli insiemi storici dovranno essere meglio messi a frutto, e le loro possibilità allargate. Le tecniche specializzate, messe a punto in occasione del restauro di insiemi storici importanti, dovranno essere ormai utilizzate per una più vasta gamma di costruzioni ed insiemi, che presentano un interesse artistico minore. È importante controllare che i materiali da costruzione tradizionali restino disponibili e che le arti e le tecniche tradizionali continuino ad essere applicate. La manutenzione costante del patrimonio architettonico permetterà, a lungo termine di evitare costose operazioni di riqualificazione. Tutto il programma di riqualificazione dovrà essere studiato a fondo prima della sua esecuzione ed è necessario, contemporaneamente, raccogliere una documentazione completa sui materiali e le tecniche e di provvedere ad una analisi dei costi. Questa documentazione dovrà essere raccolta in un centro appropriato. I materiali e le tecniche nuove non dovranno essere applicati che dopo aver conseguito l'accordo con istituzioni scientifiche neutrali. Si dovranno intraprendere ricerche per la definizione di un catalogo dei metodi e delle tecniche utilizzate, ed, a questo fine, creare istituzioni scientifiche che dovranno cooperare strettamente tra loro. Questo catalogo dovrà essere fornito a tutti gli interessati, in maniera tale da favorire la riforma della pratica del restauro e della riqualificazione. È assolutamente necessario disporre di migliori programmi di formazione per personale qualificato. Questi programmi dovranno essere elastici, pluridisciplinari e comprendere insegnamenti che permettano d'acquisire una esperienza pratica, in cantiere. Lo scambio internazionale di conoscenze, di esperienze e di tirocini è un elemento essenziale per la formazione di tutto il personale interessato. Dovrà essere anche più facile disporre di urbanisti, architetti, tecnici e artigiani necessari per preparare i programmi di conservazione e assicurare la promozione di mestieri artigianali che occorrono di frequente nei lavori di restauro e che minacciano di scomparire. La possibilità di qualificazione, le condizioni di lavoro, la remunerazione, la sicurezza dell'impiego e lo stato sociale, dovranno essere sufficientemente attraenti per incitare i giovani a dirigersi verso le discipline aventi un rapporto con il restauro, ed a restare in questo campo di lavoro. In più, le Autorità responsabili del programma di insegnamento, a tutti i livelli, dovranno sforzarsi d'interessare i giovani al mestiere della conservazione. CARTA DI MACHU PICCHU -1978-

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Introduzione Un cantore del Machu Picchu, in una delle sue brillanti metafore, definì la città perduta come l'anfora più alta che contenne il silenzio. Un gruppo di architetti ha affrontato l'ambizioso compito di rompere questo silenzio; tale è l'animus che ispira la presente Carta. Sono trascorsi quasi 45 anni da quando Le Corbusier e i suoi collaboratori del CIAM promulgarono un documento sulla teoria e la metodologia della pianificazione, che fu denominato la Carta di Atene. Molti fenomeni nuovi, emersi in questo periodo, richiedono un aggiornamento della Carta o un altro documento di portata mondiale, elaborato su basi interdisciplinari nell'ambito di una discussione internazionale che coinvolga intellettuali, professionisti, istituti di ricerca e università di

tutti i paesi. Ci sono già stati alcuni tentativi di ammodernare la Carta di Atene. La dichiarazione che segue intende essere soltanto un dato di partenza per tale impresa. Essa riconosce anzitutto che la Carta di Atene del 1933 è ancora un documento fondamentale per la nostra epoca. Può essere aggiornata, ma non ripudiata. Molti dei suoi 95 punti sono tuttora validi, ciò che testimonia sulla vitalità e la continuità del movimento moderno, in urbanistica e in architettura. Atene 1933, Machu Picchu 1977. I luoghi significano. Atene incarnava la culla della civiltà occidentale. Il Machu Picchu simbolizza il contributo culturale di un altro mondo. Atene implicava la razionalità di Platone e di Aristotele, l'illuminismo. Il Machu Picchu rappresenta tutto ciò che sfugge alla mentalità categorica dell'illuminismo e non è classificabile nella sua logica. I nostri interrogativi sono infinitamente più numerosi e complessi di quelli affrontati dagli autori della Carta di Atene. Alcuni forse non hanno risposta. Ma è nostro dovere proporre almeno un indice preliminare dei problemi emersi nelle ultime decadi. 1) Città e regione La Carta di Atene sancì l'unità essenziale delle città e delle loro regioni. Ma l'incapacità generale di affrontare la realtà e le esigenze della crescita urbana e delle trasformazioni socio-economiche induce a riaffermare questo principio in termini più specifici e pressanti. Oggi, in tutto il mondo, il fenomeno dell'urbanizzazione ha portato ad un punto critico la necessità di un uso più efficace delle risorse naturali ed umane. La pianificazione, quale strumento sintetico per analizzare i bisogni, i problemi, le possibilità e per guidare la crescita, lo sviluppo e i mutamenti urbani nei limiti delle risorse disponibili, è un obbligo fondamentale dei governi impegnati nel tema degli insediamenti umani. Nel contesto dell'urbanizzazione contemporanea, i piani devono esprimere l'unità dinamica delle città e delle circostanti regioni, non meno che le relazioni funzionali essenziali tra quartieri, comprensori ed altre aree urbane. Le tecniche e la metodologia della pianificazione devono essere applicate a tutte le scale degli insediamenti umani - quartieri, città, aree metropolitane, regioni, nazioni per orientare le localizzazioni, i tempi e le caratteristiche dello sviluppo. L'obiettivo del pianificare, in generale, cioè della programmazione economica, urbana e architettonica, è in sostanza l'interpretazione delle esigenze umane e l'approntamento di strutture e servizi urbani congeniali ad una situazione sociale in sviluppo. Questa pianificazione richiede un continuo, sistematico processo di interazione tra progettisti, utenti, amministratori e politici. La mancanza di connessione tra programmi economici nazionali e regionali e piani urbanistici ha implicato uno spreco che ha ridotto l'efficacia di entrambi. Troppo spesso le aree urbane riflettono gli effetti secondari di decisioni economiche basate su strategie vaste ed astratte, a lungo termine. Queste decisioni, a livello nazionale, hanno trascurato le necessità prioritarie delle aree urbane e l'interdipendenza operativa fra strategia economica generale e pianificazione del territorio. Perciò la maggior parte della popolazione non ha goduto i benefici potenziali della pianificazione urbanistica e architettonica. 2) La crescita urbana Dal tempo della Carta di Atene, la popolazione mondiale si è raddoppiata, determinando una triplice crisi: ecologica, energetica ed alimentare. Poiché il ritmo della crescita demografica nelle città è assai più rapido dell'aumento generale della popolazione, a questa crisi va aggiunto il decadimento urbano, sottolineato dalla penuria di case, dalla deficienza dei servizi pubblici e dei trasporti, dal deteriorarsi della qualità della vita. Le soluzioni urbanistiche proposte dalla Carta di Atene non potevano prevedere un fenomeno di tale portata, prodotto dall'esodo rurale che è oggi alla base dei problemi urbani. Si possono distinguere due specifiche caratteristiche del caotico accrescimento delle città: la prima corrisponde alle regioni industrializzate, dove gli abitanti economicamente più agiati emigrano verso i sobborghi, resi agibili dalla diffusione dell'automobile, abbandonando le aree centrali a nuovi immigranti che non hanno le capacità economiche e culturali per garantirne il mantenimento e i servizi; la seconda riguarda le regioni in via di sviluppo, le cui enormi città sono invase da una massiccia immigrazione rurale che s'insedia in zone marginali prive d'ogni genere di servizi e di infra-

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strutture. Questi fenomeni non possono essere risolti e neppure controllati con gli usuali strumenti e con le normali tecniche della pianificazione urbana. Dette tecniche tentano di incorporare le aree marginali nell'organismo della città e, in molti casi, le misure adottate per regolamentare la marginalità (introduzione di servizi pubblici, strade, case popolari, ecc.) paradossalmente contribuiscono ad aggravare il problema, incentivando i movimenti immigratori. Le variazioni quantitative producono così fondamentali alterazioni qualitative. 3) Le funzioni integrate La Carta di Atene suggerisce che la chiave dell'assetto urbano attiene a quattro funzioni basiche: abitare, lavorare, ricrearsi e circolare; i piani regolatori devono definire la struttura e la localizzazione di queste funzioni. Questo ha portato ad una settorializzazione funzionale delle città, dove il processo analitico è stato scambiato con l'approccio sintetico atto a creare un ordinamento urbano. Di conseguenza, le relazioni interpersonali nella vita delle città sono state ostacolate al punto che ogni opera architettonica è divenuta un oggetto isolato e le interrelazioni spaziali sono determinante principalmente dalla mobilità umana.-L'esperienza degli ultimi anni ha evidenziato che lo sviluppo urbano non deve incoraggiare la divisione delle città in distinti settori funzionali, ma invece deve mirare ad un'integrazione polifunzionale e contestuale. 4) L'abitazione A differenza della Carta di Atene, noi giudichiamo che la comunicazione umana sia il fattore predominante nell'esistenza stessa della città. Pertanto, la pianificazione urbana e i programmi di edilizia residenziale devono tener conto di questo fatto. Consideriamo inoltre che la qualità della vita e la sua integrazione con l'ambiente naturale sia un fondamentale traguardo nella formulazione di spazi abitabili. Le case popolari non vanno intese come meri prodotti di consumo, sebbene come potenti strumenti di sviluppo sociale. La progettazione delle abitazioni deve avere la flessibilità necessaria per adattarsi alla dinamica sociale, facilitando la partecipazione creativa degli utenti; perciò dovrebbero essere progettati e prodotti in massa elementi edilizi assemblabili da parte dei fruitori, secondo il loro livello economico. Lo stesso spirito di integrazione che rende il problema comunicativo fra gli abitanti della città un elemento basico della vita urbana dovrebbe presiedere alla localizzazione e alla struttura delle aree residenziali dei diversi gruppi comunitari, evitando separazioni inaccettabili alla dignità umana. 5) I trasporti Le città devono programmare e gestire un sistema di trasporti pubblici di massa, considerandolo un aspetto basilare della pianificazione urbana. Il costo sociale dei sistemi di circolazione va correttamente valutato nello studio dell'ampliamento delle città. La Carta di Atene fu esplicita nel definire la circolazione una fondamentale funzione urbana, ma implicò la sua dipendenza dall'automobile come mezzo di trasporto individuale. Dopo 45 anni, appare chiaro che la soluzione ottimale non consiste nel differenziare, moltiplicare e articolare le connessioni stradali. È ormai evidente, e va sottolineato, che la soluzione dei trasporti deve essere ricercata subordinando i mezzi individuali a quelli pubblici di massa. Gli urbanisti devono capire che la città è una struttura in sviluppo la cui forma non può essere definita, perché occorre prevederne la flessibilità e l'estensione. I trasporti e le comunicazioni producono una serie di griglie interconnesse che servono come un sistema articolato fra spazi interni ed esterni, e vanno progettate in maniera tale da ammettere una sperimentazione infinita nei mutamenti di forma ed estensione. 6) La disponibilità del suolo urbano La Carta di Atene affermò la necessità di una legislazione che consentisse di utilizzare il suolo per fini sociali, subordinando gli interessi, privati a quelli collettivi. Malgrado i vari sforzi compiuti dal 1933 in poi, le difficoltà incontrate nell'esproprio delle aree fabbricabili continuano a frapporre un ostacolo rilevante alla pianificazione urbana. Si auspica perciò l'adozione di misure legislative efficienti, capaci di produrre sostanziali miglioramenti a breve termine.

7) Risorse naturali e inquinamento ambientale Una delle più serie minacce contro la natura è determinata oggi dall'inquinamento ambientale che si è aggravato fino a raggiungere proporzioni senza precedenti, potenzialmente catastrofiche, quale diretta conseguenza di una urbanizzazione non pianificata e di un eccessivo sfruttamento delle risorse. In tutto il mondo, nelle aree urbanizzate la popolazione è sempre più soggetta a condizioni ambientali incompatibili con standards sanitari decenti e col benessere umano. Tra le caratteristiche inaccettabili delle odierne aree urbane si annoverano eccessive quantità di sostanze tossiche nell'atmosfera, nell'acqua e negli alimenti nonché dannosi livelli di rumore. La politica di piano che sovrintende allo sviluppo urbano deve includere immediate misure per evitare che si accentui questa degradazione ambientale e per incentivare il restauro di un ambiente consono alle norme dell'igiene e del benessere umano. Queste misure possono e devono riflettersi nella programmazione economica e urbanistica, nella progettazione architettonica, nei criteri e nelle normative tecniche, in genere nella politica di sviluppo. 8) Tutela e preservazione dei valori culturali e del patrimonio storico-monumentale L'identità e il carattere di una città sono formati, ovviamente, non solo dalla struttura fisica ma anche dalle connotazioni sociologiche. Per questo è necessario salvaguardare e conservare le pietre miliari della nostra eredità storica e i suoi valori culturali, onde riaffermare le peculiarità comunitarie e nazionali e/o quelle che assumono un autentico significato per la cultura in generale. Analogamente, è indispensabile che l'azione preservatrice, di restauro e riciclaggio di ambienti storici e monumenti architettonici, sia integrata nel processo vitale dello sviluppo urbano, anche perché questo costituisce l'unico modo di finanziare e gestire tale operazione. Nel processo di riciclaggio di queste zone va presa in considerazione la possibilità di innestarvi edifici moderni di alta qualità. 9) La tecnologia La Carta di Atene si riferisce solo tangenzialmemente al processo tecnologico, allo scopo di discutere l'impatto dell'attività industriale sulla città. Negli ultimi 45 anni, il mondo ha sperimentato un avanzamento tecnologico senza precedenti, che ha inciso sugli orientamenti e sulla pratica dell'architettura e dell'urbanistica. La tecnologia si è sviluppata in parecchie regioni del mondo, e la sua diffusione ed efficiente applicazione sono un problema fondamentale della nostra epoca. Oggi lo sviluppo scientifico e tecnologico e le comunicazioni tra i popoli consentono il miglioramento delle condizioni locali ed offrono ,maggiori possibilità di risolvere i problemi urbani e edilizi. Il cattivo uso di queste possibilità porta spesso ad adottare materiali, tecniche e forme dettati dalla moda o da un'intellettualistica inclinazione alla complessità. In questo senso, l'impatto dello sviluppo tecnico e meccanico ha fatto sì che assai spesso l'architettura sia divenuta un processo per realizzare ambienti condizionati artificialmente, concepiti in funzione di un clima e di un'illuminazione innaturali. Ciò può costituire una soluzione per certi problemi, ma l'architettura deve essere il processo di creare un ambiente pianificato in armonia con gli elementi della natura. Dovrebbe essere chiaramente inteso che la tecnologia è un mezzo e non un fine. Va applicata per realizzare le sue potenzialità in seguito a un serio lavoro di ricerca sperimentale, compito che i governi dovrebbero prendere in considerazione. La difficoltà di usare processi altamente meccanizzati o materiali industrializzati deve implicare non una mancanza di rigore tecnico o di giusta risposta architettonica al problema da risolvere, ma una disciplina più approfondita nel pianificare le soluzioni realizzabili con i mezzi disponibili. La tecnologia costruttiva deve studiare la possibilità di riciclare i materiali al fine di trasformare gli elementi edilizi in risorse utili al rinnovo urbano. 10) L'attuazione di piani Le autorità pubbliche e la professione devono riconoscere che gli obiettivi del processo di pianificazione non si esauriscono redigendo piani regolatori urbani e regionali. È responsabilità dei governi e della professione perseguire l'attuazione dei piani e delle politiche su cui sono basati. Dato il

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costante processo di mutamento che incide sulle città e sulle aree urbane, le pubbliche autorità hanno anche l'obbligo di aggiornare e revisionare i piani di tempo in tempo, secondo le circostanze. Va anche compreso che ogni area urbana o regionale, nel processo di attuazione dei piani e delle politiche di sviluppo, deve raggiungere un proprio equilibrio rispetto all'ambiente, ai limiti delle risorse e alla forma fisica. 11) Progettazione urbana e architettura La Carta di Atene non si occupò di design architettonico. Non era necessario, perché coloro che la firmarono concordavano nel definire l'architettura le jeu savant des volumes purs sous la lumière. La Ville Radieuse era composta di tali volumi; applicava un linguaggio architettonico di matrice cubista perfettamente coerente con la conezione e la metodologia di un pianificare volto alla scomposizione della città nelle sue parti funzionali. Durante le recenti decadi, l'architettura moderna è cresciuta. Il suo problema principale non è più il gioco visuale dei volumi, ma la creazione degli spazi sociali in cui vivere. L'accento ora non è sul contenente, ma sui contenuti; non sulla scatola edilizia isolata, per quanto bella e sofisticata essa sia, ma sulla continuità del tessuto urbano. Nel 1933, lo sforzo era diretto a disintegrare l'oggetto architettonico, e la città, nelle sue componenti. Nel 1977, mira a reintegrare queste componenti che, fuori della loro relazione, hanno perduto vitalità e significato. La reintegrazione, in architettura come in urbanistica, non è l'integrazione a priori tipica del classicismo. Va detto con franchezza che i vari tentativi di risuscitare revivals Beaux-Art sono antistorici ad un grado grottesco, tanto da non meritare neppure di essere discussi. Ma sono sintomi di un consumo linguistico di cui dobbiamo tener conto, non per retrocedere ad una sorta di eclettismo ottocentesco, bensì per attingere uno stadio più maturo del movimento moderno. Per essere precisi, le conquiste degli anni trenta, quando la Carta di Atene fu promulgata, sono ancora pienamente valide. Esse concernono: a) l'analisi delle funzioni e dei contenuti edilizi, b) il principio della dissonanza, c) la visione antiprospettica spazio-temporale, d) la disgregazione della tradizionale scatola edilizia, e) la riunificazione dell'ingegneria strutturale con l'architettura. A queste costanti o invarianti linguistiche ne vanno aggiunte altre due: f) la temporalizzazione dello spazio, g) la reintegrazione edificio-città-territorio. Lo spazio temporalizzato è il massimo contributo di Frank Lloyd Wright: corrisponde alla visione dinamica spazio-temporale del cubismo applicandola non solo ai volumi, ma anche agli spazi umani, non solo ai valori visuali ma anche a quelli sociali. Quanto alla reintegrazione edificio-città-territorio, è la naturale conseguenza della reintegrazione tra città e campagna. È giunto il momento di rivolgere un appello agli architetti affinché vengano pienamente coscienti dello sviluppo storico del movimento moderno, e cessino di moltiplicare panorami urbani obsoleti, composti da prismi monumentali, verticali od orizzontali, opachi, riflettenti o trasparenti. La nuova urbanistica esige una continuità edilizia, e questa implica che ogni elemento del continuum richieda un dialogo con gli altri elementi per completare la propria immagine. Il principio del non-finito non è nuovo. Fu indagato dai manieristi e, in forma esplosiva, da Michelangelo. Ma adesso è un principio non meramente visuale, sebbene soprattutto sociale. L'esperienza dell'arte, nelle ultime decadi, ha dimostrato che l'artista non produce più oggetti finiti: si ferma a metà strada, o a tre quarti, del processo creativo in modo che lo spettatore non sia più in stato di passiva contemplazione dell'opera d'arte, ma divenga un fattore attivo del suo messaggio polivalente. Nel campo edilizio, la partecipazione dei fruitori è anche più importante e concreta. Significa che la popolazione deve partecipare attivamente e creativamente ad ogni fase del procedimento progettuale, al fine di integrare il lavoro dell'architetto. L'approccio non-finito non diminuisce il prestigio dell'urbanista o dell'architetto. Le teorie della relatività e dell'indeterminazione non hanno ridotto il prestigio degli scienziati. Al contrario, l'hanno accresciuto, perché uno scienziato non dogmatico sarà più grande e ricco. Infatti, se gli architetti si

liberano dal precetto accademico della finitezza, la loro immaginazione potrà essere stimolata dall'immenso patrimonio dell'architettura popolare (Kitsch incluso) di quella architettura senza architetti recentemente studiata. Anche qui tuttavia dobbiamo fare attenzione. Riconoscere che i vernacoli e i gherli edilizi possono contribuire alla fantasia architettonica non significa imitarli. Una simile operazione, tanto di moda oggi, è folle quanto copiare il Partenone. Il problema è affatto diverso da quello dell'imitazione. È un fatto accertato che l'approccio più colto alla progettazione architettonica, proprio perché è libero da ogni convenzione - dagli ordini di Vitruvio e da quelli Beaux- Arts, come dai cinque princìpi corbusieriani del 1921 - incontra spontaneamente e si fonde con gli idiomi popolari. La partecipazione degli utenti renderà questo incontro tra linguaggio di alta cultura e linguaggio popolare più organico e autentico. Talvolta, per la loro monumentalità, le costruzioni sulle alture dell'antico Perù sono state paragonate alle piramidi egiziane. Fisicamente, per la grandiosità di ambedue le concezioni, il confronto è calzante. Ma queste furono edificate come monumento alla morte che esaltava la gloria del faraone, mentre quelle furono elevate per le comunità, come monumento alla vita. Vita sulle vette e morte in pianura esprimono, volumetricamente e spiritualmente, la rotta diversa di due grandi civiltà che edificarono per l'eternità. CARTA DI FIRENZE - 1981- (Carta dei Giardini Storici) Nel settembre del 1981, a seguito dei lavori della VI Assemblea generale dell'ICOMOS (Intemational Council o! Monuments and Sites), a Firenze, dopo un ampio dibattito sulla necessità di porre adeguata attenzione alla conservazione e al restauro dei giardini storici, fu redatta la carta, di seguito riportata. 1) Il giardino storico (giardini di case, di palazzi, di ville; parchi; orti botanici; aree archeologiche; spazi verdi dei centri storici urbani ecc.) è un insieme polimaterico, progettato dall'uomo, realizzato in parte determinante con materiale vivente, che insiste e modifica un territorio antropico, un contesto naturale. Esso, in quanto artefatto materiale, è un'opera d'arte e, come tale, bene culturale, risorsa architettonica e ambientale, patrimonio della intera collettività che ne fruisce. Il giardino, al pari di ogni altra risorsa, costituisce un unicum, limitato, peribile, irripetibile, ha un proprio processo di sviluppo, una propria storia (nascita, crescita, mutazione, degrado) che riflette la società e la cultura che l'hanno ideato, costruito, usato e che, comunque, sono entrate in relazione con esso. 2) Per quanto concerne i metodi ed i modi d'intervento si richiama la piena validità della carta del restauro del 1964 e delle disposizioni del 1972. In base ai princìpi in esse indicati e al conseguente dibattito che ne è seguito l'intervento di restauro dovrà rispettare il complessivo processo storico del giardino, poiché tale processo materializza l'evoluzione della struttura e delle configurazioni via via assunte nel tempo. Pertanto ogni operazione che tendesse a privilegiare una singola fase assunta in un certo periodo storico e a ricrearla ex novo, a spese delle fasi successive, comporterebbe una sottrazione di risorsa e risulterebbe riduttiva e decisamente antistorica. L'intervento di restauro perciò dovrà identificarsi con un intervento di conservazione, e tale obiettivo dovrà essere conseguito e garantito nel tempo attraverso un processo di continua, programmata, tempestiva manutenzione. 3) I giardini storici fuori degli agglomerati urbani non sono separabili dal relativo contesto: il tessuto agricolo e boschivo, inteso sia come fatto ambientale, sia come luogo di attività produttiva. La conservazione di un giardino storico è perciò inscindibile da una corretta opera di programmazione e di pianificazione delle risorse, finalizzata al riequilibrio del territorio. La conservazione si intende che debba essere estesa dall'unità di architettura e giardino all'insieme

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delle infrastrutture esterne (rete viaria, piazzali d'accesso, canali, rete idrica, specchi d'acqua ecc.). 4) Per tutelare e conservare bisogna conoscere. L'indagine diretta (unita alla schedatura, al vincolo e - ove necessario - ad un idoneo reimpiego) ancor oggi appare l'esigenza preliminare di ogni intervento. Il giardino va analiticamente studiato in tutte le sue componenti (architettonico, vegetali, idriche, geologiche, topografiche, ambientali ecc.) e attraverso documenti e fonti storiche e letterarie, e attraverso rilievi topografici e catastali antichi, nonché ogni altra possibile fonte iconografica, attraverso la fotointerpretazione e - ove necessario - attraverso l'indagine archeologica diretta. Tale studio analitico e comparato implica il necessario concorso di molte specifiche discipline. Si richiama l'opportunità - già espressa nel colloquio ICOMOS a Zais nel 1975 - di compilare elenchi delle essenze corrette dal punto di vista storico per aree culturali e botaniche, al fine della sostituzione di isolate essenze, sicuramente pertinenti ad un particolare giardino; ribadendo anche per le specie vegetali il concetto del restauro conservativo del palinsesto, cioè del mantenimento delle specie esistenti, immessevi nel tempo e perciò già storicizzate.

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Raccomandazioni Si raccomanda che: 1) Il giardino storico abbia un uso non contrastante con la sua fragilità e comunque tale da non provocare alterazioni., della sua struttura e dell'uso originario. Quando un giardino sia di proprietà pubblica, esso deve essere aperto compatibilmente ai problemi di manutenzione; occorre dunque favorire l'accesso al pubblico, ma al tempo stesso prendere le opportune i precauzioni contro un eccessivo numero di visitatori, programmando accettabili soluzioni alternative. I giardini privati, quando non siano aperti al pubblico, devono essere visitabili in giorni, ore e modi da stabilirsi da parte dei proprietari; le agevolazioni fiscali (D.P.R. n. 131/1978) vanno estese dai manufatti architettonici alle essenze arboree, qualora queste necessitino di interventi di manutenzione straordinaria. 2) I giardini pubblici nei centri storici debbono essere esclusi dagli standards urbanistici, in quanto luoghi dedicati prevalentemente alla passeggiata, al riposo, allo studio. Nella pianificazione urbana e territoriale vanno previsti perciò nuovi parchi per uso della collettività e per tutte le sue esigenze. 3) Nell'attuale riforma della legge sui beni culturali sia dichiarato che nella elaborazione dei Piani Regolatori siano riconosciuti come degni di tutela, nella loro perimetrazione globale, i giardini e i parchi storici anche se ancora non vincolati e ciò ai fini di una auspicata promozione culturale. 4) Il Ministero dei Beni Culturali e ambientali crei un apposito ufficio destinato all'ambiente che curi -in collaborazione con le Università e tutti gli altri Enti interessati- il censimento e la schedatura completa dei giardini, e a cui faccia capo ogni operazione di vincolo e di programmazione e coordinamento degli interventi. 5) Nei bilanci dello Stato e degli Enti locali siano previste voci specifiche concernenti le disponibilità economiche per la manutenzione dei giardini storici. 6) Nei grandi comuni siano istituite scuole di giardinaggio le quali offrano anche lezioni sui giardini storici della zona e sulla loro particolare manutenzione e conservazione. 7) Nelle zone archeologiche dove sia opportuno progettare parchi (con concorso nazionale) si tenga conto, con i necessari apporti collaborativi interdisciplinari, della delicatezza della zona. 8) Nelle commissioni edilizie urbanistiche e territoriali venga sempre interpellato un esperto dei giardini. 9) Si organizzino ed allestiscano in sito esposizioni ed opportuni sussidi didattici attraverso i quali offrire un'esatta lettura della genesi del giardino e delle sue modifiche nel tempo, pubblicizzando tutti i documenti grafici, letterari, storici e le raffigurazioni antiche, accompagnate da rilievi e dalle ipotesi ricostruttive e insieme dalla illustrazione della parte botanica (originaria sostituita e inserita successivamente ecc.).

10) Nell'attuale riforma e sperimentazione universitaria si dia riconoscimento istituzionale all'area delle scienze dell'ambiente, incoraggiando particolari corsi formativi, indirizzi e corsi di laurea, nonché corsi di specializzazione e perfezionamento post lauream. 11) Le competenti autorità avviino gli studi per la costituzione di un catasto specializzato dei giardini storici, il quale, elencando le loro peculiari caratteristiche, possa stabilire un pubblico registro, capace di definire la relativa individualità e di assicurare nel tempo la necessaria salvaguardia. CONVENZIONE DI GRANADA -1985- (Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico dell'Europa) Gli Stati membri del Consiglio d'Europa, firmatari della presente Convenzione: - considerando che lo scopo del Consiglio d'Europa è di realizzare un'unione più stretta tra i suoi membri, al fine di salvaguardare e di promuovere gli ideali e i princìpi che sono loro patrimonio comune; - riconoscendo che il patrimonio architettonico costituisce una espressione insostituibile della ricchezza e della diversità del patrimonio culturale dell'Europa, una testimonianza inestimabile del nostro passato e un bene comune a tutti gli europei; - vista la Convenzione Culturale Europea firmata a Parigi il 29 Dicembre 1954 e in particolare il suo art. 1; - vista la Carta Europea del Patrimonio Architettonico adottata dal Consiglio dei Ministri del Consiglio d'Europa il 26 Settembre 1975 e la Risoluzione (76) 28, adottate il 14 aprile 1976 relativa all'adozione di sistemi legislativi e regolamentari nazionali per le esigenze della conservazione integrata del patrimonio architettonico; - vista la Raccomandazione 880 (1979) dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa relativa alla Conservazione del Patrimonio Architettonico; - tenuto conto della Raccomandazione n. R (80) 16 del Comitato dei Ministri agli Stati membri, concernente la formazione specialistica di architetti, urbanisti, ingegneri del Genio Civile e paesaggisti nonché la Raccomandazione n. R (81) 13 del Comitato dei Ministri adottata il 1° Luglio 1981 concernente le azioni da intraprendere in favore di alcuni mestieri minacciati di sparizioni nel quadro dell'attività artigianale; - ricordano che è importante trasmettere un sistema di referenza culturale alle future generazioni, migliorare il quadro di vita urbana e rurale e favorire con la stessa occasione lo sviluppo economico, sociale e culturale degli Stati o delle regioni; - affermano che è importante accordarsi sugli orientamenti essenziali di una politica comune che garantisca la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio architettonico: - convengono quanto segue: Definizione del patrimonio architettonico Art. 1 - Ai fini della seguente Convenzione, l'espressione patrimonio architettonico"è considerata come comprendente i beni immobili seguenti: 1) I monumenti: tutte le realizzazioni particolarmente rilevanti a causa del loro interesse storico, archeologico, artistico, scientifico, sociale o tecnico, compreso le installazioni o gli elementi decorativi facenti parte integrante di queste realizzazioni; 2) Gli insiemi architettonici: archeologico, artistico, scientifico, sociale o tecnico e sufficientemente coerenti al fine di una delimitazione topografica; 3) I siti: opere congiunte dell'uomo e della natura, parzialmente costruite e costituenti spazi sufficientemente caratteristici ed omogenei al fine di una delimitazione topografica, notevoli per il loro interesse storico, archeologico, sociale o tecnico. Identificazione dei beni da proteggere Art. 2 - Al fine di identificare con precisione i monumenti, insiemi architettonici esiti suscettibili di essere protetti, ciascun Paese si impegna a perseguire l'inventario e, in caso di minaccia grave sui

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beni di cui si tratta, stabilire nel più breve tempo una documentazione appropriata. Procedure legali di protezione Art. 3 - Ciascuna parte si impegna: 1) A porre in opera un regime legale di protezione del patrimonio architettonico; 2) Ad assicurare, nel quadro di tale regime e secondo modalità proprie di ciascuno Stato o regione, la protezione dei monumenti, degli insiemi architettonici e dei siti. Art. 4 - Ciascuna parte si impegna: 1) Ad applicare, in virtù della protezione giuridica dei beni considerati, procedure di controllo e di autorizzazioni appropriate; 2) Ad evitare che i beni protetti siano sfigurati, degradati o demoliti. In questa prospettiva ciascuna parte si impegna, se non è stato già fatto, ad introdurre nella sua legislazione disposizioni che prevedono: a) Di sottomettere ad una autorità competente progetti de demolizione o di modifica dei monumenti già protetti o facenti oggetto di una procedura di protezione, nonché tutti i progetti che interessano i loro ambienti circostanti; b) Di sottomettere ad una autorità competente i progetti che riguardano, in tutto o in parte, un insieme architettonico o un sito che comportano lavori: - di demolizione di edifici - di costruzione di nuovi edifici - di modifiche importanti che interessano il carattere dell'insieme architettonico del sito; c) La possibilità per i poteri pubblici di impedire al proprietario di un bene protetto di effettuare lavori o di sostituirsi a lui in caso di inadempienza da parte sua; d) La possibilità di espropriare un bene protetto. Art. 5 - Ciascuna parte si obbliga ad impedire lo spostamento, in tutto o in parte, di un monumento protetto, salvo che nell'ipotesi in cui la salvaguardia materiale di questo monumento lo esigerà imperativamente. In questo caso, l'autorità competente prenderà le garanzie necessarie per il suo smontaggio, il suo trasferimento ed il suo rimontaggio in luogo appropriato. Misure complementari Art. 6 - Ciascuna parte si impegna a: 1) Prevedere, in funzione delle competenze nazionali, regionali e locali, e nei limiti dei bilanci disponibili, un contributo finanziario dei poteri pubblici ai lavori di manutenzione e di restauro del patrimonio architettonico posto sul suo territorio; 2) Far ricorso, se il caso lo richiede, a misure fiscali suscettibili di favorire la conservazione del suo patrimonio; 3) Incoraggiare le iniziative private in materia di manutenzione e di restauro di questo patrimonio. Art. 7 - Intorno ai monumenti, all'interno degli insiemi architettonici e dei siti, ciascuna parte di impegna a suscitare misure tendenti a migliorare la qualità dell'ambiente. Art. 8 - Ciascuna parte si impegna allo scopo di limitare i rischi di degrado fisico del patrimonio architettonico: 1) a sostenere la ricerca scientifica in vista di identificare e di analizzare gli effetti nocivi dell'inquinamento ed allo scopo di definire i mezzi per indurre o eliminare questi effetti; 2) a prendere in considerazione i problemi specifici della conservazione del patrimonio architettonico nelle politiche di lotta contro la polluzione. Sanzioni Art. 9 - Ciascuna parte si impegna, nel quadro dei propri poteri, a far si che le infrazioni alla legislazione di protezione del patrimonio architettonico siano oggetto di misure appropriate e sufficienti da parte delle autorità competenti. Queste misure possono comprendere, se il caso lo richiede, l'obbligo per gli autori di demolire un nuovo edificio costruito irregolarmente o di restituire lo stato anteriore del bene protetto. Politiche di conservazione Art. 10 - Ciascuna parte si impegna ad adottare politiche di conservazione integrata che:

1) Pongano la protezione del patrimonio architettonico tra gli obiettivi essenziali della pianificazione del territorio e dell'urbanistica e che assicurano l'osservanza di questo imperativo nei diversi stati di elaborazione dei piani di assetto del territorio e delle procedure di autorizzazione dei lavori; 2) Promuovano programmi di restauro e di manutenzione del patrimonio architettonico; 3) Facciano della conservazione, dell'animazione e della valorizzazione del patrimonio architettonico, un elemento prevalente delle politiche in materia di cultura, di ambiente e di assetto del territorio; 4) Favoriscano, quando è possibile, nel quadro del processo di pianificazione e di urbanistica, la conservazione e l'utilizzazione di edifici 1a cui importanza non giustifica una protezione ai sensi dell'art. 3 paragrafo 1 della presente Convenzione, ma che presentano un valore di accompagnamento dal punto di vista dell'ambiente urbano o rurale o del quadro di vita; 5) Favoriscano l'applicazione e lo sviluppo indispensabile all'avvenire del patrimonio, di tecniche e materiali tradizionali. Art. 11 - Ciascuna parte si impegna a favorire, pur rispettando il carattere architettonico e storico del patrimonio: - l'utilizzazione dei beni protetti tenendo conto dei bisogni della vita contemporanea; - l'adattamento, quando esso si dimostra appropriato, degli antichi edifici a nuovi usi. Art. 12 - Pur riconoscendo l'interesse di facilitare la visita da parte del pubblico ai beni protetti, ciascuna parte si impegna a fare in modo che le conseguenze di questa apertura al pubblico, particolarmente le sistemazioni degli accessi, non arrechino danni al carattere architettonico e storico di questi beni e del loro ambiente. Art. 13 - Al fine di facilitare l'applicazione di queste politiche ciascuna parte si impegna a sviluppare nel contesto proprio della sua organizzazione politica e amministrativa la effettiva collaborazione alle diverse scale dei servizi responsabili della conservazione dell'azione culturale, dell'ambiente e dell'assetto del territorio. Partecipazione ed associazione Art. 14 - In vista di assecondare l'azione dei poteri pubblici a favore della conoscenza, protezione, restauro, gestione ed animazione del patrimonio architettonico, ciascuna parte si impegna: 1) a rendere noto, ai diversi stadi dei processi di decisione, delle strutture di informazione, di consultazione e di collaborazione tra lo Stato, le collettività locali, le istituzioni ed associazioni culturali ed il pubblico; 2) a favorire lo sviluppo del meccanismo e delle associazioni a scopo non lucroso, operante nella materia. Informazione e formazione Art. 15 - Ciascuna parte si impegna: 1) A valorizzare la conservazione del patrimonio architettonico nell'opinione pubblica sia come elemento di identità culturale che come fonte di ispirazione e di creatività per le generazioni presenti e future; 2) A promuovere a questo fine politiche di informazione e di sensibilizzazione particolarmente con l'aiuto delle tecniche moderne di diffusione e di animazione avendo in particolare per obiettivo: a) di svegliare o di accrescere la sensibilità del pubblico, dall'età scolare, alla protezione del patrimonio, alla qualità dell'ambiente costruito ed all'espressione architettonica b) di mettere in evidenza l'unità del patrimonio culturale e dei legami esistenti tra l'architettura, le arti, le tradizioni popolari e modi di vita, sia a livello europeo che nazionale o regionale. Art. 16 - Ciascuna parte si impegna a favorire la formazione delle diverse professioni e dei diversi corpi dei mestieri che intervengono nella conservazione del patrimonio architettonico. Coordinamento europeo delle politiche europee Art. 17 - Le parti si impegnano a scambiare le informazioni sulle loro politiche di conservazione per quello che concerne: 1) i metodi da definire in materia di inventario, di protezione e di conservazione dei beni, tenuto conto dell'evoluzione storica e dell'aumento progressivo del patrimonio architettonico;

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2) i mezzi di conciliare per il meglio l'imperativo della protezione del patrimonio architettonico ed i bisogni della vita economica, sociale e culturale; 3) le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, riguardanti insieme l'identificazione e la registrazione, la lotta contro il degrado dei materiali, la ricerca scientifica, i lavori di restauro ed i modi di gestione e di animazione del patrimonio architettonico; 4) i mezzi di promuovere la creazione architettonica che assicura il contributo della nostra epoca al patrimonio dell'Europa. Art. 18 - Le parti si impegnano a prestarsi ogni qualvolta sia necessario una assistenza tecnica reciproca consistente in uno scambio di esperienze e di esperti in materia di conservazione del patrimonio architettonico. Art. 19 - Le parti si impegnano a favorire nel quadro delle legislazioni nazionali pertinenti o degli accordi internazionali dalle quali esse sono legate, gli scambi europei di specialisti della conservazione del patrimonio architettonico. Art. 20 - Ai fini della presente Convenzione, un Comitato di esperti istituito dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa in virtù dell'art. 17 dello Statuto del Consiglio d'Europa è incaricato di seguire l'applicazione della Convenzione, ed in particolare: 1) di sottomettere periodicamente al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa un rapporto sulla situazione delle politiche di conservazione del patrimonio architettonico negli Stati parti della Convenzione, sull'applicazione dei principi che essa ha enunciato e sulle proprie attività; 2) di proporre al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ogni misura tendente alla messa in opera delle disposizioni della Convenzione, comprese nel campo delle attività multilaterali ed in materia di revisione o di emendamento della Convenzione così come di informazione del pubblico sugli obiettivi della Convenzione; 3) di fare raccomandazioni al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa relativi all'invito di Statati non membri del Consiglio d'Europa ad aderire alla Convenzione. Art. 21 - Le disposizioni della presente convenzione non portano danno all'applicazione delle disposizioni specifiche più favorevoli alla protezione dei beni indicati all'art. 1 contenuti ne: - la convenzione riguardante la protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale del 16 Novembre 1972; - la convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico del 6 Maggio 1969. (omesse le clausole finali dall'art. 22 all'art. 27) CARTA DI NOTO -1986- (Prospettive per la Conservazione e il Recupero del Centro Storico)

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Tenuti presenti gli orientamenti e gli indirizzi contenuti nelle Carte e nelle Convenzioni nazionali e internazionali sui problemi della tutela e del Restauro, i partecipanti al Convegno Internazionale Consulto su Noto a conclusione dei lavori ritengono di dover sottolineare quanto segue: 1) Strumenti operativi per l'intervento nei centri storici Una realtà come Noto sembra suggerire l'opportunità di uno strumento operativo intermedio tra il piano di recupero (previsto dalla Legge n. 457/1978) e l'esercizio di tutela su edifici singoli e singolari per storicità o artisticità (Legge n. 1089/1939). Tale piano, che in via sperimentale definiamo Piano di conservazione integrata dell'insieme storico, per quanto possibile armonicamente collocato nelle più generali previsioni di Piano Regolatore Generale, tenderà a rendere ordinate, complementari e conseguenti le fasi fondamentali della conservazione: dalle analisi di conoscenza preliminare alle formulazioni diagnostiche fino alla terapia per l'intero arco dell'intervento. 2) Analisi conoscitive Si ritiene preliminare a qualsiasi intervento l'acquisizione di tutti i dati possibili: dall'esegesi bibliografica all'indagine archivistica sulla costruzione, dalle sistemazioni storiografiche alle interpretazioni critiche. Tali conoscenze dovranno condurre a un sistema organico di rilievi e analisi dirette e strumentali, tesi a restituire - se necessario con l'evidenza del dettaglio - tutti gli elementi funzion-

ali, strutturali e infrastrutturali della città storica nonché dei manufatti edilizi (considerandone sia la realtà figurativa che i materiali, gli elementi, i sistemi e le tecniche costruttive, i comportamenti statici ecc.). Si ricorda infine che il Piano di conservazione integrata dovrà essere basato su rilevazioni architettoniche sistematiche e sulle tecniche diagnostiche più avanzate, dalla cartografia urbana e impiantistico-tecnologica più aggiornata, alle analisi delle condizioni di rischio sismico, nonché a tutte le informazioni utili ad una più generale e sistematica conoscenza del monumento e dell'insieme storico. 3) Analisi dei materiali da costruzione Si raccomanda in modo particolare lo studio dei materiali costitutivi dei manufatti edilizi e dei prodotti della loro alterazione. Tali analisi, accompagnate dallo studio delle tecniche estrattive e costruttive, dovranno anche prevedere la caratterizzazione dei provvedimenti e dei materiali manutentivi tradizionali. Le indagini devono essere finalizzate alla individuazione delle cause del degrado dei materiali e delle metodologie adatte per la pulitura, il consolidamento, la stuccatura e la protezione superficiale dei paramenti lapidei, delle malte e degli intonaci o di qualsiasi altro materiale poroso. Bisogna inoltre tendere all'elaborazione di un progetto di conservazione e di un programma manutentivo da realizzarsi su un edificio campione con un cantiere sperimentale. 4) Strumenti sussidiari per la progettazione del restauro È auspicabile che i dati conoscitivi, progressivamente acquisiti, vengano ordinati per elementi costruttivi e distinti per aree culturali omogenee. Tali dati potranno così essere messi a disposizione degli operatori con lo scopo di favorire ulteriori ricerche e di costituire un utile orientamento nella redazione del progetto di restauro. A tal fine sembra auspicabile la redazione di Manuali intesi a rappresentare con l'evidenza del dettaglio architettonico le strutture edilizie tipiche, dalle murature alle volte, dai solai alle pavimentazioni, dalle ferrature agli infissi ecc., a fini di conoscenza e di intervento di manutenzione e rinforzo. Si raccomanda infine che il progetto di restauro delle singole entità architettoniche venga sempre preceduto da un'analisi degli spazi, delle caratteristiche espressive, delle relazioni sistematiche dei singoli ambienti, da saggi e osservazioni dirette (da effettuare nell'ambito del cantiere). Come ultima considerazione - che deve essere per altro valutata come fondamentale - bisogna ricordare l'esigenza di un riequilibrio economico-sociale. Occorrerà infatti individuare nuovi tipi di organizzazione e di assetti produttivi, tali da garantire l'equilibrio economico e sociale della città con le sue parti e la più generale dimensione nel territorio, attraverso un approccio integrato al territorio che porti a piena valorizzazione le capacità economiche e imprenditoriali nei settori dei beni culturali, del turismo, dell'agricoltura, dell'artigianato, del commercio, della difesa ambientale. I partecipanti al Convegno sottopongono inoltre alle Autorità competenti le seguenti due raccomandazioni: a) Tutela dei Centri Storici dal rischio sismico A seguito delle determinazioni cui è pervenuta la Commissione Grandi Rischi, il Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti del CNR ed il Dipartimento di Protezione Civile, che individua nella Sicilia Orientale una delle zone a maggiore rischio sismico del territorio nazionale, ed in considerazione delle indagini già svolte su tale territorio che indicano una possibilità di eventi sismici con conseguenti danni alle persone e alle cose, il gruppo di specialisti di progettazione sismica presenti al Consulto, propone quanto segue: al fine di attuare misure di prevenzione e di sicurezza in tutte le realtà urbane inserite in zona sismica, si ribadisce la necessità - emersa da tempo - di procedere a: - realizzare specifiche mappe di rischio sismico dei Centri Storici della Sicilia Orientale individuate in base ad analisi della vulnerabilità ai terremoti che tenga conto delle condizioni di stabilità delle costruzioni esistenti e della loro localizzazione; - individuare priorità di intervento motivate e da ragioni di tutela dei beni storico-monumentali e da ragioni di pubblica incolumità e protezione civile; - definire idonei criteri e tecniche di intervento per l'adeguamento sismico di tali edifici, opportunamente studiati in relazione alle caratteristiche costruttive degli edifici in sede locale. A livello di indicazione generale si ribadisce l'opportunità che tali interventi siano attuati in base ad

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indicazioni normative che tengano conto della realtà sociale e territoriale regionale e delle specifiche condizioni operative nel contesto siciliano. b) Formazione e qualificazione dei Maestri d'Arte nel campo del restauro architettonico Preso atto della trasformazione o della scomparsa di attività artigianali legate alle tecniche e ai mestieri tradizionali in campo edilizio e considerando nello stesso tempo che l'intervento di restauro - al di là delle corrette scelte progettuali - è fortemente condizionato dalla possibilità di reperire maestranze qualificate con una conoscenza approfondita di tali tecniche, ne consegue la necessità e l'urgenza di formare tali maestranze e di riqualificare quelle già operanti. Si propone pertanto di varare nella zona degli Iblei un laboratorio di formazione che promuova corsi per addetti alla manutenzione del patrimonio architettonico, tenendo anche conto di esperienze analoghe maturate nel settore (Spoleto, Ferrara, Venezia, Botticino, ecc.). Per il funzionamento del laboratorio si ritiene indispensabile: - un'azione coordinata fra le varie forze interessate facenti capo alla Regione, ai suoi organi tecnici di tutela, al Comune e all'Istituto Centrale del Restauro; - agevolare la promozione e l'organizzazione di cooperative e di consorzi; - un rapporto stretto fra strutture didattiche e sbocchi occupazionali. Per ciò che concerne il programma dei corsi - da concordare nella loro concreta articolazione d'intesa fra Regione, Università, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ed esperti - si propone: - la loro suddivisione in corsi di prima formazione, riqualificazione e specializzazione; - un contatto diretto con il cantiere di restauro unito alla pratica del laboratorio edilizio e dell'insegnamento teorico; - l'attivazione di cantieri-scuola; - una compresenza di conoscenze tecniche tradizionali e moderne (e sui materiali prodotti amano e dell'industria). Si prevedono essenzialmente due tipi di corsi: - corsi per formazione e riqualificazione delle varie figure professionali (maestri muratori, imbianchini stuccatori, doratori, carpentieri, lapicidi, fabbri, ecc.); - corsi per addetti alla manutenzione dell'esistente (materiali lapidei e metallici, pitture murali, legno, ecc.). LA DICHIARAZIONE DI WASHINGTON -1987- (Carta internazionale per la salvaguardia delle città storiche)

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Preambolo e definizioni Tutte le città del mondo, risultanti sia da uno sviluppo più o meno spontaneo sia da un determinato progetto, sono le espressioni materiali della diversità della società attraverso la storia e sono, per questo, tutte storiche. La presente Carta concerne più precisamente le città, grandi o piccole, ed i centri o quartieri storici, con il loro ambiente naturale o costruito, che esprimono, oltre alla loro qualità di documento storico, i valori peculiari di civiltà urbane tradizionali. Ora, questi sono minacciati dal degrado, dalla destrutturazione o meglio, distruzione, sotto l'effetto di un modo di urbanizzazione nato nell'era industriale e che concerne oggi, universalmente, tutte le società. Di fronte a questa situazione, spesso drammatica, che provoca perdite irreversibili di carattere culturale e sociale ed anche economico, il Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti (ICOMOS) ha ritenuto necessario redigere una Carta internazionale per la salvaguardia delle città storiche. Questo nuovo testo, completando la Carta internazionale sulla conservazione ed il restauro dei monumenti e dei siti (Venezia, 1964) definisce i princìpi e gli obiettivi, i metodi e gli strumenti atti a salvaguardare la qualità delle città storiche, a favorire l'armonia della vita individuale e sociale ed a perpetuare l'insieme di beni anche modesti, che costituiscono la memoria dell'umanità. Come nel testo

della Raccomandazione dell'UNESCO concernente la salvaguardia degli insiemi storici o tradizionali ed il loro ruolo nella vita contemporanea (Varsavia-Nairobi, 1976) e come anche in altri strumenti internazionali, si intendono qui per salvaguardia delle città storiche le misure necessarie sia alla loro protezione, alla loro conservazione Ed al loro restauro che al loro sviluppo coerente ed al loro adattamento armonioso alla vita contemporanea. Principi e obiettivi 1) La salvaguardia delle città e quartieri storici deve. per essere efficace. far parte integrante di una politica coerente di sviluppo economico e sociale ed essere presa in considerazione nei piani di assetto del territorio e di urbanistica a tutti i livelli. 2) I valori da preservare sono il carattere storico della città e l'insieme degli elementi materiali e spirituali che ne esprime l'immagine; in particolare: a) la forma urbana definita dalla trama viaria e dalla suddivisione delle aree urbane; b) le relazioni tra i diversi spazi urbani: spazi costruiti, spazi liberi, spazi verdi; c) la forma e l'aspetto degli edifici (interno ed esterno), così come sono definiti dalla loro struttura, volume, stile, scala, materiale, colore e decorazione; d) le vocazioni diverse della città acquisite nel corso della sua storia. Ogni attentato a tali valori comprometterebbe l'autenticità della città storica. 3) La partecipazione ed il coinvolgimento degli abitanti di tutta la città sono indispensabili al successo della salvaguardia. Essi devono, dunque, essere ricercati in ogni circostanza e favoriti dalla necessaria presa di coscienza di tutte le generazioni. Non bisogna mai dimenticare che la salvaguardia delle città e dei quartieri storici concerne in primo luogo i loro abitanti. 4) Gli interventi su un quartiere o una città storica devono essere condotti con prudenza, metodo e rigore, evitando ogni dogmatismo ma tenendo in considerazione i problemi specifici e ciascun caso particolare. Metodi e strumenti 5) La pianificazione della salvaguardia delle città e dei quartieri storici deve essere preceduta da studi pluridisciplinari. Il piano di salvaguardia deve comprendere un'analisi dei dati, specialmente archeologici, storici, architettonici, tecnici, sociologici ed economici e deve definire i principali orientamenti e le modalità di azione da intraprendere a livello giuridico, amministrativo e finanziario. Esso dovrà tendere a definire un'articolazione armoniosa dei quartieri storici nell'insieme della città. Il piano di salvaguardia deve individuare gli edifici o i gruppi di edifici da proteggere particolarmente, da conservare in determinate condizioni e da demolire, in circostanze eccezionali. Lo stato dei luoghi prima di ciascun intervento sarà rigorosamente documentato. Il piano deve ricevere l'adesione degli abitanti. 6) In attesa dell'adozione di un piano di salvaguardia, le azioni necessarie alla conservazione devono essere prese nel rispetto dei principi e metodi della presente Carta e della Carta di Venezia. 7) La conservazione delle città e dei quartieri storici implica una manutenzione permanente del costruito. 8) Le funzioni nuove e le reti di infrastrutture richieste dalla città contemporanea devono essere adattate alle specificità delle città storiche. 9) Il miglioramento dell'habitat deve costituire uno degli obiettivi fondamentali della salvaguardia. 10) Nel caso in cui si rendesse necessario effettuare trasformazioni di immobili o costruirne di nuovi, ciascuna aggiunta dovrà rispettare l'organizzazione spaziale esistente, specialmente la suddivisione delle aree urbane e la sua scala, così come impongono la qualità e il valore d'insieme delle costruzioni esistenti. L'introduzione di elementi di carattere contemporaneo, a condizione di non nuocere all'armonia dell'insieme, può contribuire al suo arricchimento. 11) È importante concorrere ad una migliore conoscenza del passato delle città storiche favorendo le ricerche di archeologia urbana e la presentazione appropriata dei ritrovamenti, senza nuocere all'organizzazione generale, del tessuto urbano.

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12) La circolazione dei veicoli deve essere strettamente regolamentata all'interno dei quartieri storici; le aree di parcheggio dovranno essere ordinate in modo da non degradare il loro aspetto ne quello del loro ambiente. 13) Le grandi reti autostradali, previste nel quadro dell'assetto del territorio, non devono penetrare nelle città storiche, ma solamente facilitare il traffico di approccio a queste città e permetterne un accesso facile. 14) Misure preventive contro catastrofi naturali e contro tutti i disastri (specialmente l'inquinamento e le vibrazioni) devono essere prese a favore delle città storiche, per assicurare sia la salvaguardia del loro patrimonio che la sicurezza ed il benessere dei loro abitanti. I mezzi messi in opera per prevenire o riparare gli effetti di tutte le calamità devono essere adattati al carattere specifico dei beni da salvaguardare. 15) Al fine di assicurare la partecipazione e il coinvolgimento degli abitanti deve essere attuata un'informazione generale che inizia dall'età scolare. Deve essere favorita, l'azione delle associazioni di salvaguardia e infine devono essere prese misure finanziarie atte a facilitare la conservazione ed il restauro del costruito. 16) La salvaguardia esige che sia organizzata in formazione specializzata per tutte le professioni attinenti. Carta C.N.R. -1987- (Conservazione e Restauro degli Oggetti d'Arte e di Cultura)

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1) Le considerazioni e le istruzioni implicitamente o esplicitamente enunciate nel presente documento intendono rinnovare, integrare e sostanzialmente sostituire la Carta Italiana del Restauro del 1972. Esse si applicano a tutti gli oggetti di ogni epoca e area geografica che rivestono significativamente interesse artistico, storico e in genere culturale. Fanno pertanto parte di tale universo di oggetti opere di architettura e di aggregazione urbana, ambienti naturali di particolare interesse antropico o faunistico e geologico, ambienti costruiti come parchi, giardini e paesaggi agrari, strumenti tecnici, scientifici e di lavoro, libri e documenti, testimonianze di usi e costumi di interesse antropologico, opere di figurazione tridimensionale, opere di figurazione piana su qualsiasi supporto (murario, cartaceo, tessile, ligneo, lapideo, metallico, ceramico, vitreo, e così via). Tale universo di oggetti si presenta per larga parte anche frammentariamente sotto forma di reperto archeologico o/e paleologico e paleontologico isolato o inserito in larghi contesti. L'universo di oggetti sopra descritto è stato ed è sottoposto fin dal momento della nascita o del rinvenimento di ogni suo singolo elemento all'azione degradante, dispersiva e/o distruttiva di eventi e processi fisico-chimici, geologici, biologici e antropici. Un fondamentale interesse conoscitivo dell'intera umanità ha imposto e impone di contrastare e quanto meno rallentare distruzione, dispersione e degrado con ogni accorgimento di conservazione, preservando condizioni intrinseche ed estrinseche, per ogni oggetto in questione, le più vicine possibili a quelle originarie. Il passo successivo è evidentemente - quando inevitabile e possibile - quello di provvedere alla sua migliore conservazione e al suo restauro. Il presente documento assume pertanto il nome di Carta 1987 della Conservazione e del Restauro. 2) La definizione dei significati dei termini d'uso più frequente nei testi che seguono dovrà così intendersi: CONSERVAZIONE: l'insieme degli atti di prevenzione e salvaguardia rivolti ad assicurare una durata tendenzialmente illimitata alla configurazione materiale dell'oggetto considerato; PREVENZIONE: l'insieme degli atti di conservazione, motivati da conoscenze predittive al più lungo termine possibile, sull'oggetto considerato e sulle condizioni del suo contesto ambientale; SALVAGUARDIA: qualsiasi provvedimento conservativo e preventivo che non implichi interventi diretti sull'oggetto considerato; RESTAURO: qualsiasi intervento che, nel rispetto dei princìpi della conservazione e sulla base di

previe indagini conoscitive di ogni tipo, sia rivolto a restituire all'oggetto, nei limiti del possibile, la relativa leggibilità e, ove occorra, l'uso; MANUTENZIONE: l'insieme degli atti programmaticamente ricorrenti rivolti a mantenere le cose di interesse culturale in condizioni ottimali di integrità e funzionalità, specialmente dopo che abbiano subito interventi eccezionali di conservazione e/o restauro. 3) I provvedimenti di conservazione riguardano non soltanto la salvaguardia dell'oggetto singolo e dell'insieme degli oggetti considerati significativi, ma anche delle condizioni del contesto ambientale, purché accertato come storicamente pertinente e favorevole sia dal punto i vista fisico che della manutenzione ordinaria. I provvedimenti di restauro che intervengono direttamente sull'opera ad arrestare per quanto possibile danni e degrado devono essere atti a rispettare la fisionomia dell'oggetto quale è trasmessa dai suoi naturali e originali veicoli materiali, mantenendone agevole la lettura. Conservazione e restauro possono non essere uniti e simultanei ma essi sono complementari e in ogni caso un programma di restauro non può prescindere da un adeguato programma di salvaguardia, di manutenzione e prevenzione. 4) Ogni Soprintendenza, Istituto o Ufficio, appartenente al Ministero dei Beni Culturali e Ambientali o a Enti pubblici locali, responsabile in materia di conservazione del patrimonio storico artistico e culturale, compilerà un programma periodico specifico dei lavori di conservazione e di restauro nonché delle ricerche nel sottosuolo e sotto acqua, da compiersi per conto sia dello Stato, sia di altri Enti o persone. Tale programma sarà approvato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali su conforme parere dei pertinenti Comitati di Settore del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali. Nell'ambito di tale programma, anche successivamente alla presentazione dello stesso, qualsiasi intervento sulle opere di cui al paragrafo 1 dovrà essere illustrato e giustificato da una relazione tecnica dalla quale risulteranno oltre alle vicissitudini conservative dell'opera 10 stato attuale della medesima, la natura degli interventi necessari, anche per il pertinente ed eventuale risanamento ambientale, e la spesa occorrente per farvi fronte. Detta relazione sarà approvata dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali previo, per i casi emergenti o dubbi e per quelli previsti dalla legge, parere dei pertinenti Comitati di Settore su nominati. 5) In relazione ai fini precedentemente descritti ogni provvedimento conservativo dovrà essere commisurato ai fattori ambientali positivi e negativi giornalieri e stagionali, tenendo conto dei loro caratteri fisico-chimici, geologici, biologici e antropici. In condizioni di inquinamento ambientale grave, qualora non vi si possa porre rimedio in tempo ragionevole, è opportuno rimuovere senza indugi l'opera o le opere di maggior pregio e significato collocandole in luogo idoneo, dove sia possibile instaurare idonee, durevoli e positive condizioni ambientali. La raccomandazione vale anche per le opere la cui collocazione non risultasse adeguatamente sicura in casi di catastrofici eventi naturali (sismi, alluvioni, frane). Lo stesso dicasi per le opere eccessivamente esposte ai furti o ai danneggiamenti nonché per le opere custodite in ambienti dove si affollano masse incontrollabili di visitatori. A proposito del flusso dei visitatori dovrà essere caso per caso individuata una soglia massima dell'affollamento in relazione alla cubatura dell'ambiente, alle caratteristiche delle superfici esposte agli osservatori e alle variazioni stagionali e giornaliere, climatiche e microclimatiche. Pulizie, manutenzione dell'ambiente e climatizzazione dovranno essere scrupolosamente controllate e controllabili. 6) In relazione alle operazioni di restauro, che coinvolgono la natura materiale delle singole opere, si devono respingere fin dallo stato di progettazione del restauro stesso: a) Completamenti in stile o analogici, anche in forme semplificate, sia pure in presenza di documenti grafici o plastici che possano indicare quale fosse stato o dovesse apparire l'aspetto dell'opera finita. Si potranno ammettere limitate eccezioni nel campo dei restauri architettonici, qualora i completamenti analogici, se pure ridotti all'essenziale, si dimostrino necessari al presidio statico della fabbrica, specie nelle zone sismiche, e al più sicuro mantenimento delle parti superstiti. E ciò vale anche per quegli elementi che assicurano un normale ed equilibrato smaltimento e scivolamento delle acque meteoriche.

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b) Rimozioni o demolizioni che cancellino il passaggio dell'opera attraverso il tempo, a meno che non si tratti di limitate alterazioni deturpanti o incongrue rispetto ai valori storici dell'opera odi completamenti in stile che la falsifichino. c) Alterazione o rimozione delle patine, sempre che non sia analiticamente dimostrato che sono irreversibilmente compromesse dall'alterazione del materiale superficiale. La conservazione di quest'ultimo può infatti essere fonte di ulteriore degrado, specie nel caso di superfici lapidee solfatate esposte all'aperto. 7) In relazione alle operazioni di restauro, che coinvolgono la natura materiale delle singole opere, sono ammesse le seguenti operazioni e reintegrazioni: a) aggiunte di parti accessorie in funzione statica e reintegrazioni di piccole parti storicamente accertate, marcando in modo chiaro aggiunte e reintegrazioni pur senza eccedere nella segnalazione di esse, onde non prevaricare l'armonia del contesto. In simili casi può anche adottarsi materiale differenziato, seppure accordato cromaticamente al contesto, purché sia il più affine e compatibile, per caratteristiche chimico-fisiche, al supporto. Ciò potrà evitare comportamenti difformi, provocati da sollecitazioni tecniche diverse, a loro volta indotte da diversi: spessore, modo di applicazione e composizione. Codesti inserti dovranno essere comunque distinguibili a occhio nudo, seppure a una osservazione ravvicinata, ricorrendo anche a lavorazioni diverse da quelle storiche, in particolare nei punti di raccordo con le parti antiche. Infine tali inserti dovranno essere siglati e datati, ove possibile, ma sempre con la debita discrezione; b) puliture che, per le pitture e sculture policrome, non devono giungere mai alla sostanza pigmentale del colore rispettando la patina ed eventuali vernici antiche. Per tutte le altre specie di opere le puliture non dovranno arrivare alla nuda superficie della materia di cui constano le opere stesse. Possono essere tollerate eccezioni, specialmente in materia di opera architettoniche, quando il mantenimento di superfici degradate costituisca un pericolo per la conservazione dell'intero contesto (vedi 6c); in tal caso la procedura dovrà essere adeguatamente documentata. c) anastilosi sicuramente documentata, ricomposizione di opere andate in frantumi, sistemazione di opere lacunose, ricostruendo interstizi di lieve entità con tecnica chiaramente differenziabile a occhio nudo: o con zone neutre accordate a livello diverso da quello delle parti originarie, o lasciando in vista il supporto originario; comunque mai integrando ex novo zone figurate, o inserendo elementi determinanti per la figuratività dell'opera; d) modificazioni e nuove inserzioni a scopo statico e conservativo della struttura interna o del sostrato o supporto, purché nell'aspetto, dopo compiuta l'operazione, non risulti alterazione né cromatica né per la materia in quanto osservabile in superficie. E ciò, beninteso, come extrema ratio di una esigenza conservativa altrimenti inattuabile. Nel campo specifico dell'architettura, l'esperienza degli ultimi venti anni ha insegnato a diffidare delle inserzioni occulte in materiali speciali quali l'acciaio, l'acciaio armonico pre-teso, le cuciture armate ed iniettate con malte di cemento o di resine, a causa della loro invasività, poca durabilità, irreversibilità e relativamente scarsa affidabilità. Appaiono pertanto preferibili, anche se di vistosa estraneità all'opera, provvidenze di consolidamento di tipo tradizionale (speroni e tamponamenti, catene, cerchiature, ecc.) in quanto facilmente controllabili e sostituibili; e) nuovo ambientamento o sistemazione dell'opera, quando non esistano più o siano distrutti l'ambientamento o la sistemazione tradizionale, o quando le condizioni di conservazione esigano la rimozione (vedi 5). 8) Ogni intervento sull'opera, o anche in contiguità di essa ai fini di cui al n. 3, deve essere eseguito in modo tale e con tali tecniche e materie da poter dare affidamento che nel futuro non renderà impossibile un nuovo eventuale intervento di conservazione e restauro. Ai fini del restauro architettonico, solo le tecniche e i materiali di cui al n. 7 d) sono a tutt'oggi affidabili per lunghissima sperimentazione, salvo alcune limitate eccezioni di cui all'allegato B (vedi). In ogni caso ogni intervento deve essere preventivamente studiato e motivato per iscritto e del suo corso dovrà essere tenuto un giornale, al quale farà seguito una relazione finale, con la documentazione fotografica di prima, durante e dopo l'intervento. Verranno inoltre documentate tutte le

ricerche e analisi eventualmente compiute con il sussidio della fisica, la chimica, la microbiologia e altre scienze. Di tutte queste documentazioni sarà tenuta copia negli archivi degli uffici competenti di cui al n. 4 e un'altra copia sarà inviata per conoscenza all'Istituto Centrale del Restauro. Nel caso di pulitura, in un luogo possibilmente marginale della zona operata, dovrà essere conservato un campione dello stadio anteriore all'intervento mentre nel caso di aggiunte le parti rimosse dovranno essere conservate e/o documentate in uno speciale archivio - deposito degli uffici competenti. 9) L'uso di nuovi procedimenti di conservazione e restauro e di nuove materie, rispetto a procedimenti e materie il cui uso è vigente o comunque ammesso, dovrà essere autorizzato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali su conforme e motivato parere dell'Istituto Centrale del Restauro, cui spetterà anche di promuovere azione presso il Ministero stesso per sconsigliare materie e metodi obsoleti, nocivi e comunque non collaudati, suggerire nuovi metodi e l'uso di nuove materie, definire le ricerche alle quali si dovesse provvedere con una attrezzatura e con specialisti al di fuori dell'attrezzatura e dell'organico a sua disposizione. 10) I provvedimenti intesi a preservare dalle azioni inquinanti e dalle variazioni atmosferiche, termiche e igrometriche le opere di cui al n. 1, dovranno, nei limiti del possibile, rispettare l'aspetto della materia e il colore delle superfici e ogni altra condizione che caratterizzi in modo sostanziale e permanente le opere stesse e il contesto ambientale in cui risiedono. Tali provvedimenti dovranno, comunque essere presi in modo da evitare qualsiasi dubbio sull'epoca in cui sono stati eseguiti. 11) I metodi specifici di cui avvalersi negli atti di conservazione e restauro, singolarmente per i centri storici, per i monumenti architettonici, per quelli archeologici e per l'esecuzione degli scavi, nonché per le opere di pittura, scultura e arti applicate, beni librari e archivistici, sono specificati agli allegati alle presenti istruzioni, denominati A, H, C, D, E, F. 12) Nei casi in cui sia dubbia l'attribuzione delle competenze tecniche e sorgano conflitti in materia, deciderà il Ministro per i Beni Culturali e Ambientali sulla scorta delle relazioni dei Soprintendenti o capi di Istituto interessati, sentito il competente Comitato di Settore del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali. Allegato A - Istruzioni per la tutela dei centri storici L'individuazione di un centro storico è possibile solo a condizione di unificare sotto il concetto di aggregazione abitativa sia la città che il villaggio e di sottintendere nella parola storico la particolare messe di significati attuali e potenziali che si attribuisce al centro. In altre parole un centro storico può essere definito una aggregazione abitativa il cui significato è insostituibile nella storia di un'area culturale dell'umanità. Aigues Mortes e S. Gimignano, per esempio, possono essere considerati campioni insigni di centri storici. E tuttavia la storia specifica di altri centri, anche dei più grandi, mostra che in moltissimi casi il concetto di centro storico può essere identificato con quello di centro antico e costituire solo un'area, l'area storica, di una città, anche grandissima, sviluppatasi tutt'intorno o anche secondo determinate direzioni nelle forme più moderne e, talvolta, anche nelle più caotiche, stravolgenti e quasi sommergendo i lineamenti delle aree che costituivano il centro originario sotto l'onda di piena della moderna urbanizzazione. Il primo compito di tutela, conservazione e restauro riguarda, dunque, i centri e/o le aree storiche superstiti, minacciati non solo dalle calamità naturali e da quelle prodotte dagli uomini, ma anche dallo sviluppo urbano selvaggio e dalla altrettanto selvaggia industrializzazione. Tale compito, tutt'altro che facile, coinvolge - oggi - le competenze e le iniziative amministrative più varie: delle Regioni; del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali; del Ministero dei Lavori Pubblici; del Ministero dell'Ambiente e altre ancora. In mancanza di una legge che obblighi al coordinamento tutte le istituzioni pubbliche coinvolte nell'opera di tutela, conservazione e risanamento (ed è auspicabile che vi si ponga mano subito e proprio per iniziativa del Ministero per i BB. CC. e AA.), possono essere qui enunciati solo pochi princìpi generali e qualche indicazione di dettaglio di tecnica urbanistica. Nell'intraprendere un progetto di intervento su un centro storico devono essere attentamente valutati:

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a) la natura storica dell'aggregazione originaria; b) le ragioni che hanno determinato in passato la sua sopravvivenza ovvero la sua parziale scomparsa ovvero - ancora - la sua relativa stasi o conservazione; c) le ragioni che, a breve o a lungo periodo, minacciano la sua conservazione, sia che si tratti di tendenze all'abbandono, sia che si tratti di tendenze alla demolizione sostitutiva per un più vantaggioso utilizzo del suolo o di qualche struttura. A queste si aggiungano le ragioni di eventuali situazioni di dissesto idrogeologico derivanti essenzialmente dall'assenza di una cultura e di una prassi sistemica dell'uso delle risorse naturali e artificiali. In linea di massima le circostanze che hanno contribuito a frenare la distruzione, l'abbandono o il riutilizzo selvaggio debbono essere individuate e chiamate a cooperare nell'opera di salvaguardia e risanamento di un centro storico. Perciò, nella gran parte dei casi, è prudente e opportuno uno studio attento e articolato delle possibilità naturali di riuso delle strutture di un centro e del ripristino, per quanto possibile, dei suoi aspetti caratterizzanti sia nei volumi che nelle loro distribuzioni e nel loro raccordo viario, nonché nella coloritura dei singoli fabbricati e nell'arredo urbano superstite. In tale studio dovranno essere ovviamente scartate le forme di riuso che renderebbero vana l'opera di risanamento e di conservazione. Tra i primi strumenti di riadeguamento di un centro storico al sito in cui è collocato, vanno menzionati i piani di ristrutturazione e salvaguardia idrogeologica da confrontare sistematicamente con i piani di utilizzazione agricola e forestale; anche in questo caso la carenza di una cultura e di una prassi sistematica può essere esiziale. Premesso tale quadro relativo all'assetto del territorio è evidente che nei piani di ristrutturazione urbanistica e di salvaguardia di un centro storico dovrà essere prima di tutto attentamente considerato l'aspetto ambientale in senso lato: un minuscolo centro ben conservato e ben isolato (per esempio Monteriggioni) ha bisogno di un anello di aree di rispetto da mantenere a culture verdi per un raggio proporzionato alla grandezza del centro stesso, mentre aree storiche già in via di essere sommerse dall'edilizia intensiva debbono essere soggette a limiti appropriati di altezze e di volumi. Com'è ovvio, gli strumenti urbanistici debbono in tutti i suddetti casi intervenire tempestivamente e in anticipo, calcolando, che qualora si giunga in ritardo, l'impatto di forme di urbanizzazione intensiva possono stringere come in un cappio le zone storiche, sottoponendole a uno stress veicolare intollerabile anche dal punto di vista ecologico. Per quanto riguarda i singoli elementi attraverso i quali si attua la salvaguardia dell'organismo nel suo insieme, sono da prendere in considerazione tanto gli elementi edilizi, quanto gli elementi costituenti gli spazi esterni (strade, piazze, ecc.) e interni (cortili, giardini, spazi liberi, ecc.), altre strutture significanti (mura, porte, rocce, ecc.), nonché eventuali elementi naturali che accompagnano l'insieme, caratterizzandolo più o meno accentuatamente: contorni naturali, corsi d'acqua, singolarità geomorfologiche (quali la Rupe di Orvieto), ecc. Gli elementi edilizi che ne fanno parte vanno conservati non solo nei loro aspetti formali, che ne qualificano l'espressione architettonica o ambientale, ma altresì nei loro caratteri tipologici in quanto espressione di funzioni che hanno caratterizzato nel tempo l'uso degli elementi stessi. In ogni caso per questi valgono le norme di cui nell'allegato B. Agli interventi di ristrutturazione urbanistica si può aggiungere il riassetto viario. Esso va riferito alle analisi e alla revisione dei collegamenti viari e dei flussi di traffico che ne investono la struttura, col fine prevalente di ridurne gli aspetti patologici e ricondurre l'uso del centro storico a funzioni compatibili con le strutture di un tempo. La revisione dell'arredo urbano concerne le vie, le piazze e tutti gli spazi liberi esistenti (cortili, spazi interni, giardini, ecc.), ai fini di una omogenea connessione tra edifici e spazi esterni. Tale revisione riguarderà, come già indicato, anche gli aspetti cromatici dell'edilizia dei centri storici. I principali tipi di intervento a livello edilizio sono: 1) risanamento statico e igienico degli edifici tendenti al mantenimento della loro struttura e a un uso equilibrato della stessa; tale intervento va attuato secondo le tecniche, le modalità e le avvertenze di

cui alle istruzioni per la condotta dei restauri architettonici (vd. allegato B). In questo tipo di intervento è di particolare importanza il rispetto delle qualità tipologiche, costruttive e funzionali dell'organismo, evitando quelle trasformazioni che ne alterino i caratteri; 2) rinnovamento funzionale degli organismi interni, da permettere soltanto laddove si presenti indispensabile ai fini del mantenimento in uso dell'edificio. In questo tipo di intervento è di importanza fondamentale il rispetto, per quanto possibile, delle qualità tipologiche e costruttive degli edifici evitando funzioni che deformino eccessivamente l'equilibrio tipologico-costruttivo (e anche statico) dell'organismo. Strumenti operativi dei tipi di intervento sopra elencati sono essenzialmente: - piani territoriali di coordinamento e di miglioramento delle risorse idriche, geologiche, agricole, forestali, in relazione ai piani di viabilità ferroviaria e automobilistica, nonché marittima, fluviale e lacuale; - piani territoriali di coordinamento urbanistico, da integrarsi ai precedenti; - piani regolatori provinciali, da inquadrarsi nei precedenti; - piani regolatori generali (comunali) ristrutturanti i rapporti tra centro storico e territorio, tra centro storico e città nel suo insieme; - piani particolareggiati relativi alla ristrutturazione del centro storico nei suoi elementi più significativi; - piani esecutivi di comparto, estesi a un isolato o a un insieme di elementi organicamente raggruppabili; - piani del colore, adeguatamente controllati su dati fisico-chimici oltre che autoptici e a mezzo di una estesa istruttoria, in cui si tenga conto della "tradizione cromatica" di ogni centro storico anche a mezzo di ricerche filologiche, iconografiche e documentarie. Allegato B - Istruzioni per la condotta della conservazione, manutenzione e restauro delle opere di interesse architettonico Considerazioni preliminari La Carta del Restauro 1974, per lo specifico problema del restauro architettonico, dipendeva in larga misura dai criteri adottati per il restauro degli oggetti d'arte prevalentemente grafopittorici, dove gli aspetti visibili erano privilegiati rispetto alla struttura. Si vuole soddisfare ora la necessità di uno statuto preculiare al restauro architettonico, che riconosca agli edifici monumentali, e ai contesti ambientali, caratteristiche specifiche in quanto a comportamento rispetto all'aggressione degli inquinanti, agli abusi degli utenti, ai rischi sismici. Il compito del restauro architettonico è di interpretare un manufatto storico, individuando le aggiunte e le manomissioni subite, dandogli un adeguato e controllabile miglioramento statico con mezzi compatibili e reversibili (reintegrazioni murarie, speroni, tiranti non occultati, ecc.). Sinora l'esigenza di dissimulare i mezzi di rinforzo per non alterare l'aspetto e il carattere degli edifici ha giustificato il ricorso a tecnologie innovative che permettono di realizzare rinforzi invisibili, ma generalmente irreversibili, adulteranti, incompatibili e poco durabili, conservando di fatto l'aspetto e non la struttura della fabbrica. L'uso delle tecniche tradizionali, peraltro, non è mai stato escluso dalle precedenti Carte del Restauro (Carta Italiana del 1932, Carta di Venezia del 1964, Carta del Restauro del 1972). Esse, infatti alludevano all'uso di tecnologie innovative solo nei casi in cui quelle tradizionali non dessero sufficiente affidamento. e si limitavano a raccomandare l'adozione di accorgimenti idonei a rendere percettibile l'intervento del nuovo sul vecchio. Ma. alla luce di una più matura esperienza, l'uso delle tecniche tradizionali si deve considerare applicabile non solo ai semplici miglioramenti delle condizioni statiche ma anche a molti casi di patologie ordinarie, come si dirà meglio più avanti. In ogni caso dichiararsi favorevoli al recupero delle tecniche tradizionali non è sufficiente, perché è necessario saperle attuare. L'uso esorbitante delle tecniche innovative nell'edilizia moderna in generale e anche nel campo del restauro ha causato una caduta del saper fare tradizionale, non solo considerato obsoleto, ma scor-

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retto se non erroneo. Una rivitalizzazione di quel saper fare è possibile solo se, studiato attentamente, potrà venire diffuso nelle scuole e nelle Università attraverso una specifica didattica. Progettazione delle operazioni di conservazione e restauro La programmazione e l'esecuzione di cicli regolari di manutenzione e di controllo dello stato di conservazione di un monumento architettonico è la sola garanzia che la prevenzione sia tempestiva e appropriata all'opera per quanto riguarda il carattere degli interventi e la loro frequenza. La procedura così indicata consentirà, ove l'entità degli interventi lo richieda, l'istituzione di cantieri permanenti con l'effetto di perfezionare le maestranze, consentire il loro ricambio fisiologico, formare squadre di veri conoscitori delle più riposte caratteristiche della fabbrica e del suo comportamento nel volgere del tempo. Tale procedura consentirà altresì risparmi finanziari notevoli ed eviterà, per quanto possibile, sgradevoli o devianti interventi innovativi o di ripristino. Per quanto concerne l'utilizzazione degli edifici monumentali si deve sottolineare che appropriate forme di riuso contribuiscono a assicurare la loro sopravvivenza. Anche a questo fine i lavori di adattamento dovranno essere limitati al minimo rispettando, per quanto possibile, l'individualità tipologica e costruttiva dell'opera, compresi i suoi percorsi interni. Nessun progetto di conservazione o restauro potrà dirsi idoneo a passare alla fase esecutiva se prima non sia preceduto da un attento studio dell'opera e del suo contesto ambientale, da preventivare e finanziare in modo specifico. Parte integrante di questo studio saranno ricerche bibliografiche, iconografiche, archivistiche, ecc. per acquisire ogni possibile dato storico, nonché ricerche sperimentali sulle proprietà materiali del manufatto. Occorrerà in tale fase attribuire la massima importanza alla storia delle trasformazioni materiali del monumento, ricavandone, specialmente in relazione ai suoi diversi riusi, tutte le indicazioni per formulare i progetti di conservazione e/o restauro. La documentazione di rilievo in pianta e in alzato dovrà essere controllata attentamente sia per l'opera che per il suo contesto, tenendo conto della necessità di correggere gli errori spesso gravi e a catena, che inevitabilmente vengono commessi in seguito alle note procedure di rilevamento (fotogrammetrie, rilevamenti catastali, trascrizioni di vario tipo). Tutto il materiale raccolto come sopra descritto, diventerà una guida preziosa per la progettazione degli interventi di conservazione e/o restauro, consentendo con relativa sicurezza la scelta tra le superfetazioni da eliminare e quelle da conservare in quanto significative. Nei casi in cui il monumento o il complesso architettonico da conservare si trovi in una delle molte zone oggi dichiarate sismiche, occorre fare particolare attenzione ai precedenti riutilizzi e a quello che si intende proporre nel progetto esecutivo finale. Comunque, nei casi di patologie ordinarie è sempre preferibile adottare le tecniche e i materiali tradizionali, che sono più omogenei con le opere da salvaguardare, così come ha anche raccomandato il Comitato Nazionale per la Prevenzione dal Rischio Sismico dei Beni Culturali (1986). Per quanto riguarda le canalizzazioni e le attrezzature di servizio, esse devono essere previste sin dall'inizio della progettazione nelle loro dimensioni e sedi definitive, e in posizione idonea a non alterare ne la statica dell'edificio ne i suoi aspetti visibili, evitando così pesanti e incontrollabili interventi (scasso di murature, sfondamenti, ecc.) in corso d'opera. In ogni caso si rammenta che il progettista e direttore dei lavori è tenuto a redarre personalmente gli elenchi dei prezzi e i capitolati speciali d'appalto, evitando così contrasti e malintesi pericolosi per la migliore conduzione dell'opera. Metodologie e tecniche di intervento È consigliabile, nei casi di piccoli ma delicati interventi manutentivi, il ricorso a imprese specializzate e, insieme, alla conduzione in economia. Nei casi, invece, di grandi e complessi interventi l'affidamento a misura è raccomandabile per le caratteristiche amministrative, meglio rispondenti alla complessità dei lavori. Tra l'altro l'affidamento a misura richiede una apprezzabile precisione di contabilità e lascia una traccia preziosa del lavoro compiuto. In ogni caso i restauri devono essere continuamente vigilati e diretti sia per assicurarne la buona esecuzione sia per poter intervenire prontamente a fronte di fatti nuovi, difficoltà o dissesti murari; per

evitare infine, specie quando operano piccoli e grandi mezzi di demolizione, che scompaiano elementi prima ignorati o eventualmente sfuggiti all'indagine preventiva, ma certamente utili alla conoscenza dell'edificio e alla condotta del restauro. In particolare il direttore dei lavori prima di raschiare, tinteggiare o eventualmente rimuovere intonaci. deve accertare l'esistenza o meno di qualsiasi traccia di decorazioni e/o quali fossero le originali grane e coloriture delle pareti e delle volte, ecc. Infatti è una esigenza fondamentale del restauro quella di rispettare e salvaguardare finche è possibile l'autenticità degli elementi costitutivi. 1) Interventi di consolidamento murario Nel caso di murature fuori piombo, anche se perentorie necessità ne suggeriscano la demolizione e ricostruzione, va anzitutto esaminata e tentata la possibilità di raddrizzamento senza sostituire le murature originarie. La pratica del raddrizzamento peraltro è documentabile anche nel cantiere di restauro ottocentesco, se ottenuta con tagli localizzati e tirantature; va tenuto conto in ogni caso che il trauma del taglio, anche se sanato da malte speciali, non appare una pratica raccomandabile in un contesto di forte sismicità, o qualora il muro non sia assai ben costruito con pietra o laterizi e buone malte. In caso contrario si impone, nel superiore interesse della conservazione, lo smontaggio e rimontaggio del muro, se in pietra da taglio, o il suo disfacimento e rifacimento. se in mattoni o in muratura a sacco, per rimetterlo a piombo. In molti casi zone murarie eseguite assai male e con malte degradate o con materiali male assortiti appaiono interpolate in contesti di buona fattura e resistenza. In tali casi è comportamento tradizionale eliminare in breccia la zona compromessa o fessurata e rifarla con buoni materiali (possibilmente affini a quelli circostanti) a cuci e scuci. Tale procedura è ancora adottata da molte imprese, specialmente nella provincia. Essa richiede molta perizia nei puntellamenti provvisori e nel sapere prevedere il ritiro delle malte: merita pertanto di essere utilizzata e incoraggiata. È ovvio che, nel caso di contesti murari di pregio storico-artistico, si dovrà far di tutto per preservare la parte degradata anche ricorrendo a foderature interne in muratura; assai meno consigliabili sono peraltro i diffusissimi metodi del consolidamento locale o diffuso con cuciture armate iniettate con malte cementizie o resinose, per vari motivi. Prima di tutto le cuciture armate, anche se consentono l'assimilazione del muro a una lastra di cemento armato (sempre che siano bene eseguite), sono adottabili solo su muri a sacco o su muri tanto porosi, per qualità della pietra e per degrado delle malte, da garantire un significativo assorbimento di materiale cementante e un annegamento effettivo dell'acciaio dell'armatura. Qualora tali due condizioni non si verificassero, l'intervento potrebbe a breve termine rivelarsi inefficce o addirittura controproducente. Nel caso di muri a sacco o di muri abbastanza porosi da risentire degli effetti benefici dell'impregnazione, si deve ciononostante fare attenzione alla composizione delle malte: infatti in molte zone regionali (Bolognese, Sicilia Or. ecc.) esse si presentano composte di gesso che, a contatto con l'acciaio, lo corrode in pochi anni annullando gli effetti positivi dell'impregnazione. Qualora ci si imbattesse in murature di terra cruda con malta di fango, o in pietra con malta di fango (assai più diffusa di quanto non si creda nell'intera penisola), le iniezioni appaiono non praticabili. Esse infatti lo sarebbero solo in condizioni tali da modificare il contesto murario. I lavaggi preventivi rischierebbero infatti di eliminare le malte di fango con possibili cedimenti in corso d'opera e di parzialmente disfare i mattoni crudi. Appaiono pertanto praticabili solo il metodo manuale del parziale rabbocco con malte di calce e sostituzione in breccia. Peraltro nei casi più favorevoli il procedimento delle iniezioni armate sarebbe valido se si potesse controllare praticamente l'uniforme copertura dell'acciaio da parte del cemento, ma ciò è oggi impossibile. Qualora la pratica delle iniezioni armate debba essere necessariamente adottata, occorre curare attentamente i procedimenti di ritenzione della malta fluida, che il più delle volte costringono a mutare profondamente la fisionomia delle murature, coi rabbocchi dei giunti, gli intonaci, le colature, ecc. L'iniezione armata è in linea di massima accettabile in casi di murature informi o con riempimento a sacco o tali da dover essere in un secondo momento a rivestimento laterizio. 2) Eventuali sostituzioni o reintegrazioni di paramenti lapidei o laterizi

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Le sostituzioni e le eventuali integrazioni di paramenti murari, ove necessario e sempre nei limiti più ristretti, dovranno essere sempre distinguibili dagli elementi originari, differenziando i materiali o le superfici di nuovo impiego. Tra i metodi di differenziazione si raccomanda la massima sobrietà, rammentando che molto spesso è sufficiente sostituire un travertino lavorato alla martellina, ma degradato anche staticamente, con del travertino lavorato al filo elicoidale e non arrotato ne allisciato, e così per il tufo, la calcarenite, il botticino, la pietra d'Istria, ecc. Per quel che riguarda i laterizi, basterà la sola posa dell'operatore allevato nel cantiere industriale a far individuare la tessitura rinnovata, anche se il laterizio fosse tanto ben cotto e arrotato da stare a confronto con quello del contesto. Si eviti solo di invecchiare la nuova toppa con mezzi meccanici, corrodendola al fine di somigliare al contesto corroso. 3) Interventi su applicazioni decorative in stucco, a fresco, graffite Per questi reperti, quando si escluda per gli esterni l'effetto combinato delle intemperie e dell'impatto più o meno diretto con i raggi solari, la maggior parte delle cause di degrado si può ricondurre al dilavamento e alle infiltrazioni d'acqua. Dilavamento, percolamento, infiltrazioni e imbibizioni sono di solito di origine pluviale, ma specialmente laddove gli edifici sono stati riutilizzati modernamente i danni sono molto spesso determinati dai moderni impianti idrici. Pertanto la migliore prevenzione dell'erosione, dello sfaldamento e del distacco è nella costante manutenzione e nell'eventuale pronto risanamento delle coperture e dei pluviali, con riferimento sia alle volte e pareti interne che alle superfici esterne. Una volta assicurata la perfetta efficienza delle coperture e dei sistemi idrici, di qualunque tipo essi siano, si può passare al consolidamento di stucchi, pareti affrescate e graffite senza il timore di vedere in breve tempo reso inutile il lavoro di restauro. Qualora disgregazioni e sfaldamenti dipendano da cause diverse da quelle idriche andranno eseguiti specifici accertamenti. Esplorando le eventuali correnti osmotiche ascendenti e le condizioni microclimatiche esterne e interne all'edificio che possano aver sottoposto stucchi, affreschi e graffiti a fenomeni particolari di convenzione, condensazione, ecc. le operazioni di consolidamento dovranno essere conseguenti ad attente analisi, che dovranno condurre ad identificare le cause di ogni disgregazione o soluzione. Per le particolarità operative si rimanda a quanto esposto nell'allegato C. 4) Reintegrazioni e/o sostituzioni di intonaci e/o tinteggiature Alla base di ogni intervento dovrà essere analizzato con cura il grado di adesione degli intonaci al supporto e l'ampiezza degli eventuali distacchi. Il mezzo più semplice ed efficace rimane sempre quello di bussare con le nocche. In adeguate condizioni di spazio una buona mappa delle zone non o scarsamente aderenti può essere ricavata mediante la termografia. Se le zone non aderenti dell'intonaco sono originali occorre farle riaderire con i metodi e le tecniche ben noti, già sperimentati dall'ICR. Nei casi in cui le zone non aderenti non siano originali o sia comunque inevitabile la loro demolizione, si impone la loro sostituzione mediante toppe che dovranno composte con materiale e granulometria il più possibile simile a quelle del contesto, con l'addizione di materiali sintetici in piccole parti in modo da ottenere una stesura confrontabile con il contesto. Si intende che tra gli intonaci originali non possono essere compresi gli intonaci di manutenzione più volte rinnovati, a meno che l'uno o l'altro strato aggiunto non supportino informazioni capaci di agevolare la ricostruzione delle vicende storiche dell'edificio. L'identificazione della coloritura originaria di un intonaco originale è, com'è noto, impresa assai ardua e delicata. L'esame stratigrafico può essere determinante purché il prelievo, di circa cm 10 x 10, sia effettuato in zone in cui con certezza si sappia, o si possa inferire, che siano rimaste almeno piccole parti dell'intonaco originario, non solo perché non coinvolte dalla caduta o dallo smantellamento del resto di quell'intonaco, ma anche perché protette a sufficienza dalle escursioni climatiche (sottotetti, cornicioni, marcapiani, cornici delle finestre). Una volta accertata l'identità della coloritura originaria, non solo per l'aspetto, ma anche per la composizione chimica, accertata altresì la natura dell'intonaco per granulometria e materiale impiegato, si potrà procedere, ove ciò sia ritenuto significativo, a una reintonacatura simile a quella originaria, sempre avendo cura di segnare in qualche modo e sobriamente il limite tra quest'ultima e la parte nuova. S'intende che tale sobria marcatura avrà valore soprattutto quando la trasformazione del

nuovo intonaco dovuta all'invecchiamento lo renderà più simile all'intonaco originale. Non poche difficoltà ostacolano il raggiungimento dell'obiettivo sopra indicato: difficoltà di reperimento della calce spenta bene e da tempo sufficiente (6 mesi); difficoltà di supplirla talvolta anche con calce idrata; difficoltà di riprodurre le vecchie tinte, da un lato utilizzabili bene solo con buona calce, dall'altro soppiantate gradualmente da nuovi materiali coloranti, sintetici e di minor costo, ma inadatti a durare negli esterni. Queste difficoltà spiegano, almeno in parte, numerose alterazioni ed errori nell'aspetto cromatico degli edifici monumentali. Tanto più sono perciò utili e necessarie le fatiche richieste per raccogliere informazioni esatte e complete, quanto possibile, dalle fonti d'archivio, da quelle letterarie e spesso anche (ma con qualche prudenza) dai vedutisti. Analisi e documentazioni esaustive, pigmenti naturali, possibilmente arricchiti con sostanze proteiche e mescolati con calce (ben stagionata: oltre un anno) se la coloritura debba essere applicata sul vecchio intonaco, sono le condizioni necessarie per avvicinarsi con buona approssimazione agli aspetti dell'intonaco originario, anche nella durevolezza. 5) Interventi di consolidamento della pietra o dei laterizi a faccia vista Non sempre le pietre o i laterizi a faccia vista furono previsti tali in origine. Spesso, particolarmente nell'Ottocento, essi sono tornati a vista con l'aiuto di energiche e diffuse campagne di stonacatura, che non sempre si dettero cura di risarcire i giunti esposti, accelerandone dunque il degrado. Quando sia stata presa la decisione di lasciare un'opera comunque a faccia vista, sarà necessario rivedere lo stato dei giunti e provvedere all'occorrenza alla loro sigillatura con malte compatibili e affini a quella del contesto. Il consolidamento generale avverrà secondo le caratteristiche particolari del tipo di pietra, utilizzando materiali e modalità di consolidamento corrispondenti ai requisiti individuati dalle raccomandazioni NORMAL e dalla sperimentazione dell'ICR. Qualora fosse storicamente dimostrato che pietre e/o laterizi furono rivestiti e protetti da intonaci, stucchi, o coloriture a calce, si potrà, volta per volta, decidere di replicare tale rivestimento (in ogni caso ottimo per la miglior conservazione del materiale esposto) sulla base del contesto in cui si colloca il monumento e di altre considerazioni di ordine storico-critico. In ogni caso si dovrà provvedere previamente a una pulitura efficace dei paramenti con mezzi e tecniche già ampiamente sperimentati dall'ICR. Sui metodi di protezione dei paramenti lapidei o in laterizio non vi è tuttora un accordo soddisfacente. L'applicazione di resine sintetiche impermeabilizzanti è, infatti, affidabile solo in parte modesta in quanto queste, per varie ragioni, risultano alla fine non interamente idrorepellenti. In conseguenza sembra che possano solo rallentare il processo di escoriazione e disquamazione delle superfici lapidee, ma non evitare l'azione del gelo ne quella della solfatazione dei carbonati di calcio, laddove quest'ultima sia favorita dalla combinazione tra corpuscoli carboniosi (spinti dal percolamento nella porosità della pietra), ossigeno e piogge acide. Più che a miracolose invenzioni di liquidi protettivi la della pietra, come quella degli organismi viventi, sembra affidata alla abolizione delle cause che producono l'inquinamento atmosferico. 6) Interventi di consolidamento delle strutture lignee. La durabilità delle strutture lignee, incendi a parte, è nel complesso molto superiore a quanto si pensi, ma a condizione che siano ben aerate tutte le loro parti a cominciare da quelle incassate nelle murature. Negli ultimi decenni la perdita di parecchi tetti secolari si deve alla sigillatura delle fessure predisposte per l'aerazione delle teste delle travi, messa in atto per evitare il transito degli insetti e degli uccelli. La buona aerazione dei sottotetti è dunque la migliore garanzia della conservazione delle parti in legname e della non ossidazione delle eventuali staffature e/o grappe, mentre l'umidità dei sottotetti può causare la diffusione delle infestazioni termitiche. La raccomandazione di massima è perciò quella di conservare e promuovere la buona aerazione dei tetti lignei con l'apertura di spiragli, cappuccine e simili, contrastando il transito degli uccelli con reticelle antipiccione. Non sono raccomandabili materiali eccessivamente impermeabilizzanti come le guaine, mentre è accettabile il cartonfeltro bisabbiato steso in strisce orizzontali che assicurano una buona impermeabilizzazione, nonché la traspirazione del sottotetto. Ancor meno raccomandabile è l'uso delle guaine in rame con sovrapposti

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materiali sintetici, accelerando il loro degrado. Nei casi in cui sia assolutamente indispensabile sostituire le strutture lignee, è bene esaminare anzitutto se non sia possibile procedere gradualmente, come spesso è stato fatto in passato: nei casi più gravi sostituendo una intera trave, in altri casi staffandole per ovviare alle fenditure longitudinali, ecc. È consigliabile che per le dette sostituzioni si costituiscano depositi di legname di demolizione di vecchi fabbricati. Soprintendenze e provveditorati alle opere pubbliche dovrebbero adoperarsi attivamente per costituire tali depositi ed evitare di avviare tutti i legnami di demolizione allo scarico. In linea di massima operare per il consolidamento di strutture lignee significa contemporaneamente operare per mantenerle aerate, renderle ignifughe, disinfestarle e indurirle. Per far questo non mancano resine e sostanze chimiche di vario genere. È tuttavia consigliabile far ricorso a queste procedure solo in casi di reale necessità, anche in vista del fatto che esse aumentano il rischio di infiammabilità. Non si dimentichino taluni pregi insostituibili delle strutture lignee: nei solai esse, oltre all'elasticità, esercitano un contatto morbido sul contesto murario. Infatti il legno si deforma plasticamente senza fratturare la pietra o i mattoni, in caso di leggera flessione sugli appoggi a differenza del ferro. Infine il legno ha anche coibenza acustica e portanza rilevante. A proposito dei solai lignei è da respingere la pratica di gettarvi sopra solette cementizie leggermente armate, procedendo direttamente sul tavolato o sulle pianelle con semplice interposizione di un velo di plastica. Infatti la soletta impermeabile impedisce il fisiologico passaggio dell'aria da piano a piano favorendo la marcescenza dei legnami in caso di accumulo di umidità, sia questa dovuta a condensa sia a tubazioni difettose; inoltre la soletta renderà impossibile ogni opera manutentiva ristretta alle successive sostituzioni dei legnami ammalorati. In conclusione è preferibile intervenire, nelle pratiche manutentive, con smontaggio e rimontaggio per parti puntando su una auspicabile ricostituzione di un saper fare manualistico. 7) Scultura in pietra. Le sculture in pietra poste all'esterno degli edifici o nelle piazze debbono essere vigilate intervenendo con operazioni di consolidamento o di protezione stagionale, attraverso metodi noti e collaudati Per la buona conservazione delle fontane di pietra o di bronzo, occorre decalcificare l'acqua eliminando le incrostazioni calcaree e le periodiche dannose ripuliture. Quando la buona conservazione di una scultura nel luogo originario risulti impossibile, converrà trasferirla in un locale interno, le cui condizioni climatiche siano favorevolmente note. Per non depauperare significativamente la decorazione esterna delle fabbriche può essere talvolta necessario collocarvi copie fedeli e puntuali al posto degli originali trasferiti in luogo sicuro. È consigliabile dare mandato di eseguire tali copie a esperti scultori in pietra, metalli, ecc. che siano in grado di praticare il rapportamento in scala 1:1. È bene, invece, limitare la pratica dei calchi allo scopo di risparmiare alla pelle d'invecchiamento naturale (patina) e alle eventuali coloriture originali i temibili traumi provocati dalla applicazione e dal distacco delle forme. Tali traumi e danneggiamenti sono tanto più probabili quanto più il trasferimento dell'opera è stato motivato dalle cattive condizioni di conservazione. S'intende che dopo il consolidamento i pericoli connessi a simili operazioni di calco si attenuano molto, ma a due condizioni: 1) che il consolidamento sia stato eseguito a perfetta regola d'arte e con sostanze perfettamente non adesive rispetto a quelle utilizzate per la forma; 2) che venga praticata con la dovuta esperienza e destrezza sia l'immissione del mastice siliconico tra la scultura e i gusci della forma in vetroresina, sia, successivamente, la liberazione dell'originale dal calco. Naturalmente dovrà essere fatta attenzione al mutamento di carico che in qualche caso comporta la sostituzione degli originali con altro materiale, eventualmente sintetico, e in ogni caso difficilmente omogeneizzabile, almeno per peso specifico, con il materiale dell'originale. È evidente che la pelle d'invecchiamento naturale non deve essere intaccata sia per ragioni storiche ed estetiche, sia perché essa disimpegna funzioni protettive. Perciò prima di iniziare qualsiasi operazione di pulitura è indis-

pensabile procedere alle normali indagini con particolare riguardo alla presenza di cromie (vd. qui il paragrafo 4). Si possono asportare i materiali estranei accumulatisi sopra la pietra (detriti polverosi, fuliggine, guano di colombi, ecc.) usando spazzole vegetali o getti d'aria a pressione moderata. Dovranno perciò essere evitate le spazzole vegetali o getti d'aria a pressione moderata. Dovranno perciò essere evitate le spazzole metalliche e i raschietti e sono in generale da escludere getti a forte pressione di sabbia, d'acqua e di vapore. Sono anche sconsigliabili lavaggi con sostanze corrosive o a forte potere detergente. 8) Interventi sugli elementi metallici Il ferro forgiato pre-moderno è assai più resistente all'ossidazione del ferro industriale, ma anch'esso col tempo si ossida e gonfia, compromettendo i partiti lapidei ove impiegato sotto forma di grappe o perni o grate (cfr. le grate in ferro forgiato del Ponte S. Angelo a Roma). In tali casi non resta altro espediente se non quello di sostituire i ferri in questione (quando non abbiano importanza se non statica) con elementi metallici di sicura stabilità fisico-chimica. In questi casi potrà essere convenientemente ripristinato l'ottimo uso pre-moderno di fissare perni o grappe e simili negli alloggiamenti lapidei col piombo fuso. Qualora si trattasse di grate ormai forzate negli alloggiamenti originari fino a comprometterne la stabilità, specie se esposte anche a forti escursioni termiche, si provvederà a conferire agli alloggiamenti maggiore larghezza onde consentire le dilatazioni temporanee e accogliere meglio le dilatazioni permanenti. LA CARTA DI CRACOVIA -2000- (Principi per la conservazione e il restauro del patrimonio costruito) Preambolo Agendo nello spirito della Carta di Venezia, tenendo presenti le raccomandazioni internazionali e sollecitati dalle sfide derivanti dal processo di unificazione europea alle soglie del nuovo millennio, siamo consapevoli di vivere in un periodo in cui le identità, pur in un contesto generale sempre più allargato, si caratterizzano e diventano sempre più distinte. L'Europa del momento è connotata dalla diversità culturale e quindi dalla pluralità dei valori fondamentali in relazione al patrimonio mobile, immobile e intellettuale, dai diversi significati ad esso associati e conseguentemente anche da conflitti di interesse. Questo impone a tutti i responsabili della salvaguardia del patrimonio culturale il compito di essere sempre più sensibili ai problemi e alle scelte che essi devono affrontare nel perseguire i propri obiettivi. Ciascuna comunità, attraverso la propria memoria collettiva e la consapevolezza del proprio passato, è responsabile della identificazione e della gestione del proprio patrimonio. Questo non si può definire in modo fisso. Può essere definito solo il modo con cui il patrimonio può essere individuato. La pluralità nella società comporta anche una grande diversità del concetto di patrimonio come concepito dall'intera comunità. I monumenti, come singoli elementi del patrimonio, sono portatori di valori che possono cambiare nel tempo. Questa variabilità dei valori individuabili nei monumenti costituisce, di volta in volta, la specificità del patrimonio nei vari momenti della nostra storia. Attraverso questo processo di cambiamento, ogni comunità sviluppa la consapevolezza e la coscienza della necessità di tutelare i singoli elementi I del costruito come portatori dei valori del proprio patrimonio comune. Gli strumenti e i metodi sviluppati per giungere a una corretta salvaguardia devono essere adeguati alle diverse situazioni, soggette a un continuo processo di cambiamento. In particolare contesto di selezione di questi valori necessita della predisposizione di un piano di conservazione e di una serie di decisioni. Queste devono essere codificate in un progetto di restauro redatto in base ad appropriati criteri tecnici e strutturali. Consci del profondo valore della Carta di Venezia, e perseguendo gli stessi obiettivi, proponiamo i seguenti principi per la conservazione e restauro nel nostro tempo del patrimonio costruito.

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Scopi e metodi 1) Il patrimonio architettonico, urbano e paesaggistico, così come i singoli manufatti di questo, sono il risultato di una identificazione associata ai diversi momenti storici e ai vari contesti socioculturali. La conservazione di questo patrimonio è il nostro scopo. La conservazione può essere attuata attraverso differenti modalità di intervento, come il controllo ambientale, la manutenzione, la riparazione, il restauro, il rinnovamento e la ristrutturazione. Ogni intervento implica decisioni, scelte e responsabilità in relazione al patrimonio nella sua totalità, anche per quelle parti che attualmente non hanno un particolare significato, ma che potrebbero assumerne uno in futuro. 2) La manutenzione e riparazione sono una parte fondamentale del processo di conservazione del patrimonio. Queste operazioni devono essere organizzate tramite la ricerca sistematica, le ispezioni, il controllo, il monitoraggio e le prove. Il possibile degrado deve essere previsto e descritto nonché sottoposto ad appropriate misure di prevenzione. 3) La conservazione del patrimonio costruito si attua attraverso il progetto di restauro, che comprende le strategie per la sua conservazione nel tempo. Questo progetto di restauro deve essere basato su una serie di appropriate scelte tecniche e preparato all'interno di un processo conoscitivo che implichi la raccolta di informazioni e l'approfondita conoscenza dell'edificio o del sito. Questo processo comprende le indagini strutturali, le analisi grafiche e dimensionali e l'identificazione del significato storico, artistico e socio-culturale; il progetto necessita del coinvolgimento di tutte le discipline pertinenti ed è coordinato da una persona qualificata ed esperta nel campo della conservazione e restauro. 4) La ricostruzione di intere parti in stile deve essere evitata. Le ricostruzioni di parti limitate aventi un'importanza architettonica possono essere accettate a condizione che siano basate su una precisa e in discutibile documentazione. Se necessario per un corretto utilizzo dell'edificio, il completamento di parti più estese con rilevanza spaziale, o funzionale, dovrà essere realizzato con un linguaggio conforme all'architettura contemporanea. La ricostruzione di un intero edificio, distrutto per cause belliche o naturali, è ammissibile solo in presenza di eccezionali motivazioni di ordine sociale o culturale, attinenti l'identità di una intera collettività. Differenti tipi di patrimonio costruito 5) A causa della particolare vulnerabilità del patrimonio archeologico, ogni intervento riguardante lo stesso deve essere strettamente relazionato al suo contesto, al territorio e al paesaggio. La caratteristica distruttiva degli scavi deve essere limitata il più possibile. I manufatti archeologici devono essere compiutamente documentati a ogni scavo. Come per gli altri casi, l'intervento di conservazione dei ritrovamenti archeologici deve seguire il principio del minimo intervento e deve essere eseguito da specialisti con tecniche e metodologie strettamente controllate. Nell'ambito della tutela e della presentazione al pubblico dei siti archeologici, va promosso l'uso di moderne tecnologie, banche dati, sistemi informatici e tecniche di presentazione virtuale. 6) L'obiettivo della conservazione dei monumenti e degli edifici storici, in un contesto urbano o rurale, è il mantenimento della loro autenticità e integrità anche nei loro spazi interni, negli arredamenti o nelle decorazioni, nelle finiture e in ogni connotazione architettonica e documentale. Tale conservazione richiede un appropriato progetto di restauro che definisce i metodi e gli obiettivi. In molti casi, questo presuppone un uso appropriato compatibile con gli spazi e i significati architettonici esistenti. Gli interventi sugli edifici storici devono prestare particolare attenzione a tutti i periodi del passato testimoniati in essi. 7) Le decorazioni architettoniche, le sculture e i manufatti artistici strettamente connessi con il patrimonio costruito devono essere conservati attraverso uno specifico progetto connesso con quello generale. Questo presuppone che il restauratore possieda la competenza e la formazione appropriata oltre alla capacità culturale, tecnica e operativa, che gli permetta l'interpretazione dei risultati delle indagini relative agli specifici campi artistici. Il progetto di restauro deve garantire un corretto

approccio alla conservazione dell'intero assetto, delle decorazioni e delle sculture, nel rispetto delle tecniche artigianali tradizionali e della loro necessaria integrazione come parte sostanziale del patrimonio costruito. 8) Le città e i villaggi storici, nel loro contesto territoriale, rappresentano una parte essenziale del nostro patrimonio universale e devono essere visti nell'insieme di strutture, spazi e attività umane, normalmente in un processo di continua evoluzione e cambiamento. Questo coinvolge tutti i settori della popolazione e richiede un processo di pianificazione integrata, all'interno del quale si colloca una grande varietà di interventi. La conservazione nel contesto urbano ha per oggetto insiemi di edifici e spazi scoperti che costituiscono parti di aree urbane più vaste o di interi piccoli nuclei insediativi urbani o rurali, comprensivi dei valori intangibili. In questo contesto, l'intervento consiste nel riferirsi sempre alla città nel suo insieme morfologico, funzionale e strutturale, come parte del suo territorio, del suo contesto e del paesaggio circostante. Gli edifici nelle aree storiche possono anche non avere un elevato valore architettonico in se stessi, ma devono essere salvaguardati per la loro unità organica, per le loro connotazioni dimensionali, costruttive, spaziali, decorative e cromatiche che li caratterizzano come parti connettive, insostituibili nell'unità organica costituita dalla città. Il progetto di restauro delle città e dei villaggi storici deve prevedere la gestione delle trasformazioni e una verifica di sostenibilità delle scelte, considerando gli aspetti patrimoniali insieme con gli aspetti sociali ed economici. In tal senso risulta ad esso preliminare lo studio dei corretti metodi per la conoscenza delle forze di cambiamento e degli strumenti di gestione del processo, oltre che la conoscenza dei manufatti. Il progetto di restauro delle aree storiche assume gli edifici del tessuto connettivo nella loro duplice funzione: a a) di elementi che definiscono gli spazi della città nell'insieme della loro forma; b) di sistemi distributivi di spazi interni strettamente consustanziali all'edificio stesso. 9) Il paesaggio inteso come patrimonio culturale risulta dalla prolungata interazione nelle diverse società tra l'uomo, la natura e l'ambiente fisico. Esso testimonia del rapporto evolutivo della società e degli individui con il loro ambiente. La sua conservazione, preservazione e sviluppo fa riferimento alle caratteristiche umane e naturali, integrando valori materiali e intangibili. È importante comprendere e rispettare le caratteristiche del paesaggio e applicare leggi enorme appropriate per armonizzare le funzioni territoriali attinenti con i valori essenziali. In molte società, il paesaggio è storicamente correlato ai territori urbani. L'integrazione tra la conservazione del paesaggio culturale, lo sviluppo sostenibile nelle regioni e località contraddistinte da attività agricole e le caratteristiche naturali richiede la comprensione e la consapevolezza delle relazioni nel tempo. Ciò comporta la formazione di legami con l'ambiente costruito delle metropoli e delle città. La conservazione integrata del paesaggio archeologico e fossile e lo sviluppo di un paesaggio altamente dinamico coinvolge valori sociali, culturali ed estetici. 10) Il ruolo delle tecniche nell'ambito della conservazione e del restauro è strettamente legato alla ricerca scientifica interdisciplinare sugli specifici materiali e sulle specifiche tecnologie utilizzate nella costruzione, riparazione e restauro del patrimonio costruito. L'intervento scelto deve rispettare la funzione originale e assicurare la compatibilità con i materiali, le strutture e i valori architettonici esistenti. I nuovi materiali e le nuove tecnologie devono essere rigorosamente sperimentati, comparati e adeguati alle reali necessità conservative. Quando l'applicazione in situ di nuove tecniche assume particolare rilevanza per la conservazione della fabbrica esistente, è necessario prevedere un continuo monito raggio dei risultati ottenuti, prendendo in considerazione il loro comportamento nel tempo e la possibilità della eventuale reversibilità. Dovrà essere stimolata la conoscenza dei materiali e delle tecniche tradizionali e per la loro conservazione nel contesto della moderna società, essendo di per se stesse una componente importante del patrimonio. Gestione 11) La gestione del processo di cambiamento, trasformazione e sviluppo delle città storiche, così come del patrimonio culturale in generale, consiste nel costante controllo delle dinamiche del 79

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cambiamento stesso, delle scelte appropriate e dei risultati. Deve essere inoltre data particolare attenzione all'ottimizzazione dei costi di esercizio. Come parte essenziale del processo di conservazione vanno identificati i rischi ai quali il patrimonio può essere soggetto anche in casi eccezionali e devono essere previsti gli opportuni sistemi di prevenzione e i piani di intervento e di emergenza. Il turismo culturale, oltre che per il suo positivo influsso sull'economia locale, deve essere considerato anche come un fattore di rischio. La conservazione del patrimonio culturale deve essere parte integrante della pianificazione e del processo di gestione di una comunità e deve quindi contribuire allo sviluppo sostenibile, qualitativo, economico e sociale della comunità. 12) La pluralità di valori del patrimonio e la diversità degli interessi, necessitano di una struttura di comunicazione che assicuri la reale partecipazione degli abitanti a ,tale processo oltre a quella degli specialisti e degli amministratori. È responsabilità della comunità lo stabilire appropriati metodi e strutture per assicurare la reale partecipazione degli individui e delle istituzioni a tale processo decisionale. Formazione ed educazione 13) La formazione e l'educazione nella conservazione del patrimonio costruito necessita di un processo di coinvolgimento sociale e deve essere integrata nei sistemi nazionali di educazione a tutti i livelli. La complessità del progetto di restauro o di ogni altro intervento di conservazione che coinvolge aspetti storici, tecnici, culturali ed economici, presuppone la nomina di un responsabile di adeguata formazione. La formazione dei conservatori deve essere di tipo interdisciplinare e prevedere accurati studi di storia dell'architettura, di teoria e tecniche di conservazione. Essa deve assicurare l'appropriata preparazione indispensabile a risolvere problemi di ricerca necessari per realizzare gli interventi di conservazione e restauro in modo professionale e responsabile. I professionisti e i tecnici nelle discipline della conservazione devono conoscere le metodologie adeguate, le tecniche opportune oltre che acquisire il dibattito corrente sulle teorie e sulle politiche conservative. La qualità della manodopera specializzata tecnicamente e artisticamente per la realizzazione del progetto di restauro deve anche essere accresciuta attraverso una migliore preparazione degli operatori nel campo dei mestieri professionali. Misure legali 14) La protezione e la conservazione del patrimonio costruito può essere meglio realizzata se vengono prese opportune misure legali e amministrative. Ciò può essere raggiunto assicurando che il lavoro di conservazione sia affidato, o posto sotto la supervisione, di professionisti della conservazione. e norme legali possono anche prevedere periodi di esperienza pratica a1l'intemo di programmi strutturati. Particolare considerazione deve essere data ai conservatori neoformati che stiano per ottenere il permesso per lo svolgimento della libera professione, anche attraverso la supervisione di un professionista della conservazione. Allegati - Definizioni Il comitato di redazione della Carta di Cracovia ha usato i seguenti concetti fondamentali nel modo come qui sotto espresso. a) Patrimonio: il patrimonio culturale è quel complesso di opere dell'uomo nelle quali una comunità riconosce suoi particolari e specifici valori e nei quali si identifica. L'identificazione e la definizione delle opere come patrimonio è quindi un processo di scelta di valori. b) Monumento: il monumento è una singola opera del patrimonio culturale riconosciuto come un portatore di valori e costituente un supporto della memoria. Questa riconosce in esso rilevanti aspetti attinenti il fare e il pensare dell'uomo, rintracciabili nel corso della storia e ancora acquisibili a noi. c) Per Autenticità di un monumento si intende la somma dei suoi caratteri sostanziali, storicamente accertati, dall'impianto originario fino alla situazione attuale, come esito delle varie trasformazioni succedutesi nel corso del tempo. d) Per Identità si intende il comune riferimento di valori presenti, generati nel contesto di una

comunità e di valori passati reperiti nella autenticità del monumento. e) Conservazione: la Conservazione è l'insieme delle attitudini della collettività volte a far durare nel tempo il patrimonio e i suoi monumenti. Essa si esplica in relazione ai significati che assume la singola opera, con i valori ad essa collegati. f) Restauro: il restauro è l'intervento diretto sul singolo manufatto del patrimonio, tendente alla conservazione della sua autenticità e alla acquisizione di esso da parte delle collettività. g) Progetto di restauro: il progetto, come consequenzialità di scelte conservative, è lo specifico procedimento con il quale si attua la conservazione del patrimonio costruito e del paesaggio. (La Carta di tra Cracovia è stata tradotta a cura di G. Cristinelli)

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