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Analisi del testo con svolgimento guidato

Da I sonetti di U. Foscolo In morte del fratello Giovanni Composto nel 1802, il sonetto è dedicato a Giovanni Dionigi, il fratello di Foscolo, tenente nell’esercito cisalpino, che si uccise, appena ventenne, con un colpo di pugnale, forse per un grosso debito di gioco, alla presenza della madre Diamantina Spathis. 4

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo di gente in gente1, me vedrai seduto su la tua pietra2, o fratel mio, gemendo il fior de’ tuoi gentil anni caduto3.

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La madre or sol, suo dì tardo traendo4, parla di me col tuo cenere muto5; ma io deluse a voi le palme tendo, e sol da lunge i miei tetti saluto.

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Sento gli avversi Numi6 e le secrete cure7 che al viver tuo furon tempesta, e prego anch’io nel tuo porto quïete8.

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Questo di tanta speme9 oggi mi resta! straniere genti, almen le ossa rendete allora al petto della madre mesta.

l. fuggendo di gente in gente: in esilio tra una nazione e l’altra. 2. pietra: tomba. 3. il fior ... caduto: il fiore reciso della tua giovinezza, ovvero la tua morte prematura. Giovanni, fratello minore di Foscolo, si era suicidato nel 1801. 4. suo dì tardo traendo: trascorrendo gli anni della vecchiaia. 5. parla ... muto: viene alla tua tomba (cenere) muta a raccontarti di me.

6. Sento gli avversi Numi: sento che la volontà degli dèi mi è sfavorevole. 7. le secrete cure: gli intimi tormenti. 8. e prego .. quïete: e anch’io spero di ottenere pace nel tuo rifugio, che è quello della morte. 9. speme: speranza.

Analisi del testo con svolgimento guidato Ogni analisi del testo, per essere completa ed esauriente, va sempre condotta lungo la triplice linea della comprensione del testo, dell’analisi tematica e formale e della contestualizzazione. Il modello adottato negli esami di Stato si articola, infatti, proprio secondo la seguente tripartizione: 1. Comprensione del testo 2. Analisi del testo 3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Procediamo allora secondo questo schema.

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Analisi del testo con svolgimento guidato

1. Comprensione del testo Leggi attentamente i versi, cercando di comprenderne il significato letterale; ricorda che è opportuno ricorrere alla consultazione di un dizionario se non conosci il significato di uno o più termini. Per questa prima decodifica del testo, procedi allora con una parafrasi: ricostruisci innanzitutto il lineare ordine sintattico dei periodi e delle proposizioni, sostituisci le parole difficili con parole di uso comune e integra il testo con gli elementi sottintesi. Prendiamo, ad esempio, la prima quartina: una possibile parafrasi potrebbe essere… «Un giorno, fratello mio, se non sarò sempre in esilio tra una nazione e l’altra, mi vedrai seduto sulla tua tomba, piangendo il fiore reciso della tua giovinezza».

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2. Analisi del testo Individua ora le tematiche predominanti della lirica: per questa operazione può esserti utile estrapolare dal testo le parole–chiave o immagini particolarmente significative e riflettere su di esse. Nel caso del componimento di Foscolo un motivo in particolare prevale su tutti e lo puoi identificare riflettendo sul termine pietra, al verso 3. Ma non è il solo…

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Prosegui con l’analisi formale: com’è strutturato il sonetto? Qual è lo schema delle rime? Ci sono figure retoriche? Il già citato termine pietra, al verso 3, sta per “tomba” (materia per l’oggetto): di quale figura di significato si tratta? Ne individui altre analoghe?

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Come rende il poeta l’espressione relativa alla giovane età in cui morì il fratello? Rileggi il verso 4: questa volta è una figura retorica di “pensiero”…

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La frequente rottura del normale ordine sintattico delle frasi è teso a mettere in luce alcuni elementi: quali sono? E come si definiscono queste figure retoriche della sintassi?

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3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Per contestualizzare opportunamente il testo cerca innanzitutto di rinvenire in esso qualcuno dei motivi della poetica foscoliana, come quello centrale del “sepolcro”, e l’eventuale legame con la produzione precedente (Ultime lettere di Jacopo Ortis) e successiva (I Sepolcri). Ancora, rispetto alla temperie culturale dell’epoca, spiega come si colloca il componimento rispetto alla poetica del neoclassicismo.

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Da I Canti di G. Leopardi La quiete dopo la tempesta È una delle poesie filosofiche di Giacomo Leopardi incentrata su una delle due forme in cui si offre agli uomini il piacere: esso è figlio del dolore, e viene come la quiete dopo una tempesta che stravolge i campi e atterrisce l’animo degli uomini con la minaccia della morte. 5 10 15 20

Passata è la tempesta: odo augelli far festa, e la gallina, tornata in su la via, che ripete il suo verso. Ecco il sereno rompe là da ponente, alla montagna1; sgombrasi la campagna, e chiaro nella valle il fiume appare. Ogni cor si rallegra, in ogni lato risorge il romorio torna il lavoro usato. L’artigiano a mirar l’umido cielo, con l’opra in man2, cantando, fassi3 in su l’uscio; a prova vien fuor la femminetta a còr dell’acqua della novella piova4; e l’erbaiuol rinnova di sentiero in sentiero il grido giornaliero. Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride per li poggi e le ville. Apre i balconi, apre terrazzi e logge la famiglia5: e, dalla via corrente, odi lontano tintinnio di sonagli; il carro stride del passeggier che il suo cammin ripiglia.

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Si rallegra ogni core. Sì dolce, sì gradita quand’è, com’or, la vita? Quando con tanto amore l’uomo a’ suoi studi intende6? o torna all’opre? o cosa nova imprende7? quando de’ mali suoi men si ricorda? Piacer figlio d’affanno8; gioia vana, ch’è frutto del passato timore, onde si scosse

1. il sereno … alla montagna: a occidente, da dietro alla montagna, avanza lo squarcio di sereno che si apre tra le nuvole. 2. con l’opra in man: tenendo tra le mani l’oggetto in via di lavorazione. 3. fassi: si avvicina. 4. a prova ... piova: la ragazzina esce fuori a raccogliere (còr) a gara l’acqua della pioggia recente.

5. la famiglia: la servitù (alla latina). 6. a’ suoi studi intende: si dedica alle sue attività. 7. o cosa nova imprende: o intraprende una nuova occupazione. 8. Piacer figlio d’affanno: la felicità (sottinteso: nasce) dalla fine del dolore.

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e paventò la morte chi la vita abborria9; onde in lungo tormento, fredde, tacite, smorte, sudàr le genti e palpitàr, vedendo mossi alle nostre offese folgori, nembi e vento.

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O natura cortese, son questi i doni tuoi, questi i diletti sono che tu porgi ai mortali. Uscir di pena è diletto fra noi. Pene tu spargi a larga mano; il duolo10 spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto che per mostro e miracolo11 talvolta nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana prole cara agli eterni! assai felice se respirar ti lice12 d’alcun dolor: beata se te d’ogni dolor morte risana13.

9. onde ... aborria: per cui (per il timore) anche colui che diceva di disprezzare la vita (abborria) ebbe paura della morte. 10. il duolo: il dolore.

11. per mostro e miracolo: per miracoloso prodigio. 12. se respirar ti lice: se ti è possibile prendere fiato (dal dolore) 13. se te ... risana: se la morte ti libera da ogni dolore.

Analisi del testo con svolgimento guidato Ogni analisi del testo, per essere completa ed esauriente, va sempre condotta lungo la triplice linea della comprensione del testo, dell’analisi tematica e formale e della contestualizzazione. Il modello adottato negli esami di Stato si articola, infatti, proprio secondo la seguente tripartizione: 1. Comprensione del testo 2. Analisi del testo 3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Procediamo allora secondo questo schema.

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Analisi del testo con svolgimento guidato

1. Comprensione del testo Leggi attentamente i versi, cercando di comprenderne il significato letterale; ricorda che è opportuno ricorrere alla consultazione di un dizionario se non conosci il significato di uno o più termini. Per questa prima decodifica del testo, procedi allora con una parafrasi: ricostruisci innanzitutto il lineare ordine sintattico dei periodi e delle proposizioni, sostituisci le parole difficili con parole di uso comune e integra il testo con gli elementi sottintesi. Prendiamo, ad esempio, i primi cinque versi: una possibile parafrasi potrebbe essere… «La tempesta è passata: sento gli uccelli cinguettare festosamente, e la gallina, ritornata sulla strada, che ripete il suo verso. Ecco il cielo sereno che squarcia le nubi da occidente, dietro alla montagna…»

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2. Analisi del testo Individua ora le tematiche predominanti della lirica: per questa operazione può esserti utile estrapolare dal testo le parole–chiave o immagini particolarmente significative e riflettere su di esse. Nel caso specifico, tuttavia, è opportuno soprattutto soffermarsi sul senso generale del componimento: qual è il nucleo centrale della riflessione di Leopardi e come si sviluppa fino alla “sentenza” finale, contenuta negli ultimi due versi? Puoi inoltre dividere la lirica in due parti: la prima dal verso 1 al verso 24, la seconda dal verso 25 alla fine; la prima parte rappresenta un esempio di poesia idillica: perché? La seconda parte, invece, ha una valenza decisamente diversa…

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Prosegui con l’analisi formale: qual è la forma metrica adoperata da Leopardi? Noti la presenza di rime (ricorda che lo schema metrico è quello tipico dei «grandi idilli»)? Una figura retorica che caratterizza quasi l’intero testo è l’enjambement: perché?

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Riprendi la distinzione iniziale tra le due parti (vv. 1-24 e vv. 25-54) e indica per ciascuna il campo semantico prevalente.

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3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Per contestualizzare opportunamente il testo cerca innanzitutto di rinvenire in esso qualcuno dei motivi della poetica leopardiana, come quello centrale del “piacere”, e l’eventuale legame con altri componimenti (innanzitutto con Il passero solitario, del quale è speculare). Puoi spiegare, inoltre, come la lirica si inserisca nella più ampia riflessione filosofica del poeta recanatese: pensa, ad esempio, alla sua meditazione sul dolore e sulla vanità del piacere, o al suo atteggiamento sarcastico verso la natura.

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Da I promessi sposi di A. Manzoni La madre di Cecilia Il brano è tratto dal capitolo XXXIV dei Promessi sposi: c’è la peste, e Milano è una città sconvolta dal dilagare della morte. Renzo ne percorre le strade desolate, invase dai carri funebri e riecheggianti delle urla terribili dei monatti. Una scena, in particolare, attira la sua attenzione e suscita in lui una profonda pietà. In mezzo a questa desolazione aveva Renzo fatto già una buona parte del suo cammino, quando, distante ancor molti passi da una strada in cui doveva voltare1, sentì venir da quella un vario frastono2, nel quale si faceva distinguere quel solito orribile tintinnìo3. Arrivato alla cantonata4 della strada, ch’era una delle più larghe, vide quattro carri fermi nel mezzo; e come, in un mercato di granaglie, si vede un andare e venire di gente, un caricare e un rovesciar di sacchi, tale era il movimento in quel luogo: monatti ch’entravan nelle case, monatti che n’uscivan con un peso su le spalle, e lo mettevano su l’uno o l’altro carro: alcuni con la divisa rossa, altri senza quel distintivo, molti con uno ancor più odioso, pennacchi e fiocchi di vari colori, che quegli sciagurati portavano come per segno d’allegria in tanto pubblico lutto. Ora da una, ora da un’altra finestra, veniva una voce lugubre: «qua, monatti!». E con suono ancor più sinistro5, da quel tristo brulichìo usciva qualche vociaccia che rispondeva: «ora, ora». Ovvero eran pigionali6 che brontolavano, e dicevano di far presto: ai quali i monatti rispondevano con bestemmie. Entrato nella strada, Renzo allungò il passo, cercando di non guardar quegl’ingombri, se non quanto era necessario per iscansarli; quando il suo sguardo s’incontrò in un oggetto singolare di pietà, d’una pietà che invogliava l’animo a contemplarlo; di maniera che si fermò, quasi senza volerlo. Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio7, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan8 lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante; c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito9 ne’ cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Nè la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera10 spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza11, e il capo posava sul l’omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de’ volti non n’avesse fatto fede, l’avrebbe detto chiaramente quello de’ due ch’esprimeva ancora un sentimento. Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d’insolito rispetto, con un’esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: 1. voltare: svoltare. 2. frastono: frastuono. 3. tintinnìo: è il tintinnio dei campanelli che accompagna il passaggio dei carri funebri. 4. cantonata: angolo. 5. sinistro: pauroso, agghiacciante.

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6. pigionali: persone che abitavano case in affitto. 7. convoglio: carro. 8. davan: versavano. 9. stracco e ammortito: sfinito e quasi annullato del tutto. 10. a guisa di cera: come fosse fatta di cera. 11. gravezza: pesantezza.

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prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa12, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d’intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo, e di metterla sotto terra così». Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato che per l’inaspettata ricompensa, s’ affaccendò13 a far un po’ di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come sur un letto, ce l’accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l’ultime parole: «addio Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch’io pregherò per te e per gli altri». Poi voltatasi di nuovo al monatto, «voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola». Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s’affacciò alla finestra, tenendo in collo un’altra bambina più piccola, viva ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l’unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l’erbe del prato. 12. una borsa: contenente dei soldi.

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13. s’affaccendò: si impegnò velocemente.

Analisi del testo con svolgimento guidato Ogni analisi del testo, per essere completa ed esauriente, va sempre condotta lungo la triplice linea della comprensione del testo, dell’analisi tematica e formale e della contestualizzazione. Il modello adottato negli esami di Stato si articola, infatti, proprio secondo la seguente tripartizione: 1. Comprensione del testo 2. Analisi del testo 3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Procediamo allora secondo questo schema.

1. Comprensione del testo Nell’analizzare un testo narrativo, la prima operazione che conviene svolgere è leggere attentamente il testo cercando di individuare delle macro-sequenze; ciò infatti consente di cogliere immediatamente la vicenda narrata e il suo sviluppo, facilitando la sintesi del contenuto che generalmente viene richiesta. Nel nostro caso, il testo è divisibile in varie macro-sequenze, la prima delle quali corrisponde alle righe 1-13. Individua le altre e sintetizza il contenuto dell’intero brano in non più di dieci righe.

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2. Analisi del testo Anche in questa parte dell’elaborato conviene prendere le mosse dalla divisione in macro-sequenze (eventualmente individuare ulteriori sequenze all’interno delle macro-sequenze) e capire se c’è una prevalenza di sequenze narrative, descrittive, dialogiche ecc. per rilevare subito le caratteristiche del testo che abbiamo di fronte. Quale tipo di sequenze prevale qui?

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Un’altra operazione fondamentale è individuare la voce-narrante: qui chi è il narratore? Ed è opportuno a questo punto fare riferimento anche alla focalizzazione o punto di vista. Nel caso di questo brano che tipo di focalizzazione è utilizzata?

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Come in un testo poetico, anche in un testo narrativo è molto importante fare attenzione a parole ed espressioni ricorrenti, o che rinviano a uno stesso campo semantico, o che ancora sono messe in rilievo attraverso il ricorso a una particolare figura retorica. In questo brano, ad esempio, la scena che introduce la comparsa della madre di Cecilia inizia con un iperbato (Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna) e prosegue in una prosa che potremmo definire lirica per la presenza di accorgimenti stilistici tipici della poesia. Individua (a partire dalla frase indicata fino a quel sentimento ormai stracco e ammortito ne’ cuori) tutte le rime (incluse le assonanze e le consonanze) e figure retoriche che riesci a individuare. Particolarmente efficace appare anche l’utilizzo delle similitudini: proprio una similitudine imprime grande movimento alla scena della città devastata dalla peste. Rintracciala nel brano e spiegane il senso. Ne rinvieni altre?

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3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Per un’interpretazione complessiva del brano si potrebbe innanzitutto rilevare in esso le caratteristiche che lo ascrivono al genere del romanzo storico, e della particolare interpretazione che di esso diede l’autore, magari allargando il discorso con un confronto con gli illustri precedenti del genere (Ivanhoe di Walter Scott e Don Chisciotte di Cervantes). In questa chiave, infine, si potrebbe fornire anche una più ampia contestualizzazione, rilevando come le caratteristiche generali dell’opera ci permettano di ascriverla alla cultura romantica, ampliando poi il discorso su come Manzoni si inserisca in tale contesto storico-culturale.

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Da Mastro-don Gesualdo di G. Verga Un addio sofferto Il brano, tratto dal capitolo 4 della parte prima, riporta la parte conclusiva della lunga scena che pone di fronte Gesualdo e Diodata, la giovane donna che gli ha dato dei figli, alla Canziria, possedimento di Gesualdo alle porte di Vizzini. Umile e remissiva, Diodata è unita al padrone da un affetto sincero, ma Gesualdo, per le sue smanie di crescita sociale, dovrà rinunciare proprio alla persona a lui più devota. [...] Essa, vedendosi rivolta la parola, si accostò tutta contenta, e gli si accovacciò ai piedi, su di un sasso, col viso bianco di luna, il mento sui ginocchi, in un gomitolo. Passava il tintinnìo dei campanacci, il calpestìo greve e lento per la distesa del bestiame che scendeva al torrente, dei muggiti gravi e come sonnolenti, le voci dei guardiani che lo guidavano, e si spandevano lontane, nell’aria sonora. La luna, ora discesa sino all’aia, stampava delle ombre nere in un albore freddo; disegnava l’ombra vagante dei cani di guardia che avevano fiutato il bestiame; la massa inerte del camparo, steso bocconi. – Nanni l’Orbo, eh?... o Brasi Camauro? Chi dei due ti sta dietro la gonnella? – riprese don Gesualdo che era in vena di scherzare. Diodata sorrise. – Nossignore!... nessuno!... Ma il padrone ci si divertiva: — Sì, sì!... l’uno o l’altro... o tutti e due insieme!... Lo saprò!... Ti sorprenderò con loro nel vallone, qualche volta!... Essa sorrideva sempre allo stesso modo, di quel sorriso dolce e contento, allo scherzo del padrone che sembrava le illuminasse il viso, affinato dal chiarore molle; gli occhi come due stelle; le belle trecce allentate sul collo; la bocca un po’ larga e tumida, ma giovane e fresca. Il padrone stette un momento a guardarla così, sorridendo anch’esso, e le diede un altro scapaccione affettuoso. – Questa non è roba per quel briccone di Brasi, o per Nanni l’Orbo! no!... – Oh, gesummaria!... – esclamò essa facendosi la croce. – Lo so, lo so. Dico per ischerzo, bestia!... Tacque un altro po’ ancora, e poi soggiunse: – Sei una buona ragazza!... buona e fedele! vigilante sugli interessi del padrone, sei stata sempre... – Il padrone mi ha dato il pane – rispose essa semplicemente. – Sarei una birbona... – Lo so! lo so!... poveretta!.., per questo t’ho voluto bene! A poco a poco, seduto al fresco, dopo cena, con quel bel chiaro di luna, si lasciava andare alla tenerezza dei ricordi. – Povera Diodata! Ci hai lavorato anche tu!... Ne abbiamo passati dei brutti giorni!... Sempre all’erta, come il tuo padrone! Sempre colle mani attorno… a far qualche cosa! Sempre l’occhio attento sulla mia roba!... Fedele come un cane!... Ce n’è voluto, sì, a far questa roba! Tacque un momento intenerito. Poi riprese, dopo un pezzetto, cambiando tono: – Sai? Vogliono che prenda moglie. La ragazza non rispose; egli non badandoci, seguitò: – Per avere un appoggio... Per far lega coi pezzi grossi del paese... Senza di loro non si fa nulla!... Vogliono farmi imparentare con loro… per l’appoggio del parentado, capisci?... Per non averli tutti contro, all’occasione... Eh? che te ne pare? Ella tacque ancora un momento col viso nelle mani. Poi rispose, con un tono di voce che andò a rimescolargli il sangue a lui pure: – Vossignoria siete il padrone… – Lo so, lo so... Ne discorro adesso per chiacchierare... perché mi sei affezionata .... Ancora non ci penso ... ma un giorno o l’altro bisogna pure andarci a cascare... Per chi ho lavorato Analisi del testo con svolgimento guidato

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infine?... Non ho figliuoli... Allora le vide il viso, rivolto a terra, pallido pallido e tutto bagnato. – Perché piangi, bestia? – Niente, vossignoria!... Così!... Non ci badate... – Cosa t’eri messa in capo, di’? – Niente, niente, don Gesualdo... – Santo e santissimo! Santo e santissimo! – prese a gridare lui, sbuffando per l’aia. Il camparo al rumore levò il capo sonnacchioso e domandò: – Che c’è ?... S’è slegata la mula ? Devo alzarmi ?... – No, no, dormite, zio Carmine. Diodata gli andava dietro passo passo, con voce umile e sottomessa: – Perché v’arrabbiate, vossignoria?... Cosa vi ho detto?... – M’arrabbio colla mia sorte!... Guai e seccature da per tutto... dove vado!... Anche tu, adesso!... col piagnisteo!... Bestia!... Credi che, se mai, ti lascerei in mezzo a una strada... senza soccorsi?... – Nossignore... non è per me... Pensavo a quei poveri innocenti... – Anche quest’altra? ... Che ci vuoi fare! Così va il mondo!... Poiché v’è il comune che ci pensa!... Deve mantenerli il comune a spese sue... coi denari di tutti!... Pago anch’io!... So io ogni volta che vo dall’esattore!... Si grattò il capo un istante, e riprese: – Vedi, ciascuno viene al mondo colla sua stella... Tu stessa hai forse avuto il padre o la madre ad aiutarti? Sei venuta al mondo da te, come Dio manda l’erba e le piante che nessuno ha seminato. Sei venuta al mondo come dice il tuo nome... Diodata! Vuol dire di nessuno!... E magari sei forse figlia di barone, e i tuoi fratelli adesso mangiano galline e piccioni! Il Signore c’è per tutti! Hai trovato da vivere anche tu!... E la mia roba?... me l’hanno data i genitori forse? Non mi son fatto da me quello che sono? Ciascuno porta il suo destino!... Io ho il fatto mio, grazie a Dio, e mio fratello non ha nulla... In tal modo seguitava a brontolare, passeggiando per l’aia, su e giù dinanzi la porta. Poscia vedendo che la ragazza piangeva ancora, cheta cheta per non infastidirlo, le tornò a sedere allato di nuovo, rabbonito. – Che vuoi? Non si può far sempre quel che si desidera. Non sono più padrone... come quando ero un povero diavolo senza nulla... Ora ci ho tanta roba da lasciare... Non posso andare a cercare gli eredi di qua e di là, per la strada... o negli ospizi dei trovatelli. Vuol dire che i figliuoli che avrò poi, se Dio m’aiuta, saranno nati sotto la buona stella!... – Vossignoria siete il padrone... Egli ci pensò un po’ su, perché quel discorso lo punzecchiava ancora peggio di una vespa, e tornò a dire: – Anche tu... non hai avuto né padre né madre... Eppure cosa t’è mancato, di’? – Nulla, grazie a Dio! – Il Signore c’è per tutti... Non ti lascerei in mezzo a una strada, ti dico!... La coscienza mi dice di no... Ti cercherei un marito... – Oh... quanto a me, don Gesualdo!... – Sì, sì, bisogna maritarti!... Sei giovane, non puoi rimaner così... Non ti lascerei senza un appoggio... Ti troverei un buon giovane, un galantuomo... Nanni l’Orbo, guarda! Ti darei la dote... – Il Signore ve lo renda... – Son cristiano! son galantuomo! poi te lo meriti. Dove andresti a finire altrimenti?... Penserò a tutto io. Ho tanti pensieri pel capo!... e questo cogli altri!... Sai che ti voglio bene. Il marito si trova subito. Sei giovane… una bella giovane... Sì, sì, bella!... lascia dire a me che lo so! Roba fine!... sangue di barone sei, di certo!... 14

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Ora la pigliava su di un altro tono, coi risolino furbo e le mani che gli pizzicavano. Le stringeva con due dita il ganascino. Le sollevava a forza il capo, che ella si ostinava a tener basso per nascondere le lagrime. – Già per ora son discorsi in aria... Il bene che voglio a te non lo voglio a nessuno, guarda!... Su quel capo adesso, sciocca!... sciocca che sei!... Come vide che seguitava a piangere, testarda, scappò a bestemmiare di nuovo, simile a un vitello infuriato. – Santo e santissimo! Sorte maledetta!... Sempre guai e piagnistei!...

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Analisi del testo con svolgimento guidato Ogni analisi del testo, per essere completa ed esauriente, va sempre condotta lungo la triplice linea della comprensione del testo, dell’analisi tematica e formale e della contestualizzazione. Il modello adottato negli esami di Stato si articola, infatti, proprio secondo la seguente tripartizione: 1. Comprensione del testo 2. Analisi del testo 3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Procediamo allora secondo questo schema.

1. Comprensione del testo Nell’analizzare un testo narrativo, la prima operazione che conviene svolgere è leggere attentamente il testo cercando di individuare delle macro-sequenze; ciò infatti consente di cogliere immediatamente la vicenda narrata e il suo sviluppo, facilitando la sintesi del contenuto che generalmente viene richiesta. Nel nostro caso, il testo è divisibile in varie macro-sequenze, la prima delle quali corrisponde alle righe 1-7 (Essa … bocconi). Individua le altre e sintetizza il contenuto dell’intero brano in non più di dieci righe.

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2. Analisi del testo Anche in questa parte dell’elaborato conviene prendere le mosse dalla divisione in macro–sequenze (eventualmente individuare ulteriori sequenze all’interno delle macro–sequenze) e capire se c’è una prevalenza di sequenze narrative, descrittive, dialogiche ecc. per rilevare subito le caratteristiche del testo che abbiamo di fronte. Quale tipo di sequenze prevale qui?

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Un’altra operazione fondamentale è individuare la voce–narrante: qui chi è il narratore? Ed è opportuno, a questo punto, fare riferimento anche alla focalizzazione o punto di vista. Nel caso di questo brano, che tipo di focalizzazione è utilizzata? Presta particolare attenzione alla differenza esistente tra le sequenze descrittive e quelle dialogiche.

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Come in un testo poetico, anche in un testo narrativo è molto importante fare attenzione a parole ed espressioni ricorrenti, o che rinviano a uno stesso campo semantico: nota, ad esempio, al rigo 18, l’utilizzo da parte di don Gesualdo del termine roba in riferimento a Diodata: quale riflessione suggerisce in merito alla figura del protagonista? Ci sono altri termini riconducibili allo stesso campo semantico dei beni materiali?

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Riguardo alle tecniche narrative, ricorda l’espediente verghiano del discorso indiretto libero: ne rinvieni qualche esempio nel testo?

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3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Per un’interpretazione complessiva del brano si potrebbe innanzitutto rilevare in esso le caratteristiche che lo ascrivono alla poetica del Verismo, di cui Verga fu principale interprete. Inserisci il romanzo da cui è tratto il brano all’interno dell’ampio progetto ideato dall’autore e denominato «ciclo dei vinti». Quale altro grande romanzo ne fa parte? Evidente, inoltre, è il legame della figura di mastro-don Gesualdo con un personaggio della precedente produzione di Verga. Quale? Potresti fornire, infine, anche una più ampia contestualizzazione, rilevando come le caratteristiche generali dell’opera ci permettano di ascriverla alla corrente letteraria del Naturalismo, ampliando poi il discorso su come Verga si inserisca in tale contesto storico-culturale.

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Da Gl’innamorati di C. Goldoni Una discussione tra sorelle È la scena iniziale della commedia. Due sorelle, Eugenia e Flamminia, sono impegnate in un’animata discussione: Flamminia, pacata e razionale, non condivide i modi in cui la capricciosa e prepotente sorella tratta il fidanzato, Fulgenzio. Eugenia e Flamminia Eugenia Flamminia Eugenia Flamminia Eugenia Flamminia

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Che cosa avete, signora sorella, che mi guardate così di mal occhio? Eugenia mia, compatitemi1; mi fate tanto venir la bile2 che oramai non vi posso più guardar con amore. Bella davvero! che cosa vi ho fatto, che non mi potete vedere? Non posso soffrire3 quella maniera aspra, liticosa4 indiscreta, con cui solete trattare il signor Fulgenzio. Egli è innamorato di voi perdutamente; si vede, si conosce che spasima, che vi adora, e voi non cercate che d’inquietarlo, e corrispondergli con mala grazia. In verità mi fareste ridere. Avete tanta compassione per il signor Fulgenzio? Ho per lui quella carità ch’egli merita, e che voi dovreste usargli per giustizia e per gratitudine. È un uomo civile, è un uomo ricco, è di buonissimo core. Considerate che voi avete pochissima dote; che nostro zio a forza di spendere in corbelle ne ha precipitata5 la casa; che io mi sono maritata come il cielo ha voluto, e ho penato tre anni in povertà col marito, e quand’è morto, ho avuto scarsa occasione di piangere6. Così, e peggio, potrebbe accadere di voi, che non siete in migliore stato del mio. Il signor Fulgenzio che vi ama tanto, e che ha detto di volervi sposare, è l’unico forse che possa fare la vostra fortuna. Ma voi, sorella cara, lo perderete; lo perderete senz’altro; e ci scommetto che ieri sera si è più del solito disgustato, e starete un pezzo a vederlo7. Ed io scommetto che non passano due ore, che Fulgenzio è qui, e mi prega; e se voglio, mi domanda ancora perdono. Voi l’avete ingiuriato, ed egli vi chiederà il perdono? Eh! non sarebbe la prima volta. Vi fidate troppo della sua bontà. E anch’egli si può compromettere8 dell’amor mio. L’amate dunque, e lo trattate sì male? E che cosa finalmente9 gli ho fatto? Niente! In tutto il tempo che viene qui, è mai passato un giorno o una sera senza che voi lo abbiate fatto inquietare? Sono sempre io quella che lo fa inquietare? Parmi ch’egli sia sofistico10 e puntiglioso assai più di me. Non è vero. Oh, voi sapete assai quello che vi dite. Specialmente poi lo tormentate sempre sul proposito di sua cognata. Sua cognata io non la posso vedere. E che cosa vi ha fatto quella povera donna?

1. compatitemi: scusatemi. 2. venir la bile: venire la rabbia, arrabbiare. 3. soffrire: sopportare. 4. liticosa: litigiosa, aggressiva. 5. ha precipitata: ha gettato sul lastrico. 6. ho avuto ... piangere: Flamminia vuol dire che era talmente angosciata dai problemi economici che non poteva lasciarsi andare al dolore per la perdita del marito.

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7. starete un pezzo a vederlo: dovrete attendere molto tempo per rivederlo. 8. si può compromettere: può essere sicuro. 9. finalmente: insomma. 10. sofistico: cavilloso. I sofisti erano filosofi greci del V secolo a.C. noti per i loro ragionamenti complicati.

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Non mi ha fatto niente, ma non la posso vedere. Quest’odio è cattivo, sorella cara. Il cielo vi castigherà. Io non le porto odio; ma non la posso vedere. Eppure ella vi ha fatto delle finezze11. Si tenga le sue finezze; meno che io la vedo, sto meglio. Che cosa vi siete cacciata in testa? Che Fulgenzio sia impazzito per la cognata? Sapete pure ch’egli la serve e l’assiste, perché gli fu raccomandata da suo fratello. Sì, va bene, ma che bisogno c’è ch’egli vada a spasso con lei, e pianti me qui sola, come una bestia? Orsù, signora sorella, io vi consiglio, per vostro meglio, abbandonare ogni cattivo pensiere, e di questa donna vi prego a non ne parlare12. Oh sì, vi prometto di non parlarne mai più. Se lo farete, farete bene. Ma torno a dire, io dubito che il signor Fulgenzio per oggi almeno non si lasci vedere. Possibile? non è mai stato un giorno senza venire. Se non fosse in collera, a quest’ora forse sarebbe venuto. Anzi l’aveva detto13 di venire questa mattina. Oh, non viene assolutamente. Quasi, quasi, gli manderei a dir qualche cosa. Vi dispiace, eh, che non venga? Sicuro che me ne dispiace. Gli voglio bene davvero. E sempre lo disgustate. Ho questo temperamento. Per altro lo sa che gli voglio bene. Un poco più d’umiltà, sorella. E voi tenete sempre da lui14. Io tengo alla ragione. (Guai se non facessi così: è una vipera) (da sé). Chi viene? è il servitore del signor Fulgenzio. Non ve l’ho detto? Quanto credete che sia lontano il padrone? Aspettate prima. Chi sa che non mandi qualche ambasciata15 che vi dispiaccia! Ha della roba il servitore. Povero galantuomo! è di buonissimo core. 14. E voi … da lui: voi state sempre dalla sua parte. 15. ambasciata: messaggio.

11. finezze: gentilezze. 12. a non ne parlare: di non parlarne più. 13. l’aveva detto: gli avevo detto.

Analisi del testo con svolgimento guidato Ogni analisi del testo, per essere completa ed esauriente, va sempre condotta lungo la triplice linea della comprensione del testo, dell’analisi tematica e formale e della contestualizzazione. Il modello adottato negli esami di Stato si articola, infatti, proprio secondo la seguente tripartizione: 1. Comprensione del testo 2. Analisi del testo 3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Procediamo allora secondo questo schema.

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1. Comprensione del testo Per analizzare un testo teatrale è necessario individuare immediatamente se si tratta di un monologo o di un dialogo e i personaggi che sono in scena, tenendo sempre presente che, a differenza di quanto accade in un testo narrativo, tutti gli elementi, dall’intreccio all’ambientazione, alla caratterizzazione dei personaggi, devono essere desunti dalle battute e da eventuali didascalie (nel nostro brano ce n’è una soltanto: un a parte di Flamminia). Quale potrebbe essere la sintesi in 4-5 righe della scena?

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2. Analisi del testo Leggere attentamente le singole battute ci consente, innanzitutto, di ricostruire la caratterizzazione dei due personaggi in scena. Nel brano in questione è interessante notare come, sin dalla prima battuta, il personaggio di Eugenia riveli il suo carattere impulsivo e impertinente. Come descriveresti il personaggio di Eugenia?

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Dall’altra parte, Flamminia appare subito concreta e determinata nella sua intenzione di voler riportare la sorella alla ragione: da quali battute si può desumere il carattere di Flamminia?

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Bisogna, poi, prestare attenzione ai caratteri delle battute: se sono lunghe o brevi, se danno vita a un ritmo incalzante o lento ecc. Nel nostro caso come appare il dialogo tra i due personaggi?

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Osserva adesso il linguaggio utilizzato: come ti appare? Qual è nel complesso il registro linguistico impiegato? Tale linguaggio risponde a quello generalmente adoperato nel genere teatrale cui appartiene il testo?

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3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Per l’interpretazione complessiva del brano e la contestualizzazione si potrebbe riflettere sul genere della commedia nel Settecento ricostruendone la nascita, i modelli, la caratteristiche, con riferimenti alle opere teatrali di altri autori da te conosciuti, come per esempio Metastasio. Ricorda, infine, di collocare l’opera in questione all’interno della fondamentale riforma della commedia attuata dall’autore.

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